TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2020-04-16, n. 202003985
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Pubblicato il 16/04/2020
N. 03985/2020 REG.PROV.COLL.
N. 16115/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16115 del 2019, proposto da
G L, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 35b;
contro
I - Istituto Nazionale Bper L'Assicurazione Contro Gli Infortuni Sul Lavoro non costituito in giudizio;
I, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo D'Alia, D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
L La Peccerella non costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Avvocati I.N.A.I.L. Aderente Alla F.L.E.Par, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi n. 35/B;
per l'annullamento
della nota INAIL prot. n. 60006.14/11/2019.0018547, trasmessa in pari data, limitatamente alla parte in cui oppone un diniego ai punti 3) e 4) della istanza di accesso agli atti del 15.10.2019 inviata dall’Avv. G L, quale dipendente in quiescenza del predetto Istituto, rispettivamente, riferiti alle “ comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi ” e alle “ richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto quale trattamento di quiescenza a tutti gli avvocati, medici e dirigenti – andati in pensione dal 1 aprile ad oggi – cui non sia stato calcolato il trattamento di fine servizio sulla sola voce stipendio tabellare ”.
nonché per l’accertamento
del diritto dell’Avv. G L ad accedere, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90, ai predetti documenti mediante visione ed estrazione di copia;
e la conseguente condanna
dell’INAIL alla ostensione degli stessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di I;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2020 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Questi i fatti di cui è causa.
L’avv. G L è stato dipendente dell’I con la qualifica di professionista del ramo legale dal 25 maggio 1982 al 31 ottobre 2016, ed è cessato dal servizio a decorrere dal primo novembre 2016.
L’Istituto ha trasmesso all’odierno esponente, con nota del 23 ottobre 2017, il prospetto di liquidazione del trattamento di fine servizio relativo alla prima rata, e, con successiva nota del 21 gennaio 2019, il prospetto di liquidazione relativo alla seconda rata, rappresentando altresì che “ il nuovo prospetto di liquidazione è determinato alla luce delle esclusioni, salvo conguaglio, delle voci accessorie <<onorari legali e compensi professionali>>” .
Con nota del 15 ottobre 2019, l’Avv. Lisi ha contestato la legittimità del predetto prospetto di TFS ed ha chiesto “ di poter prendere visione ed estrarre copia di tutta la documentazione necessaria al fine di tutelare le mie ragioni, nelle opportune sedi giudiziarie, relativamente all’erronea ed ingiustificata determinazione del mio trattamento di quiescenza ”, indicando in particolare una serie di documenti tra i quali: “ 3) Comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi;4) Richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto quale trattamento di quiescenza a tutti gli avvocati, medici e dirigenti – andati in pensione dal 1 aprile 2010 ad oggi – cui non sia stato calcolato il trattamento di fine servizio sulla sola voce stipendio tabellare ”.
In data 14 novembre 2019, con nota prot. n. 6006.14/11/2019.0018547, l’Istituto ha riscontrato in maniera parzialmente negativa la predetta richiesta di accesso, asserendo che “ le richieste di cui ai punti 3) e 4) non risultano pertinenti perché non afferenti esclusivamente alla posizione della S.V. e coinvolgono dati personali di altri soggetti che non possono essere trasmessi per motivi di riservatezza ”.
Avverso detta nota, limitatamente alla parte in cui oppone diniego ai punti 3) e 4), è insorto l’odierno ricorrente, chiedendo: l’annullamento in parte qua della stessa;l’accertamento del proprio diritto ad accedere, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90, ai predetti documenti mediante visione ed estrazione di copia;la condanna dell’INAIL alla ostensione degli stessi.
Ha formulato il seguente motivo di diritto: “ Violazione e/o falsa applicazione artt. 22 e ss. L. n. 241/1990. Art. 3 e ss. D.p.r. n. 184/2006, artt. 59 e 60 d.lgs. N. 196/2003, anche in relazione agli artt. 15 e 16 del regolamento I in materia di accesso agli atti. Eccesso di potere: difetto di istruttoria e di motivazione;illogicità e irragionevolezza;contraddittorietà;ingiustizia manifesta. Violazione dei principi di proporzionalità, pubblicità e trasparenza, anche in relazione agli artt. 2 e 3 l. n. 241/1990. Violazione artt. 3, 24 e 97 Cost. ”.
