TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2010-12-23, n. 201038642
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 38642/2010 REG.SEN.
N. 06586/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso R.G.n. 6586 del 2009, proposto dai signori O D, nella qualità di candidato per le elezioni europee nella Lista “Rifondazione Comunista-Sinistra Europea-Partito dei Comunisti Italiani” nella Circoscrizione III-Italia Centrale e di cittadino elettore per le elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009, dal sig. D B, nella qualità di delegato per le elezioni europee della Lista “Rifondazione Comunista-Sinistra Europea-Partito dei Comunisti Italiani” nella Circoscrizione III-Italia Centrale e di cittadino elettore per le elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009 e dai Signori S B e R S, quali legali rappresentanti dell’Associazione denominata “Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea-Partito dei Comunisti Italiani”, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Silvio Crapolicchio, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Belsiana, 100;
contro
- l’ Ufficio Elettorale Nazionale e l’Ufficio Elettorale Centrale, istituiti entrambi presso la Corte di Cassazione, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione I° Italia Nord Occidentale, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione II° Italia Nord Orientale, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione III° Italia Centrale, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione IV° Italia Meridionale, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione V Italia Insulare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;
- il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
- G U, residente in Olbia (OT), proclamato eletto al Parlamento Europeo nella qualità di candidato nella Lista denominata “Italia dei Valori-Lista Di Pietro” nella Circoscrizione V-Italia insulare, rappresentato e difeso in proprio e dagli avv. Giorgio Carta, Silvio Pinna, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, viale Bruno Buozzi, 87;
- C M, residente in Vaiano (PO), proclamato eletto al Parlamento Europeo nella qualità di candidato nella Lista denominata “Lega Nord” nella Circoscrizione III-Italia Centrale, non costituito in giudizio;
- Oreste Rossi, detto Tino, proclamato eletto al Parlamento Europeo nella qualità di candidato nella Lista denominata “Lega Nord” nella Circoscrizione I-Italia Nord Occidentale e della signora I Z, candidata proclamata eletta nella Circoscrizione I nella Lista PDL, e dell’On.le G C, candidato proclamato eletto nella Circoscrizione II nella Lista PD, rappresentati e difesi dagli avv. Stelio Mangiameli e Serena Massera ed elettivamente domiciliati presso lo studio legale Patti Avvocati &Rechtsanwalte, via Tacito, n. 41, Roma;
e con l'intervento di
ad opponendum:
- dell’avv. Sonia Viale, quale cittadina elettrice e candidata nella lista Lega Nord per la Circoscrizione III Italia Nord Occidentale, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi, Pietro Piciocchi, Giampaolo Parodi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5;
- dell’ Associazione politica denominata “Lega Nord per l'Indipendenza della Padania”, con sede legale in Milano, via C.Bellerio, n. 41, in persona del Segretario e legale rappresentante p.t. sig. U B , il quale agisce anche in proprio nella qualità di cittadino elettore, rappresentati e difesi dagli avv. A M, C T H, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5;
- dell’ “Italia dei Valori”, in persona del Tesoriere e legale rappresentante p.t., sig.ra S M, con sede in Milano, via Felice Casati, n. 1/A, rappresentata e difesa dall'avv. S S, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via E. Faa' di Bruno, 4;
per l'annullamento
- del verbale delle operazioni del 26.6.2009 dell’Ufficio Elettorale Nazionale istituito presso la Corte Suprema di Cassazione per le elezioni dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia del 6 e 7 giugno 2009, nella parte in cui non è stato assegnato un seggio alla lista denominato “Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea – Partito dei Comunisti Italiani nonchè, per quanto necessario, - del verbale dell’Ufficio elettorale Circoscrizionale per l’Italia centrale istituito presso la Corte d’Appello di Roma nella parte nel quale è stato proclamato eletto il sig. U B;- dell’attestato inviato dell’Ufficio Elettorale Circoscrizionale per l’Italia Centrale istituito presso la Corte d’Appello di Roma al candidato U