TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-05-05, n. 201600284

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-05-05, n. 201600284
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201600284
Data del deposito : 5 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00799/2015 REG.RIC.

N. 00284/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00799/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 799 del 2015, proposto da:
B. P. , rappresentato e difeso dall'avv. L R, con domicilio eletto presso Avv. Renato Cola, in Ancona, Via De Bosis, 3;

contro

Ministero della Difesa, Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Comando Legione Carabinieri Marche, non costituiti;

per l'annullamento

previa sospensione,

- della determinazione M_D

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0701321 del 30/9/2015, emessa dal Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare;

- del verbale della commissione di disciplina del 15/9/2015;

- del decreto M_D

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0472744;

- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2016 il dott. T C e udito per il ricorrente l’avv. L R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Il sig. B. P. , oggi in congedo dall'Arma dei Carabinieri e al tempo dell'avvio del procedimento disciplinare di che trattasi, nonché della notifica del provvedimento di irrogazione della sanzione in commento, appuntato in servizio effettivo presso il Comando Stazione Carabinieri di Marotta, con l’impugnata determinazione dirigenziale prot. n. M_D

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0701321 del 30/9/2015, si è visto irrogare, con decorrenza dal 28 settembre 2015, la sanzione della “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”, ai sensi e per gli effetti dell'art. 861, comma 1, let. d), D.Lgs. n. 66/2010, con conseguente cessazione dal servizio permanente ed iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado, ai sensi degli artt. 923, comma 1, let. i), e 861, comma 4, D.Lgs. n. 66/2010.

Il provvedimento si fonda sugli esiti del processo penale a cui il sig. P. è stato sottoposto per vari reati commessi all’epoca in cui prestava servizio in Lombardia. Nel corso di tale vicenda giudiziaria il ricorrente è stato condannato in primo grado, mentre in appello è stata dichiarata l’estinzione dei reati per prescrizione. Il sig. P. ha proposto ricorso per cassazione, ritenendo errata la pronuncia della Corte d’Assise d’Appello, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile con sentenza della Suprema Corte n. 2631/2014.



2. Avuta conoscenza della sentenza della Cassazione, l’amministrazione ha avviato il procedimento disciplinare, che si è articolato nelle seguenti fasi:

- con nota del 10 dicembre 2014 veniva avviata l’inchiesta formale a carico del ricorrente, e all’uopo veniva individuato l'ufficiale inquirente nella persona del Comandante della Compagnia dei Carabinieri di San Benedetto del Tronto, Capitano Pompeo Q, il quale avviava le relative operazioni di indagine con nota del 2 gennaio 2015 e le concludeva con la relazione finale del 10 marzo 2015;

- il 6 maggio 2015 si riuniva presso il Comando Provinciale Carabinieri di Macerata la commissione di disciplina convocata dal Comandante della Legione Carabinieri “Marche” (composta dal Ten. Colonnello CC L B, dal Capitano CC E M, e dal Capitano CC S G) per dichiarare, ai sensi dell’art. 1388 D.Lgs. n. 66/2010, se il militare P. fosse meritevole o meno di conservare il proprio grado. La predetta commissione si esprimeva nel senso che l’interessato era meritevole di conservare il grado;

- tuttavia, la competente Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa (Persomil), non condividendo le conclusioni della commissione di disciplina, richiedeva al Ministro della Difesa l'applicazione al caso di specie dell'art. 1389, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 66/2010 e, per l'effetto, la convocazione di una diversa commissione di disciplina, in quanto l’appuntato P. avrebbe evidenziato gravissime carenze morali e di carattere, ponendo in essere più condotte con le quali ha leso profondamente quei principi di moralità e di rettitudine che devono sempre caratterizzare il comportamento di un militare, specie se appartenente all’Arma dei Carabinieri, ed ha irrimediabilmente compromesso la relazione fiduciaria che deve necessariamente permanere tra Amministrazione e dipendente e che è alla base del buon andamento e dell'ottimale gestione della cosa pubblica. Il Ministro, con l’impugnato decreto M_D

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0472744 del 31 luglio 2015, determinava la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ritenendo sussistenti le “gravi ragioni di opportunità” di cui all'art. 1389 D.Lgs. n. 66/2010;

- la nuova commissione (composta dal Ten. Colonnello CC A S, dal Capitano CC D D R, e dal Capitano CC S S) si riuniva in data 15 settembre 2015 presso gli Uffici del Comando Provinciale Carabinieri di Ascoli Piceno, e si esprimeva nel senso che l'appuntato P. non era meritevole di conservare il grado;

- faceva quindi seguito il provvedimento del direttore generale di Persomil con il quale si disponeva l'irrogazione nei confronti del ricorrente della sanzione disciplinare della rimozione per perdita del grado.



3. Il sig. P., dopo aver ripercorso le varie tappe della sua vicenda (la quale ha avuto inizio nel 2001), censura i provvedimenti indicati in epigrafe per i seguenti motivi:

- eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per contraddittorietà tra i pareri resi dalle commissioni di disciplina nelle sedute del 6 maggio 2015 e del 15 settembre 2015 e conseguente irragionevole disparità di trattamento. Violazione dell’art. 1389 del D.Lgs. n. 66/2010 e difetto dei presupposti;

- eccesso di potere per palese vizio motivazionale, per difetto di presupposti;
per errata e/o difettosa valutazione dei presupposti di fatto;
per difettosa, carente e/o incompleta motivazione a sostegno del provvedimento di inflizione del provvedimento disciplinare;

- lesione del principio di legittimo affidamento e di buona fede.

