TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-07-12, n. 202414236

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2024-07-12, n. 202414236
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202414236
Data del deposito : 12 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2024

N. 14236/2024 REG.PROV.COLL.

N. 15945/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15945 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comando Legione Carabinieri Lazio, in persona del Comandante Regionale pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- del 10 ottobre 2019, notificato in data 23 ottobre 2019, con cui, a decorrere dal 12 luglio 2019, è stata disposta nei confronti del militare la commutazione della “ sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio ”, precedentemente inflitta, in “ sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo ”, ai sensi degli artt. 915, comma 2, e 916 del D. Lgs. n. 66/2010.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Legione Carabinieri Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 7 giugno 2024 la dott.ssa Caterina Luperto, lette le note d’udienza con cui l’amministrazione resistente ha richiesto il passaggio in decisione sulla scorta degli scritti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il sig. -OMISSIS-, sottoufficiale dell’Arma dei Carabinieri, agisce in giudizio per ottenere l’annullamento del Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- del 10 ottobre 2019, con cui il Direttore della Divisione Disciplina della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto « a decorrere dal 12 luglio 2019, la commutazione della "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo obbligatorio, precedentemente inflitta al militare, in "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo facoltativo, ai sensi dell'articolo 915 comma secondo e 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ».

In particolare, in fatto, con ordinanza n. -OMISSIS- R.G.N.R. e n. -OMISSIS- R.G. GIP, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma, il -OMISSIS- è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per il reato continuato e aggravato di accesso abusivo a sistema informatico o telematico, di cui agli articoli 81 cpv. e 615 ter , comma 1, comma 2 n. 1 e n. 3 e comma 3 cod. pen., perché « con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, sottufficiale dell'Arma ei Carabinieri, abusivamente si introduceva nel sistema informatico in uso all'Amministrazione di appartenenza effettuando per ragioni personali e non di istituto n. 164 accessi alla banca dati SDI (Sistema di indagine) tenuta dal Ministero dell'Interno per finalità estranee a quelle istituzionali ».

Con Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- del 20 aprile 2018, è stata disposta, nei confronti del -OMISSIS-, la « sospensione precauzionale dall'impiego a titolo obbligatorio », ai sensi dell’art. 915, comma 1, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Con sentenza del Tribunale Ordinario di Roma n. -OMISSIS-, il -OMISSIS- è stato condannato alla pena della reclusione di un anno e sei mesi per il reato continuato e aggravato di accesso abusivo a sistema informatico o telematico, di cui agli articoli 81 cpv. e 615 ter , comma 1, comma 2 n. 1 e n. 3 e comma 3 cod. pen., con sospensione condizionale della pena.

Nella sentenza il giudice penale ha precisato che « stante l’incensuratezza e il buon comportamento processuale, si reputa che il -OMISSIS- si asterrà dal compiere altri reati formulandosi pertanto prognosi favorevole ex art. 164 c.p. Ricorrono pertanto gli estremi per riconoscere il beneficio della sospensione condizionale della pena, con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare in atto della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all'Arma dei Carabinieri di cui all'art. 289 c.p.p. ».

Con Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- del 10 ottobre 2019, il Direttore della Divisione Disciplina della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto « a decorrere dal 12 luglio 2019, la commutazione della "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo obbligatorio, precedentemente inflitta al militare, in "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo facoltativo, ai sensi dell'articolo 915 comma secondo e 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ».

Avverso detto provvedimento il militare ha proposto l’odierno ricorso, con richiesta di misure cautelari sospensive.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto.

I. “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 914 del D.Ltv. 66/2010. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per illogicità, e arbitrarietà manifesta ”.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente prospetta che l’art. 914 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 stabilisce che la sospensione dall’impiego è applicata ai militari durante l’espiazione di pene detentive.

Precisa che il gravato provvedimento si pone in contraddizione con quanto disposto nella sentenza n. -OMISSIS- emessa dal Tribunale di Roma, che ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, prevedendo: « pena sospesa nei confronti di -OMISSIS-, con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all'Arma dei Carabinieri di cui all'art. 289 cpp », e che, « stante l’incensuratezza e il buon comportamento processuale, si reputa che il -OMISSIS- si asterrà dal compiere altri reati formulandosi pertanto prognosi favorevole ex art. 164 c.p. Ricorrono pertanto gli estremi per riconoscere il beneficio della sospensione condizionale della pena, con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare in atto della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all'Arma dei Carabinieri di cui all'art. 289 c.p.p. ».

Precisa di non stare espiando alcuna pena detentiva, per effetto del concesso beneficio della sospensione condizionale.

Ne inferisce l’illegittimità del provvedimento con il quale è stata disposta la commutazione della sospensione precauzionale dall'impiego a titolo obbligatorio in sospensione precauzionale dall'impiego a titolo facoltativo.

II. “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 916 e dell’art. 866 del D.Ltv. 66/2010. Abuso nell’esercizio del potere ”.

Il ricorrente prospetta che, a mente dell’art. 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la sospensione precauzionale facoltativa può essere applicata nel caso in cui il militare sia imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado;
e che, a mente dell’art. 866 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, un reato può determinare la perdita del grado laddove la norma incriminatrice preveda la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici oppure una delle pene accessorie di cui all’art. 19, comma 1, n. 2 e n. 6, del codice penale.

