TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-11-07, n. 202316480
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Pubblicato il 07/11/2023
N. 16480/2023 REG.PROV.COLL.
N. 09630/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9630 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del Decreto del 18.4.2018 di rigetto istanza cittadinanza nr. K 10/-OMISSIS-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 27 ottobre 2023 la dott.ssa Virginia Arata e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato l’8 agosto 2018 e ritualmente notificato l’odierno ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, domandandone l’annullamento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione, depositando documenti.
All’udienza del 27 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
L’odierno ricorrente ha impugnato il provvedimento emesso il 18 aprile 2018 con cui gli è stato negato il riconoscimento della cittadinanza italiana in seguito a domanda depositata il 23 luglio 2015.
Sul punto il Collegio osserva quanto segue in merito alla natura del provvedimento di concessione della cittadinanza alla luce della giurisprudenza in materia, di recente sintetizzata dalla Sezione (T.A.R. Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2947, 3018, 3471, 5130 del 2022), secondo cui l’acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone un’amplissima discrezionalità in capo all’Amministrazione, come si ricava dalla norma, attributiva del relativo potere, contenuta nell’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, ai sensi del quale la cittadinanza “può” essere concessa.
Tale discrezionalità si esplica, in particolare, in un potere valutativo in ordine al definitivo inserimento dell'istante all’interno della comunità nazionale, in quanto il conferimento dello status civitatis comporta non solo diritti – consistenti, sostanzialmente, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consente, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si chiede di entrare a far parte), e nella possibilità di assunzione di cariche pubbliche – ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;si tratta infatti di determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (cfr. Consiglio di Stato, AG, n. 9/1999 del 10.6.1999;sez. IV n. 798/1999;n. 4460/2000;n. 195/2005;sez, I, 3.12.2008 n. 1796/08;sez. VI, n. 3006/2011;Sez. III, n. 6374/2018;n. 1390/2019, n. 4121/2021;TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;n. 3920/2013;4199/2013).
L’interesse dell’istante a ottenere la cittadinanza deve, quindi, necessariamente coniugarsi con l’interesse pubblico a inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.
In questo quadro, pertanto, l’Amministrazione ha il compito di verificare che il soggetto istante sia in possesso delle qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprima integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza rappresenta infatti il suggello, sul piano giuridico, di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico.
In altri termini, l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale può avvenire (solo) quando l’Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto a dimostrare la sua capacità di inserirsi in modo duraturo nella comunità e di osservare l’ordine e la sicurezza nazionale (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227/2021;n. 12006/2021 e sez. II quater, n. 12568/2009;Cons. St., sez. III, n. 4121/2021;n. 8233/2020;n. 7122/2019;n. 7036/2020;n. 2131/2019;n. 1930/2019;n. 657/2017;n. 2601/2015;sez. VI, n. 3103/2006;n.798/1999).
Tanto chiarito sulla natura discrezionale del potere de quo, ne deriva che il sindacato giurisdizionale sulla valutazione compiuta dall’Amministrazione – circa il completo inserimento o meno dello straniero nella comunità nazionale – non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole.
Ciò in quanto la giurisprudenza, dalla quale non vi è motivo per discostarsi, ha costantemente chiarito che, al cospetto dell’esercizio di un potere altamente discrezionale, come quello in esame, il sindacato del giudice amministrativo si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non può estendersi all’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto su cui fondare il giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cittadino;il vaglio giurisdizionale non può sconfinare, quindi, nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione (ex multis, Cons. St., Sez. IV n. 6473/2021;Sez. VI, n. 5913/2011;n. 4862/2010;n. 3456/2006;TAR Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012).
Applicando le suesposte coordinate giurisprudenziali al caso di specie, il Collegio ritiene infondate le censure formulate con il ricorso in esame, avendo l’Amministrazione valutato in maniera non manifestamente illogica la situazione del ricorrente, risultando a carico di quest’ultimo una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) per i reati di cui agli artt. 337 e 635 c.p.p. emessa il 27 ottobre 2000, nonché il deferimento all’A.G. per il reato di cui all’art. 186 Codice della Strada dato 2 maggio 2003.
Tali elementi, unitamente al fatto che il ricorrente non ha provveduto a darne comunicazione al momento della presentazione della domanda, come compiutamente motivato nel corpo del provvedimento impugnato, rappresentano chiaro indice sintomatico di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale, desumibile in primis dal rispetto delle regole di civile convivenza e dalla rigorosa, sicura osservanza delle leggi vigenti nell’ordinamento giuridico italiano. L’Amministrazione, stante tale pregiudizio penale, ha adeguatamente motivato in ordine al bilanciamento di interessi, in particolare ritenendo soccombente quello dello straniero all’ingresso nella comunità nazionale rispetto a quello dello Stato a tutelare la propria sicurezza pubblica.
Ha altresì ritenuto non compiutamente provato il corretto e stabile inserimento del richiedente nel tessuto sociale a fronte della esplicita non condivisione dei valori di solidarietà e sicurezza, violati dalla condotta delittuosa posta in essere.
Tale valutazione, di natura strettamente discrezionale, è infine sottratta al sindacato giurisdizionale, salve le ipotesi di assoluta arbitrarietà e illogicità.
Né, a fini della verifica della legittimità del provvedimento impugnato può assumere rilievo la successiva estinzione del reato di cui alla sentenza di patteggiamento, intervenuta in data 29.7.2016, né la emessa sentenza di proscioglimento di cui all’art. 469 c.p.p. per il reato di cui all’art. 186 C.d.S.
È, infatti, riconosciuto all’Amministrazione il potere discrezionale di apprezzare, anche a prescindere dall’esito dell’eventuale processo penale, il valore delle condotte contestate (se, nella loro consistenza storica e fattuale, non smentite dai provvedimenti intervenuti in sede penale) al fine di valutare il corretto inserimento del richiedente nel tessuto ordinamentale e sociale dello Stato.
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese processuali possono essere compensate fra le parti.