TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-12-13, n. 201601225

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-12-13, n. 201601225
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201601225
Data del deposito : 13 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/12/2016

N. 01225/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00316/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 316 del 2015, proposto da:
L T, rappresentato e difeso dagli avvocati F P C.F. PCCFPP69D14F839S, F A Z C.F. ZRZFPP69P11D969J, S C V H C.F. HFMSVC81T71Z112M, con domicilio eletto presso F A Z in Genova, via Assarotti, 48/1;
G U, rappresentato e difeso dagli avvocati F A Z C.F. ZRZFPP69P11D969J, G A D M C.F. DMRGNN68S20G642E, con domicilio eletto presso F A Z in Genova, via Assarotti, 48/1;

contro

Autorità Portuale di Genova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le B. Partigiane, 2;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non costituito in giudizio;

nei confronti di

Giuseppe Canepa non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
A P, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Golda C.F. GLDCRL64S30D969K, Massimiliano Aloi C.F. LAOMSM64C03D969D, con domicilio eletto presso Carlo Golda in Genova, via Alla Porta degli Archi, 10/12;

per l'annullamento

del decreto 4.2.2015, n. 65 dell’autorità portuale di Genova


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorità Portuale di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016 il dott. D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La dottoressa L T ed il ragioner G U si ritengono lesi dal provvedimento indicato nell’epigrafe per il cui annullamento hanno notificato l’atto depositato il 13.4.2015 affidato alle seguenti censure:

violazione dell’art. 10 comma 4 e 5 della legge 84 del 1994, dell’art. 10 lett. d) del d.lvo 30.6.2011, n. 123

eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto, inadeguatezza dell’istruttoria e per sviamento.

Violazione dell’art. 10 comma 5 della legge 84 del 1994 sotto distinto profilo.

Violazione dei principi di economicità, efficacia, imparzialità e trasparenza di cui all’art.1 della legge 7.8.1990, n. 241, difetto di motivazione e violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione degli artt. 4 e 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione della legge 190 del 2012 con riferimento all’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, eccesso di potere per difetto di motivazione.

Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’atto, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

L’autorità portuale di Genova si è costituita in causa con memoria, con cui ha chiesto respingersi la domanda.

E’ intervenuto in causa con memoria notificata l’ingegner A P.

Con sentenza 30.4.2015, n. 420 il tribunale ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, ma il consiglio di Stato ha pronunciato la sentenza 1205 del 2016 con cui ha annullato la decisione di primo grado.

La causa è stata riassunta con memoria notificata e depositata: le parti hanno allegato memorie ulteriori.

1. E’ impugnato l’atto con cui l’autorità portuale genovese ha rideterminato parte della sua struttura, mutando con ciò anche la posizione lavorativa dei ricorrenti e dell’intervenuto, che per ciò si ritengono lesi. La pronuncia del consiglio di Stato citata nelle premesse impone di considerare la fattispecie alla stregua di un mutamento ordinamentale interno, ed a tale prospettiva il tribunale si atterrà.

2. Preliminarmente va esaminata l’istanza con cui la difesa dell’autorità chiede sospendersi il giudizio, essendo stato proposto il ricorso alla corte di cassazione per l’annullamento della citata sentenza del consiglio di Stato.

La richiesta non può essere accolta.

Se in generale il ricorso proposto va qualificato ai sensi degli artt. 111 comma 8 Cost. e. 373 cpc – non essendo un regolamento preventivo giurisdizione quanto l’impugnativa di una sentenza del Consiglio di Stato per motivi inerenti la giurisdizione - e, nella specie non sussistono i presupposti di cui all’art. 373 cit., attesa la mancata dimostrazione di un grave ed irreparabile danno..

3. Il ricorso va pertanto esaminato nel merito, potendosi prescindere dalle eccezioni sollevate dalla difesa erariale miranti alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione.

4. Con il primo motivo viene dedotta l’incompetenza del presidente l’autorità portuale che ha sottoscritto il provvedimento lesivo, che avrebbe invece dovuto essere assunto dal segretario generale. La doglianza allega che il presidente è un organo di nomina politica, e che l’ordinamento italiano ha ormai scisso in modo netto le potestà amministrative da quelle politiche, sì che l’art. 10 della legge 84 del 1994 va inteso nel senso che ad un organo come il presidente dell’autorità dovrebbe essere inibito l’esercizio delle funzioni esercitate in concreto.

Il tribunale nota essere assodato che l’orientamento normativo si è consolidato nel considerare separatamente le funzioni amministrative da quelle politiche, ma tale assunto non costituisce ostacolo a che singole norme vi si distacchino, e prevedano in modo organico eccezioni ad esso. In tal senso si osserva che il precetto in questione è entrato in vigore anni dopo il consolidamento della ricordata ripartizione tra funzioni, sì che si deve ritenere che il legislatore abbia introdotto la cennata deroga a ragion veduta: oltre a ciò non si tratta di una norma episodica, che aggiunge una funzione amministrativa in un settore caratterizzato dalla previsione di compiti politici, posto che le disposizioni censurate riguardano in maggior misura l’attribuzione delle funzioni amministrative in capo al presidente.

