TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-02, n. 202401596

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2024-05-02, n. 202401596
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401596
Data del deposito : 2 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2024

N. 01596/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01456/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1456 del 2020, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F T e C V, con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC segreteria@pec.tedeschinilex.it e avv.claudiovinci@pec.it;

contro

Ministero dell'Interno, Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Enna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento previa adozione di idonee misure cautelari ex art. 56 e 55 c.p.a.

del provvedimento della Prefettura di Enna - Area 1 -OMISSIS- del 20/07/2020, notificato il 21/07/2020 con cui è stata revocata (con effetto dal 90º giorno successivo alla notifica del medesimo) la licenza per esercitare l’attività di vigilanza privata nella stessa provincia a -OMISSIS- nella qualità di legale rappresentante dell’istituto di vigilanza privata -OMISSIS- SRL, con sede in via -OMISSIS- 94015 Piazza Armerina (EN) licenza da ultimo rinnovata con decreto -OMISSIS- e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente ivi compreso l’avvio del procedimento di revoca di cui alla nota -OMISSIS- del 25/06/2020.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Enna;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell’arretrato del giorno 19 febbraio 2024, svoltasi con le modalità di cui all’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. (novellato dall’art. 17, comma 7, lett. a), n. 6, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113), il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato e depositato in data 19 ottobre 2020 -OMISSIS- S.r.l. ha rappresentato quanto segue.

La Prefettura di Enna con nota -OMISSIS- del 25 giugno 2020 ha comunicato l’avvio di procedimento di revoca della licenza - rinnovata in data 19 febbraio 2019 - per l’esercizio dell’attività di vigilanza privata ex art. 134 TULPS, per gravi e reiterate violazioni delle disposizioni di leggi e regolamentari.

La società ricorrente ha avanzato istanza di accesso agli atti del procedimento e, all’esito, ha presentato osservazioni.

In particolare, con riferimento alla nota della Questura prot. -OMISSIS- del 22 maggio 2020 in cui si rilevava il numero inferiore dell’organico del personale rispetto al prescritto numero minimo di sei guardie giurate, la società ricorrente ha ricordato di avere ricevuto due note da parte della Prefettura di Caltanissetta di archiviazione delle richieste per il rilascio del decreto e porto pistola e dei titoli di g.p.g. ai sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-, conseguente alla revoca della licenza prefettizia nei confronti dei medesimi;
ne sarebbe dovuto conseguire l’insussistenza del fatto assunto in tale contestazione.

La stessa Prefettura di Enna, del resto, aveva ipotizzato che l’atto posto in essere dalla Prefettura di Caltanissetta non fosse legittimo, inducendo quindi ad un vero e proprio legittimo affidamento circa la possibilità di proseguire nell’attività, in quanto anche secondo l’opinione anticipata dalla stessa Prefettura intimata, i procedimenti volti al rilascio dei decreti avrebbero dovuto essere soltanto sospesi sino alla definizione della questione principale o quanto meno all’avvio del procedimento di revoca della licenza.

Ciò nonostante, la Prefettura di Caltanissetta aveva ritenuto l’atto di archiviazione legittimo essendovi in corso una revoca di licenza, ingenerando nella società ricorrente un legittimo affidamento circa la possibilità di continuare l’attività;
questa, per l’esponente, è stata la ragione, non imputabile alla -OMISSIS- S.r.l., della rilevata carenza di organico minimo, tanto che, a fine febbraio l’Istituto ha richiesto la voltura dei titoli alla Prefettura di Catania per due g.p.g., concessa in data 22 aprile 2020.

Ulteriore richiesta di rilascio decreto e porto pistola è stata presentata alla Prefettura di -OMISSIS- per una g.p.g., che in data 4 marzo 2020 è stata regolarmente rilasciata, senza nessuna obiezione.

In ogni caso si è svolta un’audizione in data 17 luglio 2020, nella quale si dava per confermato il contenuto della nota del giorno precedente ad eccezione della posizione di uno degli esponenti (-OMISSIS-).