In sintesi, il ricorrente evidenzia che:

- sussiste contraddittorietà nel complessivo operato dell’amministrazione, in particolare per quanto concerne la motivazione dell’atto con cui la Direzione Generale ha chiesto al Ministro l’applicazione dell’art. 1389 D.Lgs. n. 66/2010. Infatti, nell’atto da un lato si evidenziano le asserite gravissime condotte poste in essere dal sig. P. e dall’altro si sottolinea la lodevole ed elogiata condotta del carabiniere non solo nel periodo antecedente, ma anche (e soprattutto) in quello successivo alla commissione dei reati. Nell’atto si legge poi di un precedente disciplinare a carico del ricorrente, ma a questo riguardo l’amministrazione non ha considerato che esso era costituito da un rimprovero scritto che il militare subiva allorquando, nelle difficili condizioni economiche in cui versava a seguito della sospensione precauzionale dal servizio, la di lui moglie (dalla quale si era separato anche in conseguenza dei fatti per cui è causa), iniziava a vantare pretese economiche nei suoi confronti, arrivando addirittura al pignoramento del quinto dello stipendio del militare. Si tratta, pertanto, di un precedente del tutto avulso dalla vicenda oggetto del presente procedimento disciplinare e ampiamente giustificato dalle particolari condizioni psicologiche in cui il militare versava in quel periodo;

- sussiste altresì una evidente disparità di trattamento in relazione ai contrapposti pareri delle commissioni di disciplina chiamate a pronunciarsi sulla meritevolezza della conservazione del grado. Nello specifico, la seconda commissione, oltre a discostarsi immotivatamente dal parere favorevole espresso dalla prima commissione, ha condotto la procedura in maniera errata, formulando al ricorrente domande inconferenti e riguardanti solo la vicenda penale;

- nel suo complesso, l’operato del Ministero è illegittimo, per non avere adeguatamente valutato i fatti che sono stati oggetto del processo penale e soprattutto il ruolo in concreto svolto nella vicenda dall’appuntato P., per non avere debitamente tenuto conto dell’eccellente stato di servizio del dipendente e per aver violato il legittimo affidamento maturato dallo stesso circa la possibilità di conservare il grado (e questo proprio in ragione dell’ottimo rendimento conseguito dopo la riammissione in servizio);

- in particolare, per quanto concerne i fatti di reato che gli sono stati contestati in sede penale, il sig. P. evidenzia che nella vicenda egli avrebbe svolto unicamente il ruolo di agente provocatore e che, in tale contesto, la frequentazione con il soggetto che era a capo dell’organizzazione criminale poi scoperta dalla Guardia di Finanza era funzionale solo ad ottenere informazioni circa un ufficiale sospettato di aver commesso vari reati (il quale, in seguito, è stato effettivamente arrestato). In questo senso, le intercettazioni telefoniche su cui si è fondato il giudice penale di primo grado per pronunciare la sentenza di condanna non sarebbero significative e non dimostrerebbero un effettivo coinvolgimento di esso ricorrente nelle attività del sodalizio criminale. Né risponderebbe al vero che il ricorrente avrebbe, fra le altre cose, rivelato alla banda criminale gli orari di servizio delle pattuglie dell’Arma impiegate nel controllo del territorio nei giorni in cui erano programmati i colpi o le frequenze radio impiegate dalle stesse per i collegamenti con la centrale operativa. Nessuna prova è stata poi raggiunta circa la partecipazione di esso ricorrente alla divisione dei profitti illeciti conseguiti con le rapine portate a termine dalla banda, visto che all’esito delle perquisizioni domiciliari sono stati trovati solo alcuni oggetti di scarso valore economico (che gli sarebbero stati regalati dal suo informatore e la cui provenienza illecita era ignota ad esso ricorrente);

- né la seconda commissione di disciplina né il direttore generale di Persomil hanno poi proceduto ad una valutazione complessiva della vicenda, ed in particolare non hanno tenuto in alcun conto l’eccellente stato di servizio di esso ricorrente;

- da ultimo, con riferimento all'eccepita lesione del principio di legittimo affidamento e di buona fede, la difesa del ricorrente rileva come il comportamento tenuto dall'amministrazione nel periodo successivo alla scadenza dei termini massimi di sospensione precauzionale dal servizio abbia ingenerato nel militare una ragionevole aspettativa alla conservazione del rapporto di impiego. In capo al sig. P. era ormai legittimamente maturata la convinzione di aver già “scontato” (anche a seguito del decorso del massimo periodo previsto per legge di sospensione precauzionale dal servizio, oltre che della permanenza in carcere in regime di isolamento per sedici giorni e agli arresti domiciliaci per sessanta giorni) gli effetti pregiudizievoli degli accadimenti oggetto di procedimento penale, specie a distanza di ormai quindici anni dalla verificazione dei fatti in questione e di più di otto anni dal suo rientro in servizio. La vicenda in esame ha rappresentato un fatto isolato nella vita del sig. P. e va quindi valutata nella sua occasionalità rispetto a tutto il contesto del servizio reso dal ricorrente in favore dell'Arma di appartenenza.

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