TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2009-11-05, n. 200901615
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N. 01615/2009 REG.SEN.
N. 00819/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 819 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
V A, rappresentato e difeso dagli avv. N C e A V, con domicilio eletto presso A V in Cagliari, via Azuni N.2;
contro
UNIVERSITA' STUDI DI CAGLIARI, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Cultura, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le Cagliari, domiciliata per legge in Cagliari, via Dante N.23;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del DECRETO RETTORALE n. 870 del 25 giugno 2008 DI COLLOCAMENTO A RIPOSO del ricorrente, professore associato confermato;
nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' Studi di Cagliari;
Visti i motivi aggiunti successivamente notificati e depositati,
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Cultura;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7/10/2009 la dott. Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori Massa, in sostituzione, per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Bonomo per l’Università;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente Viana è professore associato confermato per il settore scientifico disciplinare SECS-P/12 – storia economica – Area 13 – scienze economiche statistiche, ed è in servizio presso l’Università di Cagliari –facoltà di economia.
Il 27 febbraio 1997 il ricorrente aveva esercitato la facoltà attribuitagli dall’articolo 16 del decreto legislativo 503/1992 di prolungamento del servizio per due anni oltre l’età pensionabile.
Con decreto elettorale del 10 marzo 1997 la domanda è stata accolta, con mantenimento in servizio attivo nella sua qualità di professore associato fino al 31 ottobre 2011, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 503/1992 (decorrenza del biennio supplementare dall’ 1/11/2009).
Senonchè con il provvedimento impugnato del 25 giugno 2008 il rettore ha revocato il precedente provvedimento favorevole, disponendo il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età del ricorrente a decorrere dal 1 novembre 2009;ciò in considerazione di una pronuncia del Consiglio di Stato n. 3204/2000 che prevede la non applicabilità dell’articolo 16 D.Lgs. 503/1992 ai professori associati già incaricati stabilizzati.
Con ricorso notificato il 10 ottobre 2008 e depositato il successivo 30/10 il ricorrente ha impugnato il provvedimento di revoca del beneficio e di collocamento a riposo, formulando le seguenti censure:
violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;
violazione dell’articolo 21 nonies della legge 241/1990 e dei principi in materia di autotutela amministrativa – mancata considerazione dell’interesse del privato – mancata individuazione dell’interesse pubblico – difetto di comparazione fra i due interessi – violazione del principio di affidamento del privato – violazione del principio del ragionevole termine per l’adozione del provvedimento in autotutela – violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990 – difetto e/o irragionevolezza della motivazione – difetto di istruttoria – eccesso di potere per sviamento – violazione dell’articolo 97 della costituzione;
erroneità, incongruenza e contraddittorietà della motivazione – erroneità dei presupposti – eccesso di potere per sviamento, per ingiustizia manifesta -;
violazione e falsa applicazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 503/1992e di ogni altra norma il principio in materia di diritto al prolungamento del servizio di ruolo – violazione dell’articolo 12 delle disposizioni delle preleggi al codice civile e di ogni altra norma disposizione in materia di interpretazione della legge.
Si è costituita in giudizio l’Università di Cagliari sostenendo l’infondatezza del gravame.
La domanda cautelare, alla camera di consiglio del 12 novembre 2008, è stata rinviata al merito.
In considerazione dei documenti successivamente conosciuti (a seguito di esercizio del diritto di accesso nel maggio 2009 in ordine ai provvedimenti assunti in favore di altri 2 docenti –C e C) con motivi aggiunti notificati il 30 giugno 2009 e depositati il successivo 1/7 il ricorrente ha formulato le seguenti ulteriori censure:
5) eccesso di potere per falsità dei presupposti – erroneità è falsità della motivazione;
6) eccesso di potere per disparità di trattamento ( rispetto ai professori C e C) – ingiustizia manifesta – falsità ed erroneità dei presupposti;
7) eccesso di potere per contraddittorietà
DIRITTO
Preliminarmente va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Università, formulata dall’Avvocatura dello Stato, in quanto il provvedimento impugnato è stato assunto anche alla luce della nota del Ministero dell’Università del 4.4.2001 (doc. n. 2 del deposito Avvocatura effettuato il 7.10.2009), con la quale veniva trasmessa a tutti i Rettori, ai fini di coordinamento, la pronuncia del Consiglio di Stato VI sez. n. 3204/2000 (che negava la spettanza del beneficio del prolungamento del biennio ai professori associati stabilizzati),
Il ricorrente “Professore associato confermato” è nato il 13 maggio 1939. Con la domanda di prolungamento del servizio per un biennio intendeva poter fruire del beneficio contemplato in via generale dall’articolo 16 del decreto legislativo 503/1992, con permanenza quindi dai 70 ai 72 anni di età, in servizio attivo presso l’Università di Cagliari.