A sostegno della propria richiesta, ha dedotto, in estrema sintesi: che sarebbe titolare di un interesse diretto concreto e attuale ad accedere alla documentazione richiesta, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata;che avrebbe bene individuato detto interesse, correlandolo alla esigenza, propedeutica anche ad una tutela giudiziale della propria posizione, di acquisire una effettiva contezza delle ragioni poste dall’INAIL alla base della decurtazione del trattamento di fine servizio disposta con nota del 21 gennaio 2019;che avrebbe bene indicato i documenti, quantomeno nel loro contenuto, e identificato o, comunque, reso facilmente identificabili i soggetti a cui erano riferibili detti documenti;che il diritto di accesso agli atti amministrativi dovrebbe ritenersi prevalente sulle esigenze di riservatezza, che andrebbero considerate recessive quando l'accesso viene esercitato prospettando l'esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante;che, nella fattispecie in esame, verrebbero in rilievo dati di terzi, attinenti al mero trattamento di fine servizio loro applicato quali ex dipendenti INAIL in quiescenza, che certamente non possono essere ritenuti sensibili e tantomeno sensibilissimi, con tutto quel che ne dovrebbe già solo per tale ragione conseguire in ordine alla sicura prevalenza del proprio diritto all’accesso, siccome pure espressamente ricollegato all’esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante.
Si è costituito l’I contestando tutto quanto ex adverso dedotto ed in particolare argomentando che la richiesta di accesso sarebbe stata formulata in modo eccessivamente esteso e non pertinente, in quanto farebbe riferimento ad una documentazione afferente ad intere categorie di personale (avvocati, medici e dirigenti medici) dell’Istituto, concernenti principalmente elementi di natura privatistica. Inoltre, l’istanza de qua richiederebbe una elaborazione di dati ed informazioni concernenti l’attività svolta dall’Amministrazione, e, dunque, sarebbe inammissibile.
Con atto di intervento ad adiuvandum depositato in data 10 marzo 2020, l’Associazione avvocati INAIL aderente alla FLEPAR ha premesso di essere una associazione apolitica e senza scopo di lucro, che “ persegue la tutela degli interessi giuridici, morali ed economici, nonché della funzione, professionalità, dignità e autonomia degli appartenenti al ramo legale dell’I.N.A.I.L. ed in generale degli avvocati, dei professionisti e dei dirigenti degli Enti Previdenziali ”. Ha rilevato di avere un interesse quantomeno di mero fatto all’accoglimento del ricorso proposto dall’associato Lisi e, per l’effetto, all’accertamento del suo diritto ad accedere, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90, alla documentazione richiesta con istanza del 15 ottobre 2019. Ha insistito per la declaratoria della legittimità della richiesta di ostensione come formulata dall’odierno ricorrente.
In data 3 aprile 2020 è stata depositata istanza congiunta per la trattazione del ricorso alla udienza camerale del 7 aprile 2020, ai sensi di quanto previsto dall’art. 84, co. 2, d.l. n. 18/2020.
All’udienza del 7 aprile 2020 la causa è stata introitata per la decisione.
2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto nei limiti e con le modalità che si vengono ad illustrare.
Preliminarmente, deve essere evidenziato che l’art. 22 l. n. 241/1990 ammette alla visione e copia dei documenti amministrativi “ tutti i soggetti privati, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso ”.
Nell'interpretare questa disposizione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma in modo costante che è onere della parte che chiede l'accesso dimostrare che gli atti abbiano una specifica utilità per la tutela di propri interessi, non necessariamente coincidenti con il diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., ma che devono comunque essere apprezzabile sul piano giuridico ed essere dotati della necessaria concretezza (in questo senso, ex multis : C. di St. n. 2680/2017;nn. 4372, 4373 e 4376/2016;n. 1568/2013).
Diversamente opinando, il diritto di accesso diventerebbe una generica formula di unilaterale prospettazione di prevalenza delle esigenze di conoscenza su ogni altro interesse contrapposto, pur espressamente contemplato dalle disposizioni normative di rango primario e regolamentare come limite legale al medesimo diritto.
Ancora, secondo giurisprudenza consolidata in tema di accesso, deve ammettersi in generale che le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza.
Deve essere altresì rilevato che l'applicazione di siffatto principio incontra ben determinati limiti allorché vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) o sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale degli individui;in questi casi l'accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (in questi termini: T.A.R. Roma n. 5140/2017;T.A.R. Milano n. 2065/2011).
A norma del citato art. 60, comma 1, “ Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile ”. Tale disposizione, riguardante in particolare il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, esprime dunque il principio del “ pari rango ”, chiarendo in modo inequivoco che, in siffatte ipotesi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute e della vita sessuale dell'interessato.
