TAR Bologna, sez. I, sentenza 2023-05-17, n. 202300304
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Testo completo
Pubblicato il 17/05/2023
N. 00304/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00116/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 116 del 2017, proposto da
M G R, rappresentata e difesa dagli avvocati E L, L S e G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, CSM - Consiglio Superiore della Magistratura, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, ivi domiciliataria ex lege, via A. Testoni 6;
nei confronti
Istituto Nazionale Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato O M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Maria Flora D G, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Giubboni, Giorgio Fontana, Gabriella Guida e Vincenzo De Michele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Unione Nazionale Giudici di Pace Unagipa, Roberta Tesei, Associazione Nazionale Giudici di Pace A.N.G.D.P., rappresentati e difesi dagli avvocati Gabriella Guida, Vincenzo De Michele, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Angela R, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Nascimbene, Francesco Rossi Dal Pozzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Oreste De Angelis, rappresentato e difeso dagli avvocati E L, L S, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Associazione Got Non Possiamo Più Tacere, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Galleano, Sebastiano Bruno Caruso, Antonio Lo Faro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Unione Nazionale Italiana Magistrati Onorari - U.N.I.M.O., rappresentata e difesa dall'avvocato Giancarlo Piredda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Francesco Cocco Ortu, 75;
per l'accertamento
del diritto della ricorrente, quale giudice di pace, previa eventuale rimessione della questione di costituzionalità o di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea ovvero previa disapplicazione diretta delle norme interne ritenute incompatibili, alla costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo pieno o part-time con il Ministero della Giustizia e la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive medio tempore maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali;
o in via subordinata per la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente a causa dell’assenza di qualsivoglia tutela assistenziale e previdenziale in favore dei giudici di pace derivanti da fatto illecito del legislatore.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del CSM - Consiglio Superiore della Magistratura, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2023 il dott. P A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- L’odierna ricorrente ha svolto ininterrottamente dal 3 luglio 2002 al 31 maggio 2016 la funzione di giudice di pace, da ultimo presso la sede di Imola, ed ha cessato il servizio il 31 luglio 2019 per raggiunto limite di età (68 anni).
Ha promosso innanzi l’adito Tribunale Amministrativo azione di accertamento del diritto, quale giudice di pace - previa eventuale rimessione della questione di costituzionalità o di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea ovvero previa disapplicazione diretta delle norme interne ritenute incompatibili - alla costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo pieno o part-time con il Ministero della Giustizia in ragione della parità sostanziale di funzioni con i magistrati c.d. togati o, in subordine, comunque al conseguimento dello status di pubblico dipendente a tempo pieno o part time, con la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive medio tempore maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali.
In via ulteriormente subordinata ha chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dell’assenza di qualsivoglia tutela assistenziale e previdenziale in favore dei giudici di pace derivanti da fatto illecito del legislatore, oltre che per l’abusiva reiterazione dei rapporti a termine ex art. 36 c. 5 d.lgs. 165/2001.
Ha premesso la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 c. 1, lett. i) c.p.a., in ragione del regime di diritto pubblico caratterizzante il rapporto di lavoro dei magistrati di cui la ricorrente chiede in via principale l’assimilazione, nonché la competenza territoriale del Tribunale Amministrativo per l’Emilia Romagna in ragione del criterio della sede di servizio ex art. 13 c.p.a.
