TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2022-03-03, n. 202202529

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2022-03-03, n. 202202529
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202202529
Data del deposito : 3 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/03/2022

N. 02529/2022 REG.PROV.COLL.

N. 11005/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11005 del 2021, proposto da
Istituto Biochimico Italiano - Giovanni Lorenzini S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A L, C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

A - Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione

- del provvedimento prot. n. 113462 del 28/09/2021 con il quale l'Ufficio Qualità dei

Prodotti e Contrasto al Crimine Farmaceutico dall'AIFA ha confermato la contestazione della

sanzione amministrativa ex art. 148, comma 1, del d.lgs. n. 219/2006 per violazione dell'art.

34, comma 6, del d.lgs n. 219/2006 per il farmaco

URSILON AIC

024173092, contestata a

mezzo PEC con nota prot. n. 95594 del 3/08/2021;

- della nota prot. n. 95594 del 3/08/2021, recante atto di contestazione della suddetta

sanzione amministrativa

e per quanto occorrer possa

- della nota prot. n. 83471 del 7/07/2021;

- della “ Nota informativa per i titolari di AIC sulle comunicazioni di carenza e di cessazione temporanea o definitiva della commercializzazione dei medicinali ”, adottata dall'AIFA con atto di estremi non conosciuti, pubblicata sul sito istituzionale in data 22/06/2020, e per quanto occorrer possa della Nota informativa pubblicata il 9/10/2019, nei limiti e nelle parti in cui sarà oggetto di censura nei motivi di ricorso;

- del documento recante “ Questions&Answers ”, pubblicato sul sito istituzionale dell'AIFA l'8/07/2020 ed aggiornato da ultimo in data 10/05/2021, con il quale l'Ufficio Qualità dei Prodotti e Contrasto al Crimine Farmaceutico dell'AIFA ha fornito chiarimenti alle aziende farmaceutiche relativamente alla predetta “ Nota informativa per i titolari di AIC sulle comunicazioni di carenza e di cessazione temporanea o definitiva della commercializzazione dei medicinali ” del 22/06/2020, nei limiti e nelle parti in cui sarà oggetto di censura nei motivi di ricorso;

- di ogni ulteriore atto connesso, presupposto o conseguenziale a quelli qui impugnati, anche se non conosciuto;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A - Agenzia Italiana del Farmaco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2022 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I fatti oggetto della odierna controversia sono i seguenti.

Con nota del 27/06/2019, l’Istituto Biochimico Italiano ha comunicato all’AIFA l’interruzione temporanea della commercializzazione del medicinale URSILON granuli per sospensione, in considerazione del fatto che la materia prima utilizzata per questa formulazione ha caratteristiche chimico-fisiche peculiari per la produzione, definite con l’AIFA stessa, che il fornitore non poteva più garantire. Ha indicato, altresì, la data di presunto ripristino della commercializzazione, procedendo poi ad inviare successive comunicazioni del prolungamento del periodo di interruzione.

Il successivo 7 luglio, l’Ufficio Qualità dei Prodotti e Contrasto al Crimine Farmaceutico dell’A ha contestato la comunicazione di prolungamento della carenza del medicinale datata 15/06/2021 ritenendo la stessa tardiva perché non inviata almeno quattro mesi prima della scadenza, invitando l’Istituto a far pervenire nel termine di 10 giorni " eventuali informazioni integrative circa la motivazione della carenza che costituiscano evidenza di “circostanza imprevedibile” e che giustifichino il ritardo nella comunicazione ".

A ha ritenuto inadeguati gli elementi informativi forniti dalla ricorrente con nota del 16/07/2021 e, per l’effetto, con atto di contestazione, inviato a mezzo PEC del 3/8/2021, ha disposto di irrogare la sanzione amministrativa di cui all’art. 148, comma 1, del d.lgs. n. 219/2006, con possibilità di procedere, ai sensi dell’art. 16 della l.n. 689/1981, al pagamento in misura ridotta della somma di € 6.000 entro 60 giorni dal ricevimento della contestazione trascorso inutilmente il quale sarebbe stata emessa ordinanza-ingiunzione, nonché di inoltrare entro trenta giorni scritti difensivi e documenti e richiedere di essere sentita.

Esaminati gli ulteriori scritti difensivi inviati dall’Istituto, con provvedimento sanzionatorio notificato a mezzo PEC il 28/09/2021, l’Azienda ha ritenuto “ di non poter accogliere le controdeduzioni dell’azienda, e di dover procedere con l’applicazione della sanzione per ogni singola violazione dell’art. 34, comma 6, sulla base dei criteri predeterminati in sede di Nota informativa del 22 giugno 2020 ”.

