TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2022-02-21, n. 202202008
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Pubblicato il 21/02/2022
N. 02008/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01827/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1827 del 2021, proposto da:
Corden Pharma Latina S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati D L, F S e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D L in Roma, via Vittoria Colonna40;
'RESISTENTI'
per l'annullamento
- della nota prot. n. 0002585 del 4 febbraio 2021, con la quale il Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile- Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio ha disposto a carico di Corden Pharma Latina S.p.A., ai sensi dell'art. 17, comma 3, del D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105, il divieto di esercizio dello stabilimento gestito dalla stessa Corden Pharma Latina S.p.A., sito in Sermoneta, Via del Murillo Km 2,800, stante la “omessa individuazione e proposizione di misure compensative volte alla salvaguardia della vita umana, dell'incolumità delle persone e alla tutela dell'ambiente nelle more del completamento dei lavori di adeguamento di cui al cronoprogramma datato 12/01/2021, acquisito con nota prot. DIR-LAZ n. 2080 del 29/01/2021”;
- della nota prot. n. 0002870 del 5 febbraio 2021, con la quale il Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio ha precisato che “Il divieto di esercizio è relativo a tutto lo stabilimento”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale a quelli su indicati, ivi compresi: 1) la nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio prot. n. 7421 del 9 maggio 2019;2) la nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio prot. n. 0022788 del 23 dicembre 2019;3) la nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio prot. n. 0013168 del 4 agosto 2020;4) la nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile – Comando Provinciale Vigili del Fuoco Latina prot. n. 0016470 del 26 novembre 2020, recante le risultanze dell'istruttoria compiuta dal Gruppo di Lavoro nominato dal Comitato Tecnico Regionale Lazio con nota prot. n. 22783 del 23 dicembre 2019;5) la nota del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio prot. n. 0022823 del 16 dicembre 2020;6) la relazione del 26 gennaio 2021 predisposta dal Gruppo di Lavoro nominato dal Comitato Tecnico Regionale Lazio con nota prot. n. 22783 del 23 dicembre 2019;
NONCHE' PER LA CONDANNA
della parte resistente al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, cagionati all'odierna Società ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2022 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato e depositato in data 16.2.2021 la società Corden Pharma Latina S.p.A. (di seguito, anche solo “Corden Pharma” o “Società” ) ha adito questo TAR rappresentando:
- di operare nel settore farmaceutico, occupandosi della produzione e della vendita – in tutto il mondo - di attivi chimici e specialità farmaceutiche, sia orali sia sterili, afferenti anche alle aree terapeutiche dell’oncologia e degli antinfettivi, fornendo, tra gli altri, farmaci cosiddetti “salvavita”;
- che nello stabilimento sito in Sermoneta (LT), Via del Murillo Km 2,800, la società, sulla base di apposita autorizzazione, svolge, altresì, attività di recupero in conto terzi di rifiuti pericolosi e, segnatamente, di reflui a base di solventi che vengono sottoposti ad attività di distillazione;
- che, in ossequio a quanto previsto dal d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334, nell’ottobre 2014 la Società presentava al Ministero dell’Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Direzione Regionale Lazio - Comitato Tecnico Regionale Lazio (di seguito, anche solo “ Comitato Tecnico Regionale Lazio” o “Comitato Tecnico Regionale” o, ancora , “CTR” ) il Rapporto di sicurezza (di seguito, “RdS 2014” ), fornendo i dati e le informazioni prescritti nell’Allegato II al citato Decreto Legislativo;
- di avere poi presentato (a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105, “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose” ) - l’aggiornamento del Rapporto di Sicurezza 2014, provvedendo in particolare, con nota prot. n. SHEOUT2016053101 del 31 maggio 2016, a trasmettere le parti di detto Rapporto che erano modificate rispetto a quanto prodotto nel 2014;
