TAR Perugia, sez. I, sentenza 2009-07-23, n. 200900439

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2009-07-23, n. 200900439
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 200900439
Data del deposito : 23 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00039/2009 REG.RIC.

N. 00439/2009 REG.SEN.

N. 00039/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 39 del 2009, proposto da:
Azienda Agrituristica Agricola il Toppo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. G Z, presso il quale è elettivamente domiciliata in Perugia, via delle Prome, 5;

contro

Provincia di Perugia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. M M, presso il quale è elettivamente domiciliata in Perugia, piazza Italia, 11;

per l'accertamento

del silenzio serbato dalla Provincia di Perugia sull’istanza della società ricorrente volta alla costituzione di un’azienda agrituristico-venatoria, anche previo annullamento, occorrendo, della delibera n. 190 del 31 marzo 2003 emessa dalla Giunta Provinciale di Perugia.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Perugia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22/04/2009 il dott. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente, premesso di avere presentato, nel 2 dicembre 2005, alla Provincia di Perugia istanza di concessione per la costituzione di azienda agrituristica-venatoria in località Toppo S. Agnese, La Valle, Castro, Le Rogaie, ricadenti nei Comuni di Città di Castello e di Monte Santa Maria Tiberina, ai sensi dell’art. 12 del regolamento regionale 9 agosto 1995, n. 35, espone, perdurando l’inerzia dell’Amministrazione, di averla diffidata a provvedere con atto notificato in data 3 dicembre 2008.

Allega che con nota prot. n. U-0479937 del 24 dicembre 2008 l’Amministrazione provinciale ha rappresentato di avere disposto, con deliberazione n. 190 del 31 marzo 2003, la sospensione del rilascio di tutte le autorizzazioni e concessioni che possano pregiudicare il raggiungimento delle finalità prescritte dall’art. 13, comma 3, della L.R. n. 14 del 1994 (a norma del quale almeno il 60% della superficie agro-silvo-pastorale provinciale deve essere destinato alla caccia programmata) in attesa dell’approvazione dei piani faunistici regionali e provinciali;
conseguentemente anche l’esame della domanda della società ricorrente è stato sospeso.

Con il presente ricorso chiede l’accertamento dell’illegittimità del silenzio formatosi sulla propria istanza.

2. Si è costituita in giudizio la Provincia di Perugia, eccependo l’inammissibilità del ricorso per inesistenza dei presupposti, essendo sull’istanza della ricorrente intervenuto un primo provvedimento in data 9 dicembre 2005, non fatto oggetto di gravame, e poi il provvedimento del 24 dicembre 2008 confermativo della sospensione dell’esame della domanda sino alla data di approvazione dei piani faunistici regionali e provinciali, anch’esso non impugnato.

Nella camera di consiglio del 22 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Va premesso che è evidente l’inammissibilità, anche a tacere di ogni altro profilo, della cumulativa azione di impugnazione della delibera n. 190 n data 31 marzo 2003 della Giunta provinciale proposta in questa sede, trattandosi di azioni distinte, aventi diverso oggetto e per le quali l’ordinamento ha predisposto differenti riti processuali, fra loro incompatibili (tra le tante, T.A.R. Lazio, Sez. I, 4 gennaio 2008, n. 45).

5. Si può poi prescindere dalla mancata impugnativa della nota della Provincia di Perugia in data 9 dicembre 2005, concernente la prima “sospensione” dell’esame dell’istanza di costituzione di azienda agrituristica, che parte ricorrente, con le note difensive del 26 marzo 2009, dichiara di non avere ricevuto.

Nondimeno, è indubbio che il presente ricorso, esperito ai sensi dell’art. 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, non ha ad oggetto neppure la nota prot. U-0479937 del 24 dicembre 2008, contenutisticamente confermativa della precedente suindicata.

A questa nota più recente viene fatto, anzi, riferimento come espressiva di un contegno confessorio dell’inerzia serbata dall’Amministrazione, la quale non ha provveduto sull’interesse pretensivo azionato con la domanda amministrativa.

Tale prospettazione non appare al Collegio condivisibile.

E’ noto che il silenzio rifiuto è configurabile allorché, a fronte della formale richiesta di un provvedimento da parte di un soggetto privato, l’Amministrazione, sussistendone l’obbligo, ometta di provvedere nei termini normativamente stabiliti.

Nel caso di specie la Provincia di Perugia ha adottato un atto che, richiamando la deliberazione di Giunta n. 190 del 31 marzo 2003, ed invocando la norma dell’art. 42, comma 6, della L.R. 17 maggio 1994, n. 14, ha comunicato che “l’esame della domanda è sospeso fino a quando non verranno approvati i … piani faunistici”.

