TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-04-17, n. 200900665
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N. 00665/2009 REG.SEN.
N. 00635/2007 REG.RIC.
N. 00637/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 635 del 2007, proposto da:
Soc. Fintecna Immobiliare S.r.l., con sede in Roma, in persona del legale rappresentante p.t., avv. V C, rappresentata e difesa dall’avv. F G, con domicilio eletto presso Gerolamo Angotti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;
contro
- il Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
- il Comune di Piombino in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
Sul ricorso numero di registro generale 637 del 2007, proposto da:
Soc. Fintecna Immobiliare S.r.l., con sede in Roma, in persona del legale rappresentante p.t., avv. V C, rappresentata e difesa dall’avv. F G, con domicilio eletto presso Gerolamo Angotti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico N. 83;
contro
- il Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute, e la Conferenza dei Servizi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
- il Comune di Piombino in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 635 del 2007:
- del decreto direttoriale 3311/qdv del 7 febbraio 2007, ricevuto dalla Fintecna immobiliare s.r.l. in data 16 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter, 1.7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni conclusive delle Conferenze di Servizi decisorie del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006, relative al sito di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all'area c.d. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente;
- di ogni altro atto presupposto, preordinato, consequenziale o connesso, ancorché conosciuto.
quanto al ricorso n. 637 del 2007:
del verbale della conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006 convocata presso la direzione qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, a norma dell’art. 13, l. n. 241/90, e sue successive modifiche ed integrazioni, comunicato alla ricorrente in data 16 febbraio 2007, nella parte relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza e di caratterizzazione e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all’area c.d. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente, nonché, per le parti di interesse, del verbale della conferenza di servizi istruttoria del 19 luglio 2006, ancorché non conosciuto;
- del decreto direttoriale n, 3312/qdv del 7 febbraio 2007, ricevuto dalla Fintecna Immobiliare s.r.l. in data 16 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione ex art. 14 ter l. 7 agosto 1990 n. 241, delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre 2006, relativa al sito di interesse nazionale di Piombino;
- di ogni altro atto presupposto, preordinato, consequenziale o connesso, ancorché non conosciuto.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Conferenza dei Servizi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/03/2009 il dott. B M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente è proprietaria dell'area c.d. Cimimontubi, sita nell'ambito del perimetro del sito di interesse nazionale di Piombino per effetto di quanto disposto dall'art. 1, comma 4, della legge 2 dicembre 1998, n. 426 e del decreto ministeriale 10 gennaio 2000.
Tale area, della superficie di 135.000 m², è pervenuta alla ricorrente per effetto del conferimento di un ramo di azienda da parte della società Cimimontubi S.p.A., a sua volta controllata dalla Fintecna S.p.A., con atto pubblico del 14 novembre 2006.
Per quanto, secondo la prospettazione della ricorrente, l'area in questione non sia mai stata oggetto in passato di attività produttive, nè attualmente, trattandosi di zona a destinazione agricola, la Fintecna S.p.A. presentò, per conto della Cimimontubi S.p.A., un piano di caratterizzazione che venne approvato dalla conferenza di servizi decisoria del 17 dicembre 2002.
Il 7 aprile 2005 venivano presentati al Ministero dell'ambiente i risultati delle indagini di caratterizzazione avviate nel maggio del 2004.
Tali indagini evidenziavano che l'area, sia per quanto riguarda il suolo, sia in riferimento alla falda presentavano valori in linea con i limiti previsti dal decreto ministeriale n. 471/99.
Nuove indagini, eseguite nei mesi di febbraio e marzo 2005, su richiesta dello stesso Ministero, confermavano la rispondenza della falda ai limiti normativi.
Ciononostante, la conferenza di servizi decisoria del 28 luglio 2005, tenuta presso il Ministero dell'ambiente, richiedeva a Fintecna l'integrazione delle indagini, nonché un monitoraggio semestrale sulla falda, adempimenti che venivano eseguiti dall'interessata e trasmessi il 24 ottobre 2005.
