TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2015-01-19, n. 201500853

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2015-01-19, n. 201500853
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201500853
Data del deposito : 19 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 12646/2013 REG.RIC.

N. 00853/2015 REG.PROV.COLL.

N. 12646/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12646 del 2013, proposto dalle società da r.l. PEPITO PRODUZIONI, VISION PROJECT, MANETTIO BROS FILM e DANIA FILM in liquidazione, in persona del relativo l.r. p.t., rappresentati e difesi dagli avv. A G e A T e con gli stessi, presso lo studio Tortora in Roma, via Cicerone 49, elettivamente domiciliati;

contro

il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato di Roma;

per l'annullamento

- della nota ministeriale del 04.11.2013 recante comunicazione della conferma del d.m. 23.10.2013 che consente la proiezione al pubblico del film “Paura 3D” con divieto di visione ai minori di anni 14;

- del d.m. 23.10.2013;

- del parere della Commissione di II° grado del 23.10.2013 e del relativo verbale;

- di ogni altro atto connesso ivi compresi, per quanto occorra, il parere della Commissione di I° grado reso il 13.6.2012 ed il d.m. emesso a seguito di tale parere;
il parere della Commissione di I° grado reso nella seduta del 09.9.2013 ed il relativo verbale nonché il conseguente d.m. n.200/107674;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e del Turismo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2014 il dott. Pietro Morabito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I)- Le ricorrenti sono le società produttrici del film “PAURA in 3D” che, in gravame, definiscono come un’edizione, sotto forma di thriller in versione attualizzata, della fiaba dei f G “Hansel e Gretel”: film che, sebbene “ apprezzatissimo dalla critica e dal pubblico ”, è stato interdetto alla visione dei minori di 14 anni dalle Commissioni di I° e II° grado insediate presso l’intimato Ministero;
e tanto nonostante i tagli apportati alle scene più violente su richiesta della Commissione di I° grado e la disponibilità, manifestata dalle ricorrenti alla Commissione di II° grado, di apportare ulteriori tagli ove ritenuti necessari.

Le censure prospettate con l’atto introduttivo del giudizio si appuntano sull’apparato motivazionale dei pareri (vincolanti) espressi dalle Commissioni incaricate della revisione del film che viene ritenuto, sotto più profili, inadeguato.

Diverso è l’avviso reso dall’intimata Amministrazione che, con articolata nota contro deduttiva, ha contestato, punto su punto, le deduzioni avversarie proponendone l’infondatezza.

Nella camera di consiglio del 30.1.2014 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare, acclusa al gravame, di sospensione degli effetti interinali derivanti dal citato divieto di visione ai minori di anni 14, con propria Ordinanza n.500/2014 avverso la quale è stato interposto appello che il Cons. St. (Ord. za n.12646/2013) ha accolto, ai soli “ fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito dinanzi al Giudice di I° grado ” attesa la necessità di un approfondito esame della motivazione relativa all’imposizione del limite di visione sopra ricordato.

All’udienza del 16 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

II)- Nei fatti il film è stato sottoposto a revisione dalla Commissione di I° grado per due volte: una prima nella versione integrale ed un’altra, e successiva, volta in 2^ edizione dopo aver apportato alcuni tagli.

Sui siti internet dedicati è possibili visionare significativi tratti della produzione originale e ricostruirne la trama.