- che nel febbraio del 2018, il Gruppo di Lavoro istituito, su incarico del CTR, presso il Ministero dell’Interno, osservava alcune carenze nel Rapporto di Sicurezza aggiornato (di seguito “RdS 2016” ) e, tramite lo stesso CTR, chiedeva alla società di chiarire gli aspetti evidenziati ed inoltrare la documentazione tecnica necessaria;
- a seguito degli ulteriori scambi informativi intervenuti tra la società ricorrente e l’Amministrazione, che non si dichiarava soddisfatta delle integrazioni intervenute e dei documenti forniti, con nota del Gruppo di Lavoro prot. n. 6121 del 29 aprile 2019 veniva disposta “la sospensione dell’attività per il tempo necessario all’adeguamento degli impianti alle prescrizioni riportate nella nota 6262 del 10/04/2018”, comunicando, altresì, che “Alla scadenza del termine massimo dei 6 mesi dalla data di ricezione della presente, di cui all’art. 28 co. 8 del D.Lgs. 105/2015, il Gruppo di Lavoro verificherà l’adempimento alle prescrizioni impartite” ;
- il provvedimento di sospensione veniva impugnato con separato ricorso dinnanzi a questo Tribunale (RG. N. 5879 del 2019);all’esito della camera di consiglio cautelare relativa a tale giudizio il Collegio adottava l’ordinanza n. 3416/2019 che, con alcune prescrizioni rivolte alla Società, consentiva comunque alla stessa di proseguire l’attività imprenditoriale, senza soluzione di continuità;
- quindi, con nota prot. n. SHEOUT2019092701 del 26 settembre 2019 Corden Pharma trasmetteva, su supporto magnetico, all’Amministrazione resistente il “Rapporto di Sicurezza ed. 2019, redatto ai sensi dell’art. 15 e dell’Allegato C del D.Lgs. 105/2015, che si compone di n. 5 Volumi” a cui seguiva un articolato iter istruttorio durante il quale: il gruppo di lavoro eseguiva molteplici sopralluoghi; comunicava molteplici richieste di chiarimenti e di integrazione documentale, che la società mostrava di riscontrare;
- l’esito della complessa attività istruttoria, tuttavia, si è rivelato negativo per Corden Pharma alla quale è stata recapitata la nota prot. n. 0002585 del 4 febbraio 2021, con cui il CTR Lazio ha comunicato alla società le risultanze della riunione del Gruppo di Lavoro celebrata il precedente 2 febbraio 2021 e concluso che, “vista la relazione del Gruppo di Lavoro allegata, … le misure adottate dal Gestore per la prevenzione e per la limitazione delle conseguenze degli incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti”; la principale critica rivolta alla odierna ricorrente è stata la seguente: la società ha individuato gli scenari incidentali aggiuntivi rispetto a quelli presenti nel Rds 2019, riferiti alle colonne di distillazione relativamente al rischio di sisma, tuttavia “non ha indicato le misure compensative richieste dal CTR necessarie per la salvaguardia della sicurezza delle persone e dell’ambiente” ;con la nota in discorso l’Amministrazione ha adottato il provvedimento di divieto di esercizio nei confronti della società;
- con la nota, immediatamente successiva, prot. n. 0002870 del 5 febbraio 2021, trasmessa all’Avvocatura Generale dello Stato, l’Amministrazione ha ulteriormente spiegato che “ il divieto di esercizio è relativo a tutto lo stabilimento, ed è scaturito dalla omessa individuazione e proposizione di misure compensative volte alla salvaguardia della vita umana, dell’incolumità delle persone e alla tutela dell’ambiente nelle more del completamento dei lavori di adeguamento di cui al cronoprogramma ricevuto …, pur in presenza di scenari, ritenuti dall’analista e fatti propri dal gestore, particolarmente probabili e gravosi, dovuti alla verifica strutturale, con esito negativo, delle colonne di distillazione all’azione del vento. L’adozione del dispositivo di misurazione della velocità del vento, collegato ad un sistema di allarme per la messa in sicurezza dell’area proposto dal gestore, non è stata ritenuta sufficiente. Inoltre il gestore non ha individuato misure di salvaguardia per le aree interessate in relazione agli scenari aggiuntivi dovuti al sisma” .