Ancora una volta, ad avviso della ricorrente, l’area cd. Cimimontubi presentava valori pienamente conformi ai limiti di cui al decreto ministeriale n. 471/99.
Nuovamente la conferenza di servizi istruttoria del 22 dicembre 2005 richiedeva l'esecuzione di ulteriori indagini sui terreni al fine di verificare l'idoneità della metodica di campionamento utilizzata nelle campagne precedenti.
I risultati degli studi, raccolti nella “Relazione conclusiva indagini integrative" del 31 marzo 2006, venivano trasmessi al Ministero il 3 maggio 2006, confermando la conformità ai limiti più volte ricordati, tanto con riferimento al sottosuolo, quanto alle acque sotterranee.
In data 23 marzo 2006 veniva tenuta una nuova conferenza istruttoria all'esito della quale veniva richiesto a Fintecna e a tutte le aziende invitate di trasmettere, entro 30 giorni, una dichiarazione di adesione al progetto unitario di messa in sicurezza d'emergenza della falda, elaborato da Sviluppo Italia - Aree Produttive S.p.A., contribuendo ai relativi costi.
Con la conferenza di servizi decisoria del 28 aprile successivo veniva stabilito che: "visto che le società…e Fintecna S.p.A., pur avendo le indagini di caratterizzazione evidenziato contaminazione delle acque di falda, non hanno ancora adottato interventi di messa in sicurezza di emergenza in grado di evitare la contaminazione verso il mare, dispone che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio verifichi le condizioni per l'avvio della procedura di sostituzione in danno, costituendo la notifica del presente verbale formale messa in mora, ai sensi dell'art. 15, comma 2, d.m. 471/99. Il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio si attiverà qualora le aziende non provvedano entro 30 giorni dalla notifica del presente verbale".
Con la medesima deliberazione veniva richiesto alla Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente "di segnalare l'avvio dell'esecuzione in danno, ai sensi è per gli effetti degli artt. 51 bis del decreto legislativo 22/97 e del comma 7 dell’art. 114, l. 388/2000, nonché delle azioni di accertamento di recupero del danno ambientale arrecato al mare, aggravato anche a causa della mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza già prescritti".
Con ricorso rubricato al n. 1293/06 la Cimimontubi si gravava dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale avverso gli esiti della conferenza di servizi istruttoria del 23 marzo 2006 e il verbale della conferenza di servizi decisoria del 28 aprile 2006.
Con l'ordinanza 762/06, depositata l'11 settembre 2006, il T.A.R. sospendeva l'efficacia degli atti appena citati. Peraltro, con sentenza n. 383/07, del 14 marzo 2007, il ricorso veniva dichiarato inammissibile, avuto riguardo alla natura endoprocedimentale degli atti impugnati.
Con il provvedimento indicato in epigrafe il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del mare approvava e considerava come definitive tutte le prescrizioni già contenute nei verbali delle conferenze di servizi decisorie del 22 dicembre 2005 e 28 aprile 2006.
Avverso tale atto propone ricorso la società in intestazione, chiedendone l'annullamento, con vittoria di onorari e spese, e deducendo i motivi che seguono.
Illegittimità derivata con riferimento ai motivi già proposti con il ricorso n. 1293/06, e quindi:
1. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m. 471/99 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di economicità, efficacia e buon andamento. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto assoluto di presupposti, di istruttoria e motivazione, contraddittorietà e illogicità.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 17, d.lgs. n. 22/97, 8 del d.m. 471/99 e 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione.
Vizi propri del provvedimento impugnato:
1. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 242, comma 3, 244, del d.lgs. n. 152/06 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di buon andamento, efficacia ed economicità. Eccesso di potere sotto svariati profili.
2. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 242, comma 3, 244, del d.lgs. n. 152/06 e 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere sotto svariati profili.