A sostegno del ricorso ha evidenziato la sussistenza, a suo dire, degli elementi che depongono per l’equiparazione, quanto alle funzioni concretamente esercitate, al magistrato c.d. togato e/o comunque degli indici sostanziali tipici per il riconoscimento ai sensi dell’art. 2126 c.c. di un rapporto di lavoro pubblico di tipo subordinato (a tempo determinato e parziale) consistenti, in sintesi: a) nello svolgimento della funzione giurisdizionale in materia civile e penale al pari dei magistrati togati, nei limiti delle competenze per materia e valore previste dalla legge; b) nell’effettivo inserimento nell’organizzazione del Ministero della Giustizia quale datore di lavoro e nel ruolo organico; c) nel dovere di osservanza di orario di lavoro predeterminato e del calendario d’udienza; d) nella retribuzione prefissata erogata mensilmente e correlata ad una parte fissa e ad una variabile; e) nel dovere di esclusività (al pari di ogni altro dipendente pubblico) se si eccettua la possibilità di svolgere l’attività forense ove svolta al di fuori del circondario; f) nell’obbligo di osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari (art. 10 c. 1, legge 374/1991) e infine nella sottoposizione, al pari di quest’ultimi, al potere disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ha dedotto pertanto, in sintesi, motivi di gravame così riassumibili:
I)violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, non ponendo l’art. 106 Cost. alcun limite alla piena equiparazione sotto il profilo del trattamento economico, previdenziale e giuridico dei magistrati onorari ai magistrati ordinari.
II) violazione dell’art. 117 c.1, Cost. per espresso contrasto tra la normativa nazionale e l’art. 12 della Carta Sociale Europea ratificata con legge n. 30/1999 (il cui valore si assume equiparabile a quello della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) secondo cui ogni lavoratore ha diritto alla sicurezza sociale, come statuito dal Comitato Europeo dei diritti sociali con la decisione 16 novembre 2016 ANGDP (Associazione Nazionale Giudici di Pace) c. Italia. Violazione della Raccomandazione CM/REC (2010) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, secondo cui il riconoscimento di una retribuzione congrua oltre che di adeguate tutele previdenziali e assistenziali è requisito fondamentale al fine di assicurare l’indipendenza e l’imparzialità del giudice.
III) VIOLAZIONE DELLA CLAUSOLA 2 DELL’ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO RECEPITO NELLA DIRETTIVA 1999/70/CE;2.VIOLAZIONE DELLA CLAUSOLA 4, COMMI 1 e 2 DELL’ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO RECEPITO NELLA DIRETTIVA 1999/70/CE e DELLA CLAUSOLA 4, COMMI 1 E 2 DELL'ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE RECEPITO DALLA DIRETTIVA 1997/81/CE;3.VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 7 DELLA DIRETTIVA 2003/88/CE SULL’ORARIO DI LAVORO, IN COMBINATO DISPOSTO DELLA CLAUSOLA 4, PUNTO 1 DELL’ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO RECEPITO NELLA DIRETTIVA 1999/70/CE e DELLA CLAUSOLA 4, PUNTO 1 DELL'ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE RECEPITO DALLA DIRETTIVA 1997/81/CE; 4.VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 1, 2, COMMA 2, LETT. A) e 6 DELLE DIRETTIVA 2000/78/CE CHE STABILISCE UN QUADRO GENERALE PER LA PARITÀ DI TRATTAMENTO IN MATERIA DI OCCUPAZIONE E DI CONDIZIONI DI LAVORO; 5. VIOLAZIONE DELLA CLAUSOLA 5, PUNTO 1, DELL’ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO RECEPITO NELLA DIRETTIVA 1999/70/CE: ad avviso della ricorrente, la normativa italiana sarebbe in aperto contrasto con la normativa UE in materia di lavoro con particolare riferimento alle suindicate direttive in tema di lavoro a tempo determinato, a tempo parziale e di antidiscriminazione, essendo irrilevante per la nozione comunitaria di “lavoratore” la qualificazione in termini di onorarietà del servizio. D’altronde la Corte di Giustizia, in riferimento ai giudici onorari inglesi, nel rilevare l’identità sostanziale delle funzioni esercitate rispetto ai giudici di carriera, avrebbe già rilevato l’illegittima disparità di trattamento nell’ordinamento del Regno Unito quantomeno in punto di mancata previsione di qualsiasi forma di tutela previdenziale (sentenza 1 marzo 2012, O’ Brien C-393/10).
Con ordinanza n. 363 del 24 giugno 2020 l’adito Tribunale Amministrativo ha disposto il rinvio ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in relazione ai seguenti quesiti interpretativi:
- “Se gli artt. 20, 21, 31, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, le direttive n. 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato (clausole 2 e 4), n. 1997/81/CE sul lavoro a tempo parziale (clausola 4) n. 2003/88/CE sull’orario di