Con il ricorso in esame, notificato il 28 ottobre 2021, l’Istituto biochimico ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del predetto provvedimento sanzionatorio.

A sostegno della propria domanda ha articolato i motivi di diritto che possono essere sintetizzati come segue:

- illegittimità della nota informativa e, in via derivata, del provvedimento sanzionatorio;
violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma 6, e dell’art. 148, comma 1, del d.lgs n. 219/2006. Assume che le fattispecie soggette a sanzione amministrativa si caratterizzano per tipicità e determinatezza, sicché resta esclusa l’integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l’applicazione a ipotesi ivi non contemplate. Pertanto, nella specie, il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo poiché avrebbe ad oggetto una situazione che non rientrerebbe nell’obbligo comunicativo di cui all’art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 219/2006 (trattandosi di comunicazione che ha ad oggetto il prolungamento del periodo di interruzione e non l’interruzione stessa), come sanzionato dall’art. 148, comma 1, del medesimo. In particolare, le previsioni di cui alla Nota informativa sarebbero illegittime, in quanto non sarebbero fonti idonee a prevedere ulteriori fattispecie sanzionatorie, non trattandosi di atti aventi forza di legge né tantomeno di atti normativi di secondo grado, e difettando una tale potestà in capo all’AIFA;

- violazione sotto altro profilo dell’art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 219/2006;
insussistenza di qualsiasi vulnus all’interesse pubblico;
difetto assoluto di motivazione, di istruttoria e di presupposti. Vi sarebbe una sovrapposizione tra l’obbligo informativo di legge e le ulteriori informazioni richieste nella Nota informativa ai fini di gestire lo stato di carenza determinato dalla situazione di interruzione. Inoltre, in base alla nuova Nota informativa del 22/06/2020, l’indicazione della data di fine carenza non rappresenterebbe più un elemento necessario della comunicazione di carenza trattandosi di un dato che spesso il titolare dell’AIC non è in grado di fornire. Resterebbe il fatto che, anche laddove indicata, la data di presunta fine carenza avrebbe finalità meramente informative per l’AIFA e non rappresenterebbe un fatto certo ed oggettivo cui ancorare la decorrenza di un termine previsto a pena di sanzione;

- il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo anche nella parte in cui ha affermato l’insussistenza una situazione di imprevedibilità atta a giustificare l’asserito ritardo nella comunicazione di prolungamento del ritardo. Nella nota del 16/07/2021 la ricorrente avrebbe evidenziato come la situazione di imprevedibilità fosse intrinsecamente connessa alla causa stessa che aveva determinato il prolungamento dello stato di carenza del farmaco dal momento che la variazione del sito produttivo sarebbe di per sé un’evenienza caratterizzata da elevata complessità comportando una serie di attività tra loro concatenate e conseguenziali, esulanti la sfera di controllabilità del titolare dell’AIC, difficili da preventivare e gestire con una cadenza minima di quattro mesi;

- il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo anche per violazione del diritto della ricorrente ad essere convocata in audizione. Nello specifico, sarebbe stata violata la regola procedimentale, il cui rispetto è prescritto dall'art. 18 della L. n. 689/1981 a garanzia del diritto di difesa del presunto trasgressore nella fase amministrativa;

- in via subordinata, il provvedimento sanzionatorio si porrebbe in contrasto con il principio di necessaria graduazione delle sanzioni (art. 11 l. 689/1981) e, più in generale, con i principi di proporzionalità ed adeguatezza, atteso che il ritardo contestato sarebbe stato di soli quindici giorni. Inoltre, ad essere illegittima sarebbe la stessa Nota applicativa nella parte in cui fissa la sanzione unica di € 9.000 per ogni fattispecie di ritardo senza alcuna distinzione tra le tipologie di ritardo (ossia tra il ritardo della comunicazione della carenza, ben più grave, e il ritardo della comunicazione del mero prolungamento) e senza valutare l’entità del ritardo. Infine, AIFA, in luogo delle quattro sanzioni contestate, avrebbe dovuto applicare un’unica sanzione amministrativa in ragione dell’unicità della condotta e della causa della ritardata comunicazione.

