TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-09-24, n. 202416564

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-09-24, n. 202416564
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202416564
Data del deposito : 24 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/09/2024

N. 16564/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00891/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 891 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

Ministero della difesa e Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

- del provvedimento prot. n.-OMISSIS- del 25 novembre 2023, di rigetto dell’istanza di riammissione in servizio del ricorrente;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 4 aprile 2024:

- del provvedimento del Vice Comandante generale prot. n.-OMISSIS- dell’11 marzo 2024, con il quale è stato confermato il provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 3 giugno 2017, recante la sospensione dall’impiego del ricorrente.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 19 giugno 2024 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Viene alla decisione del Collegio il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, appuntato scelto dell’Arma dei carabinieri, al fine di contestare la propria mancata riammissione in servizio dopo il decorso di cinque anni dal provvedimento di sospensione dall’impiego adottato nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 919, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.



2. Secondo quanto risulta agli atti del giudizio, il ricorrente è stato destinatario di un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli eseguita il 16 febbraio 2012, con la quale gli è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di “rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio”, “concussione”, “tentata concussione” e “violenza privata”. La predetta misura è stata poi sostituita con quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con ordinanza del 24 febbraio 2012.

Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, con determinazione del 15 maggio 2012, ha quindi disposto la sospensione precauzionale obbligatoria dell’impiego del militare, in applicazione dell’articolo 915 cod. proc. amm., a decorrere dal 16 febbraio 2012.

Con successiva determinazione del 28 giugno 2013, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, preso atto dell’intervenuta revoca della misura cautelare disposta in sede penale, ha confermato la sospensione precauzionale dall’impiego dell’appuntato scelto -OMISSIS-, sulla base di una valutazione discrezionale, ai sensi dell’articolo 916 cod. ord. mil.

Il giudizio penale è stato definito in primo grado con la sentenza del Tribunale di Tivoli del 16 novembre 2016, mediante la quale il ricorrente è stato condannato alla pena di cinque anni di reclusione per i reati di “rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio”, “concussione” e “tentata concussione”. Con la medesima sentenza sono state, inoltre, comminate l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena.

In pendenza dell’appello proposto dall’imputato, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, con determinazione del 3 giugno 2017, rilevato il decorso del termine massimo quinquennale di durata della sospensione precauzionale dall’impiego, previsto dall’articolo 919, comma 1, cod. proc. amm., ha stabilito che:

- la misura della sospensione precauzionale disposta con la determinazione del 15 maggio 2012 e confermata con la determinazione del 28 giugno 2013 si intendesse cessata a decorrere dal 16 febbraio 2017;

- con effetto dalla medesima data del 16 febbraio 2017 dovesse trovare applicazione, nei confronti dell’appuntato scelto -OMISSIS-, la misura della sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento disciplinare, ai sensi dell’articolo 919, comma 3, lett. a) , e dell’articolo 917 cod. ord. mil.

Il 14 novembre 2023 il militare, per il tramite del proprio legale, ha chiesto di essere riammesso in servizio, in considerazione del decorso di un periodo di tempo superiore a cinque anni dalla rinnovazione della sospensione precauzionale disposta ai sensi dell’articolo 919, comma 3, cod. ord. mil., in aggiunta alla prima sospensione di cinque anni.

L’istanza è stata riscontrata dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri con nota del 25 novembre 2023, mediante la quale l’Amministrazione ha comunicato quanto segue: “ si conferma integralmente il contenuto della determinazione n. -OMISSIS-, in data 3 giugno 2017 ”.



3. La predetta nota è stata impugnata dal militare con il ricorso introduttivo del presente giudizio.

Con un unico motivo, il ricorrente ha dedotto: la violazione dell’articolo 919, comma 1, cod. ord. mil.;
l’illecita sospensione dal servizio per oltre dieci anni di cui ai due precedenti provvedimenti, ciascuno avente ad oggetto la sospensione per cinque anni;
il diritto al risarcimento del danno, anche per mobbing , perpetrato inducendo il ricorrente a presentare le dimissioni dall’impiego.

Più in dettaglio, la parte ha sostenuto che anche la rinnovazione della sospensione precauzionale dall’impiego disposta a decorrere dal 16 febbraio 2017 dovesse intendersi ancorata alla durata massima di cinque anni, stabilita dall’articolo 919, comma 1, cod. ord. mil. e che, pertanto, decorso il quinquennio, l’Amministrazione fosse tenuta a riammettere in servizio il militare. L’eventuale proroga della misura avrebbe dovuto avere almeno una specifica motivazione, e non avrebbe potuto, invece, essere disposta semplicemente richiamando il provvedimento del 3 giugno 2017, che era stato peraltro adottato in difetto delle valutazioni prescritte dalla legge.

Al riguardo, rileverebbe anche la circostanza che i reati ascritti al militare non sarebbero qualificabili come di “eccezionale gravità”, secondo quanto richiesto dall’articolo 919, comma 3, cod. ord. mil.

L’atto impugnato, portando a effetto la sospensione del militare oltre i dieci anni (cinque dell’originaria sospensione, più cinque della seconda sospensione), sarebbe nullo per eccesso e abuso di potere.