Una simile comparazione tra diverse se non opposte esigenze (accesso e riservatezza a dati sensibilissimi) va dunque effettuata non in astratto bensì in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza. Soccorre in questa direzione la norma di cui all'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 - complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy - secondo cui l'accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici: l'accesso viene interpretato, in questa direzione, quale extrema ratio .
La stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che “ anche nel caso in cui l'accesso potrebbe interferire con l'esigenza di tutela della riservatezza di terzi, esso deve essere comunque garantito laddove la conoscenza del documento sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, ma ove il documento contenga dati sensibili o giudiziari, l'accesso è consentito solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile ” (T.A.R. Roma n. 5140/2017;T.A.R. Torino n. 932/2014).
Dunque, in sintesi, occorre che parte ricorrente - ed ancor prima nella veste di richiedente - fornisca la rigorosa prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato nei sensi e nei limiti di cui sopra laddove l’ostensione del documento possa compromettere il diritto alla riservatezza nei soli casi in cui esso contenga dati sensibili, sensibilissimi o giudiziari. Negli altri casi, la comparazione in concreto del diritto all’accesso e del diritto alla riservatezza incontra limiti meno rigorosi.
3. Tutto ciò precisato, nella sopra menzionata istanza di accesso vengono coinvolti dati personali che però non sono riconducibili alla categoria né dei dati sensibili né dei dati giudiziari.
Invero, per “ dato personale ” si intende qualunque informazione relativa a una persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personal.
I “ dati sensibili ” sono quei dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
Infine, i “ dati giudiziari ” sono quei dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale.
Orbene, il ricorrente ha chiesto l’ostensione di documenti inerenti alla liquidazione del trattamento di fine servizio applicato ai dipendenti INAIL in quiescenza, dunque di documenti che, evidentemente, non contengono né dati sensibili né dati giudiziari.
Ha puntualmente indicato le ragioni che lo hanno determinato a richiedere l’ostensione di tali atti, specificando che la conoscenza degli stessi è propedeutica alla comprensione e verifica dei presupposti fondativi e applicativi della decurtazione del TFS, anche nell’ottica dell’esercizio di una eventuale azione giudiziale.
Non si tratta, quindi, di una istanza preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione per verificare l’efficienza della sua attività, accertare eventuali negligenze o colpevoli ritardi, ovvero, omissioni da parte dei suoi funzionari.
Pertanto nel bilanciamento degli interessi coinvolti, deve essere ritenuto prevalente il diritto dell’odierno ricorrente ad accedere a detta documentazione, mentre deve ritenersi recessivo l’interesse alla riservatezza dei terzi, non essendo coinvolti, come visto, né dati sensibili né dati giudiziari.
Né può ritenersi che gli atti richiesti rientrino tra quelli sottratti all’accesso dall’art. 15 del Regolamento sull’accesso dell’I, che, invece, esclude solamente le informazioni relative alla “ vita privata o riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, di gruppi, di imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolari, sanitari, politici, sindacali, religiosi, professionali, finanziari, industriali e commerciali di cui essi siano in concreto titolari ”.
Da ultimo, deve essere disattesa anche l’ulteriore eccezione sollevata dall’Istituto che asserisce che la richiesta formulata dal ricorrente richiederebbe una elaborazione di dati ed informazioni concernenti l’attività svolta dall’Amministrazione.
In realtà, l’istanza in esame, come visto, ha ad oggetto “ Comunicazioni di liquidazione del trattamento di fine servizio e relativi prospetti inviati a tutti gli avvocati, medici e dirigenti andati in quiescenza a partire dal 1 aprile 2010 ad oggi ” e “ Richieste di restituzione di quanto indebitamente corrisposto ”, dunque documenti predisposti dall’Istituto e dallo stesso inviati ai professionisti in pensione.
La nota gravata deve quindi ritenersi illegittima nella parte in cui ha negato l’ostensione dei documenti di cui ai punti 3 e 4 dell’istanza di accesso. Per l’effetto, deve essere annullata in parte qua , e deve essere dichiarato l’obbligo dell’INAIL di consentire l’accesso all’odierno ricorrente.
L’Istituto dovrà, quindi, procedere all’ostensione della documentazione richiesta nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione.
La tutela dei controinteressati dovrà essere garantita oscurando i nominativi dei soggetti controinteressati e, ove eventualmente presenti, i dati sensibili riguardanti la salute, o altresì dati giudiziari e/o disciplinari.
4. In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento della nota impugnata in parte qua , e l'amministrazione intimata dovrà consentire l'accesso richiesto secondo le modalità indicate.
5. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese legali.