B, con il quale si è provveduto a comunicare l’avvenuta elezione al Parlamento Europeo;- del verbale dell’Ufficio elettorale Circoscrizionale per l’Italia Insulare istituito presso la Corte d’Appello di Palermo nella parte nel quale è stato proclamato eletto il candidato A D P;- dell’attestato inviato dall’Ufficio Elettorale Circoscrizionale per l’Italia Insulare istituito presso la Corte d’Appello di Palermo al candidato A D P, con il quale si è provveduto a comunicare l’avvenuta elezione al Parlamento Europeo;- del verbale dell’Ufficio elettorale Circoscrizionale per l’Italia Nord Occidentale nella parte nel quale è stato proclamato eletto il candidato U B;- dell’attestato inviato dall’Ufficio Elettorale Circoscrizionale per l’Italia Nord Occidentale, con il quale si è provveduto a comunicare l’avvenuta elezione al Parlamento Europeo al candidato U B;- del verbale delle operazioni dell’Ufficio Elettorale Nazionale istituito presso la Corte di Cassazione con il quale si è dato atto delle rinunce dei candidati U B, di A D P, di Leoluca Orlando e delle opzioni per le altre circoscrizioni dei candidati Mario B, Luigi De Magistris e di Sonia Alfano;- del Comunicato dell’Ufficio Elettorale Nazionale presso la Corte Suprema di Cassazione pubblicato nella Serie Generale della G.U. n.158 del 10.7.2009, con il quale è stata resa nota l’elezione dei candidati C M ovvero di Oreste Rossi, detto Tino ovvero di G U,
nonchè per la dichiarazione
dell’avvenuta elezione al Parlamento Europeo nelle elezioni dei membri spettanti all’Italia del 6 e 7 giugno 2009 dei candidati Oliviero Diliberto anziché di C M ovvero di Oreste Rossi detto Tino ovvero di G U.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’art.130, comma 7, cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dei signori G U , O d T R, I Z e G C;
Visti gli atti di intervento;
Vista l’ordinanza collegiale n.1629/2009 con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale e disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Vista la sentenza della Corte costituzionale dell’8 luglio 2010, n. 271;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2010 il Cons. M C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso indicato in epigrafe, gli istanti rappresentano che in data 1° aprile 2009, con decreto pubblicato nella G.U. del 3.4.2009, il Presidente della Repubblica ha convocato i comizi per l’elezione dei membri del Parlamento Europeo da svolgersi nei giorni 6 e 7 giugno 2009. Precedentemente, con la legge 20 febbraio 2009, n.10, è stato modificato il sistema elettorale vigente per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, prevedendosi la ripartizione dei seggi tra le liste che abbiano superato lo sbarramento del 4 per cento, con l’introduzione nell’art. 21, primo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, dopo il n.1, il successivo n.1-bis e la sostituzione del n. 2 dello stesso primo comma.
Concluse le votazioni, l’Ufficio Elettorale Nazionale, istituito presso la Corte di Cassazione, ha redatto il verbale delle operazioni individuando le liste che hanno conseguito una cifra elettorale nazionale pari almeno al 4 per cento dei voti validi espressi. Dopo aver rilevato che il totale delle cifre elettorali nazionali conseguite da tutte le liste è stato pari a n. 30.623.840 voti, l’Ufficio ha attestato il 4 per cento di tale cifra pari a 1.224.953,60 corrispondente a 1.224.954, con approssimazione per eccesso all’unità.
L’Ufficio Elettorale Nazionale ha individuato poi, ai sensi del predetto art.21, primo comma, n.1 bis, le liste che hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi, e poi ha proceduto al riparto dei seggi tra le medesime liste, applicando la disposizione di cui al successivo n. 2 del predetto primo comma :
- ha diviso il totale delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione dei seggi, pari a 26.572.238, per il numero dei seggi da attribuire, pari a 72, ottenendo il quoziente elettorale nazionale, pari dunque a 369.058 (tralasciando la parte frazionaria);
- ha diviso poi la cifra elettorale di ciascuna lista per tale quoziente, attribuendo ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale nazionale risultava contenuto nella cifra elettorale nazionale di ciascuna lista;
- i restanti seggi, nella specie 2, sono stati assegnati dall’Ufficio Elettorale Nazionale “alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti” (in particolare, Italia dei Valori-Lista Di Pietro, che aveva ottenuto un resto di 263.494, e Lega Nord, che aveva ottenuto un resto di 173.717).