La norma a regime, specifica per i professori incaricati stabilizzati divenuti associati a seguito di giudizio di idoneità, la si ritrova nell’articolo 24 del d.p.r. 382 /1980, secondo il quale tale categoria di Professori universitari “conservano il diritto a rimanere in servizio sino al termine dell’anno accademico in cui compiono il settantesimo anno di età”.In particolare tale articolo, rubricato “Collocamento a riposo” dispone (per le 2 <diverse>categorie di professori associati, contemplati al 1° comma, e professori stabilizzati-associati, contemplati –con beneficio ulteriore- al 2° comma):
“1. I professori <associati>sono collocati a riposo dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
2. I professori <incaricati stabilizzati divenuti associati a seguito di giudizio di idoneità>conservano il diritto a rimanere in servizio sino al termine dell'anno accademico in cui compiono il settantesimo anno di età.”(articolo così sostituito dall'art. 6, l. 9 dicembre 1985, n. 705).”
In base a tale norma gli “associati incaricati stabilizzati con giudizio di idoneità” godono, dunque, di un regime “peculiare” migliorativo potendo essere collocati a riposo a 70 anni (a fronte della norma generale per gli associati che fissa il termine generale di 65 anni -1° comma-).
L’art 2 della successiva L. 239/1990 prevede che:
“I professori universitari associati, fatte salve le disposizioni più favorevoli previste per coloro che siano in possesso di specifici requisiti, sono collocati fuori ruolo a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età, e a riposo cinque anni dopo il collocamento fuori ruolo.”
L’articolo 16 del decreto legislativo 503 /1992, di cui si richiede con ricorso l’applicazione, ha stabilito che:
“è in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992 n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti”.
*
A) La giurisprudenza ha fornito un’interpretazione restrittiva in ordine all’applicabilità di tale beneficio biennale in favore della specifica categoria dei professori associati confermati.
Fin dal 2000 il Consiglio di Stato (e ancor prima la giurisprudenza di primo grado) ha affermato che:
“Il professore universitario, appartenente allo speciale gruppo degli associati ex incaricati stabilizzati, che sia rimasto in servizio oltre il limite di sessantacinque anni di età previsto per la categoria, usufruendo del beneficio concesso dall'art. 2 l. 7 agosto 1990 n. 239, non può usufruire del beneficio della permanenza in servizio per un ulteriore biennio previsto dall'art. 16 d.lg. 30 dicembre 1992 n. 503” (Consiglio Stato , sez. VI, 06 giugno 2000 , n. 3204 –pronunzia richiamata espressamente nel provvedimento di revoca impugnato, portata a formale conoscenza dell’Università, con nota del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica prot. 1201 del 4.4.2001, con richiesta di uniformarsi a tale decisione-).
Il medesimo orientamento (inapplicabilità del beneficio a tale categoria di professori universitari associati) è stato ripetutamente confermato sia in primo che in secondo grado. In particolare si segnalano le seguenti:
in appello:
“I professori incaricati stabilizzati, poi divenuti associati, godono del beneficio di essere collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età, anziché al sessantacinquesimo anno, come gli altri professori associati;una tale deroga costituisce una <norma speciale, propria del regime particolare di detti docenti>. Ne consegue che gli stessi non possono poi avvalersi della disciplina generale del collocamento a riposo, così cumulando l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio, che, ai sensi dell'art. 16 d.l. 30 dicembre 1992 n. 503, si aggiunge ai limiti ordinari del collocamento a riposo.” (Consiglio Stato , sez. VI, 06 giugno 2006 , n. 3388).