A seguito della nota della società ricorrente nella quale sono stati contestati gli addebiti formulati dall’Amministrazione, la Prefettura di Enna ha emesso il provvedimento impugnato, senza confutare le osservazioni della società ricorrente.

1.1. Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Enna, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile ed infondato.

1.2. Con ordinanza 17 novembre 2020, n. 778 è stata respinta la domanda cautelare.

1.3. Con deposito del 21 novembre 2020 i difensori della deducente, avvocati F T e C V, hanno documentato la rinuncia al mandato difensivo datata 19 novembre 2020, rinuncia trasmessa in pari data a mezzo PEC alla società ricorrente.

1.4. All’udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell’arretrato del giorno 19 febbraio 2024, presente il difensore della società ricorrente, avvocato C V, come da verbale, dopo la discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare occorre osservare che nel processo amministrativo la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato difensore, non seguita dalla nomina di un nuovo avvocato, non ha effetto interruttivo ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 301, comma 3, cod. proc. civ. e 79 cod. proc. amm. - giacché in ossequio al principio della perpetuatio dell’ufficio defensionale, consacrato negli artt. 85 e 301 cod. proc. civ. - il difensore rinunciante, fino alla sua sostituzione, conserva lo ius postulandi con riguardo al processo in corso, sia per quanto riguarda la legittimazione a ricevere gli atti nell’interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere atti nell’interesse di quest’ultimo (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2023, n. 8402;
Cons. Stato, sez. III, 22 dicembre 2022, n. 11225).

2. La società ricorrente ha affidato il gravame ai seguenti motivi (in sintesi):

(1) con il primo ha dedotto i vizi di Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5, 6, 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 134 e ss. del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.) eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza ed illogicità della motivazione, nonché ingiustizia manifesta .

In via preliminare, la società ricorrente ha chiesto al Tribunale adito di trasmettere gli atti alla competente Autorità giudiziaria laddove le dichiarazioni (che hanno provocato il procedimento ispettivo-sanzionatorio) rese da terzi in tale vicenda fossero ispirate dalla finalità di ottenere un qualche vantaggio.

La deducente ha poi contestato ogni addebito, denunciandone l’insufficiente accertamento in sede ispettiva-sanzionatoria, richiedendo l’adozione di una ordinanza istruttoria per chiarire ogni aspetto della vicenda, nel rispetto delle garanzie di contraddittorio e di legittimità dell’attività ispettiva sinora carenti.

Per la deducente, inoltre, quanto al rilievo del Centro per l’impiego, la ditta -OMISSIS- aveva richiesto alla ricorrente un servizio non armato di controllo afflusso e deflusso, per il quale il consulente del lavoro dell’esponente aveva utilizzato il codice Istat generico di “buttafuori”, che non poteva giustificare e/o fondare la contestata violazione della normativa di cui all’art. 3, commi da 7 a 11, della L. 94/2009, dato che si trattava di personale addetto al controllo del passaggio di persone.

Lo stesso è a dirsi, secondo l’esponente, con riferimento alla nota della Questura -OMISSIS- del 29 ottobre 2019, relativa al servizio svolto presso la miniera Bosco in San Cataldo, avendo la società ricorrente comunicato in data 5 aprile 2018, a mezzo PEC, alla Regione - Dipartimento Rifiuti, che il servizio sarebbe stato svolto da propri operatori, indicando dettagliatamente il nome di ciascuno;
l’Istituto ricorrente argomenta che si trovava in attesa di rinnovo di licenza e, pertanto, solo quando la Prefettura ha provveduto al rilascio della licenza in prima proroga, sono state rilasciate tutte le richieste di autorizzazione o rinnovo nei confronti delle guardie particolari giurate;
del resto, il personale impiegato nella miniera Bosco che si trovava in attesa di voltura, aveva ricevuto regolare busta paga come g.p.g., svolgendo solo turni diurni e non notturni.

