TAR Catania, sez. IV, sentenza 2024-09-04, n. 202402973

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2024-09-04, n. 202402973
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202402973
Data del deposito : 4 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2024

N. 02973/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01308/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1308 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’interno, l’UTG – Ufficio territoriale del Governo di -OMISSIS-, e la Questura di -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento,

previa misura cautelare,

- del decreto della Questura di -OMISSIS-, Cat. -OMISSIS-/Imm/, datato 8 febbraio 2022, e notificato il 15 febbraio 2022, di diniego di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (pratica n. -OMISSIS-);

- del decreto della Prefettura di -OMISSIS- datato 17 giugno 2022, registrato al n. prot. -OMISSIS- del 21 giugno 2022, notificato il 22 giugno 2022, con cui è stato respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il decreto della Questura di -OMISSIS- di cui al punto precedente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, dell’UTG di -OMISSIS-, e della Questura di -OMISSIS-;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente impugna il decreto prefettizio in epigrafe, di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il decreto questorile in epigrafe, di diniego di conversione del permesso di soggiorno per “motivi umanitari” in permesso di soggiorno per “lavoro autonomo”, nonché il citato decreto questorile.

Affida il ricorso ai seguenti motivi.



1. Nullità dell’atto emesso dalla Prefettura di -OMISSIS- per carenza, contraddittorietà, illogicità della motivazione e per difetto di notifica. L’impugnato decreto questorile non indicherebbe in maniera specifica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche a base della decisione, affermando che l’odierno ricorrente non avrebbe diritto al permesso di soggiorno per carenza di documentazione, che non sarebbe stato possibile acquisire stante l’irreperibilità del ricorrente stesso, circostanza che sarebbe smentita dal fatto che la notifica del decreto di espulsione sarebbe andata a buon fine;
né vi sarebbe traccia del preavviso di rigetto del 6 ottobre 2021, indicato nel decreto impugnato, con cui sarebbero stati richiesti i documenti mancanti.



2. Violazione dell’art. 138 e ss. cpc. Il ricorrente non avrebbe avuto legale conoscenza delle richieste di integrazione di documenti da parte della Questura intimata.



3. Violazione dell’art. 3 della Costituzione e dell’art. 2 del D. lgs. 286/1998. La Corte di cassazione, in materia di permessi di soggiorno, avrebbe di recente affermato che il soggetto immigrato, benché non in possesso di regolare permesso di soggiorno ma integrato nel territorio italiano, avrebbe diritto a permanere nel territorio nazionale;
inoltre, il decreto prefettizio impugnato sarebbe discriminatorio laddove affermerebbe che il ricorrente non avrebbe stabile dimora, che non risulterebbe alcun reddito da lui prodotto / dichiarato dal momento dell’ingresso ad oggi, che l’assenza di una stabile dimora lo avrebbe reso irreperibile, e che la sua scarsa conoscenza della lingua italiana, la sua condizione personale di emarginazione sociale, il suo scarso livello culturale, costituirebbero tutti requisiti ostativi al rilascio del permesso di soggiorno;
inoltre, sarebbe stata allegata al ricorso gerarchico idonea documentazione (certificato di stato di famiglia, copia del documento di riconoscimento, copia del provvedimento di rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno, copia della lettera di assunzione presso società di Piazza Armerina, copia della busta paga, copia del certificato di attribuzione del codice fiscale da cui si evincerebbero i dati anagrafici corretti, nonché copia di un precedente caso analogo in cui il ricorrente sarebbe stato rimesso in termini).



4. Ingiustizia del provvedimento di rifiuto di permesso di soggiorno sotto il profilo umanitario;
violazione dell’art. 19 D. lgs. 298/1998. La nazione di provenienza del ricorrente sarebbe governata da una dittatura che non riconoscerebbe i diritti fondamentali della persona, ed in cui sarebbe in corso un conflitto di tipo etnico, cosicché egli rischierebbe di essere esposto ad una situazione di grave pericolo personale.



5. Violazione del principio di imparzialità della pubblica amministrazione. L’art. 97 della Costituzione italiana, dedicato alla pubblica amministrazione, individuerebbe alcuni principi fondamentali, fra cui quello del buon andamento;
sulla base di tale previsione normativa i criteri generali da osservare sarebbero quelli di economicità, rapidità, efficacia, efficienza, e miglior contemperamento dei vari interessi.