Lamentano i ricorrenti che l’Ufficio Elettorale Nazionale nel fare detti conteggi non avrebbe tenuto conto della memoria presentata in data 26.6.2009 dall’Associazione “Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea-Partito dei Comunisti Italiani”, sull’applicazione della norma in questione.
In seguito, l’Ufficio Elettorale Nazionale ha provveduto, ai sensi del predetto art.21, primo comma, n. 3, alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi attribuiti alle predette liste. A tal fine, l’Ufficio ha anzitutto diviso la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il numero di seggi attribuiti alla lista stessa, ottenendo così il quoziente elettorale di lista. Ha poi attribuito a ciascuna lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale di lista è risultato contenuto nella cifra elettorale circoscrizionale della lista ed ha assegnato i seggi non assegnati ad ogni lista con il metodo dei quozienti interi, a favore delle circoscrizioni nelle quali la lista ha conseguito il maggior numero di resti. E così l’Ufficio Elettorale ha assegnato il nono seggio spettante alla “Lega Nord” nella Circoscrizione III-Italia Centrale, con un resto di 186.988 e ha assegnato il settimo seggio spettante all’”Italia dei Valori-Lista Di Pietro”, nella Circoscrizione V-Italia Insulare, con un resto di 186.326.
Con comunicato del 9 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale –Serie Generale n.158 del 10.7.2009, l’Ufficio Centrale Nazionale presso la Corte di Cassazione ha infine proclamato gli eletti al Parlamento Europeo. A seguito delle rinunce e opzioni ammesse nella Circoscrizione III-Italia Centrale per la lista “Lega Nord” è stato proclamato eletto l’On. C M (con 2710 preferenze), nella Circoscrizione 1 – Italia Nord Occidentale, per la lista “Lega Nord” è stato proclamato eletto l’On. Oreste Rossi , detto Tino (con 14.390 preferenze), nella Circoscrizione V – Italia Insulare per la lista “Italia dei Valori-Lista Di Pietro” è stato proclamato eletto l’On. G U (con 17.476 preferenze).
Ne è derivato che alla lista “Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea- Partito dei Comunisti Italiani”, odierna ricorrente, nonché alla lista “Sinistra e Libertà-Federazione dei Verdi” non sono stati assegnati seggi, pur avendo le stesse avuto candidati maggiormente votati rispetto a coloro che hanno beneficiato dell’assegnazione dei due seggi residuati dopo l’assegnazione dei seggi “a quoziente pieno”.
Pertanto, i ricorrenti ritenendo illegittima l’assegnazione dei seggi operata dalla Corte di Cassazione e la successiva proclamazione degli eletti, hanno impugnato gli atti, meglio indicati in epigrafe, con ricorso proposto a questo Tribunale amministrativo regionale, deducendo le seguenti censure: 1) Erronea e illegittima applicazione degli artt. 21 e 22 della Legge n. 18 del 1979, così come modificati dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10;Eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento, irragionevolezza, illogicità, carente, assente e/o erronea motivazione, vessatorietà, disparità di trattamento, violazione del principio di uguaglianza, ingiustizia manifesta, assenza del presupposto, difetto di istruttoria: in particolare, non sarebbe stata correttamente applicata la norma di cui all’ultimo periodo della norma recata dall’art.21, primo comma, n. 2, ultimo periodo della citata legge n. 18 del 1979 e succ. mod., il quale prevede che “si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale”. Questa disposizione imporrebbe di considerare, nell’assegnazione dei seggi che rimangono ancora da attribuire dopo che si è divisa la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il quoziente elettorale nazionale, non solo le liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti, ma anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno partecipato all’attribuzione dei seggi non avendo raggiunto il quoziente elettorale nazionale: ossia delle liste che non hanno conseguito sul piano nazionale il 4 per cento dei voti validi e non hanno dunque partecipato all’assegnazione dei seggi a coefficiente c.d. pieno.