“A norma dell'art. 6 l. 9 dicembre 1985 n. 705, i professori associati ex stabilizzati fruiscono, ai fini del collocamento a riposo, del particolare beneficio che fissa a settanta anni l'età massima;pertanto, ad essi non è applicabile l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio che, ai sensi dell'art. 16 d.lg. n. 503 del 1992, si aggiunge ai limiti ordinari del collocamento a riposo.” (Consiglio Stato , sez. VI, 30 settembre 2005 , n. 5233).
“ I professori incaricati stabilizzati, poi divenuti associati , godono del beneficio di essere collocati a riposo, al compimento del settantesimo anno di età, anziché al sessantacinquesimo anno, come gli altri professori associati ;una tale deroga costituisce una norma speciale, propria del regime particolare di detti docenti. Ne consegue che gli stessi non possono poi avvalersi della disciplina generale del collocamento a riposo, così cumulando l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio, che, ai sensi dell'art. 16 d.l. 30 dicembre 1992 n. 503 si aggiunge ai limiti ordinari del collocamento a riposo. (Consiglio Stato , sez. VI, 05 settembre 2002 , n. 4500).
*
In primo grado (ancor più recenti):
“I professori incaricati stabilizzati, poi divenuti associati, godono del beneficio di essere collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età, anziché al sessantacinquesimo anno, come gli altri professori associati;
una tale deroga costituisce una <norma speciale>, propria del regime particolare di detti docenti.
Ne consegue che gli stessi <non possono poi avvalersi della disciplina generale del collocamento a riposo, così cumulando l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio>, che, ai sensi dell'art. 16 d.l. 30 dicembre 1992 n. 503, si aggiunge ai limiti <ordinari>del collocamento a riposo. La facoltà di proroga biennale, di cui all'art. 16 del d.lg. n. 503 si deve intendere riferita al limite di collocamento a riposo stabilito ordinariamente per ciascuna categoria di personale, e non invece a quei limiti più elevati fissati da norme speciali per determinati dipendenti;conseguentemente, tale facoltà non può essere riconosciuta ai professori già incaricati stabilizzati che, in deroga alla disciplina generale sul collocamento a riposo per i professori associati al compimento del sessantacinquesimo anno, possono rimanere in servizio sino al termine dell'anno accademico in cui compiono il settantesimo anno di età.” (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11 settembre 2008 , n. 8262).
“I professori ex incaricati stabilizzati divenuti associati godono del beneficio di essere collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età anziché al settantacinquesimo e perciò non possono avvalersi della disciplina generale del collocamento a riposo, così cumulando l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio che, ai sensi dell'art. 16, d.lg. 30 dicembre 1993 n. 503, si aggiunge ai limiti ordinari di collocamento a riposo.” (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 10 maggio 2007 , n. 4219).
“I professori associati già incaricati stabilizzati già godendo, relativamente al momento del collocamento a riposo, fissato per loro a settanta anni, di un trattamento privilegiato e derogatorio rispetto agli altri associati, non possono invocare in loro favore l'applicazione dell'ulteriore deroga rappresentata dalla possibilità di proroga per un biennio di cui all'art. 16, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 503, con conseguente esclusione di tale beneficio ai limiti ordinari del collocamento a riposo.” (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, sez. I, 02 ottobre 2007 , n. 605).
“I professori associati già incaricati stabilizzati godono, relativamente al momento del collocamento a riposo, fissato per loro a settanta anni, di un trattamento privilegiato e derogatorio rispetto agli altri associati , e non è loro applicabile l'ulteriore deroga rappresentata dalla possibilità di proroga per un biennio di cui all'art. 16 d.lg. 30 dicembre 1992 n. 503. “ (T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 01 luglio 2003 , n. 2656).
“I professori associati confermati (già incaricati stabilizzati) non possono essere collocati a riposo per limiti d'età dopo il 70 anno di età, non potendo tali docenti essere trattenuti in servizio per un ulteriore biennio ai sensi dell'art. 16, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 503, in quanto tale previsione normativa trova applicazione con riferimento all'età normalmente prevista per il collocamento a riposo delle varie categorie di dipendenti pubblici (che per i professori associati è fissata al 65 anno di età) e con esclusione delle eventuali e straordinarie elevazioni di detto limite” (T.A.R. Abruzzo Pescara, 26 giugno 2002 , n. 586).
