TAR Palermo, sez. V, sentenza 2024-07-29, n. 202402335
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Testo completo
Pubblicato il 29/07/2024
N. 02335/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01946/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1946 del 2023, proposto da
P D B, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, G D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ciminna, non costituito in giudizio;
per la declaratoria di illegittimità
del silenzio serbato dalla P.A. resistente all'istanza del ricorrente, trasmessa con pec del 01/06/2023, volta ad ottenere:
- l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis TU Espropriazioni dell'immobile di proprietà del ricorrente, sito Ciminna, piazza Umberto I n. 16, già corso Umberto I, piano terra, superficie mq. 56, identificato in catasto al foglio MU, particella 1544 sub 1 ctg. C/2;
- la corresponsione, sempre ex art. 42 bis, comma 1, TU Espropriazioni, dell'indennità per il pregiudizio patrimoniale subito dal ricorrente, nella misura del valore venale del bene al momento dell'acquisizione, oltre un ulteriore 10% del predetto valore legale del bene a titolo di pregiudizio non patrimoniale, nonché il risarcimento del danno, ai sensi del comma 3 art. 42 bis TU Espropriazioni, nella misura del 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione illegittima dal momento dell'illegittima apprensione del bene, oltre l'ulteriore risarcimento che ci si riserva di indicare;
PER L'ACCERTAMENTO
dell'obbligo a provvedere in relazione alla medesima istanza con provvedimento espresso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2024 il dott. Roberto Valenti e udito l’avvocato di parte ricorrente, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente agisce contro il Comune di Ciminna, non costituito, avverso il silenzio serbato sulla domanda trasmessa con pec del 01/06/2023, volta ad ottenere:
- l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis TU Espropriazioni dell’immobile di proprietà del ricorrente, sito Ciminna, piazza Umberto I n. 16, già corso Umberto I, piano terra, superficie mq. 56, identificato in catasto al foglio MU, particella 1544 sub 1 ctg. C/2;
- la corresponsione, sempre ex art. 42 bis , comma 1, TU Espropriazioni, dell’indennità per il pregiudizio patrimoniale subito dal ricorrente, nella misura del valore venale del bene al momento dell’acquisizione, oltre un ulteriore 10% del predetto valore legale del bene a titolo di pregiudizio non patrimoniale, nonché il risarcimento del danno, ai sensi del comma 3 art. 42 bis TU Espropriazioni, nella misura del 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione illegittima dal momento dell’illegittima apprensione del bene, oltre l’ulteriore risarcimento che ci si riserva di indicare (doc. n. 1).
Premette:
-di essere proprietario, giusta atto di compravendita del 12/11/2022 in Notar Saguto, dell’immobile sito Ciminna, piazza Umberto I n. 16, già corso Umberto I, piano terra, superficie mq. 56, identificato in catasto al foglio MU, particella 1544 sub 1 ctg. C/2 (doc. n. 2);
- che il Comune di Ciminna avviava l’iter espropriativo di alcuni immobili siti nel predetto Comune per realizzare il restauro conservativo, consolidamento statico e ridistribuzione interna dello stabile ex Ospedale Santo Spirito;
-- che con Determina n. 20 del 03/04/2006 disponeva l’occupazione d’urgenza e la conseguente immissione in possesso degli immobili indicati nell’allegato piano particellare;
- che, tuttavia, nell’ambito di tale procedura, il Comune si immetteva anche nel possesso dell’immobile di proprietà del ricorrente (e già dallo stesso materialmente detenuto dal 1996), confinante con quelli oggetto della procedura espropriativa;
- che dal 2006 il Comune occupa sine titulo l’immobile in questione ove insiste parte dell’Ospedale Santo Spirito;
- che la realizzazione dell’opera pubblica, definita in ogni sua parte, rende sostanzialmente impossibile la restituzione del bene irreversibilmente trasformato.
Il ricorso è affidato ad un unico profilo di doglianza con cui si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L. n. 241/1990 e s.m, come recepita dalla L.r. 10/1991 e s.m., e la violazione dell’art. 97 e 24 Cost.
Alla Camera di Consiglio del 10 luglio 2024, presente il difensore di parte ricorrente, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato nei sensi e limiti di seguito precisati.