6. Violazione del principio di ragionevolezza. Le motivazioni secondo cui il ricorrente non avrebbe i requisiti per la permanenza nel territorio italiano sarebbero ingiuste e lesive dell’onore e del decoro della persona, allorché affermano che il ricorrente non potrebbe restare in Italia perché non conoscerebbe la lingua italiana, perché vivrebbe in una condizione personale di emarginazione sociale, per il suo scarso livello culturale, ciò costituendo motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno.



7. Principio di legalità. Nel caso di specie risulterebbe provato che il ricorrente vivrebbe e lavorerebbe stabilmente nel territorio italiano dove avrebbe stabile dimora.

L’Amministrazione intimata si è costituita, anzitutto ricostruendo nei seguenti termini la vicenda fattuale sottesa alla controversia: il ricorrente, entrato illegalmente nel territorio nazionale il 4 novembre 2017, ha proposto in data 25 gennaio 2018 richiesta di riconoscimento della protezione internazionale, a seguito della quale la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Catania, nella seduta del 12 settembre 2018, ha riconosciuto la protezione umanitaria ai sensi dell’art. 5, comma 6, del D. lgs. 286/1998;
tale decisione è stata notificata al richiedente in data 5 febbraio 2019, ed in data 13 maggio 2019, a seguito di richiesta proposta in data 13 febbraio 2019, l’Ufficio immigrazione della Questura odierna resistente ha rilasciato al ricorrente un permesso di soggiorno per motivi umanitari (n. I13955763, con scadenza 4 febbraio 2021);
in data 18 maggio 2020, il ricorrente si è allontanato dal centro accoglienza presso cui si trovava, senza fornire alcuna motivazione a supporto del proprio comportamento;
a seguito della comunicazione effettuata dal gestore del centro, è stato emesso un provvedimento di revoca dell’accoglienza disposta nei confronti del ricorrente;
con istanza presentata in data 27 gennaio 2021, il ricorrente ha chiesto alla locale Questura la conversione del permesso di soggiorno per “motivi umanitari” in permesso di soggiorno per “lavoro autonomo”;
l’Ufficio immigrazione della Questura, esaminata la pratica, in data 6 ottobre 2021, ha notificato al ricorrente un preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge 241/90, attesa la carenza della documentazione depositata a corredo dell’istanza di conversione (risultando mancare la documentazione attestante l’attività autonoma svolta con indicazione del numero di partita IVA attribuito, le fatture di acquisto di eventuali beni destinati alla vendita, eventuali fatture di vendita dei beni o servizi oggetto dell’attività lavorativa, documenti contabili da cui evincere incassi, e/o il reddito derivante dall’attività lavorativa autonoma, nonché il certificato dello stato di famiglia);
in carenza di integrazione della documentazione richiesta, in data 8 febbraio 2022 è stato emesso l’impugnato decreto di rifiuto del permesso di soggiorno, notificato in data 12 febbraio 2022, e poi impugnato con ricorso gerarchico pervenuto il 23 febbraio 2022;
il 17 giugno 2022 è stato emesso l’impugnato provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico, motivato a seguito di attività istruttoria svolta dall’Amministrazione, da cui è emersa l’assenza di un reddito prodotto / dichiarato dal ricorrente dalla data del suo ingresso e fino alla decisione del ricorso gerarchico, nonché l’indisponibilità di una stabile dimora ove lo stesso potesse alloggiare.

Tanto premesso, l’Amministrazione resistente ha spiegato difese così sintetizzabili: a) in relazione all’impugnato provvedimento questorile di rifiuto del permesso di soggiorno, secondo recente orientamento del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, la sopravvenienza di un rapporto di lavoro, in data successiva all’adozione (ed anche alla notificazione) del provvedimento di rigetto, non potrebbe costituire un vizio del diniego reso dalla Questura;
l’onere dell’Amministrazione di prendere in considerazione i nuovi e sopraggiunti elementi favorevoli allo straniero non potrebbe che riferirsi a quelli in essere al momento in cui è stata esercitata la potestà amministrativa, nessuna rilevanza potendo rivestire atti sopravvenuti: il giudizio circa la legittimità del provvedimento impugnato andrebbe condotto infatti con riferimento al momento dell’adozione dell’atto medesimo, in ossequio al principio tempus regit actum ;
b) in merito all’impugnato provvedimento prefettizio, la motivazione del rigetto del ricorso gerarchico atterrebbe all’assenza dei requisiti per il rilascio del titolo di soggiorno, atteso che la difesa dell’odierno ricorrente, a corredo del ricorso gerarchico avrebbe prodotto un’unica certificazione INAIL e la lettera di assunzione a tempo determinato, oltretutto indicante un reddito mensile sotto soglia, senza allegare la dichiarazione UNILAV e l’attestazione di avvenuto pagamento dei contributi previdenziali.