La società ricorrente lamenta che le sopra indicate contestazioni sono state recepite acriticamente nel provvedimento impugnato, ciò che valorizza l’ineludibile esigenza di accertare con una istruttoria imparziale ed approfondita le circostanze di fatto addotte dagli esponenti;

(2) con il secondo ha dedotto i vizi di Violazione dell’art. 136 del T.U.L.P.S. e del Vademecum operativo del Ministero dell’interno (Ufficio per gli Affari della Polizia Amministrativa e Sociale - Circolare n. 557/PAS/U/004935/10089, Disposizioni operative per l’attuazione del Decreto Ministeriale 1.12.2010, n.269 in materia di capacità tecnica e qualità dei servizi degli istituti di vigilanza ed investigazione privata);
eccesso di potere per insufficienza ed illogicità della motivazione
.

La società ricorrente, dopo aver richiamato l’art. 136, ultimo comma, T.U.L.P.S. e la circolare citata in rubrica, sostiene che il Prefetto di Enna avrebbe dovuto concedere un termine affinché l’incolpata società fosse messa in grado di porre rimedio alle presunte mancanze ed addebiti contestati;
aggiunge la deducente che se avesse avuto modo di risanare la propria posizione in un termine perentorio, il contenuto dispositivo dell’atto avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato.

Inoltre, secondo l’esponente, i fatti - palesemente travisati - hanno condotto l’amministrazione all’adozione di un atto abnorme, cioè non conforme a legge e viziato di eccesso di potere.

Per l’esponente, inoltre, il provvedimento dilaziona l’inizio dei suoi effetti allo scadere del 90º giorno, ma allo stesso tempo trascura quanto imposto dalla citata circolare, e dal buon senso, non avendo richiesto all’Istituto di vigilanza di porre rimedio, entro un termine ragionevole, alle criticità contestate (criterio codificato nella citata circolare e prassi costante ed indefettibile in casi del genere).

Peraltro, conclude la deducente, l’art. 136 cit. restringe l’ipotesi di revoca alle questioni di ordine pubblico, che qui non sussistono;

(3) con il terzo ha dedotto i vizi di Violazione del principio del contraddittorio e della corrispondenza tra contestazione degli addebiti e presupposti per la sanzione irrogata;
eccesso di potere per falsità di presupposti e motivazione insufficiente
.

Per la società ricorrente, se si confronta la contestazione degli addebiti alla quale si è prontamente risposto, ed il provvedimento impugnato, in particolare i punti indicati nelle pagine 5, 6, 7, si potrà notare che in questi ultimi capoversi sono addotte circostanze, fatti, elementi in genere che non erano stati in alcun modo non solo contestati ma neppure ricordati nelle contestazioni precedenti.

Per il c.d. principio della immutabilità della contestazione, deve esserci coincidenza tra le informazioni e le circostanze contenute nella contestazione e quelle incluse nel successivo provvedimento disciplinare.

Evidenza l’esponente che, tra l’altro, viene fatto riferimento ad una generica mancanza di “buona condotta” riconducibile ad un procedimento penale ex art. 640 bis cod. pen. a carico del legale rappresentante (reato che sarebbe stato commesso nell’esercizio delle funzioni di titolare), senza che sia intervenuta condanna (il certificato carichi pendenti dell’interessato è negativo);
inoltre, il Prefetto dimostra di essere a conoscenza degli atti di questo procedimento penale, atti sconosciuti alla stessa parte ricorrente, elemento che fa sospettare la mancanza di lealtà e trasparenza, dato che si è addotto un elemento sconosciuto e probabilmente ideato ad arte da qualche concorrente, per eliminare dal mercato degli appalti di servizi di vigilanza un concorrente importante.

Anche a questo proposito la società ricorrente ha chiesto al Tribunale adito di voler fare rapporto all’autorità giudiziaria nel caso ritenga insussistente il rilievo oppure, in alternativa, di voler accertare di quale fatto si tratti nel procedimento penale;

(4) con il quarto ha dedotto i vizi di Eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento nonché falsità e/o inesistenza dei presupposti. Violazione dell’art. 3 della L.241 del 1990 cit. .