Si è costituita l’A sostenendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto l’atto impugnato avrebbe natura endoprocedimentale: attraverso di esso, l’Amministrazione avrebbe rappresentato, in conformità alla procedura di cui all’art. 16 della legge n. 689/1981, al soggetto destinatario la rilevata violazione dell’art. 34, comma 6, del D.Lgs. n. 219/2006, rendendolo edotto del diritto di presentare le proprie controdeduzioni e della possibilità di beneficiare del pagamento in misura ridotta della sanzione prevista (il doppio del minimo edittale o 1/3 de massimo), qualora effettuato entro il termine di 60 giorni dalla contestazione.

Nel merito l’A ha sostenuto, in sintesi, sul primo motivo che: “ La richiesta dell’indicazione della data – presunta o meramente indicativa di fine carenza - non può essere considerata un mero aggravio procedimentale o un orpello burocratico, in quanto l’incapacità da parte dell’azienda di fornire la pur minima indicazione sulle possibilità e sulle tempistiche di ripristino della commercializzazione di un proprio medicinale, oltre che avere obiettiva rilevanza dal punto di vista della tutela dei pazienti con terapie farmacologiche in corso a base di tali prodotti, costituisce un parametro indicativo delle capacità aziendali e delle valutazioni di risk management che un’azienda farmaceutica è tenuta a predisporre a dimostrazione della propria idoneità ad operare stabilmente sul mercato farmaceutico – aspetto di particolare rilevanza nell’ambito delle procedure di negoziazione del prezzo del medicinale ”. Inoltre ha precisato che “ l’asserita tesi di controparte volta a limitare l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 219/2006 delle interruzioni temporanee di commercializzazione alla sola fase iniziale, riducendolo ad un adempimento da compiere una tantum sino alla sua futura auspicabile ripresa, sollevando il Titolare AIC dall’impegno a fornire successivi aggiornamenti, priverebbe, di fatto, di ogni valenza regolatoria, informativa e tutoria la norma in oggetto, offrendo all’azienda di porsi “al riparo” da ogni pretesa dell’amministrazione in virtù della prima – ed unica – comunicazione effettuata ”.

Sul secondo motivo, ha affermato che l’Istituto avrebbe operato un disconoscimento integrale dell’importanza non solo della disposizione normativa ex se volta a regolamentare, per quanto possibile, il fenomeno delle carenze di medicinali che affligge indistintamente tutti i mercati farmacologici internazionali, ma anche dell’intervento governativo che ne ha elevato il rango a lex perfecta , introducendo l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di sua violazione: l’interesse pubblico c’è ed è evidentemente quello di garantire la continuità nelle terapie.

In ordine al terzo motivo, ha rilevato che non si sarebbe verificata nessuna situazione di imprevedibilità: in particolare poiché la procedura di variazione del sito produttivo non aveva riscontrato alcun avanzamento e, anzi, era rimasta immutata, l’Azienda non avrebbe avuto titolo ad incorrere in alcun ritardo non potendosi sostenere l’imprevedibilità dell’evento.

Sul quarto motivo, l’A nulla ha opposto (violazione dell’art. 18 della legge 689/1981 per non aver convocato in audizione l’Istituto)

Relativamente al quinto motivo, ha dedotto che, nella nota di contestazione, l’amministrazione è comunque vincolata ad applicare la previsione normativa dell’importo ridotto in caso di pagamento anticipato, che non consentirebbe in ogni modo, in tale fase procedimentale, di applicare l’importo edittale minimo di € 3.000 (di cui al comma 1 dell’art. 148 del D.Lgs. 219/2016) ma che avrebbe consentito a parte ricorrente di conseguire un considerevole risparmio economico. In ordine alla deduzione per cui AIFA, in luogo delle quattro sanzioni contestate, avrebbe dovuto applicare un’unica sanzione amministrativa in ragione dell’unicità della condotta e della causa della ritardata comunicazione, la resistente sostiene che si tratterebbe comunque di quattro prodotti diversi.

Tutte le parti hanno ampiamente argomentato le proprie posizioni.

All’udienza del 25 febbraio 2022 la causa è stata infine trattenuta in decisione.

2. Si procede con lo scrutinio dell’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dalla resistente, che assume che l’atto impugnato avrebbe natura endoprocedimentale.

La censura è infondata per le ragioni che si vengono ad illustrare.

Osserva il Collegio che, come noto, le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione ad agire (detta anche legittimazione processuale) e l’interesse a ricorrere.

In particolare, l’interesse al ricorso richiede che l’atto impugnato abbia prodotto una lesione diretta, attuale e concreta alla sfera giuridica del destinatario.