In data 13 dicembre 2006 si svolgeva una nuova conferenza di servizi che, a seguito dello “Studio di fattibilità relativo al progetto di messa in sicurezza di emergenza della falda nel sito di interesse nazionale di Piombino”, eseguita da Sviluppo Italia, ribadiva l'obbligo di attivare le misure di messa in sicurezza di emergenza della falda contaminata per i soggetti che non le avessero ancora attivate in proprio, individuando ai destinatari dell'obbligo anche la Fintecna Immobiliare.
con il provvedimento n. 3312/Qdv del 7 febbraio 2007 il Ministero dell'ambiente approvava il considerava come definitive tutte le prescrizioni contenute nel verbale della predetta conferenza di servizi decisoria.
Anche tale atto veniva impugnato dalla Fintecna Immobiliare Srl deducendo censure identiche a quelle sopra riportate.
Si è costituita giudizio l'amministrazione intimata, opponendosi all'accoglimento del gravame.
Nella pubblica udienza del 19 marzo 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, in ragione della loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, va disposta la riunione dei ricorsi in esame.
2. Con il ricorso n. 635/07 è stato impugnato il decreto direttoriale 3311/qdv del 7 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter, 1.7 agosto 1990, n.241, delle determinazioni conclusive delle conferenze di servizi decisorie del 22 dicembre 2005 e del 28 aprile 2006, relative al sito di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all'area c.d. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente.
3. Il ricorso è fondato.
In primo luogo va rilevato che il procedimento sfociato nell'atto impugnato ha preso le mosse nel periodo di vigenza del decreto legislativo n. 22/1997, concludendosi quando è entrato in vigore la nuova disciplina in materia ambientale dettata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Non di meno, ciò non determina difficoltà interpretative della fattispecie tenuto conto che l’art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 dispone l’applicabilità delle norme in materia ambientale contenute in detto decreto a tutte le situazioni non irreversibilmente definite alla data della loro entrata in vigore, nonché della sostanziale identità della disciplina dettata in tema di bonifica dei siti inquinati.
4. L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 stabilisce, infatti, che “Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”.
La disposizione appena citata impone l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa.
La norma individua, perciò, dal punto di vista soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato.
Da ciò la giurisprudenza quasi univoca, condivisa dal Collegio, deduce la mancanza di responsabilità, e quindi di obbligo a bonificare o di mettere in sicurezza, del proprietario incolpevole (cfr., T.A.R. Veneto, sez. III, 25 maggio 2005, n. 2174;, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 8 ottobre 2004, n. 5473;T.A.R. Campania, sez. V, 28 settembre 1998, n. 2988).
Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320).
L'enunciato, è d'altronde conforme al principio a cui si ispira la legislazione comunitaria "chi inquina paga" (art. 174, ex art. 130/R, Trattato CE) che impone a chi fa correre un rischio di inquinamento o a chi provoca un inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
5. Tale impostazione viene confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata.
A carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare.
La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291;T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355).
6. Facendo applicazione al caso di specie delle argomentazioni sopra rassegnate, emerge, con tutta evidenza, così come denunciato con il secondo motivo, l'omessa verifica della sussistenza in capo alla società ricorrente dei requisiti soggettivi di responsabilità di cui si è appena detto.
Da un lato, infatti, non è in contestazione che la società ricorrente abbia acquistato la proprietà dell'area di cui trattasi in un'epoca successiva a quella in cui si ipotizza si siano verificati i comportamenti che hanno dato luogo all'inquinamento del sito;dall'altro non si rinviene nella motivazione del provvedimento impugnato alcun tentativo di ricostruire in altri termini la responsabilità della ricorrente.
7. Nonostante, il carattere assorbente della censura appena esaminata, mette conto rilevare la fondatezza anche del primo motivo con il quale la ricorrente si duole dell’illegittimità del provvedimento impugnato anche sotto il profilo della carenza dei presupposti oggettivi previsti dall'art. 142, comma 3, e dall'art. 244 del decreto legislativo n. 152/2006.
