TAR L'Aquila, sez. I, sentenza 2019-06-01, n. 201900279
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Pubblicato il 01/06/2019
N. 00279/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00152/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 152 del 2018, proposto da
Co.Ges. A.M.P. Torre Cerrano, Comune di Città Sant'Angelo, Comune di Montesilvano, Comune di Pineto, Comune di Silvi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via della Croce Rossa n. 215;
contro
Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata ex lege in L'Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico;
nei confronti
Comune di Ortona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L D G e L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Nucciarelli in L'Aquila, piazza Santa Giusta 5;
Società Nuova Coedmar S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Caldarera, Antonio Sottile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Atlantide di Ennio di Giovanni S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in L'Aquila, via della Croce Rossa n. 215;
per l'annullamento
previa adozione di misure cautelari
- della Determinazione Dirigenziale della Giunta della Regione Abruzzo – Dipartimento Opere Pubbliche, Governo del Territorio e Politiche Ambientali – DPC026 Servizio Gestione dei Rifiuti – Ufficio Bonifiche e Procedure A.U.A. n. DPC026/29 del 6 febbraio 2018, avente ad oggetto “D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 – art. 109 D.M. 15.07.2016, n. 173. Autorizzazione ai lavori di escavazione e approfondimento dei fondali del bacino portuale di Ortona (CH)”;
- della Determinazione Dirigenziale della Giunta della Regione Abruzzo – Dipartimento Opere Pubbliche, Governo del Territorio e Politiche Ambientali – DPC026 Servizio Gestione dei Rifiuti – Ufficio Bonifiche e Procedure A.U.A. n. DPC026/40 del 21 febbraio 2018, avente ad oggetto “D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 – art. 109 D.M. 15.07.2016, n. 173. Autorizzazione ai lavori di escavazione e approfondimento dei fondali del bacino portuale di Ortona (CH). Sospensione temporanea della D.D. n. DPC026/29 del 06/02/2018, limitatamente alle operazioni di immersione in mare dei sedimenti marini di classe A2 con pelite >30% nel sito marino denominato ABR01D”;
- degli altri atti indicati e specificati nella narrativa del presente atto e, in particolare, dei pareri del Comitato di Coordinamento Regionale VIA, nella parte in cui esprimono illegittimamente pareri favorevoli;
- di ogni altro atto presupposto, inerente e consequenziale, conosciuto o non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo e di Comune di Ortona e di Società Nuova Coedmar S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2019 il dott. M G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In qualità di soggetto proponente, il Comune di Ortona, con nota prot. n. 34964 del 01.12.2017, ha formulato richiesta di autorizzazione ai “Lavori di escavazione a approfondimento dei fondali del bacino portuale di Ortona” di cui al programma PAR FSC Abruzzo 2007/2013.
All’istanza sono stati allegati il Progetto definitivo dei Lavori di escavazione e approfondimento dei fondali del Bacino Portuale di Ortona, aggiornato a novembre 2017, e il Piano Operativo di Gestione dei Sedimenti Marini.
Il progetto prevedeva che il materiale dragato dal Porto di Ortona, a seconda della propria natura, doveva essere destinato al ripascimento delle coste;all’immersione in mare aperto in zone prospicienti gli Enti ricorrenti;al deposito a terra.
L’odierna ricorrente insorge avverso la Determinazione Dirigenziale della Giunta della Regione Abruzzo – Dipartimento Opere Pubbliche, Governo del Territorio e Politiche Ambientali – DPC026 Servizio Gestione dei Rifiuti – Ufficio Bonifiche e Procedure A.U.A. n. DPC026/29 del 6 febbraio 2018, avente ad oggetto “D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 – art. 109 D.M. 15.07.2016, n. 173. Autorizzazione ai lavori di escavazione e approfondimento dei fondali del bacino portuale di Ortona (CH)” , nonché avverso la Determinazione Dirigenziale della Giunta della Regione Abruzzo – Dipartimento Opere Pubbliche, Governo del Territorio e Politiche Ambientali – DPC026 Servizio Gestione dei Rifiuti – Ufficio Bonifiche e Procedure A.U.A. n. DPC026/40 del 21 febbraio 2018, avente ad oggetto “D.Lgs. 03.04.2006 n. 152 – art. 109 D.M. 15.07.2016, n. 173. Autorizzazione ai lavori di escavazione e approfondimento dei fondali del bacino portuale di Ortona (CH). Sospensione temporanea della D.D. n. DPC026/29 del 06/02/2018, limitatamente alle operazioni di immersione in mare dei sedimenti marini di classe A2 con pelite >30% nel sito marino denominato ABR01D”.