E’ poi dedotta la violazione delle disposizioni che impongono che l’adozione degli atti quale quello impugnato sia preceduta dal previo esame del parere del comitato portuale (art. 10 comma 5 della legge 84 del 1994). A parte una probabile imprecisione nell’individuazione della disposizione denunciata, va notato che la normativa vigente al tempo dell’adozione dell’atto impugnato attribuiva al comitato portuale una competenza che, nel settore di che si tratta, riguarda la dotazione organica dell’ente, un dato che resterà comunque immutato, quale sia l’esito di questa lite.

5. E’ poi denunciata la violazione dell’art. 20 lett. d) del d.lvo 30.6.2011, n. 123 in quanto la determinazione lesiva non è stata inviata al collegio dei revisori per il preventivo parere di tale organo;
la norma in questione demanda ai revisori la verifica sull’adeguatezza della struttura dell’ente, ma restringe alle attività di cui al comma 3 l’obbligo di preventivo interpello da parte degli organi di amministrazione attiva, per cui il caso in questione non rientra tra quelli per cui la prescrizione è stata dettata.

Ne deriva che la prima articolata censura non merita condivisione.

6. Con il secondo e terzo motivo argomentati congiuntamente i ricorrenti denunciano l’illegittimità del provvedimento gravato, in quanto si tratterebbe di una determinazione tale da modificare la pianta organica dell’ente, cosa che avrebbe richiesto il previo esame del comitato portuale e l’approvazione del ministero delle infrastrutture.

Il tribunale deve condividere al riguardo la difesa dell’ente portuale nella parte in cui evidenzia che la determinazione gravata non apporta modifica alcuna alla pianta organica quanto meno dei dirigenti (l’unico profilo alla cui cognizione i ricorrenti hanno interesse), sì che la prospettazione su cui si fonda la doglianza non può essere condivisa. Al riguardo va allegato l’atto ministeriale del 2012/3103 che prese in esame l’allora disposta modificazione della dotazione di personale dell’ente, e quantificò in quindici unità i dirigenti ritenuti necessari per il funzionamento della struttura, numero rimasto immutato nella previsione dell’atto gravato.

La censura prosegue denunciando l’illegittimità della modificazione della pianta organica che sarebbe stata apportata dallo spostamento del servizio programmazione e risorse e dall’assegnazione di alcuni direttori in staff al segretario generale: non si tratta pertanto come asserito in ricorso della creazione di due posizioni direttoriali (dirigenziali) in eccedenza, posto che tutti i documenti depositati inducono a ritenere che il numero delle posizioni di tale fatta non supererà il numero di quindici.

A diversa conclusione non possono indurre gli atti dell’ottobre 2015 del comitato portuale e del collegio dei revisori gravati in altro giudizio (RG 1145/2015) che si sono effettivamente occupati della revisione della pianta organica, che intuitivamente – in quanto successivi - non possono essere ricollegati all’atto presidenziale 4.2.2015 impugnato in questa sede.

7. Ulteriormente i ricorrenti denunciano il difetto di motivazione ravvisabile nel decreto impugnato e la violazione delle norme introdotte dalle leggi 9 del 2014 e 164 del 2014;
si tratterebbe di disposizioni la cui menzione nell’atto impugnato vizia il procedimento logico seguito dall’autorità emanante, in quanto esse dispongono per attività che, al tempo dell’adozione del provvedimento, erano già state completate.

Le due norme denunciate operano una previsione del generale riassetto del sistema portuale italiano, dettando indirizzi e misure finanziarie i cui effetti si prolungheranno al di là dei tempi strettamente previsti e dedotti con la censura, che appare perciò infondata in quanto si sofferma ad attribuire una valenza meramente formale alle norme denunciate.

Non è infatti comune in diritto sostenere che venga meno una potestà amministrativa una volta decorso un termine fissato legislativamente in modo non perentorio, come è nella specie;
le ipotesi in cui tale effetto si verifica sono note nel diritto delle espropriazioni, in talune fasi dell’attività costruttiva, ma si tratta di casi in cui la norma contempera la possibilità di svolgere una funzione pubblica con altri interessi anch’essi tenuti in considerazione.

Al contrario le norme denunciate riguardano i temi segnalati, che data la loro ampiezza, mal si attagliano ad una lettura formale dei tempi enunciati.

Il motivo non è pertanto fondato.

