TAR Potenza, sez. I, sentenza 2012-10-04, n. 201200460
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N. 00460/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00580/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 580 del 2007, proposto dallo Psicologo Dott. M R, rappresentato e difeso dagli Avv.ti G M e A L, come da mandato a margine del ricorso, con domicilio eletto in Potenza Viale G. Marconi n. 167;
contro
-AUSL n. 1 di Venosa, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. M A, come da mandato a margine della memoria di costituzione ed in virtù della Del. Direttore Generale n. 747 del 29.11.2007, con domicilio eletto in Potenza Viale Vincenzo Verrastro n. 29/C presso lo studio dell’Avv. C N;
-Provveditorato Regionale della Basilicata del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza e domiciliato ex lege presso gli Uffici della predetta Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza;
-Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio;
per l'annullamento:
-della nota prot. n. 43717 del 7.9.2007, con la quale il Direttore Amministrativo dell’AUSL n. 1 di Venosa, dopo aver richiamato la nota Dirigente Generale Ufficio Risorse Umane e Rapporti con il S.S.R. della Regione Basilicata prot. n. 20809 del 29.7.2003 e la nota Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia prot. n. 276430 del 2.7.2003, ha formalmente respinto l’istanza dello Psicologo Dott. M R, finalizzata al trasferimento dall’Amministrazione Penitenziaria al Servizio Sanitario, per aver svolto, in virtù di apposite convenzioni annuali, dall’1.2.1995 al 31.5.2003 l’attività lavorativa di assistenza ai detenuti ed agli internati tossicodipendenti della Casa Circondariale di Melfi, in quanto tale trasferimento era stato effettuato con riferimento ai professionisti, che svolgevano la predetta attività lavorativa alla data dell’1.7.2003;
-delle suddette note prot. n. 20809 del 29.7.2003 e prot. n. 276430 del 2.7.2003;
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AUSL n. 1 di Venosa e dell’Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2012 il dott. Pasquale Mastrantuono e uditi gli Avv.ti Vito Carella, su delega dell'Avv. A L, Silvano Sabia, su delega dell'Avv. M A, e Amedeo Speranza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Lo Psicologo Dott. M R, in virtù di apposite convenzioni annuali, ha svolto dall’1.2.1995 al 31.5.2003 (sono state versate in giudizio soltanto le convenzioni annuali, sottoscritte il 29.1.2001 ed il 28.1.2002) l’attività lavorativa di assistenza ai detenuti ed agli internati tossicodipendenti della Casa Circondariale di Melfi.
Il Dott. M con istanza del 12.5.2003, richiamando l’art. 8 della convenzione annuale, chiedeva di poter svolgere a Roma la stessa attività lavorativa con decorrenza dall’1.6.2003, poiché aveva trasferito la sua residenza nella Provincia di Roma, precisamente a Bracciano.
Tale istanza veniva accolta e, pertanto, veniva disposta contestualmente, con decorrenza dall’1.6.2003, la cancellazione del Dott. M dall’Elenco dei professionisti esperti ex art. 80, comma 4, L. n. 354/1975 dal Distretto della Corte di Appello di Potenza e la sua iscrizione presso il relativo Elenco del Distretto della Corte di Appello di Roma.
Con istanze del 9.2.2007, del 2.3.2007, del 26.3.2007 e del 23.5.2007 il Dott. M, dopo aver fatto presente che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 8, comma 1, D.Lg.vo n. 230/1999 e 1, comma 2, Decreto Interministeriale del 10.4.2000 (nell’Allegato a tale Decreto l’istante veniva espressamente individuato tra i professionisti, che dovevano essere trasferiti al Servizio Sanitario Nazionale), doveva essere trasferito al Servizio Sanitario Regionale chiedeva all’AUSL n. 1 di Venosa “contezza in ordine all’applicazione” delle predette norme.
Con nota prot. n. 43717 del 7.9.2007 il Direttore Amministrativo dell’AUSL n. 1 di Venosa, dopo aver richiamato la nota Dirigente Generale Ufficio Risorse Umane e Rapporti con il S.S.R. della Regione Basilicata prot. n. 20809 del 29.7.2003 e la nota Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia prot. n. 276430 del 2.7.2003, respingeva formalmente l’istanza dello Psicologo Dott. M R, finalizzata al trasferimento dall’Amministrazione Penitenziaria al Servizio Sanitario, in quanto tale trasferimento era stato effettuato con riferimento ai professionisti, che svolgevano la predetta attività lavorativa alla data dell’1.7.2003.