2. La predetta nota prot. n. 0002585 del 4 febbraio 2021 e gli ulteriori e connessi atti in epigrafe indicati sono stati impugnati da Corden Pharma Latina S.p.a. per il seguente unico ma articolato motivo: “Violazione, falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105;violazione, falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione;violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e correttezza dell’azione amministrativa;violazione del principio di proporzionalità;eccesso di potere sotto i profili di difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, incongruita’ della motivazione, illogicità e irragionevolezza, contraddittorieta’, travisamento, sviamento.”.
Parte ricorrente, dopo avere allegato di avere predisposto nel settembre del 2019, su sollecitazione dell’Amministrazione, un nuovo Rapporto di Sicurezza (identificato con la sigla “RdS 2019” ) ed avere esposto nel dettaglio le prescrizioni dettate dal Gruppo di Lavoro del CTR, per rendere il documento pienamente conforme ai criteri di cui all’Allegato C al d.lgs. n. 105 del 2015, evidenzia che, in realtà, l’istruttoria relativa aveva avuto avvio soltanto nel dicembre del 2019. La fondamentale deduzione della ricorrente è che una volta acquisita la documentazione prodotta come “RdS 2016” , il Gruppo di Lavoro incaricato della relativa valutazione, lungi dal riesaminare in toto, come ha fatto, tale documento (alla luce dei criteri “sopravvenuti” di cui all’Allegato C al D.Lgs. n. 105/2015) e, per l’effetto, impartire prescrizioni tali da imporre, di fatto, la predisposizione di un nuovo Rapporto di Sicurezza, avrebbe dovuto invece circoscrivere la propria verifica ad eventuali carenze relative alle sole parti modificate, rispetto alla versione del Rapporto di Sicurezza dell’ottobre del 2014 (legittimamente presentato dalla società ricorrente nel rispetto del d.lgs. n. 334 del 1999, allora vigente e regolarmente approvato dalle Autorità competenti);in tal modo la Società avrebbe potuto agevolmente gestire le carenze nei tempi previsti, evitando così di porre in essere una gravosa mole di attività non prescritte dalla legge. In ogni caso parte ricorrente eccepisce che, dopo la presentazione di un nuovo Rapporto (RdS 2019), con nota del 16 dicembre 2020 il CTR Lazio ha invitato la Società ad “integrare … il Rapporto di Sicurezza presentato con la considerazione degli scenari incidentali conseguenti all’azione sismica sulle colonne di distillazione ed eventualmente, ove non inclusi in quelli determinati dall’azione sismica, anche quelli determinati dalle criticità statiche”, prescrivendo alla medesima Società, “ alla luce delle evidenze mostrate dall’analisi di vulnerabilità sismica e dalle condizioni di conservazione strutturale, … di attuare specifiche misure compensative necessarie per la salvaguardia della sicurezza delle persone e dell’ambiente”. Il Gruppo di Lavoro ha quindi “concluso l’esame del Rds 2019 emesso da Corden Pharma ritenendo che il gestore dovesse attuare adeguamenti sulle strutture delle colonne di distillazione o valutare nuovi scenari incidentali relativi alle stesse”. La richiesta è stata esitata da Corden Pharma, la quale il 12 gennaio 2021 ha provveduto a trasmettere all’Amministrazione resistente la nota prot. n. SHEOUT2021011201, corredata da diversi allegati. Nella successiva relazione del Gruppo di Lavoro del 26 gennaio 2021 si individua la seguente criticità non risolta dalle misure di intervento proposte da Corden Pharma: le strutture di sostegno delle colonne di distillazione presentano uno stato diffuso di degrado;le stesse non risultano verificate rispetto all’azione combinata dei carichi verticali e del vento (colonne LE 610, 611, 612, 603 e 622). I tecnici incaricati hanno individuato dei valori limite per l’azione del vento oltre i quali le colonne non risultano verificate prescrivendo in tali condizioni unicamente l’inibizione dell’accesso alle torri. Non sono proposte dal Gestore ulteriori misure di salvaguardia per l’esercizio ordinario delle colonne.
