TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-07-18, n. 202312109
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Pubblicato il 18/07/2023
N. 12109/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06924/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6924 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Costantino Morin 45;
contro
Ministero dell'Interno, Questura di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'accertamento della nullità e/o l'annullamento, previa concessione di misure cautelari ai sensi dell'art. 55 c.p.a.,
(i)del decreto di rigetto dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno notificato in data 14.04.2022;
(ii)del preavviso di rigetto n.-OMISSIS-– Uff. Rif/Rev. Cr;
(iii) di tutti gli atti ad essi presupposti, connessi e/o conseguenziali.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 il dott. Raffaello Scarpato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, straniero di nazionalità egiziana, ha impugna il decreto di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno evidenziato in epigrafe, emanato dalla Questura di Roma sulla base delle seguenti motivazioni:
1) l’emersione, a carico del richiedente, di una sentenza di condanna alla pena della reclusione di due anni ed alla multa pari ad € 2.000,00, emessa dal Tribunale di Roma (e confermata in grado d’appello) in relazione al reato p. e p. dall’art. 73 c.5 del D.P.R 09.10.1990 n. 309, commesso in data 11.11.2015, in ragione della quale la Questura ha espresso la seguente valutazione “ sulla base degli annoverati precedenti penali, quest’Ufficio ritiene che la S.V. sia incline alla commissione di reati che costituiscono un pericolo per la sicurezza pubblica, non si sia integrato nel tessuto sociale e si sostenti con i proventi di attività illecite ”;
2) la riscontrata condizione di irreperibilità, accertata dai competenti uffici in data 6.5.2020 e l’assenza di una documentata disponibilità alloggiativa.
Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha dedotto:
violazione e falsa applicazione del d.lgs 286/1998 e dell’art. 10 bis l. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e motivazione apparente;
eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà manifesta, carenza di motivazione, motivazione apparente e, comunque, motivazione perplessa;
violazione e falsa applicazione degli artt.163 e segg. c.p. e del d.lgs 286/1998;eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità che debbono caratterizzare l’azione amministrativa, eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione.
violazione e falsa applicazione art. 167 c.p.;eccesso di potere per assoluto difetto di istruttoria, carenza assoluta di motivazione;violazione art. 3 l. 241/1990.
Con il primo ordine di censure, il ricorrente ha dedotto la sussistenza di rapporti familiari sul territorio nazionale, ove risiede il proprio fratello, lamentando di non aver potuto rappresentare tale circostanza – che in ogni caso l’amministrazione avrebbe dovuto riscontrare d’ufficio - a causa della non corretta formulazione della comunicazione ex art. 10 bis. L. nr. 241/1990, notificata dalla Questura.
Con il secondo ordine di motivi, il ricorrente ha censurato l’omessa valutazione della propria condizione di inserimento socio-lavorativo, mentre con il terzo gruppo di motivi ha evidenziato che, pur essendo stato destinatario di una sentenza penale di condanna, aveva comunque ottenuto sia il riconoscimento del quinto comma dell’art. 73 del D.P.R. 309/90 (lieve entità), sia il beneficio della non menzione della condanna e della sospensione condizionale della pena.
Peraltro, il ricorrente ha precisato di essersi completamente ravveduto a seguito della condanna, compiendo una piena risocializzazione lavorativa e sociale.
Infine, con l’ultimo gruppo di censure, il ricorrente ha lamentato l’omessa valutazione, da parte dell’amministrazione, dell’intervenuta estinzione del reato di cui all’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90, stante la concessione da parte del Giudice penale del beneficio della sospensione condizionale della pena e del decorso del tempo di legge comportante l’effetto estintivo del reato.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, depositando articolata relazione sui fatti di causa ed evidenziando in particolare che, pur a fronte di una condanna ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del DPR 309/1990, il ricorrente, come emerso dalla sentenza della Corte d’appello di Roma nr. -OMISSIS-, era stato trovato in possesso di 236 dosi di hashish e riconosciuto artefice di uno smercio non episodico e continuativo;peraltro, lo stesso aveva continuato a negare gli addebiti, contro l’evidenza del possesso.
Da tali elementi, l’Amministrazione ha desunto un’indole incline alla trasgressione delle norme di civile convivenza ed un concreto pericolo per la pubblica incolumità.
Con ordinanza nr.-OMISSIS- il Collegio ha respinto l’istanza di misure cautelari formulata dal ricorrente, evidenziando che l’atto impugnato risultava motivato non solo con riferimento al precedente penale, ma anche ai profili attinenti alla mancata prova della disponibilità di un alloggio, in ordine ai quali nulla era stato dedotto nel ricorso.
Detta ordinanza è stata riformata in grado d’appello con ordinanza del Consiglio di Stato nr. -OMISSIS-, con la quale il ricorso è stato ritenuto “ assistito da apprezzabili elementi di fondatezza, avuto riguardo ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati dall’ordinanza di questa Sezione n. -OMISSIS-;…considerato inoltre che nella presenta fattispecie l’appellante deduce altresì la mancata valutazione del periodo successivo alla condanna (a pena condizionalmente sospesa) e della successiva estinzione della pena ex art. 167 c.p. ;”.
