TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-12-10, n. 201513859

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-12-10, n. 201513859
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201513859
Data del deposito : 10 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01709/2015 REG.RIC.

N. 13859/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01709/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1709 del 2015, proposto da:
Comune di Alba, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, A R e G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G C in Roma, Via P.G. da Palestrina, 63;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell’Interno, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comune di Acqui Terme, Comune di Milano;

per l'annullamento

del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno, avente ad oggetto “Attribuzione del contributo di 625 milioni di euro ai comuni” del 6 novembre 2014, con relativo allegato, pubblicato sulla G.U., supplemento ordinario n. 88 del 21 novembre 2014;

di tutti gli atti connessi, presupposti e comunque consequenziali, tra cui la nota metodologica adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali nella seduta del 30 luglio 2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 il dott. R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Il Comune ricorrente espone che l’art. 1, comma 731, della legge n. 147 del 2013, nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. d), d.l. n. 16 del 2014, prevede che, per l’anno 2014, è attribuito ai comuni un contributo di 625 milioni di euro e che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, è stabilita, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, la quota del contributo di spettanza di ciascun comune, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell’IMU e della TASI.

Soggiunge che, pertanto, il legislatore ha previsto la distribuzione di un fondo una tantum in favore dei comuni, ulteriore rispetto ai fondi perequativi ordinari, nell’ambito del passaggio dal sistema basato sulla sola IMU a quello fondato sull’imposta municipale unica (IUC) ed in particolare sul binomio IMU-TASI.

L’art. 1, comma 639 della medesima legge n. 147 del 2013, infatti, ha istituito l’imposta unica comunale (IUC), composta dall’imposta municipale propria (IMU), dovuta dal possessore di immobili, e da una componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI).

Il ricorrente rappresenta altresì che l’aliquota TASI è stabilita per l’anno 2014 al massimo nella misura del 2,5 per mille, con un’aliquota base dell’1 per mille, mentre la somma delle aliquote TSAI ed IMU non può superare il tetto, già previsto per l’IMU versione 2013, del 10,6 per mille;
detti limiti possono essere incrementati, in particolari condizioni, sino ad un ulteriore 0,8 per mille.

Pone ancora in rilievo che l’IMU 2014, contrariamente a quanto avveniva nel 2013, non si applica più alle abitazioni principali, eccezion fatta per alcune categorie catastali di pregio, per cui sulle abitazioni principali grava solamente la TASI (con i rispettivi tetti di aliquota), dal che discenderebbe una minore entrata per le casse comunali rispetto al sistema previgente ed in questo contesto si inserirebbe la previsione di un fondo speciale volto a contenere gli effetti negativi del nuovo sistema sui bilanci comunali.

Il Comune di Alba, non essendogli stato attribuito alcun contributo, ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione dell’art. 1, comma 731, della l. n. 137 del 2013.

Le amministrazioni resistenti avrebbero dato rilievo ad un criterio diverso da quelli previsti dalla norma in epigrafe, vale a dire quello del massimo sforzo fiscale esercitabile.

La nota metodologica si baserebbe sulla comparazione tra due grandezze, una considerata di segno negativo per le casse comunali, data dalle presunte minori entrate rispetto al sistema previgente (fabbisogno), ed una di segno positivo (risorse aggiuntive disponibili), sicché il contributo sarebbe in linea di massima riconosciuto laddove prevalga la grandezza di segno negativo.

Violazione dell’art. 1, comma 677, legge n. 147 del 2013.

La nota metodologica preciserebbe che “la TASI ad aliquota massima sugli altri immobili corrisponde al massimo tra il 2,9 per mille e la differenza tra l’11 per mille (10,6 per mille più 0,4 per mille) e l’aliquota effettiva IMU come precedentemente determinata”, ma tale affermazione sarebbe errata e contrasterebbe con il disposto dell’art. 1, comma 677, secondo periodo, in ragione del quale “per il 2014 e per il 2015, l’aliquota massima non può eccedere il 2,5 per mille”.