In base ad un rilievo siffatto il CTR si sarebbe dovuto limitare, al più, ad inibire l’operatività delle colonne di distillazione che, infatti – come rappresentato nella Nota tecnica a firma della Società Builti S.r.l. in data 4 febbraio 2021, prodotta agli atti – costituiscono una porzione tecnicamente e logisticamente distinta e separata dalle restanti aree dello stesso Stabilimento. La ricorrente sottolinea infatti che la porzione produttiva dello Stabilimento relativa alle colonne di distillazione è ben isolata dalle altre strutture - tanto in termini di localizzazione, quanto in termini funzionali - e non può determinare alcuna interferenza con le predette strutture. Di qui l’illegittimità per carenza di presupposti e sproporzione del provvedimento che ha vietato l’esercizio dello stabilimento nella sua totalità, dovendosi anche considerare che la chiusura parziale dello stabilimento è espressamente consentita dall’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 105/2015. Precisa la ricorrente che la salvaguardia della vita umana, l’incolumità delle persone e la tutela dell’ambiente - interessi di primario valore posti alla base del provvedimento qui impugnato - sarebbero stati protetti, in modo adeguato, ma senza travolgere la sfera giuridica ed economica del privato, mediante la chiusura parziale dello stesso stabilimento e, nello specifico, mediante l’inibizione dell’esercizio delle sole colonne di distillazione (operazione tecnicamente possibile, a dire della ricorrente).
3. Si è costituita l’Amministrazione per resistere al ricorso, limitandosi al deposito di comparsa formale.
4. Con ordinanza del 15.3.2021, n. 1605 la Sezione ha accolto la domanda cautelare al fine di “ consentire la continuazione dell’attività industriale, facendo onere alla P.A. di convocare immediatamente la parte ricorrente, al fine di individuare - anche mediante interlocuzione diretta e possibilmente congiuntamente- ogni soluzione prescrittiva di immediata e semplice realizzazione, al fine di garantire il rispetto della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente mentre ha luogo l’attività di produzione industriale, prevenendo il verificarsi di ogni eventuale rischio” .
Con la stessa ordinanza il Collegio ha rilevato, altresì, che, con nota depositata in data 10.3.2021, la P.A. ha comprovato che, a seguito di immediata convocazione, come attestato dal Verbale del 17.2.2021 (in atti), ha tenuto un incontro con la parte ricorrente, nel quale si è proceduto alla individuazione delle soluzioni idonee alla messa in sicurezza delle colonne di distillazione locali, per renderne adeguata la capacità di risposta alle azioni del vento, al fine proseguire e, se possibile, di accelerare le attività di cui al cronoprogramma esaminato in sede di CTR, nella seduta del 2.2.2021.
Pertanto è stato confermato dal Collegio quanto stabilito dal Decreto Cautelare n. 993 del 17.2.2021, consentendo a parte ricorrente di proseguire l’attività industriale con la sola esclusione dell’impianto relativo alle colonne di distillazione. Nel contempo è stato prescritto alla Società di proseguire puntualmente e celermente nell’espletamento delle attività di cui al cronoprogramma indicato nonché di altri cronoprogrammi che potrebbero successivamente intervenire, al fine di salvaguardare effettivamente e concretamente tutti gli interessi pubblici coinvolti nonché quello - altrettanto rilevante- della tutela dell’incolumità personale dei dipendenti dell’azienda.
