TAR Palermo, sez. I, sentenza 2019-04-05, n. 201900969

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2019-04-05, n. 201900969
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201900969
Data del deposito : 5 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/04/2019

N. 00969/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00741/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 741 del 2005, proposto da Rete ferroviaria italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. M M, presso il cui studio in Palermo, via Nunzio Morello, n. 40, è elettivamente domiciliato;

contro

Ministero per i beni e le attività culturali, Assessorato regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione, Soprintendenza archivistica per la Sicilia, Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Valerio Villareale, n. 6, sono elettivamente domiciliati;

per l’annullamento

della nota del Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza archivistica per la Sicilia prot. n. 151/

VIII

6.2 del 13 gennaio 2005, notificata il 19 gennaio 2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per il Ministero per i beni e le attività culturali, l’Assessorato regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione, la Soprintendenza archivistica per la Sicilia, la Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo;

Vista l’ordinanza cautelare n. 447 del 20 aprile 2005;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2019, il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato.


FATTO

Con ricorso, notificato il 16 marzo 2005 e depositato il giorno 30 successivo, la società Rete ferroviaria italiana s.p.a. esponeva che, con nota prot. n. 151/

VIII

6.2 del 13 gennaio 2005, notificata il 19 gennaio 2015, il Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza archivistica per la Sicilia aveva dichiarato che l’archivio conservato presso la propria sede di via Roma, n. 19 a Palermo e le altre sedi dipendenti era “d’interesse storico particolarmente importante” e, pertanto, lo aveva sottoposto alla disciplina di cui al d.lgs.vo n. 42 del 2004, imponendo una serie di obblighi e divieti.

Tale provvedimento aveva, in particolare, fatto riferimento alla presenza di “ atti della metà del XIX secolo possibilmente riconducibili alle serie archivistiche relative al progetto, alla costruzione, alla manutenzione e all’esercizio della rete ferroviaria siciliana ”, ma anche alla circostanza che la documentazione era “ ancora priva di inventario e, quindi, non esattamente identificata ”.

Ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tale provvedimento per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione: degli artt. 10, comma 3, 13 e 14 del d.lgs.vo n. 42 del 2004;
dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere sotto i profili: dello sviamento di potere;
del difetto d’istruttoria e motivazione;
del travisamento dei fatti;
del difetto di presupposto.

2) Violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo: degli artt. 10, comma 3, 13 e 14 del d.lgs.vo n. 42 del 2004;
dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere sotto i profili: dello sviamento di potere;
del difetto d’istruttoria e motivazione;
del travisamento dei fatti;
del difetto di presupposto.

Sussisterebbe carenza d’istruttoria e di motivazione, in quanto: non sarebbero stati puntualmente individuati e descritti i beni d’interesse storico presenti nell’archivio, il quale, comunque, non conterrebbe atti della metà del XIX secolo come affermato dall’Amministrazione;
non sarebbero state puntualmente enunciate le ragioni per le quali l’archivio era di particolare interesse storico.

3) Illegittimità derivata e ingiustificata gravosità del vincolo, degli obblighi e dei divieti imposti. Violazione e falsa applicazione: delle disposizioni di cui al d.lgs.vo n. 42 del 2004 e dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per difetto dei presupposti.

Sarebbero affetti da illegittimità derivata il vincolo, gli obblighi e i divieti imposti per effetto della dichiarazione di interesse storico particolarmente importante.

Per il Ministero per i beni e le attività culturali, l’Assessorato regionale dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione, la Soprintendenza archivistica per la Sicilia, la Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di Palermo si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che ha depositato vari documenti.

Con ordinanza n. 447 del 20 aprile 2005, l’istanza cautelare è stata rigettata.

Per la ricorrente si è costituito in giudizio un nuovo difensore.

In vista dell’udienza l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

Anche la ricorrente ha depositato una memoria con cui ha insistito nelle proprie domande e successivamente una memoria di replica.

Alla pubblica udienza del 2 aprile 2019, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

La controversia ha ad oggetto il provvedimento con cui la Soprintendenza archivistica per la Sicilia ha dichiarato l’archivio della sede di Palermo di Rete ferroviaria italiana s.p.a. “d’interesse storico particolarmente importante” e, pertanto, lo ha sottoposto alla disciplina di cui al d.lgs.vo n. 42 del 2004, imponendo una serie di obblighi e divieti.