A sostegno del ricorso predetto propone due censure:
A) Con il primo motivo di ricorso si lamenta la mancata necessaria attivazione del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale e si sostiene la competenza statale in materia per il Progetto assentito;
B) con il secondo motivo di ricorso si censura l’omessa valutazione d’incidenza, nonostante il progetto fosse ubicato in prossimità di un sito di interesse comunitario.
Nelle more del giudizio la società Atlantide di Ennio Di Giovanni S.a.s., sul presupposto il sito marino di immersione è ubicato in un’area di mare prossima al proprio all’allevamento, ha spiegato intervento ad adiuvandum .
Si sono costituite la Regione Abruzzo, il Comune di Ortona, e la Nuova Coedmar s.r.l. resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.
Alla pubblica udienza del 22 maggio 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.§. La Regione Abruzzo e il Comune di Ortona eccepiscono la tardività del ricorso proposto, dal momento che non sarebbero stati impugnati atti propedeutici all’emissione del provvedimento censurato.
L’eccezione non è fondata.
Deve essere ribadito che, in via generale, è esclusa l’impugnabilità immediata degli atti endoprocedimentali in quanto, essendo atti preparatori del provvedimento finale, normalmente sono privi di immediata lesività.
La regola generale soffre di alcune eccezioni nei casi in cui gli atti in parola, pur essendo inseriti all’interno del procedimento, assumano autonoma rilevanza esterna realizzando una lesione immediata.
È, quindi, possibile impugnare gli atti endoprocedimentali solo quando gli stessi realizzino un arresto procedimentale ovvero, per la loro natura vincolante, rappresentino una negazione del bene della vita cui aspira l’istante.
Al di fuori di queste ipotesi, quindi, trova applicazione la regola generale che impedisce l’autonoma impugnazione degli atti endoprocedimentali.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione di questo Collegio, deve rilevarsi che i pareri menzionati dalla difesa del Comune di Ortona siano atti endoprocedimentali privi di autonoma rilevanza esterna e di immediata lesività trattandosi di pareri non vincolanti e, in taluni casi, di atti privi di natura provvedimentale.
2.§. Con una seconda eccezione processuale le amministrazioni resistenti rilevano il difetto di legittimazione attiva di parte ricorrente.
Mancherebbe, in particolare, la prova della c.d. vicinitas rispetto all'interesse sostanziale che si assume leso per effetto dell'azione amministrativa e a tutela del quale, pertanto, i ricorrenti intendono agire in giudizio.
L’eccezione è infondata.
L’odierna ricorrente, infatti, è il Consorzio per la gestione, salvaguardia e valorizzazione dell’Area Marina Protetta “TORRE DEL CERRANO” (Co.Ges. A.M.P. Torre del Cerrano), quindi un soggetto che ha come specifica finalità proprio quella di impedire che l’area marina subisca ingerenze esterne negative.
L’articolo 3 dello Statuto della ricorrente, rubricato “Finalità”, stabilisce infatti che “Il Consorzio ha come scopo la gestione dell'area marina protetta Torre del Cerrano, in relazione a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio di istituzione della medesima area marina protetta e dal decreto ministeriale di affidamento in gestione, per l'esercizio delle funzioni di cui al successivo art. 4” .
Il successivo articolo 4, rubricato “Funzioni”, al primo comma stabilisce che “1. Il Consorzio, quale Ente gestore, svolge le funzioni di carattere organizzativo ed amministrativo necessarie al perseguimento degli obiettivi propri dell'area marina protetta Torre del Cerrano previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e dalle finalità istituzionali previste dal decreto istitutivo. In particolare, nell'ambito della gestione dell'area marina protetta, persegue:
a) la tutela e la valorizzazione delle caratteristiche naturali, chimiche, fisiche e della biodiversità marina e costiera, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti a livello comunitario, anche attraverso interventi di recupero ambientale e ripopolamento ittico”.
