TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-06-06, n. 202300534
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Testo completo
Pubblicato il 06/06/2023
N. 00534/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00780/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 780 del 2017, proposto da
-ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati E M, P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Torino, via Arsenale, 21;
per l'annullamento
- del decreto prot. n. -OMISSIS- in data -OMISSIS- del Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, a firma del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, con il quale è stata disposta nei confronti del ricorrente l'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi 4 (quattro), ai sensi dell'art. 6, n. 1, in relazione all'art. 4, n. 18 e art. 6, n. 8, del D.P.R. n. 737/1981;
- di ogni altro atto presupposto, antecedente e conseguente, quali, in particolare, la delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina per la Provincia di Torino del -OMISSIS-;la nota prot. -OMISSIS- del Questore di Vercelli;la nota prot. -OMISSIS- del Questore di Vercelli;la nota prot. -OMISSIS- con cui la Questura di Torino ha comunicato l'avvio del procedimento disciplinare;la nota del -OMISSIS- di contestazione degli addebiti;la delibera del -OMISSIS- del Consiglio di Disciplina della Provincia di Torino;il decreto n. -OMISSIS- del -OMISSIS- del Capo della Polizia, nonché di tutti gli atti del procedimento disciplinare instaurato nei confronti del ricorrente,
- e per la condanna delle Amministrazioni resistenti al versamento delle retribuzioni medio tempore non corrisposte al ricorrente ed all'eliminazione di tutti gli effetti dei provvedimenti impugnati, nonché al risarcimento dei danni patiti e patiendi che ci si riserva di quantificare in corso di causa;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 24 maggio 2023 il dott. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Il sig. -ricorrente-, assistente della Polizia di Stato in servizio presso il V Reparto mobile della Questura di Torino, veniva sanzionato con sospensione dal servizio per quattro mesi con decreto del Capo della Polizia del -OMISSIS- con la seguente motivazione: “ allo scopo di nascondere alla Questura di Vercelli ove, all’epoca dei fatti prestava servizio, di essere caduto in coma per overdose a seguito di assunzione volontaria di cocaina, simulava le tracce di una rapina mai avvenuta. Per tale motivo veniva sottoposto dal Tribunale di Napoli a procedimento penale per simulazione di reato che si concludeva con la sua assoluzione per sopravvenuta prescrizione del reato ascrittogli. Nella circostanza si rendeva responsabile di comportamenti penalmente rilevanti, non conformi al decoro delle funzioni di appartenente ai ruoli dell’amministrazione della P.S. ”.
2. – Il provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dal sig. -ricorrente- con rituale ricorso a questo Tribunale, corredato da domanda cautelare e affidato a cinque profili di doglianza, sunteggiati di seguito:
2.1. – Violazione di legge per contrasto con gli artt. 4 e 6 D.P.R. 737/1981 nonché per contrasto con l’art. 3 legge n. 241/1990. Carenza motivazionale e contraddittorietà con le risultanze dell’istruttoria. Ingiustizia grave e manifesta.
Siccome la sanzione irrogata muoverebbe dal presupposto che il ricorrente abbia assunto volontariamente droghe, essa incapperebbe fatalmente nel vizio di travisamento fattuale e carenza di presupposti in quanto tutti gli accertamenti medico-legali e tossicologici successivi all’accaduto hanno dato esito negativo per quanto concerne la presenza nel sangue e nelle urine di sostanze stupefacenti.
2.2. – Violazione di legge per contrasto con l’art. 3 L. 241/1990 e con l’art. 1 D.P.R. 737/1981. Carenza assoluta di motivazione e difetto di istruttoria. Ingiustizia grave e manifesta.
Per quanto detto sub a), il provvedimento sconterebbe anche un deficit motivazionale atteso che non potrebbe rinvenire la propria ragione fondante nella presunta assunzione di sostanze stupefacenti, confutata in fatto e denegata dalla stessa Commissione medica;ne riverrebbe l’illegittimità della sanzione non avendo l’Amministrazione individuato altra ragione che potesse giustificare la condotta di simulazione di reato e falsa attestazione che è stata assuntamente imputata al ricorrente.
