TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2010-01-26, n. 201000949
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N. 00949/2010 REG.SEN.
N. 10039/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 10039 del 2002, proposto da:
N B, rappresentato e difeso dall'avv. B C, con domicilio eletto presso B C in Roma, via V. Monami,20/B;
contro
Questura di Roma, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;Ministero dell'Interno;
per l'annullamento del decreto del Questore di Roma in data 30 aprile 2002 con cui è rifiutato il permesso di soggiorno richiesto dall’odierno ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2009 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il proposto ricorso è impugnato il decreto del Questore di Roma in data 30 aprile 2002 con cui è rifiutato il permesso di soggiorno richiesto dall’odierno ricorrente.
Il provvedimento della Questura di Roma si fonda su una pluralità di elementi: l’introduzione clandestina del ricorrente sul territorio nazionale;l’essere stato rintracciato da personale operante nel corso di servizi volti a contrastare la commissione di reati in materia di immigrazione clandestina;l’essere stato deferito all’A.G. ed espulso con accompagnamento alla frontiera;la tardività dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione;la mancata dimostrazione del possesso dei necessari mezzi di sussistenza.
A sostegno del proposto ricorso si deduce errore, falsa applicazione di legge per errore nei presupposti, nullità radicale del decreto di diniego, eccesso di potere per omesse verifiche, disparità di trattamento. In sostanza, afferma il ricorrente che nel caso di specie si sia in presenza di uno scambio di persona, avendo un suo connazionale fornito in diverse occasioni false generalità (evidentemente quelle del ricorrente) agli operanti, senza esibire documenti di riconoscimento. Quanto al profilo concernente il possesso dei mezzi di sussistenza, lamenta il ricorrente il ricorso da parte dell’Amministrazione a formula stereotipa, non rispondente al vero.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’interno affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
Premette il Collegio che - per costante orientamento giurisprudenziale - qualora un provvedimento amministrativo sia sorretto, come nel caso di specie, da una pluralità di motivazioni, in base al principio di resistenza, la validità anche di una soltanto delle argomentazioni autonomamente poste a base del provvedimento medesimo è sufficiente di per sé a sorreggerne il contenuto, con la conseguenza che il venir meno di un'altra motivazione non può provocare l'annullamento del provvedimento impugnato (cfr., ex multis, TAR Lombardia, Milano, 13.10.2008 n. 4736;30.11.2007 n. 6532;TAR Lazio, Roma, 28.01.2008 n. 608).
Ebbene, in relazione al decreto qui gravato, risulta evidente come il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, pur richiamando nelle premesse una serie di circostanze (quali l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato, l’essere stato il ricorrente identificato in sede di repressione di reati in materia di immigrazione clandestina, l’essere stato deferito all’A.G. ed espulso con accompagnamento alla frontiera, la sua clandestina reintroduzione sul territorio nazionale, la mancata dimostrazione della disponibilità di risorse adeguate per la permanenza nel nostro Paese), è legittimamente fondato avuto riguardo anche alla sola questione della indisponibilità di mezzi di sussistenza, essendo tutte le altre questioni connesse alla “questione” dell’asserito scambio di persona. Scambio di persona che, dallo stesso ricorrente, non è invocato con riguardo alla questione dei mezzi di sussistenza.
Osserva il Collegio che il profilo concernente la insussistenza di mezzi e risorse adeguate alla permanenza nel territorio nazionale è per sé idoneo a sorreggere diniego di rinnovo, tenuto conto che - dal combinato disposto di cui agli artt. 5 co.V° , (per cui: "...Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato...sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili...") e 4 co.III° d.lgs. n. 286/1998 (per cui: "l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1.."), si ricava come la dimostrazione della disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti rappresenti un presupposto indefettibile del rinnovo di cui è causa e come essa sia posta dalla cit. legge a carico dello straniero richiedente il rinnovo del titolo di soggiorno.
Ciò risulta confermato anche dal D.P.R. 31-8-1999 n. 394 (recante "Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero") che all'art. 13, a proposito del "Rinnovo del permesso di soggiorno" prevede che: "....2. Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 11, del testo unico, la documentazione attestante la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico può essere accertata d'ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall'interessato con la richiesta di rinnovo.
2-bis. Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro, nonché alla consegna di autocertificazione del datore di lavoro attestante la sussistenza di un alloggio del lavoratore, fornito dei parametri richiamati dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), del testo unico.".
Dalla norma surriferita si ricava, infatti, come l'accertamento d'ufficio eventualmente disposto dalla P.A. non esoneri affatto il richiedente dalla necessità di fornire adeguata dimostrazione della fonte, lecita, di reddito di cui dispone (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 22 settembre 2009 , n. 4700).
Orbene, nel caso di specie, siffatta dimostrazione non risulta essere stata fornita dall’odierno ricorrente. Tale non è l’allegazione agli atti del ricorso di buste paga e pagamenti Cassa edile del fratello del ricorrente
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.