Con ordinanza -OMISSIS-, è stata respinta l’istanza cautelare, sul presupposto che «…il ricorso non appare “prima facie” assistito dal necessario fumus di fondatezza, tenuto conto che la sopravvenienza di un rapporto di lavoro (nella fattispecie lavoro dipendente) in data successiva all’adozione del provvedimento di rigetto, non può costituire vizio del provvedimento di diniego reso dalla Questura, in applicazione del principio del “tempus regit actum”, in forza del quale i “nuovi sopraggiunti elementi” favorevoli allo straniero devono essere non solo esistenti ma altresì formalmente rappresentati, o comunque conosciuti dalla P.A. al momento dell’adozione del provvedimento ( CGARS, n. 814 dell’11 luglio 2022 );
Ritenuto che la sopravvenienza di tale rapporto di lavoro non inficia neanche la legittimità della decisione sul ricorso gerarchico in data 17 giugno 2022, non avendo il ricorrente dimostrato a quella data la sussistenza del requisito reddituale (l’unica documentazione prodotta consistendo in una lettera di assunzione a tempo determinato fino al 31 marzo 2022 e nella copia della busta paga del mese di gennaio 2022)…»
.

Con decreto della Commissione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato -OMISSIS-, è stata respinta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato proposta dal ricorrente, sul presupposto dell’inottemperanza all’integrazione documentale dell’istanza disposta con decreto della stessa Commissione -OMISSIS-.

L’istanza respinta non risulta essere stata riproposta al Collegio ai sensi dell’art. 126, comma 3, del DPR 115/2002.

All’udienza pubblica del 27 giugno 2024 – nessun atto depositato dalle parti, salva istanza di prelievo in data 1 marzo 2024, dopo l’emissione dell’ordinanza cautelare – la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione nel merito.

I motivi numero 1 e 2 possono essere trattati congiuntamente e rigettati, atteso che il preavviso di rigetto per carenze documentali (depositato dall’amministrazione resistente in data 12 settembre 2022 sub 6) risulta indirizzato all’indirizzo indicato nell’istanza di conversione del permesso di soggiorno (depositata dall’amministrazione resistente in data 12 settembre 2022 sub 5);
peraltro, in tale preavviso di rigetto si dà conto di infruttuosi tentativi di contatto al numero di telefono cellulare parimenti indicato nell’istanza di conversione del permesso di soggiorno.

In ogni caso, anche qualora ciò non fosse stato effettuato, gli elementi che il ricorrente avrebbe potuto prospettare nel procedimento, secondo quanto si vedrà a breve, non avrebbero potuto condurre ad un diverso esito procedimentale.

Parimenti infondati sono i motivi 3, 5, 6 e 7, che possono essere trattati congiuntamente e rigettati secondo quanto a seguire.

È giurisprudenza stabile del CGARS quella secondo cui «…La sopravvenienza di un rapporto di lavoro, in data successiva all’adozione (ed anche alla notificazione) del provvedimento di rigetto, non può costituire un vizio del diniego reso dalla Questura. L’onere dell’Amministrazione di prendere in considerazione i nuovi e sopraggiunti elementi favorevoli allo straniero, invero, non può che riferirsi a quelli in essere al momento in cui è stata esercitata la potestà amministrativa, nessuna rilevanza potendo rivestire atti sopravvenuti: il giudizio circa la legittimità del provvedimento impugnato va condotta infatti con riferimento al momento dell’adozione dell’atto medesimo, in ossequio al principio tempus regit actum…» (CGARS, Sez. giurisdizionale, 11 luglio 2022, n. 814).

