TAR Roma, sez. 2T, sentenza breve 2024-03-05, n. 202404480
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Pubblicato il 05/03/2024
N. 04480/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00982/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 982 del 2024, proposto da
Ve.Mar. 2012 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, come da procura in atti;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, come da procura in atti;
per l'annullamento
- della Determina dirigenziale rep. CA/4288/2023 – prot. CA/216848/2023 del 28.11.2023, del Municipio I di Roma Capitale, avente ad oggetto “Cessazione dell''attività di somministrazione abusivamente esercitata dalla VE.MAR. 2012 Srl nei locali siti in Via dei Lucchesi 21/21A” e contenente l''ordine di “cessazione dell''attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande esercitata in assenza del titolo abilitativo;
- del verbale di accertamento n. 81230018809 redatto dagli operanti della Polizia di Roma Capitale Gruppo I relativo ad accesso ai luoghi del 18.07.2023;
- della diffida ad adempiere a quanto previsto dalla Determina dirigenziale rep. CA/4288/2023 – prot. CA/216848/2023 del 28.11.2023;
- del silenzio rispetto all''istanza di annullamento in autotutela del 20.12.2023;
- di tutti gli atti presupposti, anche istruttori, ivi compresi eventuali atti di accertamento, coordinati e connessi, ancorché non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2024 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato che con il ricorso in epigrafe la società ricorrente ha impugnato la determinazione dirigenziale rep. CA/4288/2023 – prot. CA/216848/2023 del 28.11.2023del Direttore dell’Ufficio Pubblici Esercizi con somministrazione di alimenti e bevande del Municipio I di Roma Capitale, avente ad oggetto “Cessazione dell’attività di somministrazione abusivamente esercitata dalla VE.MAR. 2012 Srl nei locali siti in Via dei Lucchesi 21/21A” e contenente l’ordine di “cessazione dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande esercitata in assenza del titolo abilitativo entro quindici giorni dalla data di notifica;
Rilevato che con tre motivi la società denunzia a carico dell’atto impugnato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del Trattato Lateranense dell’11 febbraio 1929. Eccesso di potere per palese difetto di giurisdizione italiana a favore della giurisdizione vaticana. Carenza assoluta di competenza” (I motivo), “Violazione e falsa applicazione Dell’art. 5 R.D. 773/1931. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 Dpr 235/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 D.Lgs. 114/1998. Violazione e falsa applicazione della deliberazione della Giunta Capitolina n. 306/2021 s.m.i. Eccesso di potere per carenza di legittimazione del dirigente municipale. Violazione del rispetto delle forme di legge per l’adozione del provvedimento” (II motivo), “Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della l.n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per carenza di motivazione. Sviamento. Ingiustizia manifesta. Violazione del principio di affidamento” (III motivo);
Rilevato che Roma Capitale si è costituita in giudizio chiedendo, con memoria, il rigetto del ricorso;
Considerato che il ricorso, posto in decisione alla camera di consiglio del 20 febbraio 2024, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, può essere deciso con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., come da avviso dato in udienza alle parti;
Ritenuto che il ricorso è infondato, e deve essere respinto;
Ritenuto che non può essere accolto il primo motivo, che invoca l’asserita immunità dall’azione amministrativa delle Autorità amministrative italiane (e dunque anche di Roma Capitale) per l’asserita extraterritorialità dell’immobile in cui è sita la Pontificia Università Gregoriana, con il conseguente difetto di attribuzione del Comune a richiedere la SCIA per l’esercizio di attività di somministrazione;
- che, infatti, il combinato disposto degli articoli da 13 a 16 dei Patti Lateranensi di cui alla legge di ratifica n. 910 del 1929, come revisionati con l’Accordo del 1984, ratificato con legge n. 121 del 1985, non consente di affermare che l’edificio in cui sorge la Pontificia Università Gregoriana sia ricompreso tra gli immobili di cui agli articoli 13 e 15 del Trattato del 1929, ossia tra quelli cui sono attribuite “ immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di stati esteri ”;
- che, invece, tale immobile risulta, ai sensi dell’art. 16 del Trattato del 1929, espressamente annoverato tra quelli che “ non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente ”;
- che all’immobile in cui è sita la Pontificia Università Gregoriana non è dunque riconosciuta l’immunità diplomatica derivante dall’extraterritorialità, la quale “ non discende ex se dalla mera titolarità dell'immobile in capo alla Santa Sede quale che sia la sua destinazione. La lettura corretta dell'art.15 evidenzia, quindi, che la immunità riconosciuta dal diritto internazionale alle sedi diplomatiche è estesa (…) purché sussista il diretto collegamento funzionale con gli scopi istituzionali della Santa Sede e con i compiti primari di religione e di culto propri della Chiesa Cattolica o con l'esercizio di potestà sovrane esercitate in posizione di autorità e di supremazia, corrispondenti a quelle di uno Stato quale appunto la Città del Vaticano (in tali termini c.fr. Cass. sent. n.10119/06;Cass. SS.UU. 28.9.85, n. 4727;Cass. SS.UU. 17.3.89, n. 1326;Cass. SS.UU. 30.12.92, n. 13702) ovvero laddove in quegli immobili siano svolte attività istituzionali (Tribunale Roma sez. VI, 18/09/2017, n.17660);
Considerato che è infondato, e va respinto, anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente assume l’incompetenza del Dirigente che ha sottoscritto il provvedimento gravato in favore di quella del Sindaco e –conseguentemente- l’errore nella forma tipica (determinazione dirigenziale anziché ordinanza) del provvedimento medesimo;
- che, infatti, il provvedimento impugnato non rientra nel novero dei provvedimenti di polizia disciplinati dal T.U.L.P.S. di cui al Regio decreto n. 773\1931, bensì tra quelli relativi all’esercizio dei poteri amministrativi di Roma Capitale in materia di somministrazione di alimenti e bevande, riguardo ai quali l’art. 4 comma 4 lettera d) della legge regionale del Lazio n. 21\2019, oltre a disciplinare direttamente la materia, stabilisce, per un determinato ambito, addirittura una riserva regolamentare in favore del detto Comune;
- che, a livello di normativa primaria, ai sensi dell’art. 76 comma 1 della legge regionale del Lazio n. 21\2019, rispetto all’apertura e al trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione, anche stagionali, si provvede mediante SCIA;e, in forza del successivo art. 85, i Comuni esercitano l’attività di vigilanza in materia, ingiungendo la chiusura dell’esercizio che non abbia presentato la SCIA prescritta;
- che, pertanto, il provvedimento si iscrive nell’ambito dei poteri attribuiti dalla legge ai Comuni nella materia in questione, ossia quella del commercio, con particolare riguardo alla somministrazione di alimenti e bevande, mentre alcuna attinenza presenta con il mantenimento dell'ordine pubblico, la sicurezza dei cittadini, la loro incolumità e la tutela della proprietà, oggetto del T.U.L.P.S. n. 773\1931;
- che, in tale definito ambito, la chiusura dell’esercizio è tipico atto gestionale di competenza dirigenziale ai sensi dell’art. 107 comma 2 d.lgs. n. 267\2000, che assume la forma tipica della determinazione dirigenziale, così come è accaduto nel caso di specie;
Considerato infine che è infondato il terzo motivo, con cui la ricorrente lamenta la mancata adozione dei richiesti atti di autotutela rispetto al provvedimento impugnato, che, all’evidenza, non può inficiare la legittimità di quest’ultimo, adottato in precedenza;
Ritenuto che la peculiarità della vicenda possa indurre alla compensazione delle spese di lite;