Orbene, nella fattispecie in esame l’atto di contestazione gravato esprime la volontà di A di applicare la norma regolamentare, conformemente a quanto come indicato nella Nota Informativa. Pertanto, sotto tale profilo, ha certamente natura provvedimentale, atteso che è idonea ad incidere immediatamente e direttamente sulla posizione giuridica del destinatario.

Di talché - come già rilevato dalla giurisprudenza in casi analoghi (cfr. TAR Roma n. 1615/2012) – “ l’interesse legittimo, di tipo oppositivo, fatto valere nel presente giudizio ha una connotazione del proprio lato interno differente da quella che assumerebbe nei confronti dell’eventuale provvedimento afflittivo adottato a conclusione del procedimento. In particolare, mentre nei confronti dell’eventuale provvedimento sanzionatorio conclusivo del procedimento, il bene della vita cui l’interessata tende sarebbe costituito dal venire meno dell’accertamento dell’illiceità della condotta e della conseguente sanzione, nei confronti dell’atto di contestazione in discorso il bene della vita è costituito dall’evitare che sia considerato illecito amministrativo e quindi autonomamente sanzionato la violazione dell’obbligo di comunicazione ” entro 4 mesi del proseguimento dello stato di carenza, e, in relazione a tale aspetto, l’atto impugnato è da ritenersi immediatamente lesivo in quanto incidente anche sulle modalità organizzative che la Società deve articolare per evitare di incorrere in condotte illecite.

Peraltro, nell’atto impugnato si legge testualmente: “ Nelle risposte da Voi inviate non sono stati forniti elementi adeguati a giustificare la comunicazione tardiva della carenza ” … “ Pertanto, con la presente si conferma l’applicazione nei confronti codesto Istituto Biochimico Italiano Giovanni Lorenzini S.p.A., delle sanzioni amministrative ex art. 148, comma 1, del D.Lgs. n. 219/2006, contestate a mezzo PEC dallo scrivente Ufficio PQ-PhCC con nota prot. AIFA n.° 95594 del 03/08/2021 ”.

Dunque trattasi di un provvedimento adottato dopo aver acquisito le controdeduzioni dell’istante, che conferma l’applicazione della sanzione, dunque immediatamente lesivo della sfera giuridica del ricorrente.

3. Nel merito il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che si vengono ad illustrare.

4. Innanzitutto, è necessaria una sintetica ricostruzione delle principali disposizioni che regolano la fattispecie in esame.

L’art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 219/2006, come modificato dal d.l. n. 35/2019 (c.d. “ Decreto Calabria ”, convertito in l.n. 60/2019), dispone che: “ In caso di interruzione, temporanea o definitiva, della commercializzazione del medicinale nel territorio nazionale, il titolare dell'AIC ne dà comunicazione all’AIFA. Detta comunicazione è effettuata non meno di quattro mesi prima dell'interruzione della commercializzazione del prodotto, fatto salvo il caso di interruzione dovuta a circostanze imprevedibili. Il termine non si applica alle sospensioni della commercializzazione connesse a motivi di sicurezza del prodotto. Il titolare dell'AIC, anche qualora i motivi dell'interruzione hanno esclusivamente natura commerciale, informa l'AIFA dei motivi di tale azione conformemente alle previsioni di cui al comma 7 ”.

La violazione di tali disposizioni comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 148, comma 1, del d.lgs. n. 219/2006, come modificato dal richiamato d.l. n. 35/2019, ai sensi del quale: “ Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 34, commi 6 e 7, il responsabile dell'immissione in commercio del medicinale è soggetto alla sanzione amministrativa da euro tremila a euro diciottomila ”.

Con “ Nota informativa per i titolari di AIC sulle comunicazioni di carenza e di cessazione temporanea o definitiva della commercializzazione dei medicinali ”, pubblicata in data 9/10/2019 - aggiornata e sostituita in data 22/06/2020 - l’A ha: previsto “ Modalità e contenuto della comunicazione ” di interruzione della commercializzazione;
indicato le conseguenze in caso di “ Comunicazioni non conformi o tardive ”;
definito i “ Criteri per la definizione di circostanza imprevedibile ”, classificando gli eventi in “ prevedibili ” e “ non prevedibili ”;
stabilito la misura delle sanzioni.