5. In corso di causa vi sono state plurime produzioni documentali della società ricorrente, volte a provare gli incontri e gli scambi informativi avvenuti tra le parti nonché gli aggiornamenti delle misure di messa in sicurezza via via messe in funzione dalla società gestrice dello stabilimento.
Tra i numerosi documenti versati in atti, sono stati da ultimo prodotti: l’attestazione di fine lavori di adeguamento sismico sulle torri LE610-611-612 (lavori terminati in data 06/10/2021);la nota Corden Pharma del 30.11.2021 che comunica e documenta: il completamento delle opere di messa in sicurezza sismica; la Valutazione delle conseguenze nella configurazione finale dello stabilimento;la Certificazione della resistenza al fuoco della sala controllo (doc. dep. 1.12.2021);il documento denominato “Istruttoria sul Rapporto di Sicurezza 2019” (doc. dep. 1.12.2021).
6. In vista dell’udienza di merito la sola ricorrente ha prodotto memoria ex art. 73 c.p.a..
7. All’udienza del 24 gennaio 2022, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.
8. Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato.
9. Il Collegio ritiene di muovere dalla seguente (decisiva) allegazione di parte ricorrente (non smentita né in alcun modo confutata dal Ministero resistente): le attività svolte presso lo stabilimento Corder Pharma sono ascrivibili a tre macro-aree, ciascuna delle quali ben distinta e separata dalle altre. In particolare, come riportato nella certificazione UNI ISO 45001:2018, tali attività consistono (vedi pagg. 21 e 22 ric.):
a) nella “Produzione di principi attivi ed intermedi per specialità farmaceutiche attraverso sintesi chimica, cristallizzazione, filtrazione ed essiccamento”: si tratta dell’attività chimica, afferente alla sola produzione chimico-farmaceutica, attualmente svolta nell’area API ovvero negli edifici 4, 39 e 6;
b) nella “ Formulazione e confezionamento di specialità farmaceutiche in forma orale ed iniettabile”: si tratta dell’attività farmaceutica, attualmente svolta negli edifici 103 e 107;
c) nel “Trattamento e recupero di rifiuti liquidi speciali pericolosi in conto terzi, mediante processo di distillazione”: si tratta dell’attività di trattamento di rifiuti liquidi speciali pericolosi in conto terzi, che viene svolta nell’area Solvent Recovery.
L’area destinata alla gestione dell’attività farmaceutica è isolata dalle porzioni produttive dello stabilimento destinate all’attività chimica e all’attività di trattamento di rifiuti. Le aree relative a tali ultime attività sono collegate tramite la pipe-rack;tuttavia, ove la capacità produttiva dello stabilimento venga limitata alle sole attività chimica e farmaceutica, sospendendo il solvent recovery e inibendo l’accesso all’area interessata da un eventuale scenario incidentale, con crollo delle colonne di distillazione sui sottostanti impianti, le due distinte attività menzionate (farmaceutica e chimica) potrebbero comunque continuare a svolgersi senza soluzione di continuità, stante la sufficiente separazione, sia fisica che funzionale di dette attività, rispetto all’area del solvent recovery, unica esposta al pericolo derivante dallo stato di degrado di alcune delle colonne di distillazione.
