TAR Venezia, sez. II, sentenza 2023-05-11, n. 202300620

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2023-05-11, n. 202300620
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300620
Data del deposito : 11 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/05/2023

N. 00620/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01985/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1985 del 2008, proposto da I M, D F, A M e M M, rappresentati e difesi dagli avvocati G R, D T Z, B P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Rubano (PD), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A V, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia-Marghera, via delle Industrie, 19/C P. Libra;

nei confronti

I T, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriele Maso e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
Impresa G.M. Gallinaro M., non costituita in giudizio ;

per l'annullamento

della determina del Comune di Rubano, Area pianificazione del Territorio, prot. n.11793, del 24 giugno 2008, con la quale, accertata l'esecuzione di opere in difformità dal permesso di costruire n. C0027/06 del 22 febbraio 2006 ed in contrasto con le norme urbanistiche perché il fabbricato è stato costruito ad una distanza dal confine nord minore di ml. 5,00, è stato determinato in € 24.819,54 1'ammontare della sanzione ai sensi dell'art. 34 D.P.R. 380/2001, ingiungendone il pagamento ai Signori M I e F D committenti proprietari, nonché alla Impresa G.M. di Gallinaro Michelle, assuntore di lavori, e al geom. I T, progettista e direttore dei lavori, entro 30 giorni dalla notifica, dando atto che il medesimo atto annulla e sostituisce la precedente ingiunzione di pagamento in data 19 ottobre 2007, prot. n. 18908;

della determina del Comune di Rubano, Area pianificazione del territorio, prot. 11791, del 24 giugno 2008, con la quale, accertata l'esecuzione di opere in difformità dal permesso di costruire n. C0026/06 del 21 febbraio 2006 ed in contrasto con le norme urbanistiche perché il fabbricato è stato costruito ad una distanza dal confine nord minore di ml. 5,00, è stato determinato in € 25.498,12, l'ammontare della sanzione ai sensi dell’art. 34 D.P.R 2001, ingiungendone il pagamento ai signori M A e M M, committenti /proprietari, nonché all'Impresa G.M. di Gallinaro Michelle, assuntore dei lavori, e al geom. I T, progettista e direttore dei lavori, entro 30 giorni dalla notifica, dando atto che il medesimo atto sostituisce e annulla la precedente ordinanza, prot. n. 18906 del 19 ottobre 2007;

nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rubano (PD) e del signor I T;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’articolo 87, comma 4 bis cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza di smaltimento dell’arretrato, tenuta da remoto in conformità alle vigenti disposizioni processuali, la dott.ssa E G, e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espongono i ricorrenti:

- di essere risultati assegnatari di alcune aree PEPP in località Villaguattera di Rubano, ove era prevista la realizzazione di una residenza quadrifamiliare “a schiera”, e in particolare dei due lotti centrali;

- che la cessione delle aree veniva effettuata in epoche diverse, tanto che essi acquistavano i loro terreni dal Comune solo nel novembre del 2005, circa un anno dopo l’acquisizione, da parte degli altri proprietari, dei lotti di testa;

- che questi ultimi, ottenuti i titoli edilizi, incaricavano il geom. I T della direzione lavori e l’impresa Edile G.M. di Gallinaro dell’appalto dei lavori di costruzione delle loro due unità e che l’impresa già nei mesi di agosto/settembre 2005 eseguiva il picchettamento, il tracciamento e il getto delle fondamenta dell’intero edificio quadrifamiliare, senza il consenso dei ricorrenti, che non erano ancora proprietari delle aree, non avevano sottoscritto il contratto di appalto con l’impresa né ottenuto il permesso di costruire;

- che il Comune di Rubano, a seguito di sopralluogo, rilevava che i lavori erano già iniziati anche nei due lotti per i quali il titolo edilizio non era stato richiesto, quindi ordinava la sospensione dei lavori e successivamente rilasciava il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001, a fronte di una sanzione pecuniaria per l’abuso formale, che i ricorrenti pagavano;

- che il direttore dei lavori nel gennaio del 2007 denunciava al Comune, ex articolo 29 del TU edilizia, un errore di posizionamento dell’edificio, costruito ad una distanza inferiore a 5 metri dal confine nord (rispetto al limitrofo terreno di proprietà comunale), in violazione dell’art. 21.3 delle NTA del vigente PRG, addebitandone la responsabilità all’impresa di costruzione e dando contestualmente le sue dimissioni dall’incarico;