Non ignora il Collegio come sul punto sussista un diverso orientamento giurisdizionale del Consiglio di Stato, secondo cui «…Nella specifica materia dell’immigrazione, il giudizio amministrativo come giudizio sulla situazione giuridica soggettiva e non solo sull’atto impugnato, impone dunque la valutazione degli elementi che si sono effettivamente concretizzati nelle more tra l’istanza presentata, il suo esame da parte dell’amministrazione e il giudizio dinanzi al Giudice, perché se è vero che questi elementi non potevano incidere sull’atto, incidono sulla situazione giuridica dell’appellante e la loro mancata valutazione può comprometterla irrimediabilmente, arrecando un pregiudizio a diritti fondamentali della persona umana (Cons. St., sez. III, 1° giugno 2022, n. 4467)…» (Cons. Stato, Sez. III, 24 marzo 2023, n. 2993, che richiama espressamente Cons. Stato 4467/2022).

E tuttavia, il Collegio ritiene preferibile aderire all’orientamento del CGARS, anziché a quello espresso dal Consiglio di Stato, attesa l’approfondita disamina critica, a cui si rinvia, condotta dal CGARS nella citata sentenza 814/2022 in relazione alla sentenza 4467/2022, capostipite dell’orientamento del Consiglio di Stato, ed espressamente richiamata nella citata sentenza 2993/2023.

In ogni caso, anche qualora si aderisse all’orientamento del Consiglio di Stato, le peculiarità del caso di specie non consentirebbero comunque di pervenire ad un accoglimento del ricorso.

Al riguardo, giova precisare in punto di fatto che: a) l’istanza di conversione del permesso di soggiorno (depositata dall’amministrazione resistente in data 12 settembre 2022 sub 5) risulta totalmente priva della documentazione ivi prevista come da allegare;
b) con tale istanza, riportante quale data di presentazione il 26 gennaio 2021, il ricorrente ha chiesto la conversione del permesso di soggiorno I13955763, rilasciato il 13 maggio 2019 per motivi umanitari, ma già revocato – a seguito dell’allontanamento arbitrario del ricorrente dalla struttura presso cui si trovava – a decorrere dal 18 maggio 2020, quindi precedentemente alla presentazione dell’istanza di conversione, giusto decreto della Prefettura di -OMISSIS- trasmesso con nota n. 22549 del 23 giugno 2020 (depositati dall’amministrazione resistente in data 12 settembre 2022 sub 4);
c) la documentazione allegata al ricorso gerarchico, di cui l’amministrazione avrebbe dovuto (nella prospettazione di parte ricorrente di cui al terzo motivo di ricorso) tenere conto, afferisce ad un’assunzione quale lavoratore dipendente, mentre il permesso richiesto con l’istanza di conversione è per lavoro autonomo.

Tanto premesso, anche laddove si ritenesse di aderire all’orientamento del Consiglio di Stato di cui alle citate sentenze 4467/2022 e 2993/2023, risulterebbero ostative ad un accoglimento del ricorso le circostanze fattuali di cui si è dato conto, atteso che la documentazione di cui l’amministrazione avrebbe dovuto (nella prospettazione di parte ricorrente) tenere conto, sarebbe comunque stata inconferente a determinare la richiesta conversione, non essendo documentazione idonea a sostenere un’istanza di permesso per lavoro autonomo, nonché che il permesso di soggiorno di cui si chiedeva la conversione non era più in essere alla data dell’istanza, cosicché un eventuale rilascio quale conversione non avrebbe comunque potuto aver luogo, così risultando, ai sensi dell’art. 21 octies , comma 2, della legge 241/1990, che il contenuto dispositivo dei provvedimenti impugnati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso, atteso che esso si fonda su un’affermazione meramente labiale (il rischio per il ricorrente di essere esposto ad una situazione di grave pericolo personale per essere la Nazione di sua provenienza governata da una dittatura che non riconoscerebbe i diritti fondamentali della persona, ed in cui sarebbe in corso un conflitto di tipo etnico);
peraltro, anche ove tale circostanza fosse provata, ciò costituirebbe base per l’eventuale istanza di rilascio di un permesso per motivi umanitari, e non, come nel caso di specie, di un permesso per lavoro autonomo;
peraltro, come già visto, il permesso per motivi umanitari originariamente rilasciato al ricorrente è stato revocato a seguito del suo allontanamento dalla struttura presso cui si trovava.

Il ricorso non è quindi fondato e deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, venendo liquidate in dispositivo.

Sussistendo i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, occorre mandare alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.

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