8. Sempre con i motivi due e tre viene dedotta l’illegittimità del trasferimento del ricorrente ragionier U, che è stato motivato con la necessità dell’avvicendamento e con le disposizioni della normativa anticorruzione (legge 190 del 2012) e 33/2013 in merito alla trasparenza dell’operato delle amministrazioni.

La tesi esposta è nel senso che l’autorità portuale non aveva il potere di determinarsi nel senso contestato, in quanto il piano anticorruzione non era stato ancora elaborato, posto che occorreranno mesi per l’individuazione delle aree di operatività dell’ente maggiormente soggette al fenomeno illecito.

Il tribunale non può condividere la pur articolata censura, in quanto la discrezionalità per un’amministrazione pubblica di far ruotare i dirigenti è prevista legislativamente (artt. 16 e seguenti del d.lvo 165 del 2001), che l’ambito dirigenziale comporta la temporaneità degli incarichi assegnati, dal che discende la legittimità della determinazione assunta di attribuire all’interessato una mansione differente da quella sin qui svolta.

Ne deriva che la menzione del profilo anticorruttivo si sovrappone al legittimo esercizio della funzione di turnazione dei dirigenti, essendo costoro dei dipendenti appartenenti ad un ruolo unico, che per ciò accettano con la stipula del contratto di essere destinati a tutte le mansioni previste dall’ente di appartenenza.

Pertanto appare riduttiva la prospettazione di cui al motivo secondo cui l’interessato perderebbe la professionalità acquisita in anni trascorsi nel servizio in cui era stato assegnato;
essa non risulta in linea con i citati parametri legislativi che prevedono appunto l’intercambiabilità delle funzioni dirigenziali.

I due motivi esaminati congiuntamente (due e tre) sono pertanto infondati e vanno disattesi.

9. Con la quarta censura viene dedotta l’illegittimità del provvedimento gravato che si porrebbe in violazione dei criteri di economicità, imparzialità e trasparenza, sì che esso comporterà la pratica impossibilità di redigere nei modi e nei tempi previsti i documenti di bilancio, soprattutto alla luce della nuove regole introdotte dal d.lvo 92 del 2011 sul controllo di gestione e la competenza finanziaria potenziata.

Apprezzando partitamente ciascuna delle censure si nota in ordine alla diseconomicità dell’avvicendamento che in tutti gli atti allegati non è previsto l’aumento del numero dei dirigenti che saranno a libro paga dell’autorità portuale, sì che la doglianza è infondata in fatto.

Il principio di imparzialità sarebbe violato dalla natura punitiva che il provvedimento ha assunto nei confronti di tre dirigenti (i due ricorrenti ed altro dipendente di analogo rango che ha preferito rassegnare le dimissioni), che sarebbero stati oggetto del depauperamento delle funzioni, con l’ablazione di mansioni e personale. Il tribunale amministrativo nota al riguardo che la deduzione è ammissibile benché essa trasmodi nella difesa di una situazione soggettiva qualificata, come tale di possibile competenza di altro ordine giurisdizionale;
il consiglio di Stato si è infatti pronunciato al riguardo, per cui in questa sede vanno apprezzati profili della doglianza che riguardano la natura del provvedimento come atto organizzativo. Tale inquadramento non consente di considerare favorevolmente le allegazioni, in quanto non v’è prova in atti del motivo ritorsivo, e come tale viziato per imparzialità, che avrebbe indotto l’amministrazione all’impugnato avvicendamento tra dirigenti. Si osserva allora che in un settore in cui vigono le regole del diritto privato (art. 10 comma 6 della legge 28.1.1994, n. 84) sarebbe anomalo inibire che l’organo incaricato di determinare la struttura ed i compiti dell’ente muti i contenuti delle funzione di alcuni dirigenti.

La trasparenza sarebbe stata invece violata dal provvedimento in questione in conseguenza del mancato interpello dei dirigenti ricorrenti da parte dell’autorità decidente prima dell’adozione della determinazione: la doglianza può essere trattata congiuntamente a quelle proposte con il punto 5) delle allegazioni, nella parte in cui si lamentano l’omessa comunicazione del responsabile del procedimento e del suo inizio.

Il collegio non può che ribadire sul punto le osservazioni già svolte sulla natura privatistica del rapporto che lega i ricorrenti all’autorità portuale, con le conseguenze sull’impossibilità di configurare l’obbligatorietà degli incombenti procedimentali di cui si lamenta l’omissione (in tema, cass., 2016, n. 14032).

Le doglianze esaminate sono pertanto infondate.

10. Con un ulteriore motivo, sempre contenuto nel punto quattro del ricorso, si lamenta la violazione del principio di efficacia del provvedimento gravato, in quanto lo spostamento occorso del servizio programmazione risorse e controllo di gestione in una direzione non amministrativa comporterebbe l’impossibilità di seguire le buone regole contabili.

