TAR Roma, sez. III, sentenza 2013-07-24, n. 201307568

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2013-07-24, n. 201307568
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201307568
Data del deposito : 24 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06936/2010 REG.RIC.

N. 07568/2013 REG.PROV.COLL.

N. 06936/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6936 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G S, rappresentato e difeso dall'avv. K C, con domicilio eletto presso K C in Roma, via Leone IV , 38;

contro

Universita' Degli Studi Di Roma La Sapienza, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Azienda Policlinico Umberto I^, rappresentato e difeso dall'avv. P B, con domicilio eletto presso P B in Roma, viale del Policlinico, 155;

nei confronti di

Francesco Fedele, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Salvatore, Mario Sanino, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, v.le Parioli, 180;

Con ricorso principale:

PER L’ANNULLAMENTO

della delibera assunta dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza Università di Roma con bozza inviata ai Direttori del Dipartimento in data 18 maggio 2010, delibera mai notificata e/o comunicata al ricorrente;

E PER L’INTEGRALE RISARCIMENTO

di tutti i danni – patrimoniale, morale ed esistenziale – conseguiti, oltre che dal succitato provvedimento, anche in dipendenza dei provvedimenti già oggetto di annullamento ad opera del Consiglio di Stato.

Con motivi aggiunti:

PER L’ANNULLAMENTO

del provvedimento adottato dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza Università di Roma in data 03.11.2010, e conosciuto dal ricorrente il successivo 08.11.2010, con cui è stata approvata la delibera assunta con verbale del medesimo Consiglio di Facoltà del 26.01.2010, già impugnato con il ricorso principale.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita' Degli Studi Di Roma La Sapienza e di Azienda Policlinico Umberto I^ e di Francesco Fedele;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2013 il dott. Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il P. G S – professore associato della I Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma Sapienza e dirigente medico di II livello dell’unità operativa complessa di emodinamica 2 dell’Istituto del Cuore dell’Azienda Sanitaria Policlinico Umberto I – dopo avere presentato, riservandosi di revocarla, domanda di collocamento anticipato a riposo, sulla quale il Rettore aveva positivamente provveduto con decreto Prot. n. A/22095 del 7 ottobre 2004, e i cui effetti sarebbero iniziati a decorrere dal 1° novembre successivo, prima dell’inizio della decorrenza del suo collocamento a riposo e del nuovo anno accademico, revocava la domanda stessa, chiedendo sia al Rettore dell’Università, sia all’Azienda Policlinico Umberto I di essere trattenuto in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età ai sensi dell’art. 1 quater del D.L. 25 maggio 2004, n. 146, convertito in Legge 27 luglio 2004, n. 186, che in aggiunta al comma 1° dell’art. 16 del D. Lgs. n. 503/1992 aveva concesso anche ai professori universitari la facoltà di rimanere in servizio fino all’anzidetto limite d’età.

Con la nota Prot. n. G 125822 del 17 novembre 2004 il Rettore dell’Ateneo respingeva l’istanza del P. S, motivando che la legge da lui invocata non troverebbe applicazione “… nei confronti dei professori di II fascia, altrimenti disciplinati da norma di carattere speciale che già fissa i limiti di età per il collocamento a riposo a 70 anni, fermo restando tassativamente il collocamento fuori ruolo per la durata di tre anni accademici”.

L’Azienda Policlinico Umberto I, con la nota Prot. n. 37213 del 19 novembre 2004, precisava che il riscontro sull’istanza dell’esponente era subordinato alle determinazioni dell’Università.