Secondo la norma appena citata gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e quelli relativi alla predisposizione del piano di caratterizzazione sono imposti in capo al soggetto responsabile “qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazione soglia di contaminazione) anche per un solo parametro” con riferimento ai suoli, alle acque superficiali e alle acque sotterranee, in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, come specificato dall'allegato 5 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152/06 (conforme, quanto ai limiti ivi indicati, all'allegato I, tabella 1, del d.m. n. 471/99).
Orbene, nonostante le indagini più volte ripetute eseguite dalla società ricorrente ed integrate secondo le modalità indicate dall'amministrazione, non risultano smentite le valutazioni conclusive esposte con la missiva in data 3 maggio 2006, indirizzata dalla ricorrente al Ministero dell'ambiente, secondo cui "le concentrazione delle sostanze analizzate per i terreni sono risultate pienamente conformi ai limiti normativi, sia nelle indagini di caratterizzazione, sia nelle indagini integrative del luglio 2005 ed in quelle di verifica del gennaio 2006";"le concentrazione nelle acque sono risultate conformi ai limiti normativi, a parte la presenza di solfati che "è legata fenomeni di arricchimento naturale e/o ad attività antropiche anticamente consolidate nelle aree montane del bacino imbrifero del fiume Cornia".
Anche nel verbale della conferenza decisoria svoltasi in data 25 giugno 2008 a Roma, presso il Ministero dell'ambiente, successiva a quella recepita dal provvedimento impugnato, si legge (pagina 57) che “in merito all'area ex Cimimontubi non è stata evidenziata alcuna contaminazione dei suoli relativamente agli analiti ricercati e che le concentrazioni dei medesimi nelle acque di falda sono risultate conformi ai limiti normativi a parte la presenza di solfati (costante) e di manganese nel piezometro C18PS, nella sola campagna dell'ottobre 2005”, peraltro concludendo nel senso della necessità di chiedere all’ARPAT "di attestare se le predette concentrazioni di solfati e manganese, pur superiori alle concentrazioni limite fissate dalla normativa vigente, possono essere considerate inferiori ai valori di fondo naturale nelle acque di falda dell'area in esame".
Ne discende, con tutta evidenza, la contraddittorietà del provvedimento impugnato ed il vizio di difetto di istruttoria proprio in relazione all'accertamento della sussistenza dei presupposti oggettivi per l'attribuzione dell'obbligo di messa in sicurezza e bonifica del sito inquinato.
Per le considerazioni che precedono, quindi, il ricorso n. 635/07 deve essere accolto.
8. Con il ricorso n. 637/07 è stato impugnato il decreto direttoriale n. 3312/qdv del 7 febbraio 2007, concernente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter l. 7 agosto 1990 n. 241, delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre 2006, unitamente al verbale della predetta conferenza di servizi decisoria nella parte relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza e di caratterizzazione e di bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Piombino, con particolare riferimento all’area c.d. Cimimontubi, di proprietà della ricorrente, nonché, per le parti di interesse, il verbale della conferenza di servizi istruttoria del 19 luglio 2006.
9. Anche tale ricorso è meritevole di accoglimento.
Invero, tanto le risultanze della conferenza di servizi istruttoria del 19 luglio 2006, quanto quelle della conferenza di servizi decisoria del 13 dicembre successivo non recano ulteriori contributi in termini di motivazione e di istruttoria che valgano ad inficiare le considerazioni già esposte in relazione all’insussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi necessari, secondo la legge, per imporre alla società ricorrente gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e di bonifica dell'area di cui trattasi.
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto con annullamento degli atti impugnati.
Le spese del giudizio, fatta eccezione per le Amministrazioni non costituite in giudizio per le quali, anche in ragione del ruolo rivestito nella controversia, è possibile disporre la compensazione, seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.