Con tale atto l’Amministrazione non ha certamente provveduto sulla pretesa sostanziale fatta valere dalla società odierna ricorrente, ma ha adottato un atto soprassessorio, che trae il proprio fondamento dalla già richiamata norma transitoria dell’art. 42 della L.R. n. 14 del 1994, secondo cui «nelle more dell’adeguamento dei piani faunistici regionali e provinciali, al fine di non precostituire situazioni in contrasto con le finalità della presente legge, le Province possono adottare idonei provvedimenti inerenti il rinnovo o il rilascio di autorizzazioni di istituti pubblici o privati».

6. Occorre dunque chiedersi se tale atto sia idoneo a superare il contegno inadempitivo dell’obbligo di provvedere, che è il presupposto stesso del silenzio.

A questo riguardo, va ricordato come, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, l’atto soprassessorio non è impugnabile solo se ha natura meramente interlocutoria, e dunque sia inidoneo a manifestare la volontà dell’Amministrazione.

Al contrario, ove detto atto determini un’interruzione del procedimento, assume un contenuto sostanzialmente reiettivo dell’istanza del privato;
ed infatti, rinviando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo ad un accadimento futuro ed incerto nel quando (quale è, nel caso di specie, l’approvazione dei nuovi piani faunistici regionale e provinciali), determina un arresto a tempo indeterminato del procedimento amministrativo, con immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell’interessato (in termini T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 23 luglio 2008, n. 7250;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 9 novembre 2005, n. 3968;
T.A.R. Liguria, Sez. I, 28 giugno 2007, n. 1259).

Ne consegue che un siffatto atto, superando il silenzio rifiuto, doveva essere impugnato, risultando logicamente e giuridicamente incompatibile con un’azione di accertamento, quale è quella delineata dall’art. 21-bis della c.d. legge T.A.R..

7. Peraltro, anche a prescindere da tale preclusione processuale, resta il fatto che il motivo addotto dalla Provincia per sospendere la sua pronuncia (necessità di attendere la formazione dei piani faunistici) non è stato contestato, né in via diretta con un apposito ricorso, né (supposto che ciò fosse possibile) incidenter tantum nell’àmbito del presente giudizio.

Si deve dunque ritenere appurato che, in mancanza dei nuovi piani faunistici, la Provincia non è tenuta a rilasciare le autorizzazioni in parola, e che anche volendo non potrebbe farlo.

8. Per completezza di analisi, occorre considerare una seconda possibile, ed alternativa, chiave di lettura del ricorso e del procedimento di costituzione in mora dell’Amministrazione, intendendoli come finalizzati ad ottenere l’adozione di un nuovo piano faunistico.

Ed invero si potrebbe ipotizzare un’interpretazione estensiva dell’originaria istanza e della diffida, intendendole come rivolte a sollecitare non solo il provvedimento terminale (autorizzazione dell’azienda faunistico-venatoria) ma anche tutti gli atti comunque presupposti, inclusi quelli generali e di pianificazione, in quanto indispensabili al soddisfacimento del suo interesse legittimo pretensivo;
in questa prospettiva, non si potrebbe fare a meno di ravvisare una perdurante inerzia dell’Amministrazione, dimostrata dal fatto che l’ultimo piano faunistico regionale, risalendo al 1996, è scaduto nel 2001, avendo un periodo di vigenza quinquennale.

Tuttavia, dato e non concesso che la domanda si possa interpretare in senso così esteso (fino ad includervi provvedimenti generali e di pianificazione in realtà non menzionati dal ricorrente), non si potrebbe comunque giungere ad un risultato utile.

Ed invero, il primo e fondamentale atto di pianificazione, la cui mancanza impedisce allo stato la formazione del piano faunistico provinciale, e, di riflesso, il rilascio dell’autorizzazione richiesta dal ricorrente, è il piano faunistico regionale: un atto, cioè, della Regione, la quale peraltro non è stata evocata in giudizio e nei cui confronti non sono state proposte domande.

Perciò, anche volendo supporre che il ricorso sia diretto a provocare la dichiarazione dell’obbligo di provvedere (art. 21-bis, legge n. 1034/1971) anche con riferimento ai piani faunistici regionale e provinciale, il ricorso stesso sarebbe comunque – per questa parte – inammissibile siccome non notificato (anche) alla Regione.

9. La declaratoria di inammissibilità del ricorso consente, sussistendone giusti motivi, la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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