TAR Torino, sez. I, sentenza 2016-03-30, n. 201600419

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2016-03-30, n. 201600419
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201600419
Data del deposito : 30 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00007/2016 REG.RIC.

N. 00419/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00007/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7 del 2016, proposto da:
S.S.D. Insubrika Nuoto S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. I P, M F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A R in Torino, Via Don Giovanni Minzoni, 14;

contro

Comune di Verbania, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. A S, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. A S in Torino, Via Pietro Micca, 3;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. 1449 adottata in data 23.11.2015 avente ad oggetto "risoluzione del contratto e revoca della concessione del servizio pubblico per la gestione della piscina comunale di Verbania, situata in Brigata Cesare Battisti, 43”;

di ogni altro atto propedeutico, preparatorio, consequenziale o connesso, ivi compresa la relativa comunicazione di avvio del procedimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verbania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2016 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente gestisce la piscina del Comune di Verbania, in forza della convenzione sottoscritta in data 10.12.2012, a seguito di procedura competitiva aperta indetta con determinazione n. 384 del 16.3.2012 e di aggiudicazione con determina n. 680 del 30.5.2012.

La convenzione pone a carico dell’aggiudicatario, oltre alla gestione dell’impianto, con connessi obblighi di organizzazione di corsi ed eventi, anche la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, che necessitava, causa la vetustà, di rilevanti investimenti, previsti dagli artt. 18 e 19 del capitolato di gestione, oggetto anche di valutazione nell’offerta tecnica.

Si trattava in particolare di lavori di adeguamento degli impianti e delle strutture, classificati come urgenti e necessari per la messa a norma della piscina.

La gestione della piscina si è rivelata da subito difficoltosa, sia per il servizio stesso, sia per la realizzazione delle opere.

In applicazione all’art 28 della convenzione l’Amministrazione ha applicato due penali, nel 2014 e nel 2015, avendo accertato l’inadeguatezza della manutenzione dell’impianto, il mancato rispetto dei requisiti igienico-sanitari e delle norme di sicurezza.

Tuttavia, avendo verificato ulteriori violazioni e una cattiva gestione, con nota del 13.10.2015, l’Amministrazione ha avviato il procedimento di risoluzione, ex art 36 del contratto, inviando la comunicazione di avvio del procedimento;
a seguito poi delle controdeduzioni veniva adottata la determinazione n. 1449 del 23.11.2015, di risoluzione del contratto, disponendo la prosecuzione transitoria in capo alla ricorrente, fino alla individuazione del nuovo gestore.

Avverso la determina di risoluzione sono articolate le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 21 sexies L. 241/90, violazione degli artt 28, 36 e 37 del contratto, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, arbitrarietà, sviamento, violazione del principio di tutela dell’affidamento: l’art 28 del contratto sanziona “eventuali inadempienze” e l’art 36 prevede “la risoluzione per ripetute inadempienze agli obblighi derivanti dalla presente concessione non sanate in seguito a formale diffida”: il Comune ha applicato solo due penali e sono mancate formali diffide;
le semplici contestazioni formalmente riscontrate dalla società, che provvedeva o a chiarire o ad attivarsi per risolvere il problema, non possono giustificare la risoluzione contrattuale. Proprio per l’assenza di diffide, si è creato altresì in capo alla società un affidamento che è stato leso con il provvedimento de quo;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 21 sexies L. 241/90, violazione degli artt. 28, 36 e 37 del contratto, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, arbitrarietà, manifesta irrazionalità e irragionevolezza: il provvedimento adduce circostanze “positivamente definite”, cioè i due episodi già sanzionati. I fatti riportati nel provvedimento oggetto di contestazione sono infondati e di tenuità tale da non poter giustificare la risoluzione di un contratto sinallagmatico: oggetto della concessione era un bene vetusto, in precarie condizione manutentive, sicchè l’obbligo contrattuale di effettuare interventi di manutenzione è stato rispettato.