All’appuntato scelto -OMISSIS- spetterebbe, inoltre, il risarcimento del danno, in quanto l’Amministrazione avrebbe agito in violazione palese delle norme che stabiliscono la durata massima della sospensione precauzionale dall’impiego, incorrendo in colpa, se non in dolo, per aver aver tentato, con l’atto impugnato e con la sospensione di fatto applicata alla scadenza della misura precedentemente disposta, di indurre il militare alle dimissioni. In particolare, il ricorrente avrebbe subito sia un danno morale, sia anche un danno patrimoniale, derivante dalla negazione delle opportunità di carriera e dalla corresponsione, durante la sospensione, di un trattamento economico inferiore rispetto a quello che avrebbe percepito ove fosse stato in servizio.



4. L’Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il Ministero della difesa e per il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, ha depositato documenti e una memoria, con la quale ha fatto proprio il contenuto della relazione dell’Amministrazione, pure prodotta in atti.



5. In esito alla camera di consiglio del 14 febbraio 2024, questa Sezione ha emesso l’ordinanza n. -OMISSIS- del 2024, con la quale si è ritenuto che il ricorso presentasse sufficienti profili di possibile fondatezza, “ (...) atteso che: - in base all’articolo 918, comma 2, cod. ord. mil., la sospensione precauzionale è revocabile “ (...) per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, per mutamento della situazione di fatto o per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario ”;
- dal tenore di quest’ultima disposizione e dalla natura stessa della sospensione precauzionale appare doversi evincere che l’Amministrazione debba assicurare che la misura sia costantemente aderente alle ragioni di interesse pubblico per le quali è stata disposta;
- nel caso in esame, essendo trascorsi complessivamente più di sei anni dal provvedimento che ha stabilito, nei confronti del ricorrente, la prosecuzione della sospensione precauzionale oltre l’ordinario termine quinquennale (previsto dall’articolo 919, comma 1, cod. ord. mil.), appare doversi ritenere che l’Amministrazione fosse tenuta, a fronte dell’istanza dell’interessato, a valutare nuovamente gli elementi in suo possesso, pronunciandosi motivatamente in merito alla perdurante corrispondenza all’interesse pubblico della misura a suo tempo applicata
”.

Sulla base di queste considerazioni, l’istanza cautelare del ricorrente è stata accolta ai fini del riesame.



6. In esecuzione del provvedimento cautelare di questa Sezione, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, con determinazione in data 11 marzo 2024, ha provveduto a riesaminare la posizione del ricorrente, pervenendo a confermare il provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego disposto il 3 giugno 2017 ai sensi dell’articolo 919, comma 3, cod. ord. mil.



7. Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di conferma con un atto di motivi aggiunti, allegando quanto segue:

I) violazione dell’articolo 919 cod. ord. mil., in combinato disposto con le garanzie procedimentali di cui all’articolo 917 cod. ord. mil.;
ciò in quanto la determinazione impugnata sarebbe stata adottata dopo il decorso del termine quinquennale di durata della sospensione precauzionale, con decorrenza retroattiva, agganciandosi al precedente provvedimento di sospensione, senza indicare o disporre la durata della nuova misura;
il provvedimento sarebbe anche immotivato, essendo mancata la valutazione specifica degli aspetti oggettivi e soggettivi della condotta del militare, nonché l’evidenziazione della lesione arrecata al prestigio dell’Amministrazione dagli addebiti al medesimo ascritti;

II) omessa e contradditoria motivazione, in violazione degli articoli 919 e 917 cod. ord. mil.;
ciò in quanto l’Amministrazione avrebbe affermato di poter “congelare” il rapporto di lavoro del dipendente per un termine superiore a dieci anni, adottando determinazioni aventi natura ontologicamente sanzionatoria;
l’eventuale proroga della sospensione avrebbe dovuto avere almeno una specifica motivazione, e non avrebbe potuto, invece, essere disposta richiamando il provvedimento del 3 giugno 2017, che era stato adottato in difetto delle prescritte valutazioni e la cui durata oltre il termine quinquennale sarebbe vietata dalla legge;
peraltro, i reati ascritti al militare non sarebbero qualificabili come di “eccezionale gravità”, secondo quanto richiesto dall’articolo 919, comma 3, cod. ord. mil.;
l’atto impugnato, portando a effetto la sospensione del militare oltre i dieci anni (cinque dell’originaria sospensione, più cinque della seconda sospensione), sarebbe nullo per eccesso e abuso di potere;

III) nullità dell’atto impugnato per violazione del “giudicato” cautelare e inesistenza di un provvedimento utile alla proroga della sospensione dall’impiego ultradecennale;
ciò in quanto l’ordinanza cautelare eseguita dall’Amministrazione non avrebbe avuto tenore propulsivo, non essendo stata espressamente prevista la possibilità di sorreggere la sospensione dall’impiego sulla base di una diversa motivazione;
da ciò la nullità dell’atto, ai sensi dell’articolo 114, comma 4, lett. b) , cod. proc. amm.

È stata, inoltre, riproposta la domanda di risarcimento del danno.

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