Quanto alla specifica prova della vicinitas, anche in relazione agli Enti Territoriali ricorrenti, è evidente che la sussistenza della legittimazione ad agire, se si considera che le operazioni di affondamento dei materiali di escavazione avverrebbero nelle acque ad essi prospicenti e che, peraltro, come sostenuto dai ricorrenti, diversamente si dovrebbe arrivare a sostenere che i provvedimenti relativi a operazioni che avvengono in mare rimarrebbero di fatto insindacabili dalla giurisdizione amministrativa, non essendovi alcun altro Ente, pubblico o privato, titolare della legittimazione.
Nel caso specifico, la circostanza che le operazioni di affondamento avvengano a cinque miglia dalla costa non vale a escludere la possibilità della verificazione di eventuali interferenze negative di carattere ambientale.
3.§. Deve, inoltre, essere affermata la persistenza dell’interesse ad agire delle ricorrenti.
Nelle more del giudizio, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2689 del 7 maggio 2018, ha annullato l’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di escavazione del Porto di Ortona alla Società odierna controinteressata, la quale ha altresì proposto ricorso per revocazione ed è risultata soccombente con sentenza n. 7205 del 21 dicembre 2018.
Il provvedimento impugnato è, infatti, separato e autonomo rispetto alla gara per l’aggiudicazione dell’appalto, tanto è vero che i provvedimenti di aggiudicazione subordinano la conclusione del contratto al rilascio dei necessari pareri.
Tali atti, peraltro, pur essendo afferenti al progetto definitivo dell’ex aggiudicataria, vedono il Comune di Ortona come proponente e sono, perciò, indifferenti rispetto al soggetto che eseguirà i lavori.
Ciò implica che la nuova aggiudicataria potrebbe continuare a giovarsi di tali autorizzazioni nell’ipotesi in cui il progetto non dovesse differire in modo significativo da quello della precedente aggiudicataria.
4.§. Nel merito il primo motivo di ricorso è fondato.
Occorre sin d’ora rilevare che il Progetto assentito col provvedimento impugnato è stato ricondotto a delle tipologie che nulla hanno a che vedere con l’opera da realizzare, posto che l’obiettivo della stessa è l’ampliamento funzionale del porto di Ortona, come descritto proprio nell’Avviso al pubblico ( “il progetto definitivo prevede l’approfondimento del fondale del canale di ingresso e della parte centrale del bacino portuale alla batimetria di -9,0 m sul l.m. per una superficie complessiva di 509.731 mq, ed un approfondimento limitato e controllato alla profondità di -8,5 m sul l.m. nel tratto prospiciente la Nuova banchina Nord per una larghezza di circa 5 m dal fronte di accorso e per una superficie di circa 2.157 mq” ).
Non è condivisibile, pertanto, l’assunto secondo cui tale intervento possa essere classificato nelle due categorie richiamate dell’allegato IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente, di cui la prima è residuale e, comunque, non afferente agli ampliamenti funzionali dei porti commerciali e la seconda attiene alla costruzione di dighe e ad altri lavori di difesa del mare, che nulla hanno a che vedere con le opere assentite (se non per la parte concernente il ripascimento).
Alla stessa conclusione era approdato il Comitato di Coordinamento Regionale per la Valutazione d’Impatto Ambientale, nel parere n. 2558 del 17 settembre 2015, relativo alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA concernente il Progetto preliminare del medesimo intervento, sul presupposto che esso fosse riconducibile alla vecchia formulazione della lettera h) del punto 2 dell’Allegato IV alla Parte II del Codice dell’ambiente ( “estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale” ), esprimeva parere favorevole, con prescrizioni, all’esclusione dalla procedura V.I.A., precisando “che il presente parere si limita agli interventi di dragaggio necessari al ripristino del fondale del porto esistente e già autorizzato. Qualsiasi ulteriore intervento finalizzato alla realizzazione di opere e di interventi atti a garantire l’accesso di navi di stazza superiori a quelle attualmente ammesse dovrà essere sottoposto alle corrette procedure di VIA di cui al d.lgs. 152/2006, con particolare attenzione alla tipologia progettuale prevista all’allegato II (punto 11) della parte seconda dello stesso decreto” .