In primo luogo, la fattispecie rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, giusta la lett. g) del comma 1 dell’art. 133 del c.p.a., siccome riconducibile ad atti, provvedimenti e comportamenti relativi e comunque riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità (cfr., Cass. civ., SS.UU., 26 marzo 2021, n. 8568;Cass. civ, SS.UU., 26/02/2021, n. 5513;Cass., SS.UU., 19 marzo 2020 n. 7454;Cass., SS.UU., 10 novembre 2020 n. 25209;Cass. civ. SS.UU. del 16 aprile 2018, n. 9334;Cass. civ. SS.UU. n.2145 del 29 gennaio 2018;Cass. civ. SS.UU. n. 18165 del 24 luglio 2017;Cass. civ. SS.UU. n.17110, 11 luglio 2017;Cass. civ. SS.UU. n.1092 del 18 gennaio 2017;Cass. civ. SS.UU. n. 15284, 25 luglio 2016).
Non è revocabile in dubbio che nel caso in esame si sia in presenza di un procedimento ablatorio avviato e non concluso da parte dell’Amministrazione pubblica. In conformità alla giurisprudenza amministrativa prevalente, il Collegio osserva come l’occupazione di un bene di proprietà privata, ove non assistita da un valido ed efficace titolo giustificativo, non comporta l’acquisizione alla mano pubblica dello stesso bene anche laddove sia intervenuta l’irreversibile trasformazione dello stesso per effetto della realizzazione dell’opera pubblica. Il supremo consesso della giustizia amministrativa (Consiglio di Stato, Ad. pl., n. 2/2020), sulla scorta di una oramai consolidata giurisprudenza nazionale ed europea, ha dichiarato ormai superato l’istituto, di origine pretoria, della c.d. occupazione “appropriativa” o “acquisitiva” secondo cui si determinava l’acquisizione della proprietà del fondo a favore della pubblica amministrazione per “accessione invertita”, allorché si fosse verificata l’irreversibile trasformazione dell’area: “L’istituto, che pure rispondeva, nel silenzio della legge, all’esigenza pratica e sistematica di definire l’assetto proprietario di un bene illegittimamente occupato e il conseguente assetto degli interessi, risultava peraltro evidentemente privo di base legale ed è stato pertanto ritenuto illegittimo dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la conseguenza che, attualmente, il mero fatto dell’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non assurge a titolo di acquisto, non determina il trasferimento della proprietà e non fa venire meno l’obbligo dell’Amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso”.
Con la medesima sentenza l’Adunanza Plenaria è tornata ad interrogarsi sulla “rinuncia abdicativa” quale atto implicito ed implicato nella proposizione, da parte di un privato illegittimamente espropriato, della domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario derivante dall'illecito permanente costituito dall'occupazione di un suolo da parte della P.A., a fronte della irreversibile trasformazione del fondo. Sotto detto profilo, prendendo motivatamente le distanze dai principi affermati dalla medesima Adunanza con la sentenza n. 2/2016, ha ritenuto, all’esito di un iter logico-argomentativo molto approfondito cui il Tribunale intende prestare adesione, che l’istituto in questione presenti gli stessi inconvenienti insiti nella ormai superata teoria dell’accessione invertita che sta alla base dell’istituto pretorio dell’occupazione acquisitiva, rilevando che nessuna norma attribuisce al soggetto espropriato, pur a fronte dell’illegittimità del titolo espropriativo, un diritto, sostanzialmente potestativo, di determinare l'attribuzione della proprietà all'amministrazione espropriante previa corresponsione del risarcimento del danno e osservando, più precisamente, che l’art. 42 bis del T.U. espr. “ non può che escludere che la 'sorte' del bene sia decisa dal proprietario e che l'Autorità acquisti coattivamente il bene, sol perché il proprietario dichiari di averlo perso o di volerlo perdere, o di volere il controvalore del bene. Come se il proprietario del bene fosse titolare di una sorta di diritto potestativo a imporre il trasferimento della proprietà, mediante rinuncia al bene (implicita o esplicita che sia), previa corresponsione del suo controvalore (non rileva, sotto questo profilo, se a titolo risarcitorio o indennitario) ”.
Quindi, nel caso in esame, come ribadito sempre dalla Plenaria n. 4/2020, “ La scelta, di acquisizione del bene o della sua restituzione, va effettuata esclusivamente dall’autorità (o dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, all’esito del giudizio di cognizione o del giudizio d’ottemperanza, ai sensi dell’art. 34 o dell’art. 114 c.p.a): in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell’autorità individuata dall’art. 42-bis ”.