Tale nota AUSL n. 1 di Venosa prot. n. 43717 del 7.9.2007, unitamente alle richiamate note Regione Basilicata prot. n. 20809 del 29.7.2003 e Ministero della Giustizia prot. n. 276430 del 2.7.2003, sono state impugnate con il presente ricorso (notificato il 9.11.2007), deducendo la violazione dell’art. 8, comma 1, del D.Lg.vo n. 230/1999 e dell’art. 1, comma 2, e relativo Allegato del Decreto Interministeriale del 10.4.2000.
Si è costituita in giudizio l’AUSL n. 1 di Venosa, la quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.
Si è costituita in giudizio pure l’Amministrazione Penitenziaria, la quale, oltre a sostenerne l’infondatezza, ha anche eccepito “dubbi” sull’inammissibilità per difetto di giurisdizione del ricorso.
All’Udienza Pubblica del 20.9.2012 il Collegio ha evidenziato l’eccezione sul difetto di giurisdizione del Ministero, il quale ha confermato tale eccezione;indi il ricorso in epigrafe passava in decisione.
DIRITTO
L’art. 8, comma 1, D.Lg.vo n. 230/1999 stabiliva che “A decorrere dal 1° gennaio 2000 sono trasferite al Servizio Sanitario Nazionale le funzioni sanitarie svolte dall’Amministrazione Penitenziaria con riferimento ai soli settori della prevenzione e della assistenza ai detenuti e agli internati tossicodipendenti. Sono contestualmente trasferiti il relativo personale, le attrezzature, gli arredi e gli altri beni strumentali nonché le risorse finanziarie, nel rispetto dei principi contenuti nell’art. 7 D.Lg.vo n. 112/1998”.
Il primo comma di quest’ultima norma, a sua volta, precisava che “I provvedimenti di cui all’art. 7 L. n. 59/1997”, cioè i Decreti Presidente Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, di puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative, attinenti alle materie e/o funzioni che devono essere trasferite dallo Stato alle Regioni, “determinano la decorrenza dell’esercizio da parte delle Regioni e degli Enti Locali delle funzioni conferite, contestualmente all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative”.
In attuazione del predetto art. 8, comma 1, D.Lg.vo n. 230/1999, l’art. 1 Decreto Interministeriale del 10.4.2000 prevedeva che:
1) “il personale operante negli Istituti Penitenziari, nei settori della prevenzione e dell’assistenza ai detenuti tossicodipendenti”, era “individuato nell’ambito dei seguenti profili professionali: medico addetto al presidio delle tossicodipendenze, psicologo addetto al presidio delle tossicodipendenze, infermiere addetto al presidio delle tossicodipendenze” (cfr. comma 1);
2) erano “trasferiti al Servizio Sanitario Nazionale i rapporti convenzionali relativi al personale appartenente ai profili professionali di cui al comma 1 alla data del 1° gennaio 2000, determinati complessivamente in un numero di 606, di cui 172 riferiti a medici, 132 a infermieri e 302 a psicologi secondo quanto specificamente indicato nelle tabelle allegate al presente decreto del quale fanno parte integrante” (cfr. comma 2), dove venivano indicati nominativamente i professionisti, che alla data dell’1.1.2000 svolgevano l’attività lavorativa di prevenzione ed assistenza ai detenuti tossicodipendenti, tra cui il ricorrente;
3) tali “rapporti convenzionali di cui al comma 2” erano “trasferiti alle Aziende Sanitarie Locali nei cui territori” erano “ubicati gli Istituti Penitenziari ove il personale convenzionato” operava (cfr. comma 3);
4) restavano “fermi gli effetti giuridici ed economici disciplinati dalle convenzioni i cui rapporti” erano “trasferiti al Servizio Sanitario Locale”, specificando che erano “fatti salvi gli eventuali miglioramenti spettanti fino alla scadenza del rapporto convenzionale in atto i cui oneri saranno determinati e trasferiti al Servizio Sanitario Locale con successivi provvedimenti” (cfr. comma 4).
Dalle lettura delle convenzioni, relative agli anni 2001 e 2002, sottoscritte rispettivamente il 29.1.2001 ed il 28.1.2002 dall’Amministrazione Penitenziaria e dal ricorrente, depositate dall’Avvocatura dello Stato, si evince chiaramente che tali rapporti convenzionali assumevano la configurazione di contatti di parasubordinazione, tenuto conto che nello svolgimento dell’attività professionale il ricorrente doveva attenersi alle disposizioni di carattere organizzativo (la cui violazione poteva comportare la risoluzione del rapporto), impartite dal Direttore della Casa Circondariale di Melfi, concordando con quest’ultimo i giorni e l’orario delle 35 ore mensili di lavoro, le quali venivano remunerate secondo un compenso prestabilito, che non faceva riferimento alle tariffe professionali, con la puntualizzazione che “la rinuncia all’incarico, da parte del professionista, adeguatamente motivata” o “la revoca dell’incarico con effetto immediato, da parte della Direzione, per la riduzione dei fondi di stanziamento in bilancio o la soppressione del servizio, non” comportavano “la cancellazione” dall’Elenco dei professionisti esperti ex art. 80, comma 4, L. n. 354/1975 (cfr. art. 8, comma 5, delle predette convenzioni annuali).