Più precisamente, l’essenziale elemento della separazione fisica e funzionale delle aree destinate, rispettivamente, all’attività chimica (edifici 4, 39 e 6) e all’attività farmaceutica (svolta negli edifici 103 e 107), rispetto all’area Solvent Recovery - ove si collocano le colonne di distillazione LE610, 611, 612, 603 e 622, fonte di rischio di incidente rilevante a causa del loro “stato di diffuso degrado”, in caso di sisma oppure per effetto dell’azione combinata dei carichi verticali e del vento – è stato evidenziato, invero, da diversi documenti acquisiti al fascicolo di causa. Tra di essi è di particolare rilevanza la relazione del Gruppo di Lavoro datata 26.1.2021 ove si legge che “[…] il GdL evidenzia che la valutazione delle conseguenze riferite agli scenari incidentali aggiuntivi comporta un coinvolgimento (come evidenziato nella graficizzazione delle stesse) di tutta l’area dove sono installate le colonne di distillazione e i serbatori di lavorazione annessi oltre che dell’edificio 7, dove risulta ubicata la sala controllo dello stabilimento. Relativamente a tale aspetto non risultano proposte dal Gestore misure di salvaguardia per le aree interessate….[…]” . Inoltre “le strutture di sostegno delle colonne di distillazione presentano uno stato diffuso di degrado e …le stesse non risultano verificate all’azione combinata dei carichi verticali e del vento (colonne LE 610, 611, 612, 603 e 622). I tecnici incaricati hanno individuato dei valori limite per l’azione del vento oltre i quali le colonne non risultano verificate prescrivendo in tali condizioni unicamente l’inibizione dell’accesso alle torri. Non sono proposte dal Gestore ulteriori misure di salvaguardia per l’esercizio ordinario delle colonne”.
Risulta pertanto dagli stessi rilievi del Gruppo di Lavoro che il pericolo considerato, certamente presente e certamente grave nei suoi effetti potenziali, al momento dell’adozione del provvedimento che ha inibito l’esercizio dello stabilimento, era localizzabile nell’ambito di un’area circoscritta e delimitata vale a dire: “…tutta l’area dove sono installate le colonne di distillazione e i serbatori di lavorazione annessi oltre che dell’edificio 7, dove risulta ubicata la sala controllo dello stabilimento.”.
Ciò significa che i rischi per l’incolumità delle persone e la salvaguardia dell’ambiente erano delimitabili e contenibili all’interno di un perimetro isolabile rispetto alla altre due macro-aree dotate di autonoma capacità produttiva. Tale aspetto si è già imposto, non a caso, nella valutazione compiuta da questo Giudice in sede cautelare quando con il decreto monocratico (n. 993/2021) e la successiva ordinanza collegiale (n. 1605 del 15.3.2021) si è ritenuto che “le criticità sui luoghi di produzione evidenziate investono in modo particolare l’impianto relativo alle colonne di distillazione e, che, pertanto, appare opportuno, lasciare la res adhuc integra con riferimento agli altri impianti dello stabilimento, nelle more della celebrazione della prima di camera di consiglio…”.
La documentazione successivamente versata in atti da parte ricorrente, pur riferendosi ad attività successive all’adozione del provvedimento, supporta, invero, la valutazione già compiuta in sede cautelare in quanto conferma che l’attività industriale della società, proprio in forza della misura cautelare adottata, è potuta effettivamente proseguire senza interruzioni, mentre, d’altra parte, la medesima società procedeva alla esecuzione delle opere di messa in sicurezza statica e sismica dell’area dello stabilimento ove si trovano le colonne di distillazione e all’integrazione del RdS 2019, in ossequio alle prescrizioni fornite dall’Amministrazione resistente, nel rispetto del cronoprogramma confermato in data 17.2.2021, quando le parti, in ottemperanza al decreto cautelare n. 993/2021, hanno convenuto “…sull’esigenza di attuazione immediata dei lavori di messa in sicurezza delle colonne di distillazione, per renderne adeguata la capacita di risposta alle azioni del vento e di proseguire, se possibile accelerando, le attività di cui al cronoprogramma esaminato in sede di CTR, ultima seduta del 2 febbraio 2021….”.
Parte ricorrente ha documentato con puntuali produzioni documentali le attività esecutive via via completate nel rispetto di quanto concordato con l’Amministrazione.
10. Ad avviso del Collegio gli elementi di fatto sopra valorizzati dimostrano la fondatezza delle ragioni della ricorrente nella parte in cui ha lamentato la violazione del principio di proporzionalità ed il difetto di istruttoria con riguardo alla drastica misura adottata, consistita nel divieto di esercizio esteso all’intero stabilimento, come deciso con la nota prot. 0002585 del 4.2.2021 (provvedimento impugnato).
