TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2013-06-08, n. 201300545
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Testo completo
N. 00545/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00512/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 512 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
C.T. Crane Team S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. A B, R F, R F, con domicilio eletto presso A Av. Bocco in L'Aquila, via Salaria Antica Ovest, 8; Fallimento Ct Crane Team Srl, rappresentato e difeso dall'avv. U G, con domicilio eletto presso A Av. Bocco in L'Aquila, via Salaria Antica Ovest, 8;
contro
Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso per legge dall'D D N, domiciliata in L'Aquila, viale XXV Aprile;
nei confronti di
Agudio S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. R Cgrande, Claudio Vivani, Blerina Pogace, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Ulisse Nurzia 26 - Pile;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Consulente Tecnico Ing. Stabon Giuliano;
per l'annullamento
DELLA DETERMINA N. 442 DEL 15 SETTEMBRE 2010 CON CUI E' STATA REVOCATA L'AGGIUDICAZIONE ALLA RICORRENTE DELL'APPALTO INTEGRATO PER LA PROGETTAZIONE ESECUTIVA E L'ESECUZIONE DEI LAVORI DI REVISIONE E AMMODERNAMENTO DELLA FUNIVIA BIFUME IN LOC. FONTE CERRETO-CAMPO IMPERATORE DEL COMUNE DI L'AQUILA. Sentenza di estinzione del giudizio 13/12 annullata con rinvio dal Consiglio di Stato (dec. 5970/12); esame controdeduzioni ex art. 105 comma 1 CPA;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di L'Aquila in Persona del Sindaco P.T. e di Agudio S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza 13/12 questo tar dichiarava estinto il giudizio di cui al ricorso in epigrafe (comprensivo di motivi aggiunti), per la tardività dell’atto di riassunzione predisposto dal Fallimento CT Crane srl.
La predetta pronuncia veniva poi annullata con rinvio dal Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 105 comma 1 CPA (decisione 5970/12), per la violazione da parte del T.A.R. dell’art. 73, comma 3, del c.p.a., per essere stata posta a fondamento dell’improcedibilità una questione, quella della estinzione del giudizio, rilevata d’ufficio, senza previa indicazione in udienza o assegnazione di un termine per controdedurre.
In esecuzione della pronuncia d’appello, questo tar assegnava alle parti congruo termine per interloquire in ordine al citato profilo di improcedibilità così come argomentato nella sentenza di primo grado 13/12.
In vista dell’odierna udienza del 22.5.13, sia il fallimento CT Crane Team srl che il Comune dell’Aquila producevano articolate memorie, nel primo caso per contestare la sussistenza dei presupposti di estinzione, nel secondo per aderire a quanto statuito dal tar con la predetta pronuncia 13/12.
DIRITTO
Ritiene il collegio di procedere preliminarmente ad una analitica descrizione dell’istituto dell’estinzione e della riassunzione del giudizio, in specie per sopravvenuto fallimento di una delle parti in causa, partendo dalla normativa processual-civilistica (così come interpretata dalla Corte Costituzionale), per poi illustrare la disciplina applicabile al processo amministrativo, in virtù delle disposizioni codicistiche ex d. leg.vo 204/10.
Punto di partenza della nuova disciplina di settore è l’articolo 43 della legge fallimentare, come modificato dal decreto legislativo 5/2006, il quale dispone all’ultimo comma che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, disposizione quest’ultima pacificamente interpretata nel senso che il fallimento della parte provoca in modo automatico ed implicito la detta interruzione, senza necessità di dichiarazione in giudizio o di notificazione alle parti dell’evento (cfr. SSUU n. 7443/2008); è stato così introdotto un meccanismo estintivo che ha innovato il precedente sistema, basato sull’art. 300 cpc che, nel caso di fallimento della parte costituita, faceva conseguire l’interruzione dalla dichiarazione in giudizio, ovvero dalla notificazione dell’evento da parte del procuratore costituito per la fallita.
Quanto alle modalità di riassunzione, la novella introdotta dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 all’art. 305 cpc ha determinato la seguente attuale versione di tale norma (intitolata: mancata prosecuzione o riassunzione): “Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue” (precedentemente il termine era di sei mesi, così che la riforma ne ha comportato il dimezzamento).