- che il Comune di Rubano, a seguito della denuncia, ordinava nuovamente la sospensione dei lavori con ordinanze n. 4 e 5 del 6 febbraio 2007;

- che i ricorrenti, unitamente agli altri committenti, presentavano istanza al Tribunale di Padova per l’accertamento tecnico preventivo in merito ai lavori eseguiti ed al posizionamento del fabbricato rispetto ai confini;

- che -pendente tale procedimento- il Comune notificava ai ricorrenti, oltre che al direttore lavori e all’impresa edile, due ordinanze di irrogazione della sanzione pecuniaria;
tali atti venivano impugnati avanti al TAR ma, nelle more dell’udienza per l’esame dell’istanza cautelare, il Comune, con atto notificato il 21 gennaio 2008, li annullava nella parte in cui subordinavano la prosecuzione dei lavori al pagamento della sanzione;

- che dopo il deposito della CTU il Comune emanava nuovi provvedimenti di irrogazione della sanzione pecuniaria ex art. 34 del D.P.R. 380/2001 in sostituzione dei precedenti, ricalcolandone gli importi, ora determinati in 24.819,50 euro per i signori M I e F D ed in 25.498,12 euro per i signori M A e M M. In entrambi i casi come obbligati in solido al pagamento delle somme venivano indicati anche l’assuntore dei lavori e il direttore tecnico.

Tanto premesso in fatto, gli esponenti impugnano i provvedimenti da ultimo menzionati, censurandoli per i seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del DPR 380/2001. Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti . I provvedimenti non considerano la completa estraneità dei ricorrenti rispetto alla violazione contestata, né la posizione di garanzia del direttore lavori sulla conformità della costruzione alle norme edilizie e al progetto. I ricorrenti, invero, all’epoca di realizzazione delle fondazioni, non erano nemmeno proprietari – committenti dei lavori. Difettano quindi i presupposti per l’irrogazione della sanzione, atteso che l’art. 29 del TU Edilizia consente ai soggetti responsabili solidalmente delle opere abusive di dimostrare la loro estraneità dall’abuso. Né il provvedimento considera che il confine con il limitrofo terreno comunale all’epoca non era delimitato né certo, tanto che solo il CTU nominato dal Tribunale di Padova ha effettuato i necessari rilievi ed individuato precisamente i confini delle proprietà.

II . Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 dpr 380/2001. Eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione . La violazione sanzionata consiste in una lieve traslazione del fabbricato dovuta ad un’erronea ricognizione del confine e quindi all’erroneo tracciamento delle fondazioni;
si tratta quindi di una difformità rispetto al titolo edilizio che non è idonea a comportare alcun beneficio ai proprietari né alcun aumento di valore venale dell’immobile e pertanto risulta inapplicabile l’articolo 34 del TU edilizia, il quale presuppone che l’abuso contestato abbia comportato un incremento di valore locativo dell’immobile, che infatti costituisce parametro assunto a base di calcolo della sanzione pecuniaria.

III. Ulteriore violazione di legge in relazione agli artt. 3 L. n. 241/1990;
29 e 34 DPR 380/2001. Eccesso di potere per carenza di presupposto, di motivazione, di istruttoria, travisamento dei fatti
. La CTU acquisita nel corso del contenzioso civile ha evidenziato l’inidoneità dei dati forniti dal Comune ai fini della determinazione del confine;
nonostante ciò l’amministrazione, anziché annullare le precedenti ingiunzioni, ha emesso nuovi provvedimenti fondati su presupposti di calcolo in parte diversi e con una modesta riduzione delle sanzioni. Gli atti censurati sono quindi viziati da perplessità, incertezza ed erroneità;

IV . Ulteriore violazione di legge in relazione agli artt. 3 legge n. 241/1990;
29 e 34 DPR 380/2001, 13, 15, 16, 17, 28 Legge n. 292/1978. Eccesso di potere per carenza di presupposto, di motivazione e illogicità manifesta
. Con l’ultimo motivo i ricorrenti contestano le modalità di quantificazione della sanzione, sotto plurimi profili:

- in ragione dell’aggiornamento del costo base di produzione alla variazione ISTAT, perché non è possibile incrementare l’importo della sanzione utilizzando meccanismi non espressamente previsti;

- in relazione all’applicazione dei coefficienti correttivi del costo base previsti agli articoli 15, 16 e 17 della legge 292/78, ancorché l’immobile sia inserito in un Piano di edilizia economica popolare;

- in ragione dell’applicazione del costo di produzione alla superficie lorda, anziché al netto dei muri perimetrali e delle tramezze interne.