Il provvedimento è stato espressamente adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 105 del 17.7.2015, il quale prevede che : “3. […] il CTR, ricevuto il rapporto di sicurezza, avvia l'istruttoria e, esaminato il rapporto di sicurezza, esprime le valutazioni di propria competenza entro il termine di quattro mesi dall'avvio dell'istruttoria, termine comprensivo dei necessari sopralluoghi, fatte salve le sospensioni necessarie all'acquisizione di informazioni supplementari, che non possono essere comunque superiori a due mesi. Nell'atto che conclude l'istruttoria sono indicate le valutazioni tecniche finali, le eventuali prescrizioni integrative e, qualora le misure adottate dal gestore per la prevenzione e per la limitazione delle conseguenze degli incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti, è disposta la limitazione o il divieto di esercizio.”.
Il CTR, dunque, pur muovendo dalla corretta (e non contestata) premessa della grave e persistente criticità rilevata (“ omessa individuazione e proposizione di misure compensative volte alla salvaguardia della vita umana, dell’incolumità delle persone e alla tutela dell’ambiente nelle more del completamento dei lavori di adeguamento di cui al cronoprogramma datato 12/01/2021, acquisito con nota prot. DIR-LAZ n.2080 del 29/01/2021” ) non si trovava, tuttavia, di fronte all’unica possibilità di vietare “in toto” l’esercizio delle attività rispetto a tutte le macro-aree dell’intero stabilimento ma poteva, viceversa, disporre la sola “limitazione” dell’attività , misura evidentemente meno drastica e ammessa dal citato art. 17, comma 3, la quale può essere intesa anche in senso spaziale, come inibizione dell’attività imprenditoriale, limitata alla sola macro-area direttamente interessata dalla presenza della fonte di pericolo (concernente le colonne di distillazione insistenti nell’area del Solvent Recovery).
Sulla base degli elementi sopra raccolti e sulla base della situazione fattuale esistente al momento dell’adozione del provvedimento, la suddetta alternativa era tecnicamente attuabile, alla luce della separazione funzionale e fisica delle aree, destinate all’attività chimica e all’attività farmaceutica, rispetto all’area del solvent ricovery. Costituiva in ogni caso dovere dell’Amministrazione, nell’ottica dell’ottimale ponderazione dei diversi interessi in gioco, valutare anche l’alternativa costituita dalla limitazione spaziale del divieto nei termini anzidetti e, se del caso, esternare, motivatamente, le ragioni che la inducevano ad escludere tale alternativa.
Viceversa di questa ponderazione di interessi e della valutazione di un provvedimento limitativo ma diverso dal divieto totale di esercizio non si dà contezza del provvedimento impugnato.
Ciò appare sintomatico di un difetto di istruttoria in quanto mostra che tale verifica, in concreto, non è stata fatta dal CTR Lazio il quale, ove l’avesse espletata, avrebbe preso atto delle effettive caratteristiche dello stabilimento e delle distinte attività ivi esercitate ed avrebbe, quindi, potuto valutare se le esigenze (certamente primarie) di salvaguardia della vita umana, dell’incolumità delle persone e della tutela dell’ambiente potevano essere salvaguardate, non necessariamente mediante la chiusura dell’intero stabilimento, ma anche con l’inibizione dell’esercizio delle sole colonne di distillazione.
Quest’ultimo aspetto è stato già evidenziato nella ordinanza cautelare della Sezione che ha accolto, per quanto di ragione, la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, prescrivendo alla medesima “di proseguire puntualmente e celermente nell’espletamento delle attività di cui al cronoprogramma indicato nonché di altri cronoprogrammi che potrebbero successivamente intervenire, al fine di salvaguardare effettivamente e concretamente tutti gli interessi pubblici coinvolti nonché quello - altrettanto rilevante- della tutela dell’incolumità personale dei dipendenti dell’azienda”.