I protagonisti sono tre giovani ragazzi, chiaramente ultraquattordicenni, che, venuti casualmente in possesso delle chiavi della lussureggiante villa di un marchese, decidono, all’insaputa di costui, costretto ad allontanarsi per qualche giorno, di violarne l’accesso e trascorrervi il fine settimana. Ivi inizialmente aggirano la noia servendosi della piscina, consumando champagne trovato sul posto e fumando. Ma il marchese, a causa di un imprevisto, rientra. Due dei giovani riescono ad allontanarsi;
mentre un terzo, attratto da rumori provenienti da uno degli ambienti della villa, si avvicina ed assiste alla scena di una ragazza, completamente nuda ed appesa per le braccia a delle catene. Sulla giovane si scatenano i perversi sentimenti del marchese che viene immortalato, con tecnologia 3D, mentre accarezza e rade il pube della ragazza. Anche il giovane verrà catturato ed incatenato dal marchese che inizia a torturalo, giungendo a staccargli un capezzolo con una pinza mentre la ragazza incatenata urla di terrore. I due ragazzi che si erano allontanati, rientrati nella villa alla ricerca del loro amico, cercano di uccidere, senza riuscirci, il marchese. E’, infatti, costui che riesce ad uccidere, impiccandolo ad un cappio di ferro, uno dei giovani. L’altro viene ucciso con un giravite conficcato alla testa che viene poi scarnificata per recuperare l’attrezzo. Alla fine il marchese verrà infilzato dall’unico dei ragazzi rimasto in vita con un tridente che ne attraversa il corpo;
ma non muore: rientra in casa dove si scontra ancora col giovane che, nella scena successiva, riesce a decapitarlo. Da ultimo la ragazza, finalmente liberata dal giovane, pervasa da turbamento all’evidenza da collegarsi allo sconvolgimento psichico subito per effetto delle precedenti torture, uccide il giovane liberatore conficcandogli un giravite in testa.

Il film nella versione sopra sintetizzata, diffusa nelle sale cinematografiche dal 15.6.2012, è stato visionato dalla Commissione di I° grado due giorni prima, e cioè il 13.6.2012. Detto Organo - dopo aver anche ascoltato il delegato di una delle ricorrenti (Ndr: a mente dell’art.4 della legge n.161 del 1962 l'autore e il richiedente del nulla osta dell'opera in revisione possono e, se ne facciano richiesta, devono essere uditi dalla Commissione) - ha formulato parere favorevole al rilascio del nulla osta per la proiezione in pubblico ad eccezione dei minori di anni 14;
e tanto per la “ crudezza delle immagini che anche se inserite in un film evidentemente di genere sono tali da poter colpire la sensibilità di un minore di anni 14 e dunque assolutamente inadatte alla visione da parte dello stesso minore ”.

Sempre dinanzi alla Commissione di I° grado, il film è stato revisionato, su richiesta degli interessati, in seconda edizione, dopo aver apportato alcuni tagli consistenti nella riduzione di alcune sequenze e nell’eliminazione di altre. Nello specifico (ved. documentazione allegata alla memoria di parte resistente), sono state ridotte le sequenze:

a) in cui il marchese obbliga la giovane legata alle catene a consumare il cibo recuperato da terra, la bagna con un getto d'acqua pressione e poi ancora gli deterge i denti;

b) in cui il marchese insapona il pube della giovane e la rade, con l'eliminazione delle inquadrature più esplicite;

c) in cui uno dei giovani viene impiccato ed ucciso per soffocamento con un cappio d'acciaio;

mentre sono state eliminate le sequenze:

1. in cui al giovane viene strappato il capezzolo e le successive inquadrature della ferita sanguinante;

2. in cui viene scarnificata la testa di uno dei giovani ucciso dal marchese al fine di recuperare l'uncino ivi conficcatogli;

3. in cui la giovane liberata prende la testa del marchese, una volta è capitato, e gli bacia le labbra;

4. in cui la giovane punta un punteruolo alla gola del suo liberatore.

Il parere, su detta seconda edizione del film, reso nell’adunanza del 09.9.2013 dopo aver ascoltato i delegati della produzione, è stato nel senso di confermare il pregresso divieto per i minori di anni 14 “ poiché nonostante i tagli che hanno alleggerito soltanto alcune delle scene, rimangono la violenta crudezza delle immagini e la storia di un mostro, a renderne inadatta la visione ai minori di 14 anni ”.

Successivamente, ed in applicazione dell’art.7 della legge n.161 del 1962 (che consente di ricorrere, in via amministrativa, alla Commissione di II° grado), è intervenuta, da parte di quest’ultimo Organo nella seduta del 23 ottobre 2013, l’ultima revisione del film. In tale occasione sono stati ascoltati il regista ed il produttore, entrambi disponibili “ ad effettuare i tagli che la Commissione indicherà nell’intento di abbatterne la violenza visiva” , posto che il film, realizzato nello spirito “ dell’amore per il cinema ” presenta “ solo alcune scene di violenza eventualmente comprimibili ”.