Pertanto, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso in esame per difetto di giurisdizione, attesocchè, ai sensi dell’art. 409, nn. 3) e 5), C.P.C., la cognizione dei rapporti di parasubordinazione spetta alla cognizione del Giudice Ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro, anche se instaurati con una Pubblica Amministrazione (per quanto riguarda la fattispecie analoga dell’incarico di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 7, comma 6, D.Lg.vo n. 165/2001 cfr. Sentenza TAR Basilicata n. 28 del 4.2.2008, con la quale è stato statuito che incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, essendo disciplinati dal D.Lg.vo n. 165/2001, fanno parte della materia del pubblico impiego privatizzato e perciò spettano alla cognizione del Giudice Ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro).
In ogni caso, anche se il rapporto tra il ricorrente e l’Amministrazione Penitenziaria dovesse essere qualificato come di lavoro subordinato, va rilevato che, ai sensi dell’art. 63 D.Lg.vo n. 165/2001, la materia del pubblico impiego privatizzato è stata devoluta interamente al Giudice Ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro, eccetto che per le controversie in materia di procedure concorsuali e per le impugnazioni degli atti di macroorganizzazione.
Parimenti, se dovesse ritenersi che tale rapporto convenzionale sia un contratto di lavoro autonomo di natura professionale, la controversia in commento spetterebbe al Giudice Ordinario, in quanto nell’ambito della fase esecutiva di tali contratti sussistono solo posizioni giuridiche di diritto soggettivo e non anche interessi legittimi, la cui tutela, ai sensi dell’art. 103, comma 1, della Costituzione, spetta esclusivamente al Giudice Amministrativo.
Né il rapporto convenzionale, oggetto della controversia in esame, può essere qualificato come una concessione di servizio pubblico, né attiene ad un procedimento di evidenza pubblica, finalizzato alla selezione del contrante di un appalto di pubblico servizio, le cui fattispecie sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.
Comunque, va sottolineato che la pretesa del ricorrente al trasferimento dall’Amministrazione Penitenziaria al Servizio Sanitario Regionale assume la configurazione non di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo, in quanto le norme sopra indicate prevedono tassativamente il trasferimento dallo Stato al Servizio Sanitario del personale, impiegato nella prevenzione ed assistenza dei detenuti e degli internati tossicodipendenti, cioè un’attività amministrativa vincolata, con riferimento alla quale il ricorrente vanta un diritto soggettivo, e non un’attività discrezionale, nei cui confronti sussiste un interesse legittimo.
Perciò, in ogni caso, anche in applicazione dell’ordinario criterio di discrimine della giurisdizione ex art. Art. 2 L. n. 2248 All. E del 1865, la cognizione della controversia in commento spetta alla cognizione del Giudice Ordinario.
In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del ricorso in esame ed, ai fini della translatio judicii, va indicato il Giudice Ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro.
Pertanto, tale Autorità Giudiziaria, dopo aver accertato fino a quando il ricorrente ha lavorato presso la Carcere di Melfi, dovrà stabilire se, tenuto pure conto dell’art. 7, comma 1, D.Lg.vo n. 112/1998, il trasferimento dall’Amministrazione Penitenziaria al Servizio Sanitario Regionale spettava al personale che, alla data dell’1.1.2000, espletava l’attività lavorativa di prevenzione ed assistenza dei detenuti e degli internati tossicodipendenti e/o che era stato nominativamente individuato nell’Allegato al Decreto Interministeriale del 10.4.2000 oppure al personale che svolgeva tale attività lavorativa alla data dell’effettivo trasferimento delle suddette funzioni dallo Stato al Servizio Sanitario, avvenuto l’1.7.2003, fermo restando che i Psicologi da trasferire non potevano essere complessivamente più di 302, cioè che gli iniziali 302 Psicologi, individuati nell’Allegato al Decreto Interministeriale del 10.4.2000, potevano essere sostituiti dai 302 Psicologi, che alla data dell’1.7.2003 svolgevano la medesima attività lavorativa, con eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dello Psicologo Dott. V N, che aveva sostituito il ricorrente dopo il suo cambio di residenza nella Provincia di Roma.
Tenuto conto del non facile criterio discretivo della giurisdizione nella controversia in esame, sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.