Con la stessa pronuncia da ultimo richiamata, il massimo consesso della giustizia amministrativa, esclusa la possibilità di una “rinuncia abdicativa” da parte del proprietario, ha rimarcato che “Resta poi fermo che la qualificazione delle domande proposte in giudizio passa attraverso l’interpretazione dei relativi atti processuali, rimessa al giudice investito della decisione della controversia nel merito”.
Nel caso in esame, posto quanto evidenziato, la domanda di parte ricorrente può essere riqualificata come domanda volta ad ottenere un provvedimento espresso da parte dell’Amministrazione in ordine alla necessità di conformare lo stato di fatto allo stato di diritto, mediante la restituzione del bene ovvero l’adozione di un provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001.
Ed invero, con la pronuncia della Plenaria n. 4/2020 è stato dettato il seguente principio di diritto:
per le fattispecie disciplinate dall’art. 42-bis TUEs., l’illecito permanente dell’Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata .
È indubbio l'azione avverso l'inerzia dell'amministrazione è esercitabile anche con riferimento alle istanze, quale è quella presentata dal ricorrente, con cui si solleciti da parte dell'amministrazione l'adozione del provvedimento ex art. 42- bis del D.P.R. n. 327 del 2001 ed è altrettanto indubbio che sulla relativa istanza gravava sull’Amministrazione l’obbligo a provvedere.
Ne consegue che l’amministrazione intimata, in accoglimento della domanda proposta dalla parte ricorrente e qui riqualificata, deve essere condannata a riscontrare l’istanza con un provvedimento espresso nei sensi sopra precisati, osservandosi che all’esito del pronunciamento giurisdizionale, resta integro il margine di apprezzamento della competente amministrazione, che potrà adottare il provvedimento che più ritiene opportuno a seguito della corretta ponderazione degli interessi in gioco (CGA Sicilia – 25/11/2019 n. 984;si veda anche CGA Sicilia – 23/5/2023 n. 353;si veda anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III – 22/6/2023 n. 2111).
Rispetto alla domanda di tutela volta ad ottenere l’adozione di un provvedimento discrezionale deputato a valutare se acquisire l'area o restituirla ai legittimi proprietari, sussiste una posizione sostanziale di interesse legittimo (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/12/2022 n. 11449).
Nel caso in esame:
- sussiste l'inadempimento dell'obbligo di provvedere da parte dell’amministrazione intimata, con conseguente accoglimento del ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a.;
- il Comune di Ciminna, non costituito, deve dunque essere condannato a pronunciarsi sull'istanza di parte ricorrente con provvedimento motivato, in un termine che appare congruo fissare in 90 giorni dalla comunicazione ovvero, se anteriore, dalla notificazione (a cura di parte ricorrente) della presente decisione;
-in caso di inutile decorso del termine di cui sopra, come da richiesta della parte, si nomina sin d'ora Commissario ad acta il dirigente del Dipartimento delle autonomie locali dell'Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica, con facoltà di delega ad un funzionario di idonea competenza tecnica, che entro 90 giorni dalla scadenza del termine precedente, previa sollecitazione della parte ricorrente, adotterà l’atto dovuto;
Tenuto conto, quanto al Commissario:
- che il munus di ausiliario del giudice deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio, sicché non può essere né rifiutato né inciso da disposizioni interne all'Amministrazione di appartenenza;
- che il compenso per l'eventuale funzione commissariale andrà posto a carico dell'amministrazione intimata e verrà determinato e liquidato successivamente con decreto collegiale;
- che la parcella andrà presentata, a pena di decadenza, nei termini di cui all'art. 71 del D.P.R. n. 115 del 2002, con l'ulteriore precisazione che il dies a quo per la decorrenza del suddetto termine non coincide con il deposito della relazione sull'attività svolta, bensì con il compimento dell'ultimo atto di esecuzione della presente sentenza;
- che il Commissario ad acta è tenuto ad effettuare il deposito di atti e/o documenti esclusivamente tramite la procedura PAT, con deposito all'interno del relativo fascicolo telematico, utilizzando il modulo denominato “Modulo PDF deposito ausiliari del giudice e parti non rituali”, rinvenibile sul sito web della G.A., Portale dell'Avvocato - Processo Amministrativo Telematico - Documentazione operativa e modulistica, che deve essere compilato in ogni sua parte, firmato digitalmente e inoltrato all'indirizzo PEC risultante dall'elenco denominato “Indirizzi PEC per il PAT”.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi e termini di cui in motivazione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.