I ricorrenti domandano poi il risarcimento dei danni, che ascrivono alla sospensione dei lavori dal 6 febbraio 2007 al 21 gennaio 2008. Tale evento avrebbe recato un grave pregiudizio sia in termini di stress sia in termini economici, considerato l’aumento dei costi e l’intervenuta risoluzione del contratto di appalto con l’impresa Gallinaro, circostanza che ha imposto ai ricorrenti di cercare altra impresa per completare i lavori e ha comportato un differimento dei tempi di realizzazione dell’immobile. Essi quantificano indicativamente i danni patiti in complessivi 256.000 euro.

Si sono costituiti per resistere al ricorso il Comune intimato ed il controinteressato geom. T.

L’amministrazione ha eccepito in rito l’inammissibilità del ricorso per intervenuto riconoscimento dell’abuso e comunque per accettazione della sanzione pecuniaria alternativa, che è stata richiesta dagli stessi ricorrenti nel corso del procedimento (nota 26 marzo 2006), deducendo quindi che essi non ne possono quindi ora contestarne giudizialmente l’ an . Nel merito ha replicato agli argomenti dedotti nel gravame, sostenendone l’infondatezza.

Il geom. T ha evidenziato che il ricorso dallo stesso promosso avverso le ordinanze qui censurate è stato recentemente definito con sentenza 1300/2022, che ha annullato i provvedimenti nella parte in cui includono il direttore lavori tra i soggetti obbligati in solido al pagamento delle sanzioni pecuniarie irrogate.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 872/2008.

Il ricorso è stato quindi chiamato all’udienza di smaltimento dell’arretrato del 4 aprile 2023, tenutasi da remoto in conformità alle vigenti disposizioni processuali, ed è stato quindi trattenuto in decisione.

DIRITTO

Oggetto di gravame sono i due provvedimenti con i quali l’ufficio tecnico del Comune di Rubano ha ingiunto ai ricorrenti, proprietari delle due unità centrali di un edificio a schiera quadrifamiliare, in solido con il direttore lavori e con l’impresa edile, il pagamento a termini dell’articolo 34, comma 2 del TU Edilizia di sanzioni alternative alla demolizione per le opere ritenute non sanabili e non suscettibili di demolizione senza pregiudizio per le parti in conformità (trattandosi di interventi consistenti nella traslazione delle unità immobiliari e ubicazione ad una distanza dal confine inferiore a quella assentita e prevista dalle norme urbanistiche).

La decisione del ricorso può prescindere dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune resistente, stante l’infondatezza nel merito del gravame.

Va anzitutto disatteso il primo motivo, con il quale i ricorrenti assumono che l’ordinanza sarebbe in contrasto con l’articolo 29 del D.P.R. 380/2001 e viziata da errata valutazione dei presupposti, in quanto essi non sono responsabili dell’abuso e, comunque, non erano proprietari dell’immobile al momento dell’avvio dei lavori. La prospettazione non può essere condivisa.

Anzitutto va sottolineato che la sanzione di cui all’art. 34, comma 2 del Tu edilizia ha natura ripristinatoria e non afflittiva.

Inoltre nel caso di specie i deducenti non solo sono i proprietari dell’immobile realizzato in violazione delle disposizioni urbanistiche che imponevano una distanza minima dal confine, ma sono anche titolari del permesso di costruire e committenti dei lavori, ancorché questi siano di fatto iniziati prima del passaggio di proprietà.

Essi rientrano quindi tra i soggetti ai quali la richiamata disposizione del Testo unico ascrive la responsabilità solidale per gli abusi edilizi, che risultano in specie incontestati.

