TAR Catania, sez. III, sentenza 2024-09-23, n. 202403142
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Pubblicato il 23/09/2024
N. 03142/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00818/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 818 del 2023, proposto da
R M, rappresentata e difesa dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
Comune di Milazzo, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 0003559 del 28.02.2023 a firma del Soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Messina recante parere di rigetto ed ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi in ordine alle opere abusive realizzate in Milazzo, via Pietre Rosse (fg.2 – part. 799 sub 1), in ditta Maiorana Roberta, interessate da istanza di condono edilizio ex art. 32 D.L. n. 269/2003 conv. in L. n. 326/2003;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 settembre 2024 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sig.ra R M, odierna ricorrente, è proprietaria di un fabbricato a due elevazioni fuori terra sito in Milazzo, località Pietre Rosse, individuato in catasto al fg. 2, part. 799 sub 1.
Nel corso del 2022 tale fabbricato è stato sottoposto a un intervento di ampliamento, che ha determinato, secondo quanto riportato dalla ricorrente, la chiusura di una preesistente terrazza sita al piano primo e la creazione di un piccolo vano con disimpegno al piano di copertura.
Con istanza del 10.12.2004, n. prot. 54789, registrata al n. 8618, la ricorrente ha presentato, ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 conv. in L. n. 326/2003, istanza di condono edilizio relativamente alle suddette opere, provvedendo al versamento dell’oblazione a titolo di sanzione per l’abuso commesso.
Con nota prot. n. 1933 del 13.02.2017 il Comune di Milazzo ha trasmesso alla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Messina la documentazione necessaria ai fini del rilascio del parere di competenza, “ ricadendo l’immobile in oggetto in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ”.
Con provvedimento prot. n. 003559 del 28.02.2023 la Soprintendenza ha espresso il proprio parere di rigetto, ordinando “ la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, a proprie spese, da eseguirsi entro il termine di novanta giorni ”.
2. Con ricorso notificato in data 26.04.2024 e depositato il 16.05.2024 la ricorrente ha chiesto l’annullamento del predetto provvedimento e di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.
Il provvedimento avversato è stato contestato per i seguenti motivi: 1) Violazione di legge (art. 32, D.L. n. 269/2003 conv. in L. n. 326/2003;art. 146 D.lgs. n. 42 del 2004;art.38, co. 1, L. n.47/1985) - Incompetenza - Carenza di potere in concreto - Eccesso di potere per sviamento ;2) Violazione di legge (art. 146 D.lgs. n. 42 del 2004;art. 17 bis L. n. 241/1990) - Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento - Violazione della circolare del Ministero dei beni e delle attività culturali n. 27158 del 10.11.2015 ;3) Violazione di legge (art. 3 L. n. 241/1990) - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, genericità e indeterminatezza della motivazione, difetto di presupposto e irragionevolezza .
2.1. Con la prima doglianza la parte che ricorre in giudizio deduce che il parere oggetto del presente gravame, ancorché atto idoneo a condizionare l’esito del procedimento, non costituisce e non sostituisce il provvedimento finale, mantenendo natura endoprocedimentale. Nell’ambito del procedimento di condono diretto al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo la Soprintendenza sarebbe chiamata a svolgere una funzione consultiva, mediante l’espressione di un parere preventivo, spettando unicamente al Comune il compito di concludere il procedimento con un provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza di condono, cui segue, in quest’ultima ipotesi, l’adozione delle correlate misure repressive.
Da ciò discenderebbe, secondo la prospettazione di chi ricorre in giudizio, l’illegittimità dell’avversato atto, con il quale la Soprintendenza, sostituendosi all’Ente titolare del procedimento principale, ha disposto il “ rigetto della pratica ” ed ha ordinato “ la rimessione in pristino dello stato dei luoghi ”.
Viene altresì rilevato che ai sensi dell’art. 38 della L. n. 47/1985 “ la presentazione della domanda di condono sospende il procedimento per l'applicazione di sanzioni amministrative ”, con la conseguenza che nella pendenza della definizione di tale domanda non può essere adottato alcun provvedimento di demolizione.
2.2. Con la seconda doglianza viene rilevato che nella fattispecie per cui è causa trovi applicazione l’istituto del “silenzio assenso” previsto dall’art. 17- bis della L. n. 241/1990, il quale opererebbe anche “ nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche ”.
Il meccanismo del silenzio assenso, in particolare, troverebbe applicazione in tutti i procedimenti che prevedono una fase codecisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, qualunque sia la natura del provvedimento finale che conclude il procedimento, e, quindi, anche ove sia necessario acquisire un parere vincolante, di natura endoprocedimentale, con valenza all’interno del procedimento medesimo.
Nella specie, il parere della Soprintendenza è stato richiesto dal Comune di Milazzo con nota prot. n. 1933 del 13.02.2017, ed è stato reso in data 28.02.2023, a distanza di oltre sei anni dalla richiesta, con conseguente maturazione del silenzio assenso, risultando decorso il termine di novanta giorni previsto dal predetto art. 17- bis .