La parte ricorrente ha argomentato quanto segue:

- quanto alla contestazione di cui alla nota della Questura -OMISSIS-, le iscrizioni agli istituti previdenziali delle guardie particolari giurate sono state eseguite e ritualmente comunicate agli Enti previdenziali;

- gli errori, oltretutto marginali, circa le ore svolte dal personale, come comunicate di volta in volta alla Questura, sono stati immediatamente rettificati;

- quanto al ritardato pagamento della sanzione, la società ricorrente non è stata ammessa alla rateizzazione, nonostante vi fossero tutti i presupposti, dato che la causa di tale evenienza erano semplicemente i consueti ritardi nei pagamenti da parte delle committenti;
oltretutto i DURC sono stati regolari, tant’è vero che il personale impiegato è sempre risultato in regola come comunicato al Centro per l’impiego (sul punto la società ricorrente si è soffermata: sul caso della g.p.g. -OMISSIS-, assunto regolarmente in data 1 dicembre 2017, con trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato in data 1 febbraio 2019;
sulla erronea contestazione della mancata comunicazione dei dipendenti -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, non trattandosi di g.p.g.;
sulle dichiarazioni rese da quattro ex g.p.g. – sig.ri -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- - che potrebbero essere ascritte ad una volontà di provocare una crisi d’impresa, garantendosi la prosecuzione del rapporto di lavoro;
sul sig. -OMISSIS-, che ha ricevuto regolare divisa, ha ottenuto il saldo di tutte le mensilità, ha più volte sottolineato l’assenza di motivi per rassegnare le dimissioni, nonché sulla pertinente esercitazione al poligono di tiro;
sui servizi, che venivano comunicati tramite foglio di servizio con la firma di avvenuta consegna dello stesso alla g.p.g.;
sul sig. -OMISSIS-, che nelle more del rilascio dei documenti avrebbe potuto prestare servizio in abiti civili e in pettorina (con i loghi e la denominazione dell’Istituto) e che dopo aver presentato diversi certificati di malattia decise di dimettersi per giusta causa nonché sui pagamenti ricevuti dallo stesso;
sulla circostanza che i servizi per le g.p.g. mai sono stati redatti dal sig. -OMISSIS-;
sul sig. -OMISSIS-, anch’egli in possesso della divisa recante i loghi della -OMISSIS- e sulle abitudini riconducibili ad esclusive esigenze personali e non di servizio dello stesso;
sulle ripetute mancanze di carburante dell’auto di servizio;
sui mancati collegamenti via radio con la centrale operativa e sulla pericolosità dei siti nei quali si svolgeva il servizio, mai dichiarata da alcuna autorità preposta a tale competenza;
sulle ampiamente contestate dichiarazioni del -OMISSIS-);

- le irregolarità contestate sono inesistenti e in ogni caso sanate prima della contestazione;
inoltre, l’irrogazione di un’eventuale sanzione si collocherebbe a distanza temporale di svariati mesi dalla detta sanatoria;
ed ancora, la circolare ministeriale sopra citata richiama l’attenzione sulla circostanza che le eventuali iniziative tendenti alla sospensione od alla revoca delle licenze già rilasciate, devono essere necessariamente precedute dalla comunicazione di avvio del procedimento;

- quanto alla gradualità delle sanzioni, il provvedimento di revoca della licenza non è proporzionato alle contestazioni, considerato che l’Istituto ha chiarito fatti e circostanze oggetto di contestazione e ha posto in essere ed immediatamente tutti gli adempimenti necessari per sanare le irregolarità contestate degli enti preposti ai controlli.