Evidenzia altresì la ricorrente che l’eventuale mancato rispetto del cronoprogramma delle opere è stato anche determinato dalle inadempienze del Comune che non ha prodotto i diversi certificati necessari al fine della realizzazione delle opere: pertanto difettano i presupposti per la risoluzione giudiziale in quanto manca la gravità dell’inadempimento e la colpa del debitore;

3) violazione e falsa applicazione dell’art 3 L. 241/90, violazione degli artt 1453 e 1455 C.C., degli artt. 36 e 37 del contratto, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, arbitrarietà, manifesta irrazionalità e irragionevolezza: le argomentazioni su cui si fonda l’ordinanza sono tautologiche e di mero stile e non viene dato alcun riscontro alle controdeduzioni della società;

4) violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione del principio di buona fede, eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà e perplessità manifesta: la risoluzione del contratto risulta una misura eccessivamente drastica, non necessaria e non proporzionata al conseguimento dell’interesse pubblico: solo attraverso la continuazione della gestione da parte della ricorrente potranno essere portati a termini i lavori di manutenzione anche grazie al contributo regionale ottenuto dalla società. Risulta altresì contraddittorio che venga chiesta la prosecuzione della gestione fino al nuovo affidamento, in presenza delle asserite gravi inadempienze, che hanno portato l’Amministrazione a sciogliere il contratto;

5) violazione e falsa applicazione dell’art 21 sexies L. 241/90 e dell’art 1453 c.c.;
eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, travisamento, arbitrarietà, irragionevolezza manifesta: il provvedimento è connotato da un uso capzioso dei poteri pubblicistici, utilizzati al fine di risolvere un contratto privato;

6) violazione ed eccesso di potere, violazione dell’art 1 L. 241/90 e art 97 Cost. contraddittorietà, perplessità manifesta e sviamento: il provvedimento è adottato in carenza dei presupposti e viola i principi di buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale, chiedendo il rigetto del ricorso.

La difesa dell’Amministrazione ha evidenziato che il bando prevedeva un canone concessorio “irrisorio” (€ 3.200/annuo), giustificato dall’impegno del gestore di effettuare investimenti, previsti e proposti nel progetto presentato in sede di gara, per l’adeguamento dell’impianto.

Tuttavia fin dall’inizio, il rapporto concessorio non ha avuto regolare esecuzione, perchè da un lato sono emerse carenze nella gestione, dall’altro non sono state eseguite le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Alla camera di consiglio del 13 gennaio 2016 è stata fissata la trattazione al merito all’udienza del 3 febbraio 2016, previa rinuncia ai termini.

Con memorie depositate in data 22 gennaio 2016 le parti hanno ribadito le proprie reciproche tesi.

All’udienza del 3 febbraio 2016 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1) Viene all’esame del Collegio il provvedimento con cui il Comune di Verbania ha revocato la concessione di gestione dell’impianto natatorio, risolvendo contestualmente il relativo contratto.

Ai fini della decisione è opportuna una ricostruzione della disciplina convenzionale e contrattuale, per quanto attiene agli obblighi reciproci delle parti e per la disciplina risolutoria.

Le parti sono ricorse ad un unico atto - la “scrittura privata autenticata per la gestione della piscina comunale, durata della concessione 1.7.2012- 30.6.2014” - per disciplinare sia la concessione del bene pubblico e del servizio, sia il rapporto contrattuale, prevedendo varie obbligazioni a carico del gestore, a fronte dell’unico obbligo dell’Amministrazione di manutenzione straordinaria ex art 23, con esclusione degli interventi previsti dagli artt. 19 e 20 di competenza del gestore.

Nell’art 2 viene affidato in concessione il servizio pubblico di gestione dell’impianto, implicitamente affidando in gestione anche l’impianto sportivo, mentre nei successivi articoli vengono previste tutte le prestazioni che devono essere eseguite dalla società Insubria.

Dalla lettura complessiva della convenzione,in particolare dagli artt. 8, 20 e 21 (che prevedono rispettivamente obblighi relativi alla gestione, alla manutenzione ordinaria e straordinaria) si evince che interesse dell’Amministrazione non è solo avere un impianto ben gestito, ma anche ottenere l’ammodernamento dello stesso, attraverso un programma di interventi sull’immobile, il cui valore “giustifica” un canone così basso: l’equilibrio sinallagmatico è assicurato dall’assunzione dell’obbligo di effettuare opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, al fine di rendere l’impianto a norma per garantire in sicurezza il servizio agli utenti.

Quanto ai profili di cessazione del rapporto, gli artt 36 e 37 disciplinano rispettivamente la risoluzione e la revoca, distinguendo in tal modo lo scioglimento del rapporto contrattuale e la cessazione della concessione.