Il parere della Commissione, che in verbale si dichiara intervenuto, a maggioranza, “ dopo approfondita discussione ” esclude che ulteriore tagli di sequenze possano indurre ad una valutazione difforme da quella resa dalla Commissione di I° grado le cui motivazioni vengono pienamente condivise. Uno dei Commissari rifiuta di prendere parte alle operazioni di voto “ ritenendo il film assoggettabile a divieto superiore ed essendo favorevole a ulteriori tagli ”.

III)- Avverso la componente motivazionale dei pareri dianzi riportati sono indirizzate, come già anticipato nel par. I), le censure sviluppate in gravame con cui, in sintesi, si deduce:

- che nel verbale del parere reso il 23.10.2013 si dà atto solo dello svolgimento di un’approfondita discussione e non risultano descritte le varie opinioni dei commissari;

- che vi è un rapporto di contraddittorietà tra il parere reso dalle due Commissioni, posto che quella di I° grado avrebbe positivamente valutato “ l’idoneità del messaggio etico veicolato ” dal film da ritenere non visibile ai minori <<in considerazione della sola violenta crudezza delle immagini”, mentre la Commissione di grado superiore avrebbe bocciato nel suo insieme il progetto cinematografico affermando che eventuali ulteriori tagli non ne avrebbero modificato la complessiva valutazione>>;

- la motivazione utilizzata dalla Commissione di appello sarebbe carente sotto l’ulteriore profilo che non fornisce alcuna indicazione sugli elementi del film che, a differenza di quanto affermato dalle Commissioni di I° grado, sarebbero pericolosi in quanto costituenti veicolo di trasmissione di messaggi pericolosi o diseducativi né indica quali personaggi potrebbero impressionare negativamente. Detta censura viene ribadita in quella successiva lamentandosi l’omessa indicazione e specificazione delle scene idonee a turbare la sensibilità dei minori. In realtà il film non può turbare i minori perché le scene per il modo in cui sono state girate non possono essere considerate violente o angoscianti nè in sé né nel contesto dell'opera in cui sono inserite in quanto chiaramente strumentali a quella che vuole essere la morale del film e chiaramente didascaliche;
sostanzialmente il film segue la struttura logica visiva delle fiabe classiche quali ad esempio quelli dei f G ed è destinato ad un pubblico assai giovane anche perché le scene più violente e crude sono state eliminate nella seconda edizione;

- sarebbe, inoltre, ravvisabile una disparità di trattamento in quanto altri film, di gran lunga più violenti di “Paura in 3D” hanno ottenuto il nulla osta alla proiezione senza riserve.

Le censure sovra sintetizzate - al cui scrutinio torna utile quanto descritto nel precedente paragrafo - per quanto abilmente articolate non persuadono.

In primo luogo v’è da evidenziare che l’assunto, ripreso nelle prime pagine del gravame, secondo il quale sarebbe stata la Commissione ad invitare i produttori ad effettuare dei tagli alle sequenze più violente al fine di consentire la visione del film anche ai minori di 14 anni, non trova riscontro alcuno negli atti depositati da entrambe le parti in causa. Peraltro una tal evenienza (in cui la Commissione inviti il richiedente a sopprimere o modificare singole scene o sequenze o battute) è regolamentata dal d.P.R. n.2029 del 1963 (che il è il Reg. to di esecuzione della legge n.161 del 1962 riguardante la revisione dei film e dei lavori teatrali) prevedendo (art.8) che la Commissione sospende l’espressione del parere di competenza: sospensione di cui non v’è traccia negli atti di causa. Inoltre quanto assunto dalle ricorrenti è, per converso, contraddetto sia dalla lettura dei verbali esibiti (nel cui seno di una proposta di tal natura avanzata dalla Commissione, non v’è menzione) che dalla produzione documentale della resistente che dà atto, come sopra ricordato, dell’esplicita e formale richiesta dei produttori di revisionare, in seconda edizione, il film stesso.

Tanto puntualizzato, la sopra ricordata disciplina regolatrice della materia detta norme specifiche anche con riguardo alla motivazione del parere delle Commissioni all’uopo prevedendone:

- l’obbligatorietà allorquando la Commissione di I° grado si pronuncia per il divieto della rappresentazione del film o per l'esclusione dei minori dalla visione (art. 8 del Reg. to) e nel caso in cui la Commissione di II° grado confermi il diniego di rappresentazione del film (ved. art. 7 della legge n.161 del 1962 che, perlomeno formalmente, non sancisce analogo obbligo nel caso di conferma del divieto di visione ai minori);

- la verbalizzazione, nel caso di parere espresso a maggioranza, dei voti contrari e delle astensioni solo ove vi sia espressa richiesta in tal senso (art. 8 Reg. to): richiesta che nei pareri all’esame del Collegio non è stata avanzata (e tanto sebbene, nel verbale che raccoglie il parere della Commissione di appello si dà atto, come sopra ricordato, del mancato esercizio del voto da parte di un Commissario che riteneva assoggettabile il film a divieto superiore).

