TAR Salerno, sez. I, sentenza breve 2012-04-06, n. 201200621

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza breve 2012-04-06, n. 201200621
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201200621
Data del deposito : 6 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00288/2012 REG.RIC.

N. 00621/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00288/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso, numero di registro generale 288 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli Avv. M F e C D R, con domicilio eletto, in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, 31 presso l’Avv. M F;

contro

Ministero dell’Economia e Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, Corso Vittorio Emanuele, 58;

per l’annullamento

a) del-OMISSIS-

b) ove e per quanto occorra, della nota, -OMISSIS-, con la quale è stato comunicato l’avvio del procedimento;

c) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012, il dott. P S;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;


La ricorrente, titolare da molti anni della licenza per la gestione della rivendita ordinaria di tabacchi, specificata in epigrafe, faceva presente che, avendo sofferto negli ultimi tempi di problemi di salute, ed essendosi dovuta avvalere per tale ragione di alcuni collaboratori, l’Amministrazione dei Monopoli di Stato le aveva contestato la mancata gestione personale dell’esercizio commerciale e le aveva irrogato due sanzioni pecuniarie, che aveva regolarmente pagato;
che, peraltro, le era stato successivamente comunicato l’avvio del procedimento, volto alla revoca della licenza, nel corso del quale ella aveva presentato memorie, nonostante le quali l’Amministrazione aveva adottato il provvedimento impugnato, che veniva censurato sotto i seguenti profili:

1) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: si sosteneva l’estinzione del potere sanzionatorio, per essere già stato irrogate, per il medesimo fatto (presenza nella rivendita di persone, non autorizzate a gestirla), ben due sanzioni pecuniarie, regolarmente pagate dalla ricorrente;

2) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57 in rel. agli artt. 2 e 3 della l. 241/90;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: si affermava la violazione del principio di gradualità e di proporzionalità della sanzioni, applicabili nella specie;

3) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57 in rel. agli artt. 2 e 3 della l. 241/90;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: era mancata l’esplicitazione delle ragioni per le quali la P. A. aveva deciso di ricorrere alla più grave sanzione della revoca della licenza;

4) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57 in rel. agli artt. 2 e 3 della l. 241/90;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: posto che nel decreto di revoca si faceva riferimento, quale presupposto della stessa, a provvedimenti cautelari di natura penale, adottati nei confronti della persona, indicata come gestore di fatto della rivendita, sarebbe stato di conseguenza violato il principio della necessità, quale presupposto del medesimo provvedimento, di un giudicato penale di condanna, in contrasto con la presunzione d’innocenza fino alla condanna definitiva, sancita dalla Costituzione ed in assenza di un’autonoma valutazione dei fatti contestati ala suddetta persona, da parte dell’Amministrazione procedente;

5) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57 in rel. agli artt. 2 e 3 della l. 241/90;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: stesso discorso valeva anche per il riferimento all’altra persona che pure era stata trovata presso la rivendita in questione, che pure sarebbe stato indagato nell’ambito del medesimo procedimento penale che riguardava la prima persona;
per di più di tale ulteriore circostanza non v’era alcuna menzione nella comunicazione d’avvio del procedimento, comparendo la stessa, per la prima volta, nel provvedimento finale;
né del resto – nel medesimo provvedimento – v’era traccia della memoria difensiva depositata dalla ricorrente, dopo aver ricevuto la comunicazione ex art. 7 l. 241/90;

6) Violazione artt. 28, 34 e 35 l. 1293/57 in rel. agli artt. 2 e 3 della l. 241/90;
Eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di motivazione, arbitrarietà, erroneità manifesta e sviamento: secondo la ricorrente, “il richiamo indistinto agli atti del procedimento penale” nei confronti delle persone di cui sopra (al quale la stessa ricorrente era estranea), non sarebbe stato idoneo, nella specie, a soddisfare adeguatamente l’obbligo motivazionale gravante sull’Amministrazione.

Si costituiva il Ministero intimato, depositando relazione, a firma del Direttore Regionale dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato – Sezione di Salerno, nella quale s’eccepiva la tardività del ricorso, per essere stato depositato oltre il sessantesimo giorno dalla notificazione del provvedimento gravato, e si esponevano le ragioni poste a fondamento del medesimo.

All’udienza in camera di consiglio del 22 marzo 2011 il ricorso era trattenuto in decisione.

Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata per vero unicamente nel rapporto dell’Amministrazione, prodotto in giudizio dalla Difesa Erariale (ma, in ogni caso, autonomamente scrutinabile dal Collegio ex officio).

Il provvedimento impugnato è stato, infatti, comunicato alla ricorrente, con raccomandata a. r. – come si ricava dagli atti prodotti dal Ministero delle Finanze – in data 14.12.2011, laddove il ricorso è stato notificato in data 13.02.2012.

Poiché il 12 febbraio 2012 era domenica, il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso, scadente appunto in tale data, deve ritenersi prorogato al primo giorno seguente non festivo, con conseguente tempestività del gravame.

Ciò posto, rileva il Tribunale che lo stesso è manifestamente fondato.