A seguito dell'udienza di merito fissata ai sensi dell'art. 55, comma 10, cod. proc. amm. dinanzi a questo Tribunale, in data 26.04.2023 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Il ricorso è infondato.
Non sfugge al Collegio che il Consiglio di Stato, sezione III, con ordinanza 1° luglio 2022 n.-OMISSIS-, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per contrasto con agli artt. 3, 117 primo comma Cost. in riferimento all’art. 8 Cedu nella parte in cui, richiamando tutti “i reati inerenti gli stupefacenti” prevede che la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, sia automaticamente ostativa al rilascio ovvero al rinnovo del titolo di soggiorno.
In quell’ordinanza, il Consiglio di Stato ha ravvisato, nel meccanismo automatico previsto dall’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998, con particolare riguardo all’inserimento dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 nel novero dei reati ostativi, una violazione della Convenzione, in ragione dell’automatismo che preclude il necessario bilanciamento tra la condotta penalmente rilevante e tutte quelle circostanze che attengono alla vita privata per come tutelata dall’art. 8 Cedu e interpretata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Ritiene tuttavia il Collegio che la questione rimessa all’attenzione della Consulta concerna una fattispecie diversa da a quella oggetto del presente giudizio.
Anche se il provvedimento risulta emanato ai sensi dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, nella fattispecie, l’Amministrazione non ha operato alcun automatismo nella negazione del rinnovo del titolo, avendo al contrario operato un’analitica valutazione del fatto, come emergente dalle sentenze di condanna, facendone discendere un giudizio di mancata integrazione sociale e di pericolosità per la pubblica incolumità che non appare affetta dai vizi e dalle censure formulate dal ricorrente.
In particolare, la Questura ha valorizzato elementi oggettivamente sintomatici di un’elevata capacità di delinquere e di una spiccata antisocialità e pericolosità, quali:
-il possesso di ben 236 dosi di sostanza;
-la pervicace negazione dell’addebito;
-lo smercio non episodico e continuativo.
Peraltro, l’Amministrazione risulta aver opportunamente valutato anche l’assenza di legami familiari sul territorio italiano, come espressamente previsto dall’art. 5 comma 5 del DLgs. nr 286/1998.
Sul punto, il ricorrente ha dedotto che il fratello è regolarmente residente in Italia, in quanto titolare di permesso di soggiorno.
La deduzione non è pertinente.
L'art. 5, comma 5, del citato testo unico, inciso dal dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 202, prevede che “ Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno e' stato rilasciato, esso e' revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarita' amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettivita' dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonche', per lo straniero gia' presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale .”
L'art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 ricomprende i parenti entro il terzo grado tra i familiari ai quali lo straniero può chiedere il ricongiungimento e nei cui confronti trova applicazione la particolare tutela riconosciuta alla famiglia, purché siano " a carico e inabili al lavoro secondo la legislazione italiana " (art. 29, lett. d) (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 27/08/2014, n. 4393).
Il ricorrente non ha dimostrato che sussistono tali presupposti nei riguardi del fratello, con il quale egli non convive, per far luogo al superamento dell'automatismo espulsivo ex art. 4, comma 3, d.lgs. 286 del 1998 e alla valutazione discrezionale della pericolosità sociale, ai sensi dell'art. 5, comma 5, d.lgs. cit..
Quanto alle deduzioni relative alla concessione, da parte del giudice penale, del beneficio della non menzione, della sospensione condizionale della pena, dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 167 c.p., nonché della modifica della condotta di vita successiva alla condanna, valgono le seguenti considerazioni.
La sospensione condizionale della pena non può, ex sé, rilevare, per il grave disvalore che il legislatore attribuisce ai reati in tema di sostanze stupefacenti ai fini della tutela della sicurezza pubblica (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III , 01/08/2017, n. 3869).
Del pari, non è rilevante l'estinzione del reato o della pena, che non fa venire meno il fatto ostativo della condanna subita dallo straniero (cfr, ex multis, Cons. St., sez. III, 29 gennaio 2018, n. 612;n. 3209 del 2015;n. 1928 del 2017).
A ben guardare, la giurisprudenza si è già espressa sui rapporti esistenti tra le valutazioni dell’Autorità di pubblica sicurezza e quelle della magistratura penale (soprattutto di sorveglianza), che hanno effetto in un ambito esclusivamente penalistico e, come tale, estraneo all'ambito proprio della valutazione dei presupposti del diniego di rilascio del permesso di soggiorno per pericolosità sociale dello straniero, per la sussistenza di condanne penali per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25/01/2018, n. 533). In questi ambiti è infatti ininfluente che il magistrato di sorveglianza abbia accertato l'assenza di periculum ai fini della concessione dell'espiazione della pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale, atteso che detto giudizio opera nel più ristretto ambito dell'esecuzione della pena, con i relativi controlli, e non può essere assunto a termine di raffronto della valutazione discrezionale del Questore, che investe il grado di inserimento dello straniero nel contesto sociale ed il riscontro di una condotta ispirata all'osservanza delle leggi dello Stato e delle comune regole di convivenza civile (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 12/09/2013 , n. 4524).