L’art 36 prevede testualmente che “ l’Amministrazione in caso di ripetute inadempienze agli obblighi derivanti dalla presente concessione non sanate in seguito a diffida formale, o anche a seguito di una singola inadempienza che comporti disfunzioni particolarmente gravi o interruzione del servizio, potrà recedere unilateralmente dal contratto con un preavviso di 15 giorni, incamerando la cauzione …(omissis). Al recesso potrà pervenirsi soltanto dopo aver contestato l’addebito ed esaminate le eventuali controdeduzioni.”

Sono poi previste delle ipotesi specifiche di risoluzione del contratto: l’inadempimento degli impegni relativi alla realizzazione delle opere e/o la mancata presentazione delle certificazioni di legge e/o del collaudo;
l’interruzione della gestione dell’impianto non autorizzata, salvio i casi di forza maggiore.

L’art 37 prevede altresì la revoca della concessione per rilevanti ragioni di interesse pubblico, per gravi motivi di ordine pubblico o sanitario e per il venir meno della fiducia nei confronti del concessionario, dovuta al verificarsi di fatti, comportamenti ed atteggiamenti incompatibili con le finalità della concessione stessa.

Le due disposizioni pertanto disciplinano da un lato le cause di scioglimento del contratto, per inadempimento contrattuale, dall’altro le ipotesi di revoca dell’atto concessorio, in ragione degli interessi pubblici che la concessione tipicamente realizza, interesse pubblico che risulterebbe sempre predominante anche nel corso dell'esecuzione del rapporto scaturente dalla concessione, poiché l'amministrazione concedente, infatti, conserva un "indubbio interesse circa le modalità con le quali il servizio viene gestito dal concessionario in propria sostituzione".

La risoluzione incide sul rapporto contrattuale, viene disposta per inadempimento, o inesatto adempimento, la revoca invece si qualifica come provvedimento avente carattere autoritativo, perché fondato sulla valutazione dell'interesse pubblico alla stessa e incide sull’atto di concessione.

Il provvedimento in esame richiama indistintamente gli artt 36 e 37, contiene contestazioni relativamente alla realizzazione delle opere, in violazione agli artt 20, 21 e 22 del contratto di servizio, agli inadempimenti della gestione (mancato rispetto dei requisiti igienico sanitari, inadeguato stato di manutenzione) e, dopo aver rilevato come i continui inadempimenti hanno comportato il venir meno della fiducia, e siano sintomi di perdita dei requisiti di affidabilità e buona conduzione del servizio, dispone di porre fine al rapporto concessorio dichiarando la risoluzione del contratto e la revoca della concessione dal 24.11.2015.

Si può osservare fin da ora che con la determina viene esercitato il potere pubblicistico che incide sulla concessione del bene e contestualmente viene disposto lo scioglimento del rapporto contrattuale.

Nel ricorso si contesta sia l’inesistenza di presupporti per dichiarare l’inadempimento, sia l’assenza dei presupposti per disporre la revoca e quindi agire con poteri pubblicistici.

2) Fatta questa premessa, al fine di qualificare il provvedimento in esame, si può passare all’esame dei singoli motivi, ed in particolare dei primi due, rivolti proprio a contestare il profilo dell’insussistenza del requisito dell’inadempimento contrattuale.

Va ricordato che i presupposti della risoluzione, nell'interpretazione giurisdizionale corrente, sono la gravità dell'inadempimento e la colpa del debitore. Quanto al primo profilo, la gravità deve essere valutata in relazione sia alla parte inadempiuta dell'obbligazione rispetto a questa nel suo complesso, sia alla sensibile alterazione dell'equilibrio contrattuale che ne consegue. Nel suo insieme, poi, il giudizio sulla importanza dell'inadempimento deve fondarsi su di un criterio idoneo a coordinare l'elemento obiettivo, rappresentato dalla mancata o inesatta prestazione nel quadro della esecuzione generale del contratto, con l'elemento soggettivo, consistente nell'interesse concreto della controparte alla esatta e tempestiva prestazione (v. Cass. civ., Sez. I, 26 luglio 2000 n. 9800).

Nel caso di specie, assume un particolare significato la circostanza che, in ragione della natura dell'attività oggetto del contratto, il gestore dovesse, per espresso vincolo pattizio, assicurare la regolarità del servizio, sia quanto alla funzionalità degli impianti, sia quanto alla loro costante fruibilità in condizioni di piena sicurezza da parte degli utenti: per questo erano previsti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, prestazioni che costituivano una obbligazione essenziale nel quadro dell’esecuzione generale del contratto.