2.3. Con l’ultima censura la parte rileva che l’atto impugnato sia altresì carente sotto il profilo motivazionale, in quanto non sarebbe stato specificato quale sia il vincolo gravante sull’area interessata dalle opere oggetto di condono, l’epoca in cui lo stesso sarebbe stato imposto, lo strumento che lo ha previsto, il contenuto e l’incidenza delle relative prescrizioni ed i profili di incompatibilità con gli interventi realizzati, facendosi genericamente riferimento alla “ dichiarazione di grave danno in area di interesse paesaggistico ” e richiamandosi le norme statali e regionali che hanno regolato il condono edilizio ed il “ codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. n.42 del 22/1/2004 ”, senza specificare quale disposizione sarebbe stata violata e sotto quale profilo. Viene inoltre richiamata nel suddetto atto la circolare n. 2 del 30.11.2022 del Dipartimento dei Beni Culturali – Servizio Tutela, senza spiegare in che termini la stessa sarebbe applicabile al caso di specie.
L’asserita carenza motivazionale sarebbe, peraltro, conseguenza di un’istruttoria manchevole, non potendo ritenersi sufficiente il generico richiamo all’esistenza del vincolo bensì risultando necessario un apprezzamento di compatibilità da condurre sulla base di rilevazioni e di giudizi puntuali.
3. L’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Sicilia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso in data 25.05.2023 e, con successiva memoria dell’1.07.2024, ha controdedotto in ordine alle censure sollevate da chi ricorre in giudizio.
3.1. Con specifico riguardo al primo motivo viene rilevato che nel diniego di nulla osta paesaggistico in sanatoria adottato dalla Soprintendenza debba ritenersi implicito il potere di disporre la remissione in pristino dello stato dei luoghi, abusivamente modificati, a tutela dell’effettività del vincolo infranto.
3.2. In ordine alla seconda doglianza viene affermato che l'art. 17- bis , comma 3, l. n. 241/1990 regoli i rapporti procedimentali “orizzontali” tra Amministrazioni, e non anche quelli ad iniziativa di parte, come è da intendersi quello relativo alla domanda di condono edilizio.
3.3. Con riferimento alla terza e ultima censura l’Amministrazione resistente evidenzia che, a fronte di un atto vincolato quale è da intendersi quello impugnato, non siano necessarie particolari argomentazioni in sede motivazionale.
4. Con successive memorie del 4.07.2024 e del 17.07.2024 la parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento delle proprie censure.
5. All’udienza pubblica dell’11.09.2024, presenti i difensori delle parti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.
6. Il ricorso è parzialmente fondato per quanto di seguito esposto e considerato.
7. Il primo motivo di ricorso è fondato nei sensi e nei limiti sotto precisati.
7.1. Come già affermato da questo Tribunale ( ex multis , T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 22.05.2024, n. 1901), a differenza dell’ordinario regime previsto dagli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42/2004, il parere reso dall’ente di tutela del vincolo paesaggistico nei procedimenti di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi dei capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (così come riproposti dall’art. 39 dalla l. 23 dicembre 1994, n. 724 e dall’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con modificazioni, dalla l. 24 novembre 2003, n. 326), seppure obbligatorio e vincolante, costituisce un atto endoprocedimentale destinato a concludersi con il provvedimento del Comune, unica autorità procedente e competente a definire il procedimento.
L’ente di tutela del vincolo paesaggistico è conseguentemente privo dei poteri ripristinatori e repressivi ex art. 167, commi 1-3, del d.lgs. n. 42/2004.
Il parere delle amministrazioni preposte alla tutela dal vincolo, infatti, non costituisce un provvedimento autonomo rispetto al titolo edilizio così come previsto per l’art. 146, del d.lgs. n. 42/2004, ma integra la fase endoprocedimentale di gestione del vincolo paesaggistico costituente un mero segmento (seppure obbligatorio con effetti vincolanti) del procedimento di rilascio del condono edilizio, la cui definizione è riservata esclusivamente all’autorità comunale, la quale però non può statuire sull’istanza di sanatoria avendo riguardo alla sola destinazione urbanistica dell'area, come ricavabile dalle pertinenti previsioni del P.R.G., essendo obbligata a tenere conto anche delle esigenze afferenti al vincolo ivi esistente così come enucleate dall'Amministrazione preposta alla sua tutela nel relativo parere (Cons. Stato, Sez. VI, 10.04.2020, n. 2369).
La valenza obbligatoria e vincolante di tale parere emerge dal tenore delle pertinenti disposizioni di legge che, utilizzando il verbo “subordinare”, enunciano l’inscindibile correlazione tra il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo e il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso (art. 32, comma 1, della l. n. 47/1985 e art. 23 della l.r. n. 37/1985).