3. L’Amministrazione resistente ha contrastato le domande proposte dalla deducente.

4. Il ricorso non può essere accolto.

4.1. In via preliminare occorre osservare che il provvedimento (di revoca) avversato è stato assunto ai sensi dell’art. 257- quater del Regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (cfr. pag. 8 del provvedimento impugnato) in base al quale:

- “ Le licenze già rilasciate sono revocate quando vengono a mancare i requisiti richiesti per il loro rilascio e sono revocate o sospese per gravi violazioni delle disposizioni che regolano le attività assentite o delle prescrizioni imposte nel pubblico interesse, compreso l'impiego di personale privo dei requisiti prescritti e, in ogni caso, di quelli indicati dall'articolo 11 della legge, ovvero per altri motivi di ordine e sicurezza pubblica ” (comma 2);

- “ Le licenze sono altresì revocate o sospese quando è accertato: a) il mancato rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali, nei confronti del personale dipendente;
b) la reiterata adozione di comportamenti o scelte, ivi comprese quelle attinenti al superamento dei limiti della durata giornaliera del servizio o ad altre gravi inadempienze all'integrale rispetto della contrattazione nazionale e territoriale della vigilanza privata, che incidono sulla sicurezza delle guardie particolari o sulla qualità dei servizi resi in rapporto alla dotazione di apparecchiature, mezzi, strumenti ed equipaggiamenti indispensabili per la sicurezza, alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, alle prescrizioni dell'autorità ed alle determinazioni del questore ai sensi del regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952 convertito dalla legge 19 marzo 1936, n. 508
” (comma 3);

- “ Le licenze sono altresì revocate trascorso il termine di cui al comma 2 dell'articolo 257 senza che siano state osservate integralmente le prescrizioni ivi previste ” (comma 4).

4.2. Quanto al primo motivo di ricorso, appaiono generiche le argomentazioni sviluppate dalla parte ricorrente in merito alle dichiarazioni di persone che dalla “ vicenda potrebbero persino ottenere un qualche vantaggio ”.

Inoltre, il provvedimento di revoca avversato risulta fondato su una pluralità di rilievi ed elementi critici diversi fra loro e su molteplici ed eterogenei riscontri, ciò che rende assai debole (oltre che contenutisticamente indeterminata) l’argomentazione difensiva volta ad ipotizzare il perseguimento di utilità personali da parte dei dichiaranti, se non addirittura la finalità di estromettere la società ricorrente dal mercato di riferimento.

Peraltro, dette genericità ed indeterminatezza impediscono al Tribunale adito l’esercizio dei poteri istruttori: ed invero, incombe sulla parte che agisce in giudizio indicare e provare specificamente i fatti posti a base delle pretese avanzate, in base al principio generale, applicabile anche al processo amministrativo, dagli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.;
la parte che agisce in giudizio, quindi, ha quanto meno l'onere di fornire gli indizi affinché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori, poiché l'applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo non può, comunque, mai trasformarsi in un’inversione dell'onere della prova o nella sostituzione del giudice amministrativo alla parte onerata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2023, n. 4596).

Inoltre, non appare adeguatamente censurata la contestazione relativa alla nota del Centro per l’Impiego di Enna, -OMISSIS- del 5 giugno 2020, essendosi evidenziata l’assunzione di sette addetti ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo (c.d. buttafuori), per i quali l’Istituto in questione non ha mai fornito comunicazione di impiego ai sensi dell’art. 3, commi 7-11, della legge 24 luglio 2009 n. 94 né ha richiesto un ampliamento dei servizi autorizzati con le procedure ex comma 5 dell’art. 257- ter del Regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

In particolare, non solo l’argomento difensivo incentrato sul semplice richiamo al codice ISTAT utilizzato (dal consulente del lavoro) non è in grado di infirmare le conclusioni raggiunte dall’Amministrazione resistente, ma la parte ricorrente si è sottratta alla dimostrazione dell’effettiva natura dell’attività (in questione) svolta.

Ed ancora, la parte ricorrente non ha superato il rilievo riguardante la difformità fra la data di inizio del servizio di vigilanza (presso la miniera “Bosco” in S. Cataldo) comunicata agli Uffici della Regione Sicilia (inizio in data 5 aprile 2018;
detta data risulta ribadita dalla società ricorrente a pag. 6 dell’atto introduttivo del giudizio) e quella comunicata alla Questura di Enna (inizio in data 13 agosto 2018), nonché l’ulteriore rilievo critico dell’impiego di dipendenti in servizio di vigilanza ancor prima del rilascio dei prescritti titoli di polizia.