Secondo i ricorrenti l’intenzione del legislatore sarebbe quella di prevedere un meccanismo tale da consentire alle liste che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4 per cento un c.d. diritto di tribuna, consentendo alle stesse di partecipare all’assegnazione di quei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti.
Secondo i ricorrenti, riguardo la corretta interpretazione della norma in questione, occorrerebbe far riferimento al significato proprio delle parole e all’intenzione del legislatore: ove esso avesse voluto escludere le suddette liste dall’assegnazione dei seggi restanti con il meccanismo dei maggiori resti, lo avrebbe potuto fare esplicitamente, non inserendo tale ultimo periodo nella disposizione in esame.
L’interpretazione accolta dai ricorrenti intende rispondere anche a principi di ragionevolezza ed equità, nonché al criterio della “non ridondanza”, che impone di evitare - fino ai limiti del possibile - di intendere come inutili le parole impiegate dal legislatore.
2) Profili di manifesta illegittimità costituzionale rispetto agli artt. 3, 48 e 49 della Costituzione: l’introduzione di una soglia di sbarramento del 4 per cento che impedirebbe ad ogni lista che non ha raggiunto tale limite la possibilità di ottenere degli eletti, seppure solo per attribuire loro di ottenere un c.d. diritto di tribuna, presenterebbe profili di manifesta illegittimità costituzionale rispetto agli artt. 3, 48 e 49 della Cost.. Infatti, una soglia di sbarramento così alta, non mitigata dall’introduzione di un c.d. diritto di tribuna, finirebbe per non dare alcun valore ai voti di milioni di elettori, che in tal modo non potrebbero concorrere con metodo democratico a determinare la politica italiana, ai sensi dell’art.49 della Cost., con la conseguenza che la norma per superare lo scoglio dell’illegittimità costituzionale dovrebbe essere interpretata nel senso proposto dai ricorrenti, con la conseguente assegnazione dell’ultimo seggio attribuito con i resti nelle circoscrizioni III-Italia Centrale ovvero I-Italia Nord Occidentale e V-Italia Insulare.
Concludono con la richiesta di annullamento in parte qua dei provvedimenti impugnati e la proclamazione del candidato Oliviero Diliberto in sostituzione del candidato C M, ovvero del candidato Oreste Rossi, detto Tino ovvero del candidato G U.
Hanno proposto analoghi atti di intervento ad opponendum l’avv. Sonia Viale, elettrice candidata nella Lista Lega Nord alle predette elezioni europee, nonché l’Associazione politica “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”;in particolare, la prima ha rappresentato di aver proposto parallelo gravame a questo Tribunale avverso gli atti con cui l’Ufficio Elettorale Nazionale ha attribuito il seggio spettante alla lista “Lega Nord” nella circoscrizione III Italia Centrale al candidato Morganti, secondo non eletto della Lista, proclamandolo eletto, per effetto dell’esercizio di opzione del candidato B. Tale circostanza avrebbe impedito alla ricorrente di potere confidare nell’esercizio del diritto di opzione per l’elezione nella Circoscrizione III da parte del candidato B, collocandosi in posizione utile per essere eletta in surrogazione nella Circoscrizione I, nella quale ella in seguito alla rinuncia del candidato B, era risultata prima dei non eletti, ovvero di poter beneficiare in caso di inerzia del candidato B rispetto all’esercizio dell’opzione, dell’eventuale sorteggio favorevole previsto dall’art.41, primo comma, secondo periodo della legge n. 18 del 1979. Gli intervenienti inoltre nel replicare agli asseriti profili di incostituzionalità sollevati,hanno evidenziato che l’introduzione della clausola di sbarramento non rappresenterebbe una scelta irragionevole, in quanto volta a rafforzare la stabilità delle maggioranze parlamentari e del potere esecutivo evitando eccessive frammentazioni.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno-Ufficio Elettorale Centrale eccependo il difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo, trattandosi di organo straordinario e temporaneo che si scioglie subito dopo la proclamazione degli eletti esaurendo la propria funzione, mentre l’unica legittimata passiva è l’Amministrazione interessata.