Con ricorso presentato innanzi a questo TAR, il P. S impugnava gli anzidetti provvedimenti, compreso il provvedimento di pensionamento e il rifiuto implicito della sua revoca, lamentando, in particolare, la violazione di legge (art. 16 del D. Lgs. n. 503/1992, come modificato dall’art. 1 quater della Legge n. 186/2004;
art. 15 nonies, comma 2°, del D. Lgs. n. 502/1992;
Legge n. 241/1990), la violazione degli assetti protocollari illo tempore vigenti tra l’Università e la Regione Lazio, nonché l’eccesso di potere in tutti i suoi profili sintomatici. Con motivi aggiunti, il ricorrente, altresì, impugnava la delibera del 18 novembre 2004, con cui il Senato Accademico dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza aveva ritenuto che le disposizioni della Legge n. 186/2004 non sarebbero applicabili ai professori di II fascia perché soggetti al collocamento fuori ruolo obbligatorio ex art. 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 239. Denegata, con due ordinanze, la tutela cautelare chiesta dal ricorrente, nella sentenza, il TAR del Lazio ha negato il trattenimento in servizio del medesimo fino al compimento del settantesimo anno di età. Il P. S proponeva ricorso in appello innanzi il Consiglio di Stato, per la riforma della sentenza n. 4091/2007 pronunziata dal TAR del Lazio. Il Consiglio di Stato, con sentenza del 12.05.2009 n. 4993/2009, in accoglimento del ricorso, disponeva l’annullamento del provvedimento del Rettore dell’Università 17 novembre 2004 prot. G125822, l’annullamento parziale del provvedimento dell’Azienda ospedaliera 19 novembre 2004 prot. 0037213, la dichiarazione d’inammissibilità della domanda di risarcimento del danno;
faceva, altresì, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Università.

Il P. S, con il presente ricorso principale – notificato in data 19/07/2010 e depositato in data 29/07/2010 - impugna la delibera del 18 maggio 2010 con cui il Consiglio di Facoltà di Medicina e Chirurgia, in esecuzione del giudicato del CdS sopra citato, ha negato il trattenimento in servizio del dipendente con la seguente motivazione “… rilevato che il Senato Accademico ha deliberato che il criterio principale debba essere individuato nell’essere chi presenta l’istanza un ricercatore eccellente (essere nel primo decile), rilevato che l’analisi dell’attività scientifica del P. S – valutata secondo il cosiddetto “fattore d’impatto” – colloca il suddetto professore largamente al di fuori dell’eccellenza ritiene non accoglibile sotto questo profilo l’istanza ora per allora del P. S. Per quanto attiene il profilo relativo alle esigenze organizzative basti rilevare che nel settore scientifico disciplinare del P. S MED/12 vi sono tutt’oggi oltre 10 docenti, largamente sufficienti rispetto alle necessità di corrispondere alla copertura dei crediti formativi universitari dei Corsi di Laurea. Il Consiglio unanime approva (salvo il P. T, che si astiene). Approvato seduta stante nella parte dispositiva”.

Il ricorrente propone le seguenti censure:

- Violazione dell’art. 7 della L. 241/90 per mancata notizia dell’avvio del procedimento amministrativo esitato nell’impugnato provvedimento, in quanto il P. S non sarebbe stato informato del procedimento che portava all’adozione del provvedimento impugnato, emesso dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia;

- Violazione dell’art. 3 della L. 241/90 perché la motivazione del provvedimento adottato dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia sarebbe del tutto mancante e/o insufficiente. Il Consiglio di Facoltà avrebbe motivato il mancato accoglimento dell’istanza presentata dal ricorrente limitandosi a rilevare la mancanza, nello stesso, del requisito del cosiddetto “fattore di impatto”, senza tuttavia fornire alcun elemento utile ed idoneo per la sua stessa identificazione. Inoltre nulla sarebbe stato riferito con riguardo all’esigenze organizzative dell’Università ora per allora;

- Eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per contraddittorietà della motivazione, poiché il Consiglio di Facoltà, con il provvedimento impugnato, nonostante quanto disposto dalla sent. n. 4993/2009, avrebbe fatto richiamo al requisito del “fattore d’impatto” ovvero d’eccellenza, non corrispondente ad alcuna esigenza organizzativa che poteva essere posta alla base del provvedimento. Inoltre, in contraddizione con quanto deliberato, l’Università consegnava al ricorrente un riconoscimento di merito alla sua carriera universitaria.

Con ricorso per motivi aggiunti, depositati in data 2/02/2011, il Pessore impugna il provvedimento adottato dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza Università di Roma in data 03/11/2010, con cui è stata approvata la delibera assunta con verbale del medesimo Consiglio di Facoltà, già impugnato con il ricorso principale, e insiste per l’annullamento dei provvedimenti impugnati e per la condanna al risarcimento dei danni patiti delle amministrazioni resistenti, riproponendo le stesse censure dedotte nel ricorso principale.

In prossimità della trattazione del merito, ricorrente e resistenti depositavano memorie e documenti, insistendo, rispettivamente, l’uno nell’accoglimento del ricorso e gli altri nella sua reiezione.