In particolare, detta Nota onera i titolari di AIC: alla lett. g), di indicare (ove possibile) la “ durata prevista e la data di presunto ripristino della commercializzazione, nel caso di interruzioni temporanee ”, precisando che “ nel caso in cui non sia in grado di fornire una data di ripristino della commercializzazione, il titolare dell’AIC è tenuto a comunicare, almeno indicativamente, il periodo durante il quale medicinale non sarà disponibile ” e che “ Qualora il titolare dell’AIC non sia in grado di comunicare nessuna delle due precedenti informazioni, dovrà essere fornita una motivazione in merito ”. Tale ultima precisazione è stata invero inserita dalla Nota informativa del 22/06/2020 a fronte dell’obiettiva difficoltà delle aziende di fornire informazioni sulla durata della carenza;
alla lett. e), di fornire “ eventuali aggiornamenti ”, tra cui “ in caso di interruzione temporanea, il prolungamento del periodo di mancata commercializzazione o il posticipo della data di prevista ripresa della commercializzazione precedentemente comunicata, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine di preavviso di quattro mesi ”.

La predetta Nota informativa, inoltre, aveva stabilito di irrogare la sanzione massima di € 18.000 in caso di omessa comunicazione e la sanzione di € 6.000 in caso di ritardo, ritenendo opportuno in fase di prima applicazione “ uniformare “al ribasso” le due tipologie di violazioni ” applicando la sanzione nell’importo unico di € 6.000.

Al termine della fase di prima applicazione, con la successiva Nota informativa del 22/06/2020, l’AIFA ha rimodulato le sanzioni prevedendo di irrogare il massimo edittale di € 18.000 in caso di mancata comunicazione e l’importo intermedio di € 9.000 in caso di comunicazione ritardata.

Ancora, rilevante ai fini che occupano, è la legge 689/1981 ed in particolare l’art. 11, rubricato “ Criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie ”, che prevede che: “ Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche ”.

Il successivo art. 16, rubricato “ Pagamento in misura ridotta ” dispone che “ E' ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione ”.

Infine, l’art. 18, rubricato “ Ordinanza-ingiunzione ”, prescrive che: “ Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità. L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente, altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto. Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca. Il pagamento è effettuato all'Ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nell'ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall'art. 14;
del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza. Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero. La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890
”.

5. Ciò posto, dirimente ai fini che occupano è stabilire se le Note informative di A possano o meno prevedere la sanzione de qua per il ritardo nella comunicazione di proroga di carenza, o se possano prevederla per il solo caso di ritardo di invio della comunicazione di inizio carenza.

Costituisce principio generale (riaffermato anche dalla già citata sentenza del TAR Lazio n. 1615 del 2012) del nostro ordinamento giuridico il fatto che l’amministrazione non possa irrogare sanzioni amministrative per comportamenti non previsti o tipizzati da fonti normative a ciò espressamente autorizzate.

Nel caso di specie, la norma primaria punisce la mancata comunicazione circa la interruzione della commercializzazione del farmaco. Ciò allo scopo di garantire e programmare determinate cure terapeutiche.

La nota AIFA – correttamente e nei limiti assegnati ad un intervento di chiarificazione quale quello adottato dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere regolatorio discrezionale – ha distinto la fattispecie della omessa integrale comunicazione (sanzione massima) da quelle della ritardata comunicazione (sanzione minima, peraltro superiore rispetto a quella edittale contemplata nella norma primaria).

Tuttavia ha poi illegittimamente contemplato l’ipotesi di un obbligo di aggiornamento circa il protrarsi della interruzione della commercializzazione (comunicazione proroga interruzione), e lo ha espressamente sanzionato: trattasi, invero, di ipotesi non prevista dalla legge e per tali ragioni non sanzionabile, pena la violazione del principio di tipizzazione delle sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689 del 1981 (art. 1 sul principio di legalità).

L’Azienda, infatti, ha effettuato - senza averne il potere - una vera e propria integrazione sostanziale della disposizione normativa (e non meramente procedimentale come sostenuto dalla difesa della resistente), diretta ad introdurre una nuova ed ulteriore ipotesi sanzionabile.

Si veda, in questo senso, ex multis , la sentenza n. 1615/2012 del TAR Roma che ha affermato in una fattispecie analoga che: “ l’atto Isvap del 24 marzo 2011 ed il conseguente atto di contestazione si rivelano illegittimi per violazione dell’art. 316 d.lgs. 209/2005 in quanto hanno adottato una nozione di illecito differente e più ampia da quella prevista dalla norma di legge. Ne consegue la fondatezza del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento dell’atto Isvap del 24 marzo 2001 e degli atti ad esso conseguenti, tra cui l’impugnato atto di contestazione ”.

6. In conclusione il ricorso, assorbiti i motivi non esaminati, viene accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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