La disposizione è chiara nello stabilire, non solo il nuovo spatium temporis per riassumere il giudizio, ma anche il suo dies a quo, che continua a decorrere fatalmente dal momento interruttivo (qui l’art. 305 c.p.c. ha conservato infatti il suo originario lessico).
Va detto poi che, fin da un risalente passato, il predetto articolo 305 c.p.c. –per fattispecie estranee alla materia fallimentare, ma in relazione a quel meccanismo interruttivo automatico (es. artt. 299 e 301 cpc relativi rispettivamente ai casi di morte o perdita della capacità della parte non costituita e di morte od impedimento del procuratore), che il legislatore, come sopra visto, avrebbe poi adottato dal 2006 anche per la dichiarazione di fallimento- aveva destato particolari perplessità per i (soli) soggetti rimasti estranei al procedimento da cui scaturiva de iure la causa di interruzione, atteso che per questi ultimi –non conoscendo essi la data dell’evento interruttivo- sarebbe stata impossibile la piena gestione dei termini per la riassunzione.
E’ per questa ragione che la corte costituzionale con sentenze di accoglimento n. 139/1967 e 159/1967 ha da tempo statuito che l’art. 305 cpc deve intendersi conformato nel senso che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto può decorrere solo dall’effettiva conoscenza dell’evento interruttivo automatico di cui agli artt. 299 e 301 c.p.c..
E’ peraltro da notare che il legislatore, nonostante tali pronunce costituzionali, ha ritenuto di lasciare il testo della norma nella versione originaria, che argomenta tout court di decorrenza dei termini dall’evento interruttivo.
Va anche precisato per completezza che –proprio in relazione alla materia fallimentare, ma sotto il vecchio regime ex art. 43 che precedeva la novella del 2006- la Corte Costituzionale ha disatteso la questione sollevata dal giudice a quo in ordine alla sospetta incostituzionalità dell’art. 305 c.p.c., nella parte in cui non faceva decorrere il termine per la correlativa riassunzione, dal giorno della effettiva conoscenza dell'evento interruttivo da parte del curatore del fallimento (sentenza 136/1992).
La sopravvenuta modifica dell’art. 43 della legge fallimentare ad opera del decreto legislativo 5/2006, con cui si è disposto anche per il fallimento l’automatismo interruttivo, ha peraltro innestato la recente questione sollevata dal Tribunale di Biella (ordinanza del 6 marzo 2009), che sospettava di incostituzionalità l’art. 305 c.p.c., se applicato al nuovo predetto regime “automatico” di interruzione processuale; quanto sopra, per la sola previsione in cui non si sarebbe fatto decorrere il termine per la riassunzione del processo dalla data di effettiva conoscenza dell’evento interruttivo «ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita (ovvero diversa dai soggetti che, comunque, hanno partecipato al procedimento per la dichiarazione di fallimento)».
In particolare, nella vicenda giudiziaria sottoposta al vaglio della Consulta -relativa ad opposizione di decreto ingiuntivo- la ditta fallita (opposta-convenuta) aveva eccepito la tardiva riassunzione del processo da parte della ditta opponente-attrice, sulla base dei nuovi meccanismi interruttivi introdotti dal 2006 con la novella dell’art. 43 della legge fallimentare, che hanno per l’appunto statuito l’interruzione automatica del giudizio una volta dichiarato il fallimento. In tal senso il giudice piemontese fondava la rilevanza della questione per il fatto che nel giudizio a quo non era emerso che l’attrice avesse avuto conoscenza della dichiarazione di fallimento della convenuta prima della dichiarazione effettuata in udienza (non risultando che la stessa avesse partecipato alla procedura fallimentare in qualità di creditrice) così che –sempre secondo la prospettazione rimettente- l’attrice si sarebbe vista scadere i termini utili per la riassunzione rispetto ad un dies a quo (dichiarazione di fallimento), solo successivamente conosciuto e/o conoscibile.
La corte, con sentenza n. 17/10, ha disatteso la questione, richiamando la propria giurisprudenza con cui aveva da tempo ormai chiarito che l’art. 305 c.p.c. –nella parte in cui prevede che il termine di riassunzione decorra tout court dall’evento interruttivo- non è applicabile alla parte estranea alla procedura