Nella pubblica udienza odierna la causa è trattenuta in decisione

DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso, deduce il ricorrente violazione dell’art. 3 della L. 241/90 perché la motivazione del provvedimento adottato dal Consiglio della I Facoltà di Medicina e Chirurgia sarebbe del tutto mancante e/o insufficiente. Il Consiglio di Facoltà avrebbe motivato il mancato accoglimento dell’istanza presentata dal ricorrente limitandosi a rilevare la mancanza, nello stesso, del requisito del cosiddetto “fattore di impatto”, senza tuttavia fornire alcun elemento utile ed idoneo per la sua stessa identificazione. Inoltre nulla sarebbe stato riferito con riguardo all’esigenze organizzative dell’Università ora per allora.

Con il secondo motivo di ricorso, deduce il ricorrente eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per contraddittorietà della motivazione, poiché il Consiglio di Facoltà, con il provvedimento impugnato, nonostante quanto disposto dalla sent. n. 4993/2009, avrebbe fatto richiamo al requisito del “fattore d’impatto” ovvero d’eccellenza, non corrispondente ad alcuna esigenza organizzativa che poteva essere posta alla base del provvedimento. Inoltre, in contraddizione con quanto deliberato, l’Università consegnava al ricorrente un riconoscimento di merito alla sua carriera universitaria.

Le censure sono fondate.

In ordine al primo motivo di diritto, l’impugnato provvedimento deve essere annullato, poiché non è stata data comunicazione al ricorrente dell’avvio del procedimento che ha portato alla sua adozione.

Infatti, ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90 “ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi”.

Invero, tale comunicazione era indispensabile, anche per la natura discrezionale e non vincolata dell’azione amministrativa riconosciuta dallo stesso Consiglio di Stato, nella decisione n. 4993/2009, là dove, da un lato faceva salvi ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in applicazione dei presupposti di cui all’art. 1 quater del D.L. 25 maggio 2004, n. 136, convertito in Legge 27 luglio 2004, n. 186, e, dall’altro rimetteva all’amministrazione la valutazione delle esigenze organizzative dell’Azienda “ora per allora” .

Anche con riguardo al secondo e al terzo motivo di ricorso, il provvedimento de quo va annullato.

Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 1 quater del D.L. 25 maggio 2004, n. 136, convertito in Legge 27 luglio 2004, n. 186 - che il C.d.S. nella sentenza del 12.05.2009 n. 4993/2009 resa tra le parti aveva riconosciuto applicabile - dispone «È inoltre data facoltà ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, … di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell'efficiente andamento dei servizi…”.

Nel provvedimento impugnato il Consiglio di Facoltà motiva il mancato accoglimento dell’istanza presentata dal ricorrente limitandosi, da un lato, a rilevare la mancanza del requisito del cosiddetto “fattore di impatto”, senza tuttavia fornire alcun elemento utile ed idoneo per la sua stessa identificazione. Peraltro, la valutazione della non eccellenza espressa nel provvedimento sulle capacità professionali del ricorrente si pone in contrasto con precedenti riconoscimenti premiali rilasciati al medesimo Pessore dalla stessa Università. D’altro lato, nulla è riferito con riguardo alle esigenze organizzative dell’Università “ora per allora” ”, in totale difformità da quanto stabilito dalla decisione del Supremo Consesso.

Infatti, la valutazione delle esigenze organizzative doveva essere effettuata con riferimento alle eventuali carenze di organico all’epoca del 1 novembre 2004, e non all’epoca dell’adottato provvedimento.

Pertanto, il provvedimento in esame risulta affetto da contraddittorietà, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

Conseguentemente, il Collegio accoglie il ricorso introduttivo e per motivi aggiunti, annullando il provvedimento impugnato.

Per contro, va respinta la domanda risarcitoria, in quanto non sussiste il danno ingiusto. Infatti, la valutazione effettuata dall’Amministrazione, ai fini del trattenimento in servizio del ricorrente, si doveva basare sulle esigenze organizzative “ora per allora”, mentre, come riferito, si è basata illegittimamente su esigenze attuali. Quindi, allo stato dei fatti, non è dato sapere se il P. S avrebbe potuto o meno mantenere lo status de quo. Pertanto, allo stato non è possibile stabilire la sussistenza del danno “ingiusto”.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

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