Ove si volesse calcolare la TASI ad aliquota massima sugli immobili diversi dall’abitazione principale, non si dovrebbe considerare il dato massimo tra il 2,9 per mille e la differenza tra l’11 per mille (10,6+0,4) e l’aliquota IMU come precedentemente determinata, bensì il minore dei due dati perché non sarebbe possibile superare la soglia TASI del 2,9 per mille.

Violazione dell’art. 97 Cost. e del principio di buon andamento. Violazione del principio di ragionevolezza. Eccesso di potere per disparità di trattamento e contraddittorietà. Violazione dell’art. 3 Cost. Ingiustizia grave e manifesta.

Il contributo di 625 milioni di euro avrebbe dovuto ristorare i comuni dei minori introiti derivanti dalla modifica del sistema di imposizione sugli immobili ed avrebbe dovuto favorire l’introduzione di ulteriori esenzioni dalla TASI per le abitazioni principali.

L’amministrazione statale avrebbe deciso irragionevolmente di unire in un “singolare miscuglio” le aliquote massime applicabili per la TASI e le aliquote effettive IMU.

Verrebbe così a determinarsi che se un comune è stato in grado di mantenere nello scorso esercizio l’IMU entro livelli più contenuti, in sede di riparto del fondo, si vedrà attribuito un ammontare molto alto di potenziali introiti con scarsissime possibilità di godere dei trasferimenti, mentre il comune che aveva già dato vita ad una pesante imposizione fiscale sui cittadini si vedrà attribuito un minore introito aggiuntivo, con conseguente elevata possibilità di accedere alla risorse del fondo.

L’effetto complessivo per il sistema sarebbe un perpetrato mantenimento delle situazioni di maggiore inefficienza fiscale e gestionale a discapito dei contesti efficienti.

La disparità di trattamento sarebbe ancora più percepibile considerando che, con riferimento al bilancio 2014, il legislatore ha applicato tagli a tutti gli enti, in proporzione alla popolazione residente.

Violazione dell’art. 119, commi 2 e 3, Cost. Eccesso di potere per disparità di trattamento.

Alcuni Comuni, che liberamente hanno deciso di alzare le aliquote IMU, oggi sarebbero aiutati perché non possono sfruttare appieno le aliquote TASI, mentre altri Comuni, che hanno contenuto le aliquote IMU, non sono compensati dei minori introiti, ma sarebbero costretti da scelte statali ad innalzare le aliquote, per cui la libertà impositiva riconosciuta a questi ultimi sarebbe contratta rispetto ai primi.

Violazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per insufficienza/carenza della motivazione.

Nessun comune sarebbe in grado di controllare la correttezza ei calcoli effettuati, né per quanto attiene alla propria posizione, né per quanto riguarda gli altri.

L’Avvocatura Generale dello Stato, con analitica memoria, nell’eccepire la carenza di interesse al ricorso del Comune, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 7 ottobre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto, per cui è possibile prescindere dall’esame delle eccezioni in rito formulate dall’amministrazione resistente.

Con l’impugnato decreto ministeriale del 6 novembre 2014, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dell’Interno, ha stabilito che, per l’anno 2014, il contributo di 625 milioni di cui all’art. 1, comma 731, della legge n. 147 del 2013 è ripartito fra i Comuni nelle somme indicate nell’Allegato A e, tra questi, non è compreso il ricorrente Comun di Alba.

Le somme di cui all’allegato A spettanti a ciascun comune sono state determinate sulla base della metodologia adottata sentita la conferenza Stato città ed autonomie locali nella seduta del 30 luglio 2014.

Il decreto è stato adottato visti, tra gli altri:

il comma 639 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 che ha istituito l’imposta unica comunale (IUC), che si compone dell’imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, e di una componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore;

il comma 731 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 il quale dispone che, per l’anno 2014, è attribuito ai comuni un contributo di 625 milioni di euro e che, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, è stabilita, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, la quota del contributo di spettanza di ciascun comune, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell’IMU e della TASI;

nonché sentita:

la Conferenza Stato città ed autonomie locali nella seduta del 30 luglio 2014 in merito alla metodologia concernente i criteri di riparto del contributo di cui al comma 731 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

Il gravame prospetta essenzialmente l’erroneità e l’irragionevolezza della nota metodologica presupposta al decreto in quanto i criteri di riparto adottati condurrebbero al contestato risultato di premiare con trasferimenti aggiuntivi i Comuni che hanno alzato al massimo la leva fiscale, danneggiando quelli che, virtuosamente, hanno mantenuto le aliquote al di sotto della soglia massima consentita.