Nel caso di specie, che, essendo il Progetto assentito riconducibile all’Allegato II (anziché all’Allegato IV) alla Parte II del Codice dell’ambiente (punto 11: “Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1350 tonnellate” ), per esso si sarebbe dovuto fare ricorso alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale e non alla sola Verifica di Assoggettabilità.
L’inquadramento attribuito al progetto in esame risultava, infatti, inadeguato in quanto per un verso, non si considerava l’aspetto della destinazione di parte dei materiali estratti al ripascimento delle coste e, per altro verso, si ignorava che l’opera era volta ad aumentare la capacità ricettiva del porto, come riportato proprio nel Progetto preliminare nel quale si diceva che “I lavori di dragaggio dell’area portuale, in parte realizzati con l’attuale progetto dovrebbero, permettere l’ingresso in porto anche di imbarcazioni con stazza superiore a 14.000 tonnellate di stazza lorda, oggi impossibilitate ad accedervi a causa dei fondali ridotti per le correnti sottomarine (circa 7 metri all’imboccatura e 5 metri e 70 nelle banchine di Riva)” .
L’obiettivo di ampliamento di ricettività del porto avrebbe dovuto essere assoggettato a V.I.A. di competenza statale, posto che il punto 11 dell’allegato II al Codice dell’ambiente rimette a tale livello il giudizio di compatibilità ambientale sui “Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1350 tonnellate” .
Pertanto, il Progetto sarebbe stato riconducibile a tale categoria, sia perché trattasi di porto marittimo commerciale, sia perché – in ogni caso – grazie all’intervento, vi sarebbero potute transitare navi di stazza superiore a 1350 tonnellate (14.000 tonnellate, secondo il Progetto preliminare).
Che il reale obiettivo dell’opera fosse l’ampliamento della ricettività del porto di Ortona è confermato proprio dal Capitolato di gara per l’affidamento dei lavori dove si legge che l’intervento “mira ad uniformare e ad approfondire la parte dei fondali dell’attuale asse di navigazione per potenziare la sicurezza delle navi nella manovra di arrivo e più in generale a una maggiore funzionalità e fruibilità delle infrastrutture portuali, in vista anche di dare la possibilità d’ingresso a navi di maggiore stazza” .
Tali conclusioni risultano, peraltro, confermate anche dal tenore letterale dell’art. 2 del D.M. n. 173 del 2016, secondo cui la nozione di escavo di fondali marini – di competenza regionale – comprende esclusivamente il “dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalità di bacini portuali” e non anche quelle modifiche sostanziali di un porto che determinano un ampliamento della capacità ricettiva del porto stesso quanto alla stazza ammessa.
5.§. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
I provvedimenti impugnati scontano anche un ulteriore motivo di illegittimità in ragione del mancato esperimento della valutazione d’incidenza, nonostante la realizzazione del progetto debba svolgersi in prossimità del Sito di interesse comunitario (S.I.C.) “Torre del Cerrano”.
Infatti, in base a quanto disposto dall’art. 5, comma 4, del D.P.R. n. 357 del 1997, si sarebbe dovuta esperire la valutazione d’incidenza nell’ambito del procedimento V.I.A.: «Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, [...] che interessano siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento» .
Lo stesso CCR VIA, nel suo parere n. 2832 del 5 ottobre 2017, ha rilevato che, prima di assentire l’opera, sarebbe stato “necessario preliminarmente all’istruttoria tecnica approfondire l’utilizzabilità del sito ABR01D anche in ragione della limitrofa presenza del SIC IT71202015” , denominato “Torre del Cerrano”.
Il SIC in questione, infatti, è molto prossimo all’area di sversamento e, pertanto, è chiaro che un’interazione vi possa essere, anche in considerazione della circostanza che l’operazione si svolge in mare, quindi la posa del materiale di escavazione può spingersi sino all’Area protetta.
6.§. Per i motivi predetti il ricorso deve essere accolto.
Le spese possono essere compensate in ragione della complessa fattispecie oggetto del giudizio.