La circostanza sarebbe comprovata dal fatto che le altre autorità portuali e gli enti locali monitorati dall’istat adottano la strutturazione che il provvedimento impugnato impone di abbandonare.

Il tribunale amministrativo nota al riguardo che è nella discrezionalità degli organi amministrativi di un ente pubblico come l’autorità portuale riorganizzare le proprie strutture, tra l’altro comprendendo nella pianificazione del bilancio anche il settore degli investimenti futuri, adottando così una prospettiva meno burocratica che potrebbe agevolare lo sviluppo dello scalo.

Tale allegazione viene confermata dalla tesi esposta in prosieguo del ricorso, nella parte in cui si denuncia l’inutilità dell’inserimento della figura dell’internal auditor nella struttura dell’autorità. Si tratta infatti di una contestazione della conformazione stessa della pianta organica, che la giurisprudenza ritiene inammissibile (cons. Stato 2010, n. 9137), posto che una consimile iniziativa giudiziaria dovrebbe mirare alla miglior esplicazione dell’attività dell’ente, mantenendosi comunque negli ambiti di legittimità che sembrano invece travalicati dalla censura.

Anche questi motivi sono pertanto infondati.

11. Ulteriormente, sempre con il quarto motivo viene denunciato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, che sarebbe per ciò annullabile per violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241.

Tuttavia il collegio deve notare che si tratta dell’impugnazione di un atto di organizzazione dell’ente, come tale di contenuto generale, al quale non si applica la norma denunciata, visto il suo comma secondo che esclude appunto gli atti a contenuto generale dall’obbligo della motivazione.

Anche questa doglianza va disattesa.

12. Sono poi dedotte altre violazioni di legge, come dai punti 6) e 7) dell’atto introduttivo della lite.

Esse si compendiano sostanzialmente nella contestazione delle modalità con cui è stata disposta la rotazione dei dirigenti dell’ente, nonché nell’allegata violazione di legge derivante dalla previsione contenuta nel provvedimento impugnato che ha introdotto la possibilità di nominare dirigenti a seguito di chiamata diretta.

Sul primo profilo viene denunciato che la rotazione degli incarichi ha riguardato i ricorrenti, che tuttavia non sono quelli con maggiore anzianità di servizio nella mansione;
oltre a ciò l’avvicendamento tra le figure apicali dell’autorità si è connotata per l’illogicità, posto che essa non ha rispettato le competenze di ciascuno, che vanno determinate in base al corso di studi seguito ed alle attività lavorative esplicate. Oltre a ciò viene denunciata l’omessa adozione di un previo criterio generale per la rotazione dei dirigenti in conseguenza dell’entrata in vigore dei piani d’azione contro la corruzione.

In argomento il collegio deve richiamare quanto osservato in precedenza sulla discrezionalità che compete al vertice dell’autorità portuale in merito all’avvicendamento dei dirigenti, una nozione che non risulta inficiata dalle deduzioni in esame. Non si tratta infatti di predisporre un criterio oggettivo per la rotazione di dirigenti ai sensi della normativa anticorruzione, quanto di ammettere che l’applicazione della normativa di diritto privato (art. 10 comma 6 della legge 84 del 1994) alla struttura dell’autorità consente la movimentazione dei dirigenti, dopo che gli stessi abbiano svolto per taluni anni le funzioni in un determinato ambito. La disciplina sul contrasto alla corruzione si aggiungerà, affiancandosi, alla normativa di diritto comune, sì che risulterà eventualmente necessario operare una distinta applicazione delle norme ed a tale stregua verificare la legittimità dei provvedimenti adottati.

Ne deriva che la rotazione disposta con l’atto in questione non necessitava della predeterminazione dei criteri che si sarebbero seguiti, potendo il giudice controllare a posteriori la legittimità del procedimento seguito come si è fatto nelle parti precedenti di questa motivazione.

La dedotta illogicità delle assegnazioni che sarebbero incongrue per curriculum scolastico ed esperienze maturate non resiste alle considerazioni già svolte relativamente alla intercambiabilità dei dirigenti in relazione ai diversi incarichi a cui essi possono essere chiamati. Si tratta del più volte citato principio generale dell’impiego pubblico contrattualizzato, la cui applicazione induce a ritenere infondata la censura.

13. L’ultimo motivo è sempre contenuto nei paragrafi 6) e 7) del ricorso e contesta la legittimità dell’assunzione dei dirigenti con chiamata diretta da settori lavorativi estranei all’amministrazione pubblica.

Dai documenti prodotti non risulta tuttavia che tale modalità di reclutamento del personale sia stata posta in essere, dal che la carenza di una situazione di interesse attuale alla decisione sul punto.

14. In conclusione l’impugnazione non va condivisa, potendosi tuttavia compensare le spese in considerazione della complessità della vicenda e della qualità delle parti.

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