Va evidenziato, inoltre, che l’applicazione della sanzione ex art. 34, comma 2, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, al proprietario prescinde dall’accertamento della sussistenza o meno di una sua responsabilità. Infatti “ l’alternatività rispetto all’ordine di demolizione comporta che la predetta sanzione condivida il carattere reale e ripristinatorio dell’ordine giuridico violato propri di questo con conseguente possibilità di irrogazione anche nei confronti dell’attuale proprietario anche se incolpevole ed in buona fede (cfr. Tar Puglia, Bari, Sez. III, 16 novembre 2016, n.1290;
Tar Toscana, Sez. III, 17 febbraio 2012, n. 361;
Tar Veneto, Sez. II, 8 febbraio 2012, n. 204). (…) In altre parole, così come il proprietario ove provi di essere incolpevole può sottrarsi all’acquisizione gratuita dell’area su cui insiste l’opera abusiva ma non alla demolizione, allo stesso modo non può sottrarsi dal pagamento della sanzione alternativa alla demolizione, ferma restando in ogni caso la possibilità (di cui pare si sia avvalsa la ricorrente) di rivalersi in regresso nelle sedi competenti, laddove siano accertati i presupposti di responsabilità nei confronti della propria dante causa (ex art. 1298 c.c.)
.” (TAR Veneto, Sez. II, 15 febbraio 2018, n. 174;
T.A.R. Emilia-Romagna, Parma Sez. I, 15 novembre 2022, n. 321;
Cons. Stato Sez. II, 5 novembre 2019, n. 7535).

Deve essere respinta anche la seconda censura, secondo cui la mera traslazione dell’immobile, senza incrementi di superficie e volume, non sarebbe passibile di sanzione pecuniaria, perché non ha aumentato il valore dell’edificio;
il ripristino e la sanzione alternativa sono connessi infatti esclusivamente alla violazione delle norme che regolano l’edificazione e non sono condizionati dall’accertamento di un effettivo incremento di valore dell’immobile interessato. La natura e tipologia dell’abuso non può, quindi, determinare l’inoperatività della sanzione pecuniaria alternativa. Infatti “ La disposizione di cui all’art. 34, co. 1, del D.P.R. n. 380/2001, prevede che gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire siano rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio. La misura reale della rimozione o della demolizione costituisce la conseguenza tipica e primaria rispetto alle altre sanzioni che sono deroghe alla previsione generale. Ciò vale anche per la c.d. fiscalizzazione prevista dalla regola racchiusa nel secondo comma dell’art. 34 t.u.e. e destinata ad operare solo laddove la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità. In tale ipotesi il legislatore intende salvaguardare le opere legittimamente eseguite evitando il pregiudizio che alle stesse deriverebbe dalla demolizione delle parti difformi. La scelta legislativa non consiste, quindi, nell’abdicare dal sanzionare la difformità ma, al contrario, nel sostituire la misura reale con una sanzione pecuniaria variamente calibrata a seconda dell’uso dell’immobile. L’ordinamento esige, quindi, una risposta “sanzionatoria” non consentendo di deflettere da tale proposito se non in casi espressamente previsti dallo stesso legislatore cui solo compete stabilire, modulare o escludere la pretesa punitiva .” (Cons. Stato, Sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8170).

Va disatteso anche il terzo motivo, atteso che l’incertezza della linea di confine a nord del lotto dei ricorrenti non poteva legittimare tout court l’avvio dei lavori, ma avrebbe richiesto un previo accertamento dell’esatta perimetrazione della proprietà. Né è configurabile un legittimo affidamento, atteso che l’attività di repressione degli abusi edilizi ha natura vincolata, non richiede una comparazione con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, e che rispetto ad una situazione di fatto abusiva non può consolidarsi alcun affidamento degno di tutela.

Per quanto concerne il quantum della sanzione, censurato con il quarto motivo, va ricordato che l’articolo 34, comma 2 del TU edilizia dispone che “ Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale .”

L’articolo 34, quindi, per la determinazione della sanzione dovuta rinvia alla metodologia di calcolo del costo di costruzione degli immobili previsto dalla riforma dell’equo canone.

L’amministrazione ha fatto riferimento al costo di produzione previsto dalla legge 392/1978, come determinato con l’ultimo decreto attuativo approvato (DM 18 dicembre 1998), lo ha aggiornato con la variazione ISTAT e quindi l’ha moltiplicato per la superficie abusiva complessiva, derivante dalla somma delle superfici del piano terra e del primo piano.

Il contestato aggiornamento all’ISTAT è invero espressamente previsto dall’articolo 24 della legge 392/78 e dalla

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