In altri termini, il canone di riferimento dell’azione amministrativa da osservare in una situazione quale quella oggetto di contesa, consisteva nella ricerca di una giusta soluzione atta a consentire una composizione armonica di tutti i rilevanti interessi pubblici coinvolti nella fattispecie, con il minor sacrificio possibile di alcuno di essi. Viceversa il provvedimento impugnato (che ha imposto la cessazione di tutte le attività dello stabilimento) si è rivelato idoneo a produrre pregiudizi, non solo alla società ricorrente ma diffusi, di notevole rilevanza economica, occupazionale e sociale, senza costituire tuttavia, nel momento della sua adozione, la soluzione unica e necessaria per porre rimedio alle (si ribadisce) primarie esigenze sopra menzionate.
Può quindi concludersi che gli atti impugnati hanno comportato una violazione del principio di proporzionalità il quale costituisce uno dei principali canoni di riferimento della discrezionalità amministrativa, il quale impone che, laddove l’azione del potere pubblico coinvolga interessi diversi e confliggenti, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile. La proporzionalità, naturalmente, non è un canone rigido e immodificabile ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità e alla legalità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015, n. 284).
Come è noto, secondo un indirizzo ormai largamente condiviso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., T..A.R. Campania, Salerno, 13 novembre 2018, n. 1632;T.A.R Veneto, sez. I, 17 marzo 2017, n. 276, nonché Cons Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007 n. 6383;id., 14 aprile 2006, n. 2087;T.A.R. Marche, Sez. I, 10 dicembre 2012, n. 788;T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 8 gennaio 2011, n. 10;T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 777;id., 25 gennaio 2007, n. 563), le limitazioni alla sfera privata e costituzionalmente tutelata dei soggetti (come il diritto di iniziativa economica) debbono essere operate nel rispetto del principio di proporzionalità, che postula una verifica trifasica.
In particolare, il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa - compreso tra i principi dell'ordinamento comunitario, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del principio di buona amministrazione, ex art. 97 Cost. - impone di verificare: a) l'idoneità della misura, cioè il rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo avuto di mira, sicché l'esercizio del potere è legittimo se la soluzione adottata consente di raggiungere l'obiettivo);b) la sua necessarietà, ossia l'assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo, tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo, sicché la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei deve cadere su quello che comporti il minor sacrificio del soggetto);c) l'adeguatezza della misura, ossia la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato, sicché l'esercizio del potere, pur se idoneo e necessario, è legittimo soltanto se riflette una ragionevole ponderazione degli interessi in gioco.
Nel caso di specie, sulla base di quanto sopra esposto, può concludersi che, se certamente il provvedimento di divieto di esercizio per l’intero stabilimento e per tutte le attività ivi espletate rispettava certamente il requisito sub 1) (idoneità allo scopo) in quanto consentiva di raggiungere l’obbiettivo della salvaguardia della vita umana, dell’incolumità delle persone e della tutela dell’ambiente, rispetto al rischio in atto, non altrettanto può dirsi per il criterio della necessità della misura (sub 2), in quanto non è vero che fosse assente qualunque altro mezzo idoneo allo scopo, tale da incidere in misura minore sulla sfera di attività dell’impresa ricorrente e, pertanto, la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei non è caduta, in effetti, su quello che avrebbe comportato il minor sacrificio per la società.
Inoltre si è già osservato che non vi è stata completa ponderazione degli interessi in gioco e delle diversa misure alternative per realizzarli.
11. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso merita accoglimento con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
La complessità della vicenda e la obbiettiva criticità e pericolosità di una delle macro-aree dello stabilimento gestito dalla ricorrente, profilo che rendeva comunque necessario e non procrastinabile l’intervento dell’Autorità pubblica, giustificano ampiamente la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti in causa.