I rilievi mossi alla società Insubria hanno riguardato, da un lato, una serie di inadempienze nella gestione e nella manutenzione degli impianti, dall’altro inadempienze nella realizzazione delle opere necessarie per l’adeguamento alla normativa in materia di sicurezza.

Nel provvedimento si richiamano puntuali fatti di mala gestio dell’impianto (carenze nella manutenzione ordinaria, mancato rispetto dei requisiti igienico sanitari, l’unilaterale aumento del prezzo di ingresso), nonché la mancata realizzazione delle opere di manutenzione straordinaria. La valutazione complessiva della situazione in cui si trova l’impianto giustifica la scelta di risolvere il contratto, sussistendo il requisito del grave inadempimento, dal momento che ciò che si chiedeva alla società era non solo di gestire l’impianto, ma anche di rendere la struttura adeguata e a norma con una serie di puntuali interventi manutentivi, che non sono stati mai avviati.

Risulta quindi infondata anche la seconda censura in cui si afferma che non sussisterebbero gravi violazioni, poiché le due pregresse sanzioni sono state definite e si è quindi creato un legittimo affidamento.

Come detto, la circostanza che siano state già applicate due sanzioni per fatti singoli e come afferma parte ricorrente, che siano stati “positivamente definiti”, non esclude la facoltà di applicare l’art 36, a fronte di una “valutazione globale” della condotta tenuta in questi anni dalla società, che non solo costituisce un grave inadempimento, ma ha inciso anche sul rapporto fiduciario.

4) La terza e la quarta censura vertono sul profilo della motivazione e della violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza.

Contrariamente a quanto lamentato dalla ricorrente la scelta è argomentata con una motivazione che contiene l’esatta indicazione dei presupposti della risoluzione, nonché l’esame delle contrododeduzioni della società.

Né può essere ravvisata la violazione delle garanzie partecipative, dal momento che fin dall’inizio della gestione l’Amministrazione ha richiesto e sollecitato l’avvio delle opere di manutenzione, richiamando la concessionaria al rispetto degli obblighi convenzionali.

L’esame della motivazione denota che si è in presenza di un grave inadempimento, per cui il provvedimento risulta altresì proporzionato alla situazione, anche in considerazione del fatto che la finalità della concessione è quella di riuscire ad erogare un servizio a favore della collettività, in una situazione di sicurezza, sicurezza che per un impianto natatorio significa impianto a norma (vasche e spogliatoi), ma anche rispetto delle norme igienico sanitarie.

Così contestualizzata, non pare né irragionevole, né sproporzionata, la valutazione operata dall'amministrazione nel senso di attribuire alla condotta inadempiente della società ricorrente un effetto di insanabile compromissione delle finalità insite nel contratto di gestione del servizio pubblico e, quindi, di grave e irreparabile lesione dell'interesse pubblico: le mancanze riscontrate, infatti, risultano connotate da effettività e gravità tali da giustificare, sotto il profilo del corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, la valutazione di sostanziale inaffidabilità del soggetto gestore.

Né può essere ritenuto sintomo di contraddittorietà la scelta di fare proseguire la gestione alla società uscente, poiché questa facoltà è stata prevista nella convenzione, al chiaro scopo di garantire provvisoriamente il servizio senza soluzione di continuità.

5) Gli ultimi due motivi racchiudono contenuti che nel corso dell’esposizione che precede sono stati già quasi tutti superati.

Le censure attengono all’ambito dell’esercizio autoritativo: si lamenta infatti un uso distorto del potere perché utilizzato per incidere in un rapporto paritetico, in tal modo violando situazioni consolidate e meritevoli di tutela. L’atto di revoca avrebbe altresì violato i principi di buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa.

Anche questi profili non possono essere ritenuti condivisibili, dal momento che, come detto, sussistevano le ragioni sia per qualificare come “grave inadempimento” la condotta della società, sia per giustificare il venir meno del rapporto fiduciario.

Proprio il principio di buona amministrazione e di buon andamento impone ad ogni amministrazione di non procrastinare situazioni di inadempimento, in cui i danneggiati sono prioritariamente gli utenti del servizio, ma di intervenire con celerità, al fine di ricercare soluzioni alternative.

Tutto il procedimento dimostra che non potevano essere assegnate altre proroghe, essendo a rischio il servizio e la sicurezza dell’impianto.

6) Per le ragioni sopra rappresentate il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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