“La possibilità riconosciuta in capo ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di chiedere il trattenimento in servizio per un biennio oltre il limite di età previsto per tali categorie ex art.16, d.lg. 30 dicembre 1992, n.503, non è considerata cumulabile con altri benefici che fossero stati conseguiti in base a diverse disposizioni normative;ad esempio, ci si riferisce alla categoria dei professori universitari associati incaricati stabilizzati che avessero usufruito della previsione contenuta nell'art.6, comma 2, l. 9 dicembre 1985, n.705, secondo la quale hanno diritto di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età, a tali soggetti non può essere riconosciuto il diritto di avvalersi della normativa di cui sopra per il limite di cumulabilità.” (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 19 settembre 1998 , n. 739).
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Ne consegue che la pretesa sostanziale, inerente l’applicazione del beneficio contenuto nell’art. 16 del D.Lgs. 503/1992 è infondata in quanto il “professore associato stabilizzato” ha già ottenuto di poter fruire della permanenza in servizio dai 65 ai 70 anni in forza di “norma speciale” riservata a tale categoria di soggetti. Ed il cumulo di un ulteriore beneficio non è ammesso, essendo questo applicabile unicamente alla soglia massima di età stabilita in via generale (65 anni).
La giurisprudenza è costante, infatti, nel ritenere che tale norma attribuisca un particolare beneficio all'associato ex incaricato stabilizzato, non cumulabile con l'ulteriore beneficio previsto dall'art. 16 del d.p.r. n° 503 del 1992, che si applica solo al limite di età stabilito in generale per un determinata categoria di dipendenti pubblici.
I professori incaricati stabilizzati, poi divenuti associati, godono del beneficio di essere collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età, anziché al sessantacinquesimo anno, come gli altri professori associati;una tale deroga costituisce una norma speciale, propria del regime particolare di detti docenti. Ne consegue che gli stessi non possono poi avvalersi della disciplina generale del collocamento a riposo, così cumulando l'ulteriore beneficio del prolungamento del servizio effettivo per un biennio, che, ai sensi dell'art. 16 d.l. 30 dicembre 1992 n. 503, si aggiunge ai limiti ordinari del collocamento a riposo (Consiglio Stato , sez. VI, 06 giugno 2006 , n. 3388).
In tale materia non può aver luogo il cumulo di benefici (cfr. sul punto, in senso esplicito, Cassazione civile , sez. lav., 14 dicembre 2004 , n. 23272: “Il dipendente pubblico -nella specie, veterinario in servizio presso una Asl- che abbia goduto del beneficio, riconosciutogli dal regolamento organico dell'ente di provenienza, di essere trattenuto in servizio fino all'età di settant'anni, e quindi oltre il limite di sessantacinque anni normalmente previsto dal predetto regolamento per il collocamento a riposo del personale appartenente alla sua qualifica, non ha diritto ad essere trattenuto in servizio per l'ulteriore periodo di due anni, in applicazione dell'art. 16, comma 1, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 503, in quanto in tale materia non può aver luogo il <cumulo di benefici>.).
Secondo la normativa vigente il ricorrente non ha diritto a restare in servizio sino al compimento del settantaduesimo anno di età (cioè fino al 1 novembre 2011), con conseguente suo corretto collocamento a riposo con decorrenza 1 novembre 2009 (esaurito l’anno accademico di compimento del 70° anno di età).
Né può sostenersi l’incongrua differenziazione con il regime previsto per i professori ordinari (art. 110 DPR 382/1980), trattandosi di diversa categoria che, come tale, potrebbe anche fruire di un diverso regime generale, giustificato dal differente status e ruolo svolto nell’ambito universitario.
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B) Si tratta a questo punto di verificare la problematica inerente il rispetto delle disposizioni procedimentali concernenti l’ impugnato provvedimento di revoca (atto di secondo grado).
Le norme che impongono l’osservanza degli adempimenti procedimentali ( artt. 7, 8, 10 bis della L. 241/1990) vanno interpretate alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11 settembre 2008 , n. 8262 e T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 20 febbraio 2008 , n. 1558).