Alla luce di tali coordinate normative e del dato di fatto sopra richiamato ( con riguardo all’assenza di una proposta di verbalizzazione dei voti contrari e delle astensioni), ne esce evidente l’infondatezza della prima delle censure sollevate. Certamente, per le deliberazioni degli organi collegiali, la motivazione può anche ricavarsi dalla discussione che ha preceduto la votazione e che è rispecchiata nel verbale. Poiché in tale discussione possono essere state manifestate opinioni contrastanti, la motivazione dovrà ricavarsi dalle dichiarazioni del proponente e degli esponenti della maggioranza che è prevalsa nella votazione della delibera.

Ma quella appena descritta è solo una delle modalità di esternazione della motivazione: modalità, nel caso di specie, non richiesta dai membri dell’Organo né imposta dal dettato normativo. Si è dunque legittimante optato per una struttura motivazionale quale quella tipica degli atti discrezionali che è da ritenersi sufficiente e congrua ove presenti al suo interno una parte descrittiva (nel caso di specie la richiesta degli interessati di esame del film e la sua preventiva visione da parte della Commissione) ed una parte valutativa nella quale l’amministrazione procede ad una valutazione comparativa tra i vari interessi pubblici (nel caso di specie la particolare sensibilità dell'età evolutiva e le esigenze della tutela morale dei minori) e privati (l’interesse alla proiezione al pubblico del film senza riserve al fine di conseguire anche un maggior vantaggio economico) coinvolti nel procedimento ed indichi le ragioni per le quali essa è indotta ad adottare una misura amministrativa anziché un’altra. E tanto è quello che è stato fatto nel caso di specie essendo evidenti le ragioni in forza delle quali la Commissione di I° grado si è indotta a escludere i minori di 14 anni dalla visione del film e quella di appello ha confermato il giudizio della prima.

La seconda censura fa leva, invece, su un presupposto che appare frutto di un’interpretazione soggettiva e personale delle ricorrenti;
e cioè che la Commissione di I° grado avrebbe positivamente valutato “ l’idoneità del messaggio etico veicolato ” dal film da ritenere non visibile ai minori << in considerazione della sola violenta crudezza delle immagini ”, mentre la Commissione di grado superiore avrebbe ( in contraddizione col giudizio di I° grado) bocciato nel suo insieme il progetto cinematografico affermando che eventuali ulteriori tagli non ne avrebbero modificato la complessiva valutazione>>.

Ora le ragioni o quantomeno gli indizi che consentano di dedurre che la Commissione di I^ istanza abbia considerato il film quale veicolo per la diffusione di un idoneo messaggio etico sfuggono al Collegio. Nè giova il parallelismo, richiamato a più tratti, con la fiaba dei f G “Hansel e Gretel” . E’ vero che le fiabe dei Grimm hanno spesso un'ambientazione oscura e tenebrosa, fatta di fitte foreste popolate da streghe, goblin e lupi in cui accadono terribili fatti di sangue, così come voleva la tradizione popolare tipica tedesca ( e non quella italiana). Ma è pur vero che il messaggio della fiaba di “Hansel e Gretel” è ben chiaro e diretto: nella vita occorre tenere bene aperti gli occhi perché il pericolo è sempre in agguato e, soprattutto, bisogna usare l'ingegno per tirarsi fuori dai guai. Orbene un analogo messaggio, definito “etico”, non sembra ritraibile dalla produzione delle ricorrenti: i giovani protagonisti del film fanno tutti un’orribile morte e, in particolare, il salvatore della ragazza liberata viene proprio da questa (non ringraziato per la sua sensibilità, ma) ucciso conficcandogli un punteruolo nella testa.