Com’è stato recentemente affermato, da questo Tribunale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. V, 04/01/2023, n.143), del resto, in virtù del noto fenomeno della "pluriqualificazione" del fatto giuridico, per cui lo stesso comportamento può assumere diversa rilevanza, sul piano penale, civile, fiscale, amministrativo, etc. a seconda dei settori d'azione, delle materie e delle finalità perseguite – l’Amministrazione è chiamata, comunque, a prendere in considerazione il "fatto storico" per il particolare valore sintomatico che può assumere in quel procedimento (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 1057;id. 28 maggio 2021, n. 4122;id., 16 novembre 2020, n. 7036;id., 23 dicembre 2019, n. 8734;id., 21 ottobre 2019, n. 7122;id., 14 maggio 2019, n. 3121;sez. IV, n. 1788/2009, n. 4862/2010;T.A.R. Lazio sez. V bis, n. 2944/2022;sez. II quater, n. 10590/12;10678/2013).
Pertanto, l’operare di meccanismi estintivi del reato non elide, da solo, il disvalore del fatto, che può essere valutato autonomamente dall’Amministrazione.
Peraltro, nel caso oggetto del presente giudizio il ricorrente non ha nemmeno dedotto di aver introdotto il giudizio volto ad ottenere la riabilitazione, istituto che, passando attraverso un rigoroso vaglio dell’autorità giudiziaria penale – unica titolata a valutare la condotta di vita successiva al reato - consente di stabilire se, effettivamente, si sia compiuto un ravvedimento pieno, da dimostrare mediante prove “effettive e costanti di buona condotta”, ai sensi dell’art. 179 c.p..
In ogni caso, pur a voler prescindere dalle considerazioni che precedono, rimane il fatto che nel caso di specie l’Amministrazione ha fondato il diniego anche su di un altro presupposto: quello della condizione di irreperibilità accertata dai competenti uffici in data 6.5.2020, in assenza di una documentata disponibilità alloggiativa.
Com’è stato già rilevato dal Tribunale con ordinanza-OMISSIS-, nulla è stato dedotto al riguardo con il ricorso introduttivo.
Sul punto, la giurisprudenza ha più volte avuto modo di rilevare che la disponibilità di un alloggio stabile, ai sensi degli artt. 4 e 5, d.lgs. n. 286 del 1998, è requisito indispensabile per ottenere il permesso di soggiorno o mantenere validamente il permesso già conseguito, per i cittadini extracomunitari (14 ottobre 2019, n. 6992);è l'interessato a dover offrire la prova della disponibilità dell'alloggio, presso il quale è domiciliato, producendo, ad esempio, documenti quali pagamenti delle utenze, delle spese condominiali o un contratto di locazione regolarmente registrato o un atto di acquisto dell'immobile, che dimostri l'effettiva permanenza nell'immobile indicato (28 luglio 2020 n. 4791;26 marzo 2019, n. 2014;4 ottobre 2016, n. 4084).
È stato inoltre precisato che il requisito della dimostrazione di una stabile ed idonea sistemazione alloggiativa, da ritenersi necessario per fruire di un valido titolo di soggiorno, è fatto palese da una lettura sistemica degli artt. 4, comma 3, (per come integrato dall'articolo 2 della direttiva del Ministero dell'Interno dell'1 marzo 2000), 6, commi 7 e 8, 26, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998, art. 9, comma 2 lett. b), d.P.R. n. 394 del 1999, onde consentire all'Amministrazione di monitorare gli spostamenti del cittadino extracomunitario anche per esigenze di sicurezza ovvero di assicurare che la competente Autorità possa essere messa a conoscenza di tutte le circostanze rilevanti e sia posta agevolmente in grado di notificare i propri provvedimenti (Cons. Stato, sez. III, 4 maggio 2020, n. 2826;4 giugno 2018, n. 3344;10 luglio 2013, n. 3710).
Irrilevante, ai fini del presente giudizio, è poi la dichiarazione di ospitalità datata 22.9.2022, allegata agli atti del giudizio in data 9.2.2023, in quanto successiva di cinque mesi rispetto al provvedimento impugnato, non potendo la legittimità di un atto che essere sindacata in relazione alla situazione (presupposti di fatto e di diritto) esistente al momento della sua adozione.
Sul punto il Collegio, uniformandosi al consolidato orientamento del Consiglio di Stato, è fermo nel ritenere che " l'art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, nell'imporre all'Amministrazione di prendere in considerazione i "nuovi sopraggiunti elementi" favorevoli allo straniero, si riferisce a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque conosciuti dall'Amministrazione al momento dell'adozione del provvedimento, anche se successivamente alla presentazione della domanda, mentre nessuna rilevanza, se non quella di giustificare l'avvio di un eventuale riesame da parte dell'Amministrazione, può essere attribuita ai fatti sopravvenuti ” (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 3349/2017, n. 1525/2017, n. 5396/2016 e n. 3694/2016)" (Cons. St., Sez. III, 6 febbraio 2018, n. 764).