Precisa che il reato per cui è stato imputato e condannato non rientra tra quelli per i quali è prevista la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, anche in considerazione dell’entità della pena comminata.

Soggiunge che lo stesso giudice penale, nella sentenza, ha disposto «la perdita di efficacia della misura cautelare in atto della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all’Arma dei Carabinieri di cui all’art. 289 c.p.p. », con ciò dovendosi ritenere che l’Autorità Giudiziaria abbia escluso l’applicabilità di sanzioni accessorie di ogni tipo, ivi compresa quella dell’interdizione dai pubblici uffici.

Conclude che il « concetto di “reato da cui può derivare la perdita del grado” deve tener conto della concreta sanzione adottata e del fatto che sia o meno stato promosso il giudizio di appello ».

III. “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 918 D.Ltv. 66/2010 ”.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 918 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a mente del quale la sospensione è revocata con effetto retroattivo se « il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso ».

Contesta, in particolare, il segmento motivazionale del provvedimento impugnato ove si precisa che « il militare è imputato per un grave reato, che può comportare la "perdita del grado" anche all'esito dell'inchiesta formale, ove il procedimento penale a suo carico si concluda con una pronuncia pienamente assolutoria ».

IV. “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 919 D.Ltv. 66/2010 ”.

Con il quarto motivo di ricorso, il deducente lamenta la violazione dell’art. 919 del Codice dell’Ordinamento Militare, a mente del quale « la sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque », dal momento che il provvedimento impugnato applicherebbe la sospensione facoltativa « come misura definitiva e senza limite temporale ».

V. “ Manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza e/o palese travisamento dei fatti. mancata valutazione dei precedenti assolutamente di pregio del militare ”.

Con il quinto motivo di ricorso, il deducente lamenta l’illogicità, l’abnormità e l’irragionevolezza della determinazione dell’amministrazione di procedere alla sospensione facoltativa dall’impiego, omettendo di considerare il curriculum e il profilo professionale del militare, il giudizio “eccellente” formulato dai superiori gerarchici nelle schede valutative dall’anno 2007 fino al 2018 e i riconoscimenti della professionalità resi nei suoi confronti dal Procuratore Nazionale Antimafia e dal Procuratore Nazionale Vicario Antimafia.

Lamenta, in particolare, la violazione del principio di proporzionalità, citando la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 18 ottobre 2018 n. 6092, a mente della quale il provvedimento che dispone la sospensione facoltativa deve palesare con chiarezza il rischio che l’interessato reiteri le condotte criminose. Tale rischio sarebbe stato escluso nel caso di specie dalla sentenza del Tribunale di Roma che, con un giudizio prognostico incontrovertibile, ha statuito che « si reputa che il -OMISSIS- si asterrà dal compiere altri reati formulandosi pertanto prognosi favorevole ex art. 164 c.p. ».

VI. “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 915 comma 2, 916 e 866 D. Lgs. n. 66 del 2010. Violazione del principio di proporzionalità. Manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza e/o palese travisamento dei fatti. Mancato contemperamento tra la tutela del prestigio dell’Amministrazione e l’interesse legittimo del militare ”.

Con l’ultimo mezzo di gravame, il ricorrente deduce la violazione del principio di proporzionalità e il difetto di motivazione del gravato provvedimento, segnalando come l’amministrazione non abbia tenuto conto del fatto che il giudice penale ha concesso la sospensione condizionale della pena e che il reato di che trattasi non implica la sanzione di stato della perdita del grado.

Lamenta che l’amministrazione non avrebbe valutato una eventuale incompatibilità tra gli addebiti mossi in sede penale e la permanenza in servizio dell’interessato, né avrebbe preso in considerazione la possibilità che egli potesse essere impiegato in altre funzioni.

Ribadisce, poi, l’omessa valutazione dei propri profili curriculari.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Difesa e il Comando Legione Carabinieri Lazio, instando per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare, così motivando: « considerato, ad una sommaria delibazione, propria della presente fase cautelare, che le doglianze svolte nel gravame dalla parte ricorrente si appalesano prive di sufficienti profili di fumus boni juris, anche alla luce dei chiarimenti in punto di fatto forniti dall’Amministrazione in data 10.1.2020 in esecuzione del decreto cautelare monocratico n. -OMISSIS- della Sezione, in tema di gravità degli addebiti e di attinenza alla sfera di interesse dell’Amministrazione dei fatti posti a carico del ricorrente ».

All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 7 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Oggetto della materia del contendere è la legittimità del provvedimento con cui il Direttore della Divisione Disciplina della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto nei confronti del ricorrente « a decorrere dal 12 luglio 2019, la commutazione della "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo obbligatorio, precedentemente inflitta al militare, in "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo facoltativo, ai sensi dell'articolo 915 comma secondo e 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ».

A giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni che innanzi si illustrano.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha eccepito la violazione dell’art. 914 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dal momento che sarebbe stata disposta nei suoi confronti la sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo nonostante non ricorresse la condizione dell’espiazione di una pena detentiva.

Il motivo è infondato, dal momento che, nel caso di specie, non trova applicazione l’art. 914 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Giova preliminarmente delineare il quadro normativo di riferimento.

L’art. 914 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66 (“ Codice dell’Ordinamento Militare ”), rubricato « sospensione a seguito di condanna penale » prevede una ipotesi di sospensione obbligatoria del militare durante l’espiazