TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-01-11, n. 202400015

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2024-01-11, n. 202400015
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202400015
Data del deposito : 11 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2024

N. 00015/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00470/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 470 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli studi di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;
I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’accertamento

del diritto del ricorrente a percepire, a decorrere dal 4 aprile 2017, il trattamento economico correlato e conseguente all’anzianità maturata nel S.S.R. e cioè per il servizio reso dal 1° settembre 1984 al 28 giugno 1985 e dal 27 luglio 1987 al 31 ottobre 2000, nonché per la condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento del relativo importo, maggiorato degli interessi e/o della rivalutazione monetaria dalla maturazione al saldo, e

per l’annullamento,

ove occorra, delle note dell’Università degli studi di Genova di data 30 maggio 2023, n. 32094 e 20 aprile 2023, n. 22193, della nota dell’I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino di data 18 maggio 2023, n. 26389, in parte qua della deliberazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di data 16 ottobre 2009, n. 880 e di tutti gli atti ad esse preparatori, presupposti, connessi e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Genova e dell’I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2023 il dott. Davide Miniussi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente, professore associato di chirurgia generale in servizio presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Genova (“Università”) dal 1° novembre 2000, ha adito questo Tribunale per chiedere l’accertamento (con decorrenza 4 aprile 2017, data di sottoscrizione del Protocollo menzionato infra ) del suo diritto “ al trattamento economico correlato e conseguente all’anzianità maturata ” in precedenza, allorché aveva prestato servizio in qualità di dirigente medico presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “San Martino” (ora Ospedale Policlinico San Martino - Sistema Sanitario Regione Liguria - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) (“Policlinico”) in due distinti periodi (dal 1° settembre 1984 al 28 giugno 1985 e dal 27 luglio 1987 al 31 ottobre 2000) e per la conseguente condanna dell’Università e del Policlinico al pagamento della somma dovuta a tale titolo (con interessi e rivalutazione), oltre all’annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe. Diritto, quello azionato, che troverebbe fondamento nel “ Protocollo generale d’intesa tra Regione Liguria e Università degli Studi di Genova per lo svolgimento dell’attività assistenziale dell’Università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 517/1999 ”, sottoscritto in data 4 aprile 2017 (“Protocollo”), e in particolare nell’art. 12, co. 7 del Protocollo medesimo, il quale prevede che “[a] l personale sanitario ex-ospedaliero transitato o che transiterà senza soluzione di continuità nel ruolo della docenza universitaria, viene riconosciuta, ai soli fini assistenziali e in costanza di rapporto convenzionale, l’anzianità maturata nel SSR, assicurando la continuità della funzione assistenziale e della professionalità acquisita ”.

L’Università (con nota prot. n. 32094 del 30 maggio 2023) ha respinto la richiesta di attribuzione del suddetto trattamento economico formulata dall’odierno ricorrente in data 14 marzo 2023 richiamando: (a) una nota del Policlinico (prot. n. 26389 del 18 maggio 2023) che – riscontrando la richiesta (prot. n. 21332 del 20 aprile 2023) trasmessa a detto ente dall’Università e volta conoscere “ l’importo della RIA che i soggetti interessati percepivano alla data di passaggio alla docenza universitaria ” (per l’odierno ricorrente, 1° novembre 2000) – evidenzia che il riconoscimento dell’anzianità spetta esclusivamente ai dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in caso di trasferimento, senza soluzione di continuità, ad altra Azienda o ad altro Ente del SSN in conseguenza di mobilità o superamento di concorso;
(b) un accordo stipulato in data 1° ottobre 2009 tra il Policlinico e l’Università (approvato dal Policlinico con delibera n. 880 del 16 ottobre 2009, anch’essa impugnata) (“Accordo”) che ha stabilito di riconoscere esclusivamente agli ex dirigenti medici ospedalieri transitati nei cinque anni precedenti dal SSR alla docenza universitaria (e successivamente equiparati alla dirigenza del SSN in regime convenzionale) il mantenimento della retribuzione individuale di anzianità (“RIA”) nelle more dell’approvazione del Protocollo.

1.1. Nella prospettazione attorea, dal menzionato art. 12, co. 7 del Protocollo discenderebbe, in capo a tutti i dirigenti medici (tra cui l’odierno ricorrente) transitati nel ruolo universitario prima del 4 aprile 2017 (data di sottoscrizione del Protocollo) il diritto al mantenimento della RIA che già percepivano, in qualità di dirigenti medici ospedalieri, nel periodo precedente al suddetto transito. Previsione, quella del Protocollo, che sarebbe giustificata dalla necessità di garantire la parità di trattamento tra i dirigenti medici ospedalieri e i medici universitari. Si sostiene, ancora, l’irrilevanza dell’Accordo (richiamato dal Policlinico nella parte in cui detto Accordo riconosce il mantenimento della RIA ai soli dirigenti medici transitati nel ruolo universitario nei cinque anni precedenti), in quanto recante disposizioni transitorie destinate a non trovare ulteriore applicazione una volta approvato il Protocollo, il quale non riproduce il limite relativo al quinquennio precedente.

1.2. Deduce inoltre il ricorrente che le note dell’Università e del Policlinico impugnate, laddove avessero natura provvedimentale, sarebbero illegittime per violazione dell’art. 12, co. 7 del Protocollo (in quanto pretendono di fare applicazione della disciplina transitoria del 2009, ormai superata) e per eccesso di potere, sub specie di difetto di istruttoria e di motivazione.

1.3. Si deduce, infine, l’illegittimità della delibera di approvazione dell’Accordo in conseguenza (oltre che dell’eccesso di potere, nella parte in cui circoscrive il mantenimento della RIA ai medici ospedalieri transitati nel ruolo universitario nei cinque anni precedenti) della violazione (a) di un asserito principio generale vigente in materia di retribuzione dei dipendenti pubblici, in base al quale all’anzianità di servizio dovrebbe sempre corrispondere un emolumento e detta componente della retribuzione dovrebbe essere mantenuta anche successivamente all’abolizione del sistema fondato sull’attribuzione di incrementi retributivi correlati a detta anzianità;
(b) di un principio generale in base al quale, a parità di anzianità di servizio, ai medici universitari deve essere garantita parità di retribuzione rispetto a quella corrisposta ai medici ospedalieri.

2. Si sono costituiti in giudizio l’Università e il Policlinico, i quali eccepiscono la prescrizione del diritto del ricorrente a percepire il trattamento economico conseguente all’anzianità maturata nel SSR (l’Università individua il dies a quo del termine di prescrizione nel 31 ottobre 2000, ossia nella data di cessazione del rapporto di lavoro in qualità di dirigente medico;
il Policlinico nel quinto anno antecedente alla notifica del ricorso) e il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, richiamando a tal fine la giurisprudenza che ritiene devolute a detto plesso giurisdizionale le controversie aventi ad oggetto il rapporto lavorativo del personale universitario con l’azienda sanitaria. Il Policlinico eccepisce altresì il proprio difetto di legittimazione passiva e l’irricevibilità dell’impugnazione proposta avverso la delibera del Policlinico del 16 ottobre 2009, n. 880 (pubblicata sull’albo pretorio online dal 19 ottobre al 2 novembre 2009, come risulta dall’attestazione prodotta in data 30 novembre 2023, deposito di cui il ricorrente, in udienza, ha eccepito la tardività) per decorso del termine, a prescindere dalla qualificazione della stessa in termini di atto di macro-organizzazione (impugnabile nell’ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, venendo in rilievo la giurisdizione generale di legittimità) o di atto che lede un diritto soggettivo tutelabile in sede di giurisdizione esclusiva (impugnabile nel termine di prescrizione del diritto, nel caso di specie di durata quinquennale). Il Policlinico eccepisce altresì la tardività del deposito dei documenti che dimostrerebbero la sussistenza degli elementi costitutivi del diritto di cui il ricorrente chiede tutela.

Nel merito, entrambe le Amministrazioni resistenti chiedono il rigetto del ricorso, sulla base di plurime ragioni di cui si darà conto infra .

3. All’udienza del 1° dicembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, il Collegio ritiene che sussista la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine a tutte le domande formulate dal ricorrente e, in particolare (alla luce dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario formulata dall’Università e dal Policlinico), in ordine alle domande di accertamento del diritto e di condanna.

Il Collegio non ignora l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., Sez. Un., ord. 15 maggio 2012, n. 7503), successivamente condiviso dal Consiglio di Stato (Cons. St., sez. III, 15 giugno 2015, n. 2949), in base al quale, poiché l’art. 5, co. 2, d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 distingue il rapporto di lavoro dei professori e ricercatori con l’università da quello instaurato dagli stessi con l’azienda ospedaliera e stabilisce che sia per l’esercizio dell’attività assistenziale, sia per il rapporto con le aziende si applicano le norme stabilite per il personale del servizio sanitario nazionale, quando la parte datoriale si identifica nell’azienda sanitaria la qualifica di professore universitario funge da mero presupposto del rapporto lavorativo e l’attività svolta si inserisce nei fini istituzionali e nell’organizzazione dell’azienda, con conseguente devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle relative controversie.

Tuttavia, nel caso di specie vi sono due ragioni che militano nel senso della statuizione della giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo.

1.1. In primo luogo, sebbene il diritto dedotto in giudizio abbia ad oggetto una componente del trattamento economico relativa (laddove spettante) al rapporto tra il ricorrente e il Policlinico (in quanto conseguente all’espletamento dell’attività assistenziale), la circostanza che quest’ultimo si limiti a fornire all’Università la “provvista” necessaria per corrispondere all’odierno ricorrente il trattamento economico correlato all’attività assistenziale (oltre a quello spettante in qualità di docente universitario) e che, conseguentemente, il rapporto di lavoro sia intrattenuto dal ricorrente soltanto con l’Università (non è un caso, infatti, che il ricorrente abbia rivolto le sue richieste all’Università e sia stata quest’ultima ad interloquire con il Policlinico), induce a ritenere la controversia in esame devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, co. 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in combinato disposto con l’art. 3, co. 2.

L’opposta soluzione, peraltro, implicherebbe la necessità per l’odierno ricorrente di adire i giudici di due plessi giurisdizionali distinti a seconda dell’attività (assistenziale o universitaria) cui la relativa componente del trattamento economico oggetto del diritto vantato è correlata. Ne deriverebbe una frammentazione della tutela difficilmente giustificabile.

1.2. In secondo luogo, nel caso di specie il conseguimento della qualifica di professore universitario e la conseguente instaurazione del rapporto di lavoro con l’Università ha inciso direttamente (tanto nella prospettazione attorea, quanto in quella delle Amministrazioni resistenti) sulla spettanza della RIA, in quanto il transito nel ruolo della docenza universitaria: (a) nella prospettazione delle Amministrazioni resistenti, ha determinato la perdita della RIA (sia in ragione dell’Accordo, che ne limita il mantenimento al personale transitato alla docenza universitaria nei cinque anni precedenti, sia in base al Protocollo, che non ne prevede il mantenimento);
(b) nella prospettazione attorea, avrebbe dovuto comportare il mantenimento della RIA in base al Protocollo. Nel caso di specie, pertanto, la qualifica di docente universitario non funge soltanto (e tanto) da mero presupposto del rapporto lavorativo instaurato con il Policlinico, ma è decisiva (nella prospettazione di tutte le parti del giudizio) nel senso della sussistenza del diritto alla conservazione della RIA o, al contrario, della perdita di detta componente stipendiale. Il carattere decisivo della qualifica di docente universitario ai fini della sussistenza (o meno) del diritto dedotto in giudizio induce pertanto a ritenere la controversia devoluta alla giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo.

2. Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene sussistente la legittimazione passiva del Policlinico, in quanto (fermo quanto stabilito supra in ordine alla giurisdizione): (a) la componente dello stipendio (RIA) oggetto delle domande di accertamento e di condanna è correlata all’attività assistenziale svolta dall’odierno ricorrente presso il Policlinico;
(b) l’Università si è determinata nel senso del rigetto dell’istanza dell’odierno ricorrente sulla base di quanto alla stessa rappresentato dal Policlinico.

3. Nel merito, le pretese del ricorrente sono infondate e tutte le domande (di accertamento, di condanna e di annullamento) devono essere rigettate, con conseguente assorbimento delle eccezioni di prescrizione del diritto e di irricevibilità della domanda di annullamento della delibera che ha approvato l’Accordo formulate dalle Amministrazioni resistenti.

4. Innanzitutto è necessario ricostruire, per sommi capi e nei limiti in cui detta ricostruzione è necessaria ai fini della decisione del ricorso, l’evoluzione della normativa che ha portato dapprima all’introduzione e poi al superamento della RIA, nonché della normativa concernente il trattamento retributivo dei docenti universitari che svolgono attività assistenziale.

4.1. La RIA è una forma di retribuzione individuale (prevista dai contratti collettivi di lavoro del comparto sanità precedenti al 1994) maturata dai dipendenti assunti nel SSN in passato e conservata a titolo personale. La funzione della RIA era quella di premiare l’anzianità di servizio del medico nella sua progressione di carriera. Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 517/1999 e la conseguente abolizione dei meccanismi automatici di progressione per classi e scatti legati all’anzianità di servizio individuale (nell’ottica della sostituzione del precedente sistema, incentrato sull’anzianità di servizio, con un nuovo sistema che premia i risultati conseguiti) la RIA, a regime, è venuta meno, sebbene continui ad essere corrisposta al personale entrato in servizio allorché i contratti collettivi vigenti pro tempore la contemplavano.

L’art. 47, co. 2 del CCNL del comparto sanità - area dirigenza medica e veterinaria - parte normativa quadriennio 1994 - 97 e parte economica biennio 1994 - 95, sottoscritto in data 5 dicembre 1996, stabilisce infatti che “[i] l valore per classi e scatti in godimento al 31 dicembre 1996, maturato sulle voci indicate dall’art. 92, comma 6 del D.P.R. 270/1987, con l’aggiunta della valutazione economica dei ratei di classi e scatti maturati alla medesima data, costituisce la retribuzione individuale di anzianità, utile ai fini del trattamento di quiescenza e dell’indennità premio di servizio nonché della 13 mensilità ”. Il comma 3 del medesimo art. 47 stabilisce, inoltre, che “[i] n caso di trasferimento presso altre aziende o enti, anche a seguito di concorso o conferimento dell’incarico ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. 502/1992, il dirigente di I e II livello conserva, a titolo personale, la retribuzione individuale di anzianità di cui al comma 2, in atto goduta ”. Il comma 4 prevede, infine, che “[a] ll’atto della risoluzione del rapporto di lavoro per qualsiasi causa, la retribuzione individuale di anzianità dei dirigenti cessati dal servizio confluisce in apposito fondo ” utilizzato per le finalità ivi indicate.

Rileva peraltro che l’art. 118, d.P.R. 28 novembre 1990, n. 384 (che ha recepito l’accordo del 6 aprile 1990 concernente il personale del comparto del Servizio sanitario nazionale, come definito dall’art. 6 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68), nel prevedere che “[n] el caso di passaggio a posizione funzionale superiore per concorso od avviso pubblico presso lo stesso o altro Ente del Comparto, e purché i servizi siano prestati senza soluzione di continuità, l’inquadramento avviene sommando al nuovo livello retributivo il maturato economico in godimento nel livello di provenienza ”, ha stabilito il principio (confermato, come detto, dalla successiva contrattazione collettiva) per cui il trattamento economico maturato in precedenza viene conservato soltanto in caso di trasferimenti che hanno luogo all’interno del medesimo comparto della sanità (condizione, quest’ultima, che maggiormente rileva in questa sede) e purché non vi sia soluzione di continuità.

4.2. Per quanto concerne il trattamento economico del personale universitario che prestava attività assistenziale presso i policlinici universitari convenzionati con le Regioni e con le unità sanitarie locali, va rammentato che in favore del suddetto personale era stata inizialmente istituita una indennità perequativa (c.d. indennità De Maria, istituita dall’art. 31, d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e disciplinata anche dall’art. 102, d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382) volta ad equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità, compensando così l’eventuale differenza tra la (inferiore) retribuzione del personale universitario e la (superiore) retribuzione dei medici c.d. ospedalieri.

L’art. 6 del d.lgs. n. 517/1999 (che, in attuazione dell’art. 6, legge 30 novembre 1998, n. 419, ha ridefinito i rapporti tra università e SSN) ha successivamente abolito la suddetta indennità perequativa (abrogando espressamente il menzionato art. 102, d.P.R. n. 382/1980) e ha previsto, in favore dei professori e dei ricercatori universitari che svolgono attività assistenziale presso le aziende ospedaliero-universitarie, oltre al trattamento economico erogato dall’Università, due trattamenti aggiuntivi: la c.d. indennità di posizione (art. 6, lett. a) e la c.d. indennità di risultato (art. 6, lett. b). La determinazione dei predetti trattamenti aggiuntivi era rimessa ai protocolli stipulati (ai sensi dell’art. 1) tra le Regioni e le università sulla base di linee guida stabilite con D.P.C.M. (approvato il 24 maggio 2001). Nelle more della stipulazione dei protocolli (il primo protocollo tra la Regione Liguria e l’Università è stato sottoscritto in data 17 marzo 2004) continuava comunque ad essere corrisposta l’indennità perequativa.

5. Il Collegio ritiene che nel caso di specie al ricorrente, a seguito (e a causa) del transito nel ruolo dei docenti universitari, non spetti la conservazione della RIA maturata nel periodo precedente, allorché prestava servizio alle dipendenze del Policlinico. Ciò per tre ordini di ragioni.

5.1. Innanzitutto, in quanto lo stesso art. 12, co. 7 del Protocollo, posto dal ricorrente a fondamento dell’invocato diritto, non è in alcun modo riferito al trattamento economico, posto che – come correttamente osservato dal Policlinico – il riconoscimento dell’anzianità maturata nel SSR ivi stabilito “ ai soli fini assistenziali ” non può che operare a fini diversi dalla conservazione del trattamento economico pregresso e, in particolare, di singole componenti di quest’ultimo (ad esempio, al fine di integrare i requisiti di anzianità di servizio stabiliti per l’accesso a determinati incarichi);
ciò in quanto, laddove il Protocollo ha inteso attribuire rilevanza all’attività assistenziale anche ai fini retributivi, lo ha fatto espressamente.

Del resto, l’interpretazione del Protocollo proposta (e presupposta) dal ricorrente – ossia il riconoscimento dell’anzianità anche ai fini retributivi e, in particolare, ai fini della conservazione della RIA – è incompatibile con l’esigenza, propria di un ordinamento di contabilità pubblica fondato sul principio di legalità finanziaria, che ogni spesa trovi fondamento (direttamente o indirettamente) in una disposizione di legge. Nel caso di specie, dall’esame (svolto al par. 4) delle discipline in materia di trattamento economico dei docenti universitari che svolgono attività assistenziale e in materia di RIA non emerge alcuna disposizione che consenta il mantenimento della RIA in caso di “transito” da un ente del comparto della sanità al ruolo universitario. Al contrario, come detto, emergono espliciti indici in senso contrario. In assenza di un fondamento legislativo, un accordo tra amministrazioni (quale è il menzionato Protocollo) non potrebbe costituire idonea giustificazione di una spesa corrente, correlata alla retribuzione del personale, gravante sul bilancio di enti pubblici;
ciò determinerebbe, del resto, come osservato dal Policlinico, una violazione della riserva statale in materia di ordinamento civile stabilita dall’art. 117, co. 2, lett. l) Cost.

5.2. In secondo luogo, la disciplina (descritta supra ) del trattamento economico dei docenti universitari che svolgono attività assistenziale contenuta nel d.lgs. n. 517/1999 non può che ritenersi esaustiva, trattandosi di una disciplina organica che regola, anche ai fini della determinazione del trattamento economico spettante ai soggetti in questione, i rapporti tra università e aziende ospedaliero-universitarie. Detta disciplina, come detto, non solo non contempla la RIA (o il diritto di conservare la RIA maturata in precedenza per effetto dell’attività svolta alle dipendenze di un ente del comparto della sanità), ma è ispirata a principi e detta regole che sono radicalmente incompatibili con la conservazione di componenti della retribuzione correlate all’anzianità pregressa.

5.3. In terzo luogo, l’invocato diritto non potrebbe che essere fondato, a ben vedere, non soltanto – e non tanto – sull’art. 12, co. 7 del Protocollo, che non menziona espressamente e specificamente la RIA (né, come detto, fa alcun riferimento al trattamento economico), bensì sul combinato disposto di tale previsione del Protocollo (sul presupposto, non condiviso dal Collegio per le ragioni esposte supra , dell’interpretazione della stessa come estesa anche al trattamento economico) con i contratti collettivi del comparto della sanità che prevedono (per talune categorie di soggetti, tra i quali sembrerebbe rientrare l’odierno ricorrente laddove non fosse transitato nel ruolo dei docenti universitari) il mantenimento della RIA spettante al 31 dicembre 1996. Ciò, dunque, sul presupposto dell’applicabilità anche al personale universitario che svolge attività assistenziale dei contratti collettivi nazionali del comparto della sanità;
applicabilità che è, tuttavia, da escludere, in quanto i docenti universitari (ancorché svolgano anche attività assistenziale) non fanno parte del comparto della sanità (né, a ben vedere, di alcun comparto della contrattazione collettiva, trattandosi di personale in regime di diritto pubblico, non contrattualizzato).

6. Né, d’altra parte, è possibile ritenere che l’invocato diritto debba essere riconosciuto sulla base dell’Accordo, previo annullamento della relativa delibera di approvazione nella parte in cui l’Accordo circoscrive il mantenimento della RIA ai medici ospedalieri transitati nel ruolo universitario nei cinque anni precedenti. Ciò in quanto, come detto, e a prescindere dalla legittimità di detto Accordo nella parte in cui in via transitoria stabilisce il mantenimento della RIA alle condizioni ivi previste (questione che non forma oggetto della presente controversia), il diritto fatto valere dal ricorrente non sussiste proprio perché, per le ragioni sopra esposte, non trova fondamento nella legge (ne consegue l’impossibilità di ravvisare un contrasto tra l’Accordo, nella parte in cui non estende il mantenimento della RIA all’odierno ricorrente, e la legge, perché la legge non contempla il diritto invocato dal ricorrente).

Né sussistono le denunciate violazioni degli invocati principi in base ai quali all’anzianità di servizio dovrebbe sempre corrispondere un emolumento (anche laddove il sistema fondato sull’anzianità sia abolito) e a parità di anzianità di servizio ai medici universitari dovrebbe essere garantita parità di retribuzione rispetto a quella corrisposta ai medici ospedalieri. Ciò in quanto, a prescindere dall’effettiva vigenza nell’ordinamento dei principi suddetti, gli stessi non implicherebbero le conseguenze auspicate dal ricorrente, in quanto quest’ultimo è transitato da un ente del sistema sanitario nazionale ad un’università e ha conseguentemente accettato il relativo diverso regime del trattamento economico, che peraltro non ha allegato (né tantomeno dimostrato) essere inferiore a quello di cui godeva in precedenza (non potendo attribuirsi rilevanza, anche alla luce degli asseriti principi di cui sopra, alla perdita di singole componenti della retribuzione, dovendo al contrario aversi riguardo alla retribuzione nel suo complesso).

7. Ne consegue che, in definitiva, i motivi di ricorso sono infondati e ciò comporta il rigetto tanto delle domande di accertamento e di condanna, tanto di quelle di annullamento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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