Si è costituito in giudizio l’avv.G U, in proprio, per resistere al ricorso e ha controdedotto alle censure attoree eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione dei ricorrenti non avendo la lista di riferimento conseguito il 4 per cento dei voti validi e, pertanto, sarebbe stata correttamente esclusa dal riparto dei seggi. Lamenta il controinteressato che parte avversa sembrerebbe sovrapporre la nozione di quoziente elettorale nazionale con la nozione di soglia di sbarramento, mentre si tratterebbe di concetti giuridicamente e matematicamente distinti. Inoltre, il legislatore elettorale del 2009 non avrebbe inteso riconoscere alcun diritto di tribuna, ma pur introducendo la soglia dello sbarramento del 4 per cento avrebbe mantenuto invariata la norma di chiusura nella sua formulazione originaria, e cioè che costituiscono “resto” anche i voti delle liste che non hanno raggiunto almeno una volta il quoziente elettorale nazionale.
Con atto ritualmente notificato l’ “Italia dei Valori” è intervenuta in giudizio, sostenendo la legittimità della clausola dello sbarramento nella ripartizione dei seggi introdotta dalla legge n. 10 del 2009 e ha concluso per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza collegiale n. 1629/2009, questo Collegio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 Legge n. 18 del 1979, con riferimento agli artt. 1, 3, 11, 48, 49 e 51 della Costituzione.
La questione è stata prospettata sui seguenti presupposti (in sintesi):
- l’applicazione dell’art.21 della Legge n. 18/79 nel testo sostituito dalla legge n. 10 del 2009 darebbe luogo ad effetti distorsivi della iniziale ripartizione dei seggi tra i previsti collegi territoriali, in quanto - pur mantenendo la suddivisione del territorio nazionale in più collegi territoriali - essa richiede il raggiungimento da parte di ciascuna lista di un rigido quorum minimo complessivo nazionale, per poi ripartire i seggi nuovamente su base territoriale, in relazione però alla cifra elettorale nazionale dei soli partiti che hanno superato la soglia di sbarramento. A questi ultimi vengono attribuiti - in sede di computo dei resti eccedenti il quorum elettorale intero, con riferimento a ciascun collegio territoriale - ulteriori europarlamentari sulla base di cifre elettorali più modeste rispetto a quelle riportate dalle liste che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4 % (escluse dalla norma anche dal predetto riparto dei resti);
- inoltre, la soglia rigida di sbarramento nazionale di cui al citato art.21 della Legge n. 18/79, estesa alla ripartizione (prevista invece su base territoriale) dei resti eccedenti i quorum elettorali “interi”, nega il c.d. “diritto di tribuna” di una consistente parte dell’elettorato, negando l’accesso al rimborso delle spese effettuate dai partiti che hanno partecipato con proprie liste alla competizione elettorale, ma che non hanno raggiunto il quorum, con evidente disparità di trattamento e violazione dell’art.49 della Cost.;
- le illustrate conseguenze derivanti dalla norma potrebbero ritenersi non giustificate dalle dichiarate finalità di rafforzamento della stabilità delle maggioranze parlamentari in favore di più ampie aggregazioni politiche in sede comunitaria, atteso che tali esigenze vengono già assicurate dalla esclusione delle liste minori dal meccanismo di ripartizione dei seggi fra le liste che hanno superato lo sbarramento del 4 %;ne consegue la violazione dei principi di cui agli artt. 1, 3, 48, 49, 51 Cost. nel presupposto che detti principi si applichino anche alle modalità di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, sia per il tramite degli artt. 10, 11 e 117 Cost, dal diritto europeo.
4. Con sentenza n. 271 del 2010, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la prospettata questione di legittimità costituzionale.
5. A seguito della rituale riassunzione del giudizio, la causa è stata nuovamente chiamata per la discussione all’udienza pubblica del 16 dicembre 2010 e le parti hanno depositato memorie conclusionali insistendo sulle rispettive posizioni.