È sul punto chiaro l’insegnamento di Cons. Stato, sez. IV, 7 dicembre 2016, n. 5162 secondo cui « Il rilascio del titolo abitativo edilizio in sanatoria, per le opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, è subordinato al parere favorevole delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, ex art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47, con un rinvio mobile alla disciplina del “procedimento di gestione del vincolo paesaggistico”, costituente una “fase indispensabile” per la positiva conclusione del “procedimento di condono”, inteso quale strumento riservato allo Stato, ad estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario da tutelare ».
Alla natura di atto endoprocedimentale (seppur vincolante) del parere paesaggistico reso in sede di condono edilizio – a differenza che nel fisiologico procedimento ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 – consegue la facoltà (ma non l’onere) per il privato di impugnarlo stante la sua idoneità a costituire un arresto procedimentale altrimenti non superabile dell’iter del condono che deve, però, necessariamente concludersi con il provvedimento dell’autorità comunale, quale atto “finale”, senza diversamente potersi prospettare l’ipotesi di conseguimento del titolo seppur ancora non efficace in assenza del parere dell’ente preposto alla tutela paesaggistica.
Ne deriva « che ogni eventuale procedimento sanzionatorio può essere avviato solo successivamente all’adozione del provvedimento terminale del procedimento di sanatoria edilizia: nell’un caso (accoglimento dell’istanza) non vi è luogo ad alcun provvedimento sanzionatorio in quanto la accordata sanatoria crea “ora per allora” un titolo abilitante che rende l’opera conforme ai parametri edilizi ed urbanistici;nell’opposto caso, invece, l’eventuale provvedimento di diniego della concessione del titolo abilitante in sanatoria determina – ipso facto – l’obbligo […] di attivare il procedimento sanzionatorio finalizzato alla eliminazione dell’abuso. » (C.G.A.R.S., Adunanza delle sezioni riunite, 4 settembre 2012, n. 1540).
Tale sistema volto a garantire nelle more del procedimento l’integrità del manufatto condonabile non è derogabile neppure richiamando i poteri sanzionatori previsti dall’art. 167, commi 1-3, del d.lgs. 42/2004 (Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2023, n. 2195).
La possibilità di condonare le opere realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico solo nelle ipotesi contemplate all’art. 32, commi 26 e 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003 (così come interpretato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 252/2022) non implica la deroga alle predette regole in ordine alla valenza endoprocedimentale del parere paesaggistico (giacché l’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269/2003 conv. in l. n. 326/2003, richiama “ Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni nonché dal presente articolo ”) e alla preclusione del potere repressivo attribuito all’ente di tutela.
Invero, l’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 – seppure con limiti e presupposti dettati dalla Corte Cost. n. 252/2022 più stringenti di quelli dettati dal C.G.A.R.S., Adunanza del 31 gennaio 2012, parere n. 291 del 2010 – consente la definizione di procedimenti di sanatoria ex d.l. n. 269/2003 anche in presenza di un vincolo paesaggistico, sicché, anche per tale tipologia di condono, deve affermarsi l’impossibilità e la preclusione per gli enti di tutela di adottare provvedimenti costituenti esplicitazione di forme di autotutela esecutiva non mediate dal previo annullamento del titolo in sanatoria.
D’altronde, la Circolare assessoriale n. 2 del 30.12.2022 del Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità siciliana non impone alle Soprintendenze di esercitare i poteri ex art. 167, commi 1-3, del d.lgs. n. 42/2004, limitandosi a indicare gli effetti della sentenza della Corte Cost. n. 252/2022 sulle statuizioni di propria competenza con riferimento al segmento endoprocedimentale di cui all’art. 32 del d.l. n. 269/2003.
Le suddette coordinate interpretative – che il Collegio condivide e che intende interamente richiamare – conducono a ritenere che:
i) il parere dell’ente di tutela di “ rigetto ” della “ pratica ” costituisce, al di là del nomen iuris adoperato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, un “parere di competenza” avente valore di atto endoprocedimentale, a contenuto negativo, che si inserisce nell’ambito del più ampio procedimento scaturito dalla presentazione dell’istanza di condono edilizio, il quale è curato dall’Amministrazione comunale procedente;
ii) attesa la sua natura endoprocedimentale, tale parere non sostituisce l’atto finale di chiusura del suddetto procedimento, con conseguente facoltà (ma non l’onere) di impugnazione da parte dell’odierna ricorrente, stante la sua idoneità a costituire un arresto procedimentale altrimenti non superabile dell’iter del condono che deve, però, necessariamente concludersi con il provvedimento dell’autorità comunale;
iii) tale atto, in quanto avente carattere “consultivo”, così come correttamente qualificato deve ritenersi legittimo in quanto costituisce un “parere” di “rigetto” rivolto all’Ente comunale procedente e non al privato istante che ha presentato la domanda di condono;
iv) attesa la sua acclarata natura endoprocedimentale, l’atto avversato non può contenere l’ordine di “ rimessione in pristino dello stato dei luoghi ”, con conseguente sua illegittimità nella parte in cui viene esercitato un potere che, costituendo esplicitazione di forme di autotutela esecutiva, non rientra nella competenza dell’organo consultivo.