Ai sensi del secondo comma dell'art. 21- octies, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura “vincolata” del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
L'art. 21 octies rende, quindi, irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell'atto per il fatto che il contenuto dispositivo "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (Cons. Stato, V Sez., 23.01.2008, n. 143).
Nel caso di specie va riconosciuta la natura vincolata del provvedimento, esclusivamente applicativo della norma di cui all'art. 24 del d.p.r. n° 382 del 1980 (così ha affermato il T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11 settembre 2008, n. 8262, nella medesima tipologia di controversia).
In particolare il T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 10 maggio 2007 , n. 4219, dovendo affrontare lo stesso tipo di controversia (“autotutela” in ordine al beneficio biennale precedentemente concesso all’universitario associato) ha affermato che:
“Parimenti prive di pregio sono le ulteriori doglianze con cui si contesta la legittimità procedurale del provvedimento per violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990. La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, chiarito come, nell'adozione di provvedimenti vincolati, l'amministrazione non sia tenuta a comunicare l'avvio del procedimento e come la comunicazione sia considerata superflua nei casi in cui non vi siano concrete prospettive di vantaggio conseguenti all'intervento del privato (cfr. ex multis, Tar Puglia, Bari, I, 30 gennaio 2007 n 305;Cons. St, V, 7 dicembre 2005 n 6990 e Cons.. St. 22 maggio 2005 n. 2823). E’ del tutto pacifico, nel caso di specie, che l'Università fosse a conoscenza di tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari ad adottare il provvedimento e, in conseguenza, l'eventuale partecipazione al provvedimento del professore non avrebbe potuto apportare elementi ulteriori. Peraltro, il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età di un pubblico dipendente, pur avendo carattere autoritativo in quanto incide sulla status personale del soggetto, ha tuttavia carattere vincolato e dichiarativo, dal momento che l'amministrazione è tenuta, senza alcuna discrezionalità al riguardo, ad emanare l'atto di cessazione dal servizio, dopo aver accertato l'esistenza delle condizioni previste dalla legge, rendendo superfluo l'avviso dell'inizio del procedimento ai sensi dell'art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241.”
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Quindi i lamentati vizi formali, anche in riferimento al provvedimento di secondo grado, non possono determinare l’illegittimità del provvedimento di collocamento a riposo, meramente applicativo della norma di legge.
Neppure può sostenersi la sussistenza di posizioni e/o diritti quesiti, in quanto il ricorrente non aveva iniziato concretamente a fruire del beneficio originariamente attribuito, molti anni addietro, con il provvedimento rettorale del 10/3/1997 (addirittura nel caso sopra esaminato dal TAR Lazio III n. 4219/2007 la revoca ed il collocamento a riposo erano retroattivi, incidendo sull'attività didattica semestrale già iniziata dal ricorrente in regime di proroga).
Si segnala inoltre che, anche di recente, il Consiglio di Stato, sez. IV, 20 luglio 2009 , n. 4567 ha affermato in materia di atti vincolati, in relazione all’art. 10 bis della L. 241/1990, che “il provvedimento vincolato è l' atto nel quale la ponderazione degli interessi e l'individuazione della ragione prevalente è sottratta all'Amministrazione e svolta direttamente dal legislatore. Pertanto, in questa tipologia di provvedimenti, l'apporto del privato in fase partecipativa è rilevante eventualmente solo in merito alla sottoposizione di fatti, ma non è in grado di incidere sulla ponderazione degli interessi, che risulta integralmente compiuta a monte dal legislatore e non più spettante all'Amministrazione.”
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L’art. 21 nonies della L. 241/1990 invocato non può essere applicato alla fattispecie in esame in quanto, non avendo il decreto del 1997 acquisito concreta efficacia al momento del suo annullamento/revoca (nel giugno 2008). Infatti, la decorrenza degli effetti sarebbe iniziata solo al 1° novembre 2009), con la conseguenza che l’atto di ritiro del provvedimento favorevole non era subordinato alla verifica dei presupposti richiesti da quella norma (ragioni di interesse pubblico/termine ragionevole/considerazione degli interessi del destinatario).