Il testo originario dell’art. 1, comma 731, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) aveva previsto che “per l'anno 2014, è attribuito ai comuni un contributo di 500 milioni di euro finalizzato a finanziare la previsione, da parte dei medesimi comuni, di detrazioni dalla TASI a favore dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa, nonché dei familiari dimoranti abitualmente e residenti anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Le risorse di cui al precedente periodo possono essere utilizzate dai comuni anche per finanziare detrazioni in favore dei cittadini italiani iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE). Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da adottare entro il 28 febbraio 2014, è stabilita la quota del contributo di cui al periodo precedente di spettanza di ciascun comune, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e del gettito standard della TASI, relativi all'abitazione principale, e della prevedibile dimensione delle detrazioni adottabili da ciascun comune. Il contributo eventualmente inutilizzato viene ripartito in proporzione del gettito della TASI relativo all'abitazione principale dei comuni che hanno introdotto le detrazioni nel 2013, entro il 28 febbraio 2014”.

Il comma 731 è stato così sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. d), d.l. 6 marzo 2014, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 2 maggio 2014, n. 68: “per l’anno 2014, è attribuito ai comuni un contributo di 625 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, è stabilita, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la quota del contributo di cui al periodo precedente di spettanza di ciascun comune, tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI”.

Ne consegue che mentre originariamente il contributo compensativo di 500 milioni di euro era stato destinato a finanziare la previsione, da parte dei comuni, di detrazioni dalla TASI a favore dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa, nonché dei familiari dimoranti abitualmente e residenti anagraficamente nell'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale, nella nuova versione, entrata in vigore il 6 marzo 2014, tale finalizzazione del contributo è del tutto scomparsa, essendo il contributo compensativo, elevato a 625 milioni di euro, da distribuire tenendo conto esclusivamente dei gettiti standard ed effettivi dell’IMU e della TASI.

Il contributo compensativo di cui alla legge di stabilità per il 2014, in altri termini, ha perso la funzione volta a finanziare l’introduzione da parte dei Comuni di detrazione dalla TASI a favore dell’abitazione principale.

Tale mutamento di scopo, peraltro, ha una sua ratio in quanto l’art. 1, lett. a), del decreto legge n. 16 del 2014, nel modificare il comma 677 della legge n. 147 del 2013, ha attribuito ai Comuni la possibilità di superare eccezionalmente l’aliquota massima prevista per la TASI per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille a condizione che siano finanziate, relativamente alle abitazioni principali e alle unità immobiliari ad esse equiparate, detrazioni di imposta o altre misure tali da generare effetti sul carico dell’imposta TASI equivalenti o inferiori a quelli determinatisi con riferimento all’IMU relativamente alla stessa tipologia di immobili.

Di talché, il contributo di 625 milioni è destinato ad assicurare ai Comuni un ammontare di risorse analogo a quello ottenuto con l’IMU, come determinatosi nel 2013, mentre la possibile maggiorazione dello 0,8 per mille della TASI è diretta a favorire l’introduzione di detrazioni TASI sull’abitazione principale.

La nota metodologica ha previsto che “la differenza tra le risorse aggiuntive a disposizione e il fabbisogno da finanziare per ciascun comune implica un fabbisogno totale netto per i comuni con valori negativi”.

In particolare, il fabbisogno complessivo di ciascun comune, sulla base della normativa di cui alla legge di stabilità 2014 e del successivo decreto legge n. 16 del 2014, è stato ritenuto costituito da tre componenti: 1) lo sforzo fiscale dell’IMU sull’abitazione principale non più esercitabile dai comuni (gettito effettivo IMU relativo alle abitazioni principali e alle relative pertinenze stimato per il 2013);
ii) l’onere delle detrazioni a favore delle abitazioni principali e relative pertinenze tali da garantire in corrispondenza di un’aliquota massima TASI l’esenzione per un numero di immobili sostanzialmente uguale agli immobili esentati con l’IMU;
iii) la TASI ad aliquota di base (1 per mille come fissato nel comma 676 della legge di stabilità) non concretamente applicabile sugli immobili diversi dall’abitazione principale.