2.3. – Violazione di legge per contrasto con gli artt. 31 D.P.R. 737/19781 e 103 D.P.R. 3/1957, con l’art. 55- bis D.Lgs. 165/2001. Violazione del principio di legittimo affidamento, non aggravamento e di tempestività dell’azione disciplinare. Eccesso di potere per tardività.
Il provvedimento disciplinare sarebbe, altresì, viziato per tardività giacché, da un lato, violerebbe l’art. 103 D.P.R. 3/1957 giusta il quale l’ufficio del personale dovrebbe contestare subito gli addebiti al dipendente e, dall’altro, trasgredirebbe il dettato dell’art. 55- bis d.lgs. 165/2001 che fissa in trenta giorni il termine perentorio per la contestazione dell’addebito. Orbene, l’Amministrazione sarebbe stata informata della diagnosi di “assunzione di droghe” da parte del ricorrente già in data 3 dicembre 2008 con la trasmissione della relazione di dimissione da parte dell’A.S.L. di Latina;successivamente, gli accertamenti della Commissione medica di Torino si sono conclusi il 24 novembre 2009, ma la contestazione degli addebiti è avvenuta solo in data 20 ottobre 2016, con palese tardività rispetto al verificarsi delle condotte incriminate.
Del pari, anche la sanzione relativa alla simulazione di reato sconterebbe un profilo di insanabile tardività a mente del fatto che il relativo iter disciplinare risulterebbe avviato solo successivamente alla pubblicazione della sentenza del Tribunale di Napoli di estinzione del reato per prescrizione, laddove avrebbe dovuto essere promosso non appena l’Amministrazione è venuta a conoscenza dell’accaduto, potendo autonomamente apprezzare i risvolti disciplinari della vicenda.
Infine, il ricorrente lamenta l’inosservanza del termine massimo per la conclusione del procedimento disciplinare – fissato in 45 giorni dalla contestazione degli addebiti – ed ampiamente traguardato dall’Amministrazione che ha ben diversamente impiegato 237 giorni per definire la procedura.
2.4. – Violazione di legge per contrasto con l’art. 25 Cost. e gli artt. 4 e 6 c.p.p.. Eccesso di potere per incompetenza. Ingiustizia grave e manifesta.
Secondo la tesi attorea, la ritenuta condotta di simulazione delle tracce di un reato inesistente sarebbe stata inammissibilmente posta a fondamento dell’addebito disciplinare trascurando il fatto che la cognizione di tali fatti dovrebbe essere riservata al giudice penale esulando dalla sede disciplinare. In altre parole, il Ministero non avrebbe alcun titolo per determinare se il ricorrente abbia effettivamente posto in essere una simulazione di reato, in ciò incorrendo in eccesso di potere.
2.5. – Violazione di legge per contrasto con l’art. 97 Cost. e con gli artt. 1 e 3 L. 241/1990. Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per carenza motivazionale, contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità.
Da ultimo, il ricorrente denuncia la contraddittorietà del provvedimento a mente del fatto che la prima proposta di sanzione era stata restituita con rilievi dal Capo della Polizia in quanto lacunosa delle ragioni oggettivamente ed incontrovertibilmente idonee a giustificare la proposta in distonia rispetto alle conclusioni del funzionario istruttore. Senonché, la seconda proposta sanzionatoria sarebbe stata supinamente avallata dal Capo della Polizia pur non recando elementi esplicativi ulteriori, anzi ricalcando pedissequamente la prima motivazione.
3. – Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno che ha chiesto la reiezione del gravame.
4. – In esito alla trattazione cautelare nella camera di consiglio del 6 settembre 2017, il Collegio ha respinto la domanda sospensiva sul rilievo dell’assenza prima facie di apprezzabili profili di fumus boni iuris , tenuto conto che la condotta – pressoché conclamata – del ricorrente, consistente nell’aver simulato un reato inesistente, appare di per sé sufficiente a giustificare l’irrogazione della sanzione impugnata e, parimenti, non sembra poter assumere rilievo decisivo, in senso contrario, la sentenza del giudice penale di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, tenuto conto che la formula adottata non è equiparabile a quella di piena assoluzione, ostandovi il disposto dell’art. 129 c.p.p..
5. – La causa è venuta alla discussione dell’udienza pubblica del 24 maggio 2023 ed è stata trattenuta in decisione.
6. – Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
7. – Le prime due censure rasentano la pretestuosità insistendo nel negare ciò che emerge con evidenza dai referti medici di pronto soccorso e dalla documentazione medico-legale ossia che il coma cerebrale in cui era caduto il -ricorrente- fosse stato causato da una overdose di cocaina. Tale diagnosi è stata poi confermata per ben quattro volte dalle varie Commissioni mediche ospedaliere, prima di Caserta, poi di Torino, che hanno reiterato il giudizio di inidoneità al servizio, venuto meno solo un anno dopo l’accaduto. Né appaiono decisivi a spostare i termini della questione le risultanze della perizia medico-legale disposta privatamente dal -ricorrente-, secondo la quale gli accertamenti clinico-diagnostici condotti dall’Ospedale di Formia rivestirebbero esclusiva valenza clinica e non risulterebbero sufficientemente dettagliati per gli scopi medico-legali essendo mancato il riscontro dei principali metaboliti della cocaina, cioè la benzoilcgonina e la ecgoninametilestere.
Al riguardo pare condivisibile quanto osservato in sede di proposta di sorveglianza sanitaria periodica che ha ritenuto non effettuabile, né giustificata dalle circostanze del caso l’analisi maggiormente approfondita adombrata dal consulente di parte, essendo risultato bastevole l’esame clinico dello stato comatoso con la positività alla cocaina registrata in cartella, in un quadro clinico-nosologico sufficientemente univoco.
Indi, contrariamente a quanto strenuamente affermato dalla difesa del ricorrente, non appare revocabile in dubbio l’eziopatogenesi del malore e la correlata assunzione di sostanze stupefacenti, con conseguente infondatezza dei primi due motivi di ricorso.
8. – Parimenti si appalesa destituita di ogni fondamento la terza censura.
Valga al riguardo osservare la palese inconferenza del primo referente normativo evocato – l’art. 55- bis d.lgs. 165/2001 – applicabile con ogni evidenza ai comparti del pubblico impiego privatizzato e non alle Forze di Polizia, soggette ancora al regime di diritto pubblico ex art. 3 d.lgs. cit. Del pari, non possono trovare applicazione le disposizioni generali del D.P.R. n. 3 del 1957 in quanto esse godono expressis verbis di applicazione solo residuale e sussidiaria per quanto non previsto dal D.P.R. 737/1981 in materia di disciplina e procedura (v. art. 31 D.P.R. 737/1981).
Mutatis mutandis , la fattispecie de qua è espressamente regolata dall’art. 9, co. 6 D.P.R. 737/1981 - in quanto procedimento disciplinare scaturito da sentenza penale dichiarativa dell’intervenuta prescrizione - a rigore della quale la promozione dell’azione disciplinare deve avvenire entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della stessa all’Amministrazione: nella specie, la sentenza del Tribunale di Napoli n. -OMISSIS- è stata depositata il -OMISSIS- ed è stata acquisita dalla Questura di Torino il 13 ottobre 2016 con successiva contestazione degli addebiti intervenuta il 20 ottobre 2016. Dunque, l’avvio dell’azione disciplinare si appalesa con ogni evidenza e sotto ogni profilo tempestivo.
Né vale a scalfire tali considerazioni l’eccepita inosservanza del termine di 45 giorni, dettato dall’art. 19 D.P.R. cit. per la sola conclusione dell’inchiesta disciplinare a cura del funzionario istruttore, atteso che esso ha, per pacifica giurisprudenza amministrativa consacrata dall’Adunanza plenaria n. 10 del 2006 da cui il Collegio non ritiene di discostarsi, natura ordinatoria ed è, pertanto, insuscettibile di dispiegare efficacia viziante degli esiti provvedimentali ( cfr. ex plurimis T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 23/09/2021, n.9880;T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. IV, 17/01/2012, n.150).
9. – Venendo alla quarta censura, il Collegio osserva che il ricorrente contesterebbe il fatto in sé che l’Amministrazione abbia autonomamente valutato la condotta penalmente rilevante desumendone elementi di pertinenza disciplinare.