All’odierna pubblica udienza il ricorso dopo la discussione è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione formulata dall’Amministrazione con riferimento al difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno-Ufficio elettorale nazionale. Al riguardo, questa Sezione ha già avuto modo di affermare (nella sentenza n.3530/2010):
- che nel procedimento elettorale europeo l’Ufficio Elettorale Nazionale rappresenta un organo di natura non temporanea, titolare dell’interesse di difesa della legittimità dei propri atti e dell’interesse statale all’esatta individuazione dei propri rappresentanti al Parlamento europeo;
- che, essendo indubbia la natura impugnatoria del giudizio elettorale (nell’ambito della competenza generale di legittimità del giudice amministrativo), non può prescindersi ad avvisare una parte pubblica necessaria da intimare nel giudizio stesso ed alla quale si riferisce la competizione elettorale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 maggio 1995, n. 763);
- che spetta all’Ufficio Elettorale Nazionale la legittimazione passiva nel giudizio di impugnazione dei risultati delle elezioni europee, in virtù della sua qualità di autorità che emana l’atto di proclamazione degli eletti (cfr. Tar Lazio, Roma, sez.I, 12 dicembre 1994, n. 1950);
- che nel giudizio elettorale ex art. 42 della L. 24 gennaio 1979, n. 18 il ricorso avverso l’atto di proclamazione degli eletti in qualità di rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo deve essere necessariamente notificato all’Ufficio Elettorale Nazionale presso la Corte di cassazione, il quale ha emanato l’atto impugnato (onere testualmente previsto dal terzo e quarto comma del citato art. 42);al punto che la mancata originaria notifica alla parte pubblica non potrebbe neppure essere sanata attraverso l’integrazione del contraddittorio (cfr. Tar Lazio, Roma, sez.II bis, 26 giugno 2007, n. 5764).
2. L’esame del merito del ricorso postula innanzitutto la considerazione delle argomentazioni con le quali la adita Corte costituzionale, con la predetta sentenza n. 271 del 2010, ha dichiarato inammissibile la questione sottopostale da questo Tribunale.
3. Al riguardo, in relazione alla censurata illegittimità dell’art. 21, comma 1, n. 2 della Legge n. 18 del 1979 nella parte in cui non prevede che si considerino resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%, negando, in tal modo, a tali liste il c.d. «diritto di tribuna», occorre richiamare quanto affermato dalla Corte costituzionale nella citata decisione:
- in particolare, la Corte ha ritenuto inammissibile la questione rilevandone la contraddittorietà della prospettazione, in quanto il Collegio rimettente, infatti, da un lato, giudica manifestamente infondata una ipotetica questione di legittimità costituzionale riferita alla introduzione della soglia di sbarramento, per effetto della quale le liste che non raggiungono il 4% dei voti validi sono escluse dal riparto dei seggi;dall’altro lato, censura la disciplina relativa all’attribuzione dei seggi in base ai resti in quanto, in applicazione della previsione della soglia di sbarramento, essa esclude da tale attribuzione le liste che non l’abbiano superata. Di qui la contraddizione: se la soglia di sbarramento è legittima – come il giudice rimettente riconosce – allora non può censurarsi la conseguente scelta del legislatore di escludere dall’attribuzione dei seggi in base ai resti le liste che non l’abbiano superata;se, invece, la disciplina sul riparto dei seggi in base ai resti è illegittima, nella parte in cui esclude le liste che non abbiano superato la soglia di sbarramento – come il giudice rimettente lamenta – allora non può sostenersi che il legislatore possa legittimamente introdurre tale soglia;
- aggiunge altresì la Corte che in ogni caso, ove pure si ammettesse che una clausola di sbarramento, che estrometta del tutto dall’attribuzione dei seggi le liste sotto il 4% senza alcun correttivo, sia in contrasto con i parametri costituzionali indicati dal Collegio rimettente, va osservato che quest’ultimo domanda una pronuncia additiva. Il giudice a quo, infatti, ha chiesto alla Corte di introdurre un meccanismo diretto ad attenuare gli effetti della soglia di sbarramento, consistente nel concedere alle liste che non l’abbiano superata la possibilità di partecipare, con le rispettive cifre elettorali, alla aggiudicazione dei seggi distribuiti in base ai resti. Ma tale esigenza non ha una soluzione costituzionalmente obbligata, potendosi immaginare numerosi correttivi volti a temperare gli effetti della soglia di sbarramento, a partire dalla riduzione della soglia stessa. Ne deriva che la questione sollevata, sollecitando un intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, deve ritenersi inammissibile (fra le più recenti, sentenza n. 58 del 2010;ordinanze n. 59 e n. 22 del 2010).