In caso di atto mai divenuto efficace si è in presenza di un mero ritiro doveroso (di un atto inefficace), -ben diverso dai discrezionali consueti provvedimenti di secondo grado come la revoca e l'annullamento d'ufficio, contemplati dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies, l. 7 agosto 1990 n. 241-, che non è subordinato alla previa verifica della sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, non necessita della valutazione delle posizioni soggettive eventualmente coinvolte nella vicenda e non richiede il previo avviso di inizio del procedimento (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 28 ottobre 2008 , n. 3102).
In ogni caso va rilevato che l’efficacia è correlata strettamente all’affidamento: in mancanza della prima anche il secondo non può essere sorto, trattandosi di una situazione sostanzialmente solo “potenziale” e non di concreta acquisizione del bene della vita (sul quale il provvedimento di ritiro non ha, in realtà, inciso). Di tutela dell’affidamento potrebbe, quindi, legittimamente parlarsi solo in caso di consolidamento degli effetti.
In riferimento alla problematica del “tempo” si segnala anche che il testo attualmente vigente della norma (art. 16 D. Lgs. 503/1992) dispone che: “La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza <dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo>previsto dal proprio ordinamento”, con l’evidente intento di disconoscere la possibilità di acquisire effetti favorevoli tramite domande presentate molti anni prima rispetto alla data del previsto pensionamento (nel caso di specie la domanda è stata formulata 12 anni prima).
Infatti, il primo comma dell’art. 16, come modificato dall'articolo 1-quater del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, dall'articolo 33 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, e successivamente dall'articolo 72, comma 7 del D.L. 25 giugno 2008, n.112, come modificato dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in sede di conversione, prevede che:
“È in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso e' data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. <La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti>il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.”
Si segnala che, comunque, nel caso di specie la revoca è stata pronunziata oltre 1 anno prima (giugno 2008) del previsto pensionamento (novembre 2009), termine che consente di poter affermare che il ricorrente non poteva vantare un affidamento tutelabile.
***
C) A questo punto occorre affrontare la problematica sollevata con i motivi aggiunti di “disparità di trattamento”.
Effettivamente risulta dagli atti che due professori associati (C e C) hanno fruito del prolungamento biennale del servizio (dai 70 ai 72 anni di età).
Nel primo caso l’istanza è stata presentata il 15 febbraio 2001 ed il decreto rettorale è stato emanato il 1 marzo 2001, con mantenimento dall’1/11/2001 al 31/10/2003, con cessazione dal servizio con decorrenza 1 novembre 2003.
Nel secondo caso l’istanza è stata presentata il 24/9/1996 ed il decreto rettorale è stato emanato il 18 marzo 1997, con mantenimento dall’1/11/2002 al 31/10/2004, e con cessazione dal servizio dal 1º novembre 2004.
Se è vero che l’amministrazione universitaria ha ritenuto di non revocare e/o annullare i provvedimenti di attribuzione del beneficio -del 18 marzo 1997 e del 1 marzo 2001- (cfr. lettera del Rettore indirizzata all’Avvocatura dello Stato del 15.6.2001 ove si afferma che “questa amministrazione non ritiene di ravvisare l’interesse pubblico necessario per revocare i decreti elettorali di mantenimento in servizio”) ciò non consente di affermare che l’odierno ricorrente possa ottenere il beneficio, in forza del principio di parità di trattamento, con applicazione “illegittima” della norma.
La disparità di trattamento può trovare ingresso per una diversa valutazione della situazione soggettiva solo ove si possa sostenere che la posizione alla quale si aspira sia stata legittimamente applicata dall’amministrazione nei confronti di terzi soggetti;non altrettanto si può sostenere invece in termini di rivendicazione di posizioni attribuite ad altri in modo illegittimo. Altrimenti il giudice si troverebbe a dover consentire l’applicazione incongrua ed illegittima della normativa in favore del mero principio di par condicio.