Con il primo e il secondo motivo si deduce la carenza d’istruttoria e di motivazione sotto due diversi profili, in quanto: non sarebbero stati puntualmente individuati e descritti i beni d’interesse storico presenti nell’archivio, il quale, comunque, non conterrebbe atti della metà del XIX secolo come affermato dall’Amministrazione;
non sarebbero state specificamente indicate le ragioni del particolare interesse storico.

Le doglianze sono fondate secondo quanto di seguito specificato.

L’art. 10, comma 3, del d.lgs.vo n. 42 del 2004 dispone che sono beni culturali, qualora sia intervenuta la relativa dichiarazione, gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
il successivo art. 13, comma 1, prevede, a sua volta, che la dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, di tale interesse.

Queste disposizioni sono costantemente interpretate dalla giurisprudenza nel senso che il giudizio che presiede all’imposizione di una dichiarazione di interesse (c.d. vincolo) è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari (della storia, dell’arte e dell’architettura) caratterizzati da ampi margini di opinabilità. Ne consegue che l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche;
sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio sede Roma, II, 7 marzo 2017, n. 3208 con richiami a Consiglio di Stato, VI, 2 marzo 2015, n. 1000 e 14 ottobre 2015, n. 4747).

Così delimitato l’ambito del sindacato di questo giudice, va rilevato che non appare illogica la valutazione compiuta dalla Soprintendenza archivistica della Sicilia in merito all’esigenza di salvaguardare e tutelare il patrimonio archivistico dell’ex ente delle Ferrovie dello Stato in considerazione del particolare valore storico dei documenti formati prima della sua privatizzazione.

Deve, pertanto, ritenersi che sussisteva, su un piano teorico, l’interesse storico legittimante la dichiarazione d’interesse.

Il problema che, però, sorge è se sono stati puntualmente individuati i documenti la cui presenza legittimava l’imposizione del vincolo.

Va, sotto tale profilo, rilevato che nel provvedimento impugnato la Soprintendenza ha genericamente fatto riferimento alla presenza di “ atti della metà del XIX secolo possibilmente riconducibili alle serie archivistiche relative al progetto, alla costruzione, alla manutenzione e all’esercizio della rete ferroviaria siciliana ”, ammettendo, però, che la documentazione era “ ancora priva di inventario e, quindi, non esattamente identificata ”.

La mancata esatta identificazione degli atti d’interesse storico è comprovata dalla relazione della Soprintendenza archivistica versata in atti, nella quale si afferma che l’imposizione del vincolo era atto dovuto e si richiama l’analogo provvedimento del 15 aprile 1993 adottato dalla Soprintendenza del Lazio nei confronti degli archivi dell’Enel.

Dalla lettura di tale provvedimento (allegato sub 4 alla produzione dell’Avvocatura) emerge, però, che la dichiarazione era avvenuta con il consenso dell’ENEL, che aveva riconosciuto il valore storico dell’archivio in questione.

Trattasi, pertanto, di una situazione diversa da quella oggetto del ricorso in esame nel quale RFI contesta la presenza negli archivi in questione di beni d’interesse storico e la Soprintendenza non documenta di avere proceduto a una verifica in loco dei beni da assoggettare a vincolo.

Deve, pertanto, concludersi nel senso che l’istruttoria finalizzata all’individuazione dei beni da vincolare è stata inadeguata e che, pertanto, il provvedimento è carente sotto il profilo motivazionale.

Parimenti fondato è il terzo motivo con cui si deduce che sarebbero affetti da illegittimità derivata il vincolo, gli obblighi e i divieti imposti per effetto della dichiarazione di interesse storico particolarmente importante.

Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto;
rimane, ovviamente, impregiudicata la possibilità di una riedizione del potere vincolistico sulla base di una rinnovata istruttoria.

Si ritiene di compensare le spese avuto riguardo alla circostanza che l’accoglimento del ricorso è motivato con riferimento alla carenza d’istruttoria e non all’insussistenza dei presupposti dell’esercizio del potere vincolistico.

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