Ai sensi dell’art. 60 comma primo, prima parte, c. p. a., “In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata”;
il successivo art. 74, dedicato per l’appunto alle sentenze in forma semplificata, prevede che “Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme”

Nella specie, il provvedimento gravato è stato adottato, ai sensi dell’art. 34 comma 1 della l. 1293/57, per abbandono del servizio, da parte della titolare della rivendita (“L’Amministrazione può procedere alla disdetta del contratto d’appalto o alla revoca della gestione delle rivendite nei seguenti casi: 1) violazione all’obbligo della gestione personale o abbandono del servizio” (…) ), in violazione dell’obbligo della gestione personale, sancito nell’art. 28 della stessa legge.

Ai sensi del successivo art. 35, intitolato “Pene pecuniarie disciplinari”, è tuttavia previsto che: “L’Amministrazione può infliggere una pena pecuniaria disciplinare da un minimo di lire 10.000 ad un massimo di lire 500.000 con le modalità e la procedura stabilite dal regolamento, per qualsiasi irregolarità di gestione, ivi comprese quelle previste nel precedente articolo, che non siano ritenute di natura e gravità tali da comportare la disdetta o la revoca della gestione”.

Al riguardo, già dalla massima di questa Sezione, relativa alla decisione del 6 luglio 2005, n. -OMISSIS-, si ricava il principio, secondo il quale: “La scelta di adottare la sanzione della revoca della gestione delle rivendite non è automatica e ciò si evince non soltanto dal testo dell’art. 34, l. n. 1293 del 1957, che si esprime in termini di possibilità e non di doverosità, ma soprattutto dal confronto con il successivo art. 35 che, per qualsiasi irregolarità di gestione, consente all’amministrazione di adottare la meno incisiva misura della pena pecuniaria disciplinare, allorché le riscontrate violazioni non siano ritenute di natura e gravità tali da comportare la disdetta o la revoca della gestione, sicché l’amministrazione ha l’onere di motivare in ordine alla consistenza, natura e concreta gravità delle violazioni, così giustificando la scelta revocatoria a fronte della meno severa sanzione pecuniaria”;
le suddette considerazioni sono state ribadite nella recente sentenza, sempre della Sezione, n. -OMISSIS-, nella cui parte motiva è dato leggere quanto segue:

“Rilevato, inoltre, che l’articolo 34 della legge n. 1293/1957 dispone, tra l’altro, che “ L’Amministrazione può procedere …. alla revoca della gestione delle rivendite nei seguenti casi: …8) acquisto dei generi non dall’organo di distribuzione del monopolio assegnato, quando ne sia derivato danno all’amministrazione ….” e che il successivo art. 35 prevede che “L’Amministrazione può infliggere una pena pecuniaria disciplinare …. per qualsiasi irregolarità di gestione, ivi comprese quelle previste nel precedente articolo, che non siano ritenute di natura e gravità tali da comportare la disdetta o la revoca della gestione”;

Considerato, al riguardo, che la previsione, per la medesima fattispecie, di due distinte sanzioni (revoca o sanzione pecuniaria), la cui scelta concreta - per quanto è corretto desumere dal dato normativo - è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione (“… può…”), modulata sulla base della valutazione del “danno derivato all’amministrazione” e della concreta “natura e gravità “ della violazione, impone all’ente pubblico una esaustiva motivazione sull’esistenza, nella fattispecie considerata, del danno per l’Amministrazione e sulla gravità della violazione commessa a giustificazione della assunta misura della revoca ( in luogo di quella della sanzione pecuniaria)”.

Nella specie, in disparte che l’Amministrazione aveva già irrogato sanzioni pecuniarie alla ricorrente, a cagione della “mancata gestione personale della rivendita in oggetto indicata”, soprattutto si rileva che tale adeguata motivazione difetta, non risultando all’uopo sufficiente il mero rilievo secondo cui “per un lasso di tempo, la stessa (ricorrente) non ha gestito personalmente la rivendita, consentendo la presenza nella privativa fiscale delle persone sovraindicate” e che “la fattispecie considerata ha compromesso il rapporto fiduciario tra questa Amministrazione (concessionaria) e la sig.ra -OMISSIS-”.

Si consideri, invero, che da tale esplicitazione emerge esclusivamente l’inosservanza di un obbligo di legge, il quale, per quanto sopra rilevato, di per sé non impone la revoca, potendo dar luogo anche alla più lieve sanzione pecuniaria.

Né la sola formula del venir meno del rapporto fiduciario tra Amministrazione e gestore della rivendita, per quanto senz’altro indicativa di una valutazione in termini di gravità della condotta ascritta, è tale da spiegare perché l’Amministrazione non abbia ritenuto, comunque, di ritenere sufficiente la già avvenuta inflizione delle sanzioni pecuniarie di cui sopra, soprassedendo, se del caso, alla disposta revoca.

Si tenga inoltre presente che nel provvedimento impugnato, come pure denunziato in ricorso, non v’è alcuna confutazione delle argomentazioni difensive, pure analiticamente rassegnate dalla ricorrente, nel corso del procedimento finalizzato alla revoca (che anzi, paradossalmente, le controdeduzioni presentate sono richiamate unicamente quale prova della circostanza di fatto, costituita dalla presenza nella rivendita delle persone non autorizzate, e, quindi, in pregiudizio della ricorrente medesima, in palese contrasto con la loro funzione).

Ne consegue – anche in aderenza ai conformi precedenti della Sezione, sopra riportati – che il provvedimento è illegittimo, per difetto di motivazione, sotto entrambi gli evidenziati profili, onde esso deve essere annullato, salve restando le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Ritenuto che le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, sussistendone giusti motivi, in relazione alla peculiarità della controversia.

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