9.1. – La censura è manifestamente inconferente. Vale in primo luogo rilevare che la pronuncia dichiarativa di prescrizione emessa dal Tribunale di Napoli ha accertato l’insussistenza di cause di non punibilità maggiormente liberatorie nel merito a norma dell’art. 129, co 2 c.p.p., indi non può invocare nella specie la valenza pregiudicante della sentenza penale nel giudizio disciplinare di cui all’art. 653 c.p.p. Ben diversamente, deve trovare applicazione nella fattispecie de qua l’art. 9, co. 6 D.P.R. 737/1981 per cui l’Amministrazione può desumere elementi di rilevanza disciplinare da un procedimento penale, comunque definito. Siffatta previsione costituisce eminente espressione dell’autonomo apprezzamento sotteso alla potestà disciplinare dell’Amministrazione e non invade, come affermerebbe invece la tesi attorea, la sfera di cognizione del giudice penale: più ragionevolmente, per un principio di economicità e coerenza dei procedimenti a valenza sanzionatoria l’ordinamento non disperde il compendio probatorio raccolto in sede penale, pur se il relativo iter si concluda con pronuncia non di merito, e ne assicura la valenza pan-ordinamentale ai distinti fini disciplinari.
9.2. – Tale autonomia di apprezzamento è costantemente ribadita dalla giurisprudenza amministrativa ( cfr . tra le più recenti, Consiglio di Stato sez. II, 16/02/2022, n.1157 “ Legittimamente l'Amministrazione può promuovere il procedimento disciplinare contestando al pubblico dipendente la condotta fatta oggetto dell'imputazione nel processo penale conclusosi con sentenza irrevocabile di non luogo a procedere in ordine al reato ascritto perché estinto per prescrizione e altrettanto legittimamente può applicare la sanzione disciplinare ove disattenda le controdeduzioni eventualmente svolte dal dipendente a sua difesa sulla base di autonomi elementi di valutazione tratti da tutti gli atti formati ed acquisiti nell'ambito del procedimento penale ”) e vale di per sé a respingere la censura in esame. Nel caso di specie, difatti, l’Amministrazione della pubblica sicurezza ha autonomamente valutato la condotta del dipendente che ha deliberatamente sporto denuncia per un fatto rimasto del tutto indimostrato – la rapina del proprio tesserino e della propria placca personale – anzi, insanabilmente contrastante con le prime dichiarazioni rese dai suoi genitori e dal personale sanitario operante presso l’Ospedale di Formia. L’acclarata insussistenza dei presupposti per formule più favorevolmente liberatorie in sede penale (per insussistenza del fatto o per non averlo commesso) ha spianato la strada all’apprezzamento dell’Autorità disciplinare, che si è autonomamente determinata secondo i referenti deontologici dell’ordinamento di appartenenza.
10. – La quinta e ultima censura, come sunteggiato dianzi, contesta l’asserita carenza motivazionale del provvedimento rinnovato a seguito della restituzione degli atti da parte del Capo della Polizia.
10.1. – La censura non coglie nel segno, trascurando fallacemente che, all’esito della riconvocazione, il Consiglio di disciplina ha evidenziato i profili che motivavano lo scostamento della proposta finale dell’inchiesta disciplinare rassegnata dal funzionario istruttore, ossia la derubricazione dalla destituzione alla sospensione per tre mesi – elevati poi a quattro. All’uopo, il Consiglio ha positivamente valutato il curriculum disciplinare dell’interessato, il conseguimento di riconoscimenti e premi nonché l’indiscutibile risalenza nel tempo dei fatti contestati, pur ribadendone la gravità intrinseca.
10.2. – In definitiva, il nuovo verbale della seduta dell’-OMISSIS- corrisponde alla richiesta del Capo della Polizia, che esigeva l’enucleazione delle specifiche ragioni poste a base della derubricazione. Diversamente da quanto opinato dalla difesa del -ricorrente-, il nuovo verbale esprime in modo inequivoco l’intento di discostarsi dalla proposta del funzionario istruttore valutando positivamente una pluralità di elementi a favore dell’interessato. Ne riviene che si appalesa infondata la deduzione censoria di deficit motivazionale o illogicità per identità motivazionale rispetto alla precedente delibera.
11. – Tutto quanto considerato, il ricorso si conferma complessivamente infondato e deve essere respinto.
12. – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.