Per quest’ultima vicenda, peraltro, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha formulato richiesta di rinvio a giudizio (26 ottobre 2020, proc. pen. nr. 9117/2019 r.g.n.r. mod. 21), per alcune fattispecie criminose (art. 640- bis cod. pen. in concorso, oltre che le ulteriori ipotesi correlate alla violazione delle prescrizioni della licenzia prefettizia, in concorso) ascritte al legale rappresentante pro tempore della società ricorrente, sig. -OMISSIS-, e all’amministratore di fatto della stessa compagine societaria, sig. -OMISSIS-.

4.3. Quanto al secondo motivo di ricorso, occorre premettere che in linea generale lo svolgimento dell’attività propria degli istituti di vigilanza/investigazione, pur concretando un esercizio di attività imprenditoriale privata, si colloca nella materia della polizia di sicurezza per gli evidenti riflessi che esercita sulla sicurezza e l’ordine pubblico;
inoltre, la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vigilanza privata si collega ad una più ampia nozione di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica;
in particolare, si ritiene estendibile a qualunque situazione di fatto tale da evidenziare una situazione di pregiudizio per i primari interessi coinvolti, nei sensi emergenti dall’impianto normativo di riferimento di cui all’art. 257- quater del Regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 e dell’art. 136 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (il cui ultimo comma prevede che l'autorizzazione può essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico).

Invero, come noto, l’Amministrazione è investita di ampi poteri discrezionali e l’estensione dei poteri valutativi si giustifica, da un lato, con la primarietà degli interessi pubblici coinvolti, dall’altro, con la considerazione che la vigilanza privata rappresenta una palese eccezione al principio secondo il quale la protezione di persone e beni risulta di stretta competenza dei Corpi di Polizia e ciò impone all’amministrazione di ponderare con particolare rigore ed estrema oculatezza la sussistenza dei presupposti non solo di rilascio dell’autorizzazione, ma anche di permanenza della licenza già rilasciata (cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 24 gennaio 2018, n. 52;
cfr. per una più recente applicazione T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 25 agosto 2023, n. 2566).

Ciò premesso, la critica formulata dalla deducente si rivela priva di base in quanto la riferita ipotesi di concessione di un lasso di tempo per consentire la regolarizzazione in funzione della sanatoria delle criticità emerse si correla all’ipotesi di sospensione (nella fattispecie non ricorrente) e non di revoca.

Inoltre, appare chiaro che non tutte le violazioni, mancanze e addebiti – tenuto conto, in particolare, della loro gravità e del complessivo quadro di riferimento – e, a maggior ragione la perdita dei necessari requisiti di legge, sono sempre e comunque suscettibili di regolarizzazione, previa concessione di un termine.

Sul punto appare utile ribadire che il provvedimento di revoca avversato - che risulta fondato su una articolata e nutrita serie di vicende, episodi, inadempimenti, violazioni e rilievi - risulta fondato sull’art. 257- quater del Regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, che tale fattispecie provvedimentale (revoca) espressamente contempla, a nulla rilevando che l’art. 136 evoca l’ipotesi di revoca dell'autorizzazione per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico.

4.4. Quanto al terzo motivo di ricorso, il Collegio rileva che la Prefettura di Enna resistente ha comunicato l’avvio del procedimento volto alla revoca della licenza per l’esercizio dell’attività di vigilanza privata, licenza rilasciata in data 19 febbraio 2019 all’Istituto -OMISSIS- S.r.l., con nota prot. uscita -OMISSIS- del 25 giugno 2020;
inoltre, va osservato che la stessa Prefettura ha proceduto, in data 17 luglio 2020, all’audizione dei sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Orbene, contrariamente a quanto lamentato dalla società ricorrente, le circostanze, i fatti e gli elementi riportati alle pagg.

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