Dunque, ed in conclusione, ad avviso del Collegio, la Commissione di primo grado non ha formulato, neanche indirettamente, un apprezzamento del film (quale strumento per veicolare un idoneo messaggio etico) come ritenuto dalle ricorrenti. I pareri resi da detta Commissione non depongono in tal senso e, pertanto, il lamentato rapporto di contraddittorietà con la valutazione della Commissione di appello non si riesce a scorgere. A tal riguardo bisogna infatti ricordare che:

- l’ammissione o meno dei minori alla proiezione di film va decisa, ai sensi dell’art.5 della l. n.161/1962 e dell'art. 9 d.P.R. n. 2029/1963, sul presupposto dell'apprezzamento delle pellicole presentate, rispetto alla particolare sensibilità dell'età evolutiva e all'esigenza di tutela morale dei minori, non essendo, per un verso, la strumentalità delle scene rispetto alle finalità espressive e contenutistiche del film senz'altro idonee a consentire la visione del film, e, per altro verso, dovendosi valutare l'incidenza delle scene sulla sensibilità del minore nel contesto in cui esse sono inserite;

- la norma regolamentare citata deve essere necessariamente interpretata nel quadro della norma primaria, con la conseguenza che la presenza nel film di aspetti pregiudizievoli della tutela morale del minore va verificata tenendo conto della sensibilità dell'età evolutiva e dell'effettiva esigenza di tutela della morale dei minori rispetto ai messaggi provenienti dal film: messaggi che, come sopra chiarito, non presentano, con riguardo al caso di specie, alcun contenuto positivo per i minori e che resterebbero inalterati nella loro efficacia pregiudizievole anche ove si apportassero ulteriori tagli alle sequenze più crude e violente.

Dunque, e nei fatti, Organo di appello ha solo confermato (come l’art. 7 della legge prevede) il giudizio della Commissione di I° grado (…. nonostante i tagli apportati che hanno alleggerito soltanto alcune delle scene, rimangono la violenta crudezza delle immagini e la storia di un mostro, a renderne inadatta la visione ai minori di 14 anni ”), con una ulteriore integrazione ( e non con una nota aggiuntiva contraddittoria): non veicolando il mostro che è protagonista del film e la sua storia alcun messaggio positivo per i minori che li costringa a riflettere sulle azioni da non compiere nella vita, sia pur senza fornire soluzioni inutili o banali, eventuali riduzioni o eliminazioni di altre sequenze non avrebbero potuto comportare un giudizio valutativo difforme da quello confermato.

Tale specifica peculiarità e puntualizzazione del parere consente, dunque, di percepire l’infondatezza di quanto assunto nel secondo e, ribadito, nel terzo mezzo di gravame, incentrati sulla genericità del parere in quanto non indicativo delle scene da considerarsi violente o angoscianti e quindi inadatte alla visione dei minori. E d’altro canto l’elencazione, riportata nel par. II), della sola riduzione (e non eliminazione) di alcune sequenze delle scene più violente e la stessa ammissione del produttore, udito dalla Commissione d’appello, della presenza, nella II^ edizione del film, di “ alcune scene di violenza eventualmente comprimibili ” costituiscono, ove ve ne fosse bisogno, prova di un persistente contenuto del film che (senza bisogno di un’articolata ed analitica elencazione di tutte le scene del film ritenute violenti o angoscianti o incompatibili con la delicata sensibilità dell’età evolutiva) lo rende inadatto alla visione di bambini o di minori degli anni 14. E con riferimento a tale angolazione visuale occorre rammentare che ai sensi dell’art.9 del Reg. to citato il divieto di visione per i minori si ricollega non ad un effetto di suggestione accertabile discrezionalmente, ma ad un contenuto obiettivo, qual è, tra gli altri, il fatto che un film contenga scene di violenza verso uomini o animali, o riguardanti l'uso di stupefacenti o che presentino crimini in forma tale da indurre all'imitazione in forma suggestiva.

Non può, da ultimo, convenirsi con la residua doglianza, imperniata sulla disparità di trattamento, atteso che detto profilo dell’eccesso di potere è configurabile solo in presenza di due fattispecie che ricevono trattamento differenziato pur avendo l’identico presupposto di fatto comune: evenienza che, nel caso di specie, non ricorre.

IV)- Conclusivamente il ricorso è infondato in ordine a tutti i profili trattati e deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

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