4. In esito alla decisione della Corte, parte ricorrente insiste nel chiedere al Collegio una riconsiderazione della questione dell’interpretazione ed applicazione degli artt.21 della Legge n. 18 del 1979 e succ. mod. anche in relazione alle normative di fonte costituzionale e comunitaria sopra richiamate, con riproposizione di profili di illegittimità costituzionale della soglia di sbarramento del 4% .
A tale proposito occorre anzitutto rilevare che il Collegio già nell’ordinanza n. 1629 del 2009 ha riconosciuto la compatibilità con la Costituzione della clausola di sbarramento, introdotta nella norma in questione, in ragione anche della finalità della stessa, volta a evitare un’eccessiva frammentazione della rappresentanza parlamentare, escludendola per quelle forze politiche che non raggiungano la soglia determinata: finalità compatibile con la legge elettorale per il Parlamento nazionale nonché con quanto statuito nella Decisione 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002, 2002/772/CE, Euratom (modifiche alla Decisione del Consiglio 76/787 CECA-CEE-EURATOM), che ha riconosciuto la possibilità ai Paesi membri di introdurre una soglia minima di sbarramento per l’attribuzione dei seggi, entro il limite del 5% dei suffragi validamente espressi, senza prevedere alcun tipo di correttivo a beneficio delle forze politiche che non la raggiungano.
Ed invero, l’introduzione di tale quorum trova quindi giustificazione anche in ambiti come quelli del Parlamento europeo dove tali sbarramenti non sono volti sicuramente ad accrescere la stabilità di quegli organi esecutivi nei quali sussiste un rapporto fiduciario alle assemblee elettive;infatti, in tale Parlamento non sussiste detto rapporto e le maggioranze sono volte a formarsi sulla base di forme aggregative anche trasversali rispetto alle “rappresentanze” politiche dei vari Paesi membri.
D’altra parte, la scelta dell’introduzione dell’opzione è rimessa alla discrezionalità politica del legislatore, come dimostrato dalla predetta fonte comunitaria (Atto di Bruxelles a seguito della decisione del Consiglio 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002);discrezionalità da esercitarsi entro i limiti della ragionevolezza, fissando un “quorum” per l’attribuzione dei seggi in un sistema elettorale legato comunque a criteri di proporzionalità politica della rappresentanza.
5. Per quanto attiene alla possibilità, prospettata con il primo motivo di ricorso, di attribuire al primo comma, n. 2, del citato art. 21 il significato invocato dai ricorrenti, nel senso che il legislatore avrebbe previsto un vero e proprio "diritto di tribuna", consentendo anche alle liste escluse dalla soglia di sbarramento di partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti, occorre ribadire che non bisogna confondere il concetto di “cifra elettorale nazionale” (presupposto previsto, nel minimo del 4%, per l'ammissione al riparto dei seggi) con quello di “quoziente elettorale nazionale” (frutto di un’elaborazione matematica per l’assegnazione in concreto dei seggi).
Ne consegue che il riferimento della norma al mancato raggiungimento del quoziente elettorale nazionale non può essere esteso al mancato raggiungimento del “quorum ” elettorale nazionale del 4% da parte di una lista: non sembra infatti possibile assimilare i risultati delle liste che in ipotesi non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale intero nel meccanismo di ripartizione dei seggi, da un lato, a quelli delle liste che non hanno affatto partecipato all'attribuzione dei seggi, in quanto non hanno raggiunto il quorum minimo del 4% dei voti validi espressi, dall’altro.