Evidentemente fino al periodo 2001-2004 (data di concreto utilizzo dei benefici concessi a C ed a C) l’amministrazione universitaria non aveva acquisito una particolare posizione ben definita in ordine a tale problematica;tanto è vero che riteneva necessario acquisire il parere giuridico da parte dell’Avvocatura Generale dello Stato di Roma e dell’Avvocatura Distrettuale di Cagliari (cfr. note di risposta del 19 luglio 2001 e del 28 settembre 2001 –depositati in giudizio sub docc. 4 e 5 del fascicolo del ricorrente, deposito del 17/6/2009-).
Ciò lo si ricava sia dai provvedimenti rettorali favorevoli del 2000-2001 e 2004 relativi ad altri soggetti (depositati dall’Avvocatura –docc. 9-11-13-14-30, il 7.10.09-), in particolare:
-Orrù del DR 1333 del 21.4.2000,
-Manca, Rau e Mameli, DD.RR. del 1.3.2001 n. 1550, 1553 e 1555;
- C DR. n. 270 del 19.3.2004;
tutti soggetti che ne hanno concretamente fruito sino al 1.11.2001, oltre che C fino al 1.11.2004.
Con il 2005, invece, l’Università assume una posizione opposta, chiara, ed omogenea e lo si ricava da:
-caso C: il Rettore nega il beneficio con DR 14.3.2005 DR n. 372 (doc. 18 Avvocatura)
-caso R: il Rettore nega il beneficio con nota 23.2.2006 (doc. 41 Avvocatura).
Nel caso Viana la decisione rettorale del 25 giugno 2008, di revoca del precedente beneficio concesso nel 1997, è stata quindi assunta (in riferimento al biennio 2009-2011) in considerazione di una rinnovata e maturata analisi giuridica sulla problematica della permanenza dei “docenti associati incaricati stabilizzati” oltre il settantesimo anno di età.
E va riconosciuta all’amministrazione la facoltà, negli anni, di mutare, fondatamente, il proprio orientamento, correggendo il proprio operato, anche in considerazione del consolidarsi sempre più dell’orientamento giurisprudenziale restrittivo, già in precedenza descritto.
Se dunque nel 1997 (data di attribuzione del beneficio con il primo decreto rettorale n. 1071) l’Università poteva aver compiuto una applicazione estensiva della norma del 1992, in sostanziale assenza di pronunce sul punto, ben diversa è la valutazione che ha potuto compiere nel 2008, con l’emanazione del decreto impugnato n. 870, quando cioè si era oramai consolidato un chiaro e definito orientamento giurisprudenziale restrittivo (in termini di inapplicabilità del beneficio).
Oltretutto anche a livello nazionale era stato chiarito dal Ministero l’orientamento da assumere, in modo da avere una disciplina uniforme fra le diverse Università italiane, che avevano assunto posizioni differenziate, essendo la questione oggettivamente opinabile.
La stessa Avvocatura (Generale e Distrettuale) aveva assunto orientamenti non omogenei sul punto (cfr. note di parere del 28.9.2001 Gen. e 19.7.2001 Distr.).
Anzi, con la maturazione dell’aggiornato orientamento, coerente con il quadro normativo e giurisprudenziale, andava garantita la “parità di trattamento” rispetto agli altri professori associati ai quali il Rettore ha effettivamente, già in precedenza rispetto all’atto qui impugnato, negato il beneficio (cfr. C e R).
Sostenere che il ricorrente avrebbe dovuto “conservare” –in futuro- gli effetti di un provvedimento di riconoscimento del beneficio assunto nel 1997 avrebbe determinato un’azione incoerente e fonte di disparità sostanziale di trattamento per gli anni accademici 2009-2011, anni per i quali il provvedimento avrebbe dovuto concretamente esplicare gli effetti.
Tutti i DD.RR. depositati in giudizio del 2006, 2007, 2008 e 2009 collocano a riposo i professori al 70° anno di età (cfr. docc. da n. 19 a n. 29: R, U, A;B, S, S, S, A, R, O, M) .
In conclusione il ricorso va respinto.
Sussistono peraltro giusti motivi, specie in considerazione degli aspetti peculiari della controversia in esame, per disporre la compensazione delle spese e degli onorari di giudizio, soprattutto in considerazione del fatto che l’ atto di secondo grado non è stato, in precedenza, omogeneamente applicato alla medesima categoria (casi C e C).