In definitiva, la nota metodologica del 29 luglio 2014, su cui la Conferenza Stato – Città ed Autonomie locali ha espresso parere favorevole nella riunione del 30 luglio 2014, ha ripartito il contributo essenzialmente al fine di compensare i fabbisogni dei Comuni per i quali, pur ipotizzando lo sforzo fiscale massimo nel 2014, non sarebbe stato possibile conseguire le stesse risorse ottenute nel 2013 anche in considerazione dei limiti posti dal legislatore alle aliquote TASI.

Di talché, il criterio utilizzato per la ripartizione dei contributi non sembra incoerente con la norma di legge che ha previsto la determinazione delle quote di contributo “tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell’IMU e della TASI”.

La dedotta erroneità della nota metodologica nella parte in cui determina le risorse aggiuntive disponibili, d’altra parte, non sembra prima facie percepibile atteso che, come detto, l’art. 1, lett. a), del decreto legge n. 16 del 2014, nel modificare il comma 677 della legge n. 147 del 2013, ha attribuito ai Comuni la possibilità di superare eccezionalmente l’aliquota massima prevista per la TASI per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille.

Sempre in ordine alla specifica doglianza, secondo cui i criteri di riparto adottati condurrebbero all’irragionevole esito di premiare con trasferimenti aggiuntivi i Comuni che hanno alzato al massimo la leva fiscale, danneggiando quelli che, virtuosamente, hanno mantenuto le aliquote al di sotto della soglia massima consentita, giova ribadire che il contributo è stato ripartito in modo coerente con la norma di legge presupposta, la quale, peraltro, nel privilegiare una determinata destinazione del contributo comunale ad un’altra specifica destinazione è espressione di discrezionalità legislativa non connotata da irragionevolezza, né violativa del principio di uguaglianza.

Né può ipotizzarsi alcun possibile contrasto con l’art. 119, comma 3, Cost., secondo cui la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, in quanto, al di là della corretta interpretazione ed applicazione della locuzione “minore capacità fiscale per abitante”, tale norma non sembra precludere che la legge istituisca contributi compensativi destinati a determinate finalità.

Per quanto attiene, invece, all’esercizio della discrezionalità amministrativa, va soggiunto che le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno più volte sottolineato (da ultimo sentenza 5 ottobre 2015, n. 19787) che le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sono sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, riservato alla P.A., compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell'atto.

Nel caso di specie la discrezionalità esercitata dall’amministrazione, coerente con la finalità della norma di legge di cui costituisce applicazione, può portare ad un risultato diverso da quello che, secondo una soggettiva valutazione di convenienza ed opportunità, si sarebbe ritenuto preferibile, ma non è stata esercitata in modo implausibile e, quindi, manifestamente illogico, per cui l’azione amministrativa contestata, oltre a non violare la legge, non può dirsi viziata da eccesso di potere.

Va da sé, peraltro, in ragione delle considerazioni esposte, che nessuna incisione all’autonomia decisionale degli enti locali può produrre il decreto ministeriale impugnato.

Per quanto attiene alla carenza di motivazione dell’atto, inoltre, è sufficiente porre in rilievo che la nota metodologica a base del decreto impugnato è inevitabilmente caratterizzata da tecnicismo e, comunque, dal verbale n. 6/2014 della seduta del 30 luglio 2014 della Conferenza Stato – città ed autonomie locali risulta che “il Sindaco Bianco, a nome dell’ANCI, condivide i criteri di riparto di cui alla nota metodologica dl Ministero dell’economia e delle finanze”.

Le spese del giudizio, considerata la novità delle questioni proposte e la peculiarità dell’oggetto della controversia, possono essere compensate tra le parti.

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