Infatti, secondo l’inequivocabile lettera della legge, si ricorre ai maggiori resti per l'attribuzione eventuale dei seggi che non si siano potuti assegnare con i quozienti interi, ma senza con questo poter derogare alla esplicita previsione normativa dello sbarramento del 4 %: nel senso che partecipano all'assegnazione con i resti solo quei partiti o gruppi che, pur avendo superato il 4%, non abbiano eventualmente raggiunto un quoziente elettorale intero, ovvero abbiano i maggiori resti tra i voti riportati dai partiti ammessi all’assegnazione dei seggi per aver superato il 4%.
La lettura testuale della norma è confermata dalla oggettiva “ratio legis”, atteso che la clausola invocata dai ricorrenti era già presente nel testo della legge elettorale prima dell’introduzione della soglia del 4%, ed è ora stata mantenuta, nella complessiva riformulazione dell’articolo interamente novellato, presumibilmente per le stesse ragioni che a suo tempo portarono alla sua introduzione come norma di chiusura del sistema (coerentemente con il carattere generale e astratto della legge, rivolta in ipotesi anche alle possibili - pur se improbabili - evenienze del futuro);mentre nessun indizio sembra consentire di attribuirle una nuova e ulteriore funzione di correttivo degli effetti del previsto sbarramento, a fronte del chiaro tenore testuale della disposizione che - nel testo ora sostituito - limita la ripartizione dei seggi alle liste che abbiano superato la soglia del 4%.
6. Il secondo motivo di ricorso tende a ribadire sotto altri e complementari profili, segnatamente di rilievo costituzionale (artt. 3, 48, 49, 51 Cost.) la necessità di un’interpretazione nel senso auspicato dai ricorrenti, richiamando
- l’effetto distorto dell’introduzione della soglia di accesso che avrebbe come conseguenza indiretta la manifesta violazione del principio di proporzionalità , di cui alla Decisione del Consiglio del 20 settembre 1976 e di conseguenza dell’art. 11 della Cost., in virtù del quale si garantisce una “guarentigia costituzionale” alla normatività delle fonti europee;
- l’esigenza di evitare arbitrarie e irragionevoli limitazioni alla partecipazione dei partiti politici, nonché esiti contrari al principio di eguaglianza del voto e nel concorso alle cariche elettive.
7. Le censure sono infondate. In primo luogo, la Corte costituzionale nella sentenza n. 271 del 2010 afferma chiaramente che i profili di incostituzionalità di cui si discute richiederebbero un intervento non di eliminazione delle disposizioni che si assumono costituzionalmente illegittime, ma di sostituzione del legislatore in una materia nella quale al medesimo legislatore spetta un’ampia possibilità di scelta in ordine alla soluzione preferibile, non essendoci al riguardo un’opzione costituzionalmente obbligata. Attesa la riconosciuta compatibilità con la Costituzione della clausola di sbarramento, deve ritenersi che l’attribuzione di seggi non assegnati alle sole liste che hanno superato la soglia del 4 % costituisca attuazione della stessa, in quanto - come precisa la Corte cost. nella più volte citata sent. n.271 del 2010 - sarebbe contraddittorio sostenere il contrario. Tale affermazione induce a considerare che l’attuazione della logica della clausola di sbarramento sarebbe pregiudicata ove si consentisse anche alle liste minori di concorrere in qualche modo all’assegnazione di alcuni seggi.
In assenza di una declaratoria di incostituzionalità, la disposizione controversa va quindi applicata nel senso sopra enunciato;né appare possibile risolvere la questione in via meramente interpretativa.
Neppure può procedersi, d’altra parte, alla disapplicazione della disposizione, in quanto il parametro comunitario non presenta un grado di univocità tale da consentire questa operazione.
Né appare corretto porre sullo stesso piano il problema del riconoscimento di altri problemi tecnici della legislazione settoriale, con quello relativo alla tutela generalizzata - tramite il cd. “diritto di tribuna” - delle liste non ammesse all’attribuzione dei seggi (in disparte il rilievo che il meccanismo elettorale in questione si basa su un collegio unico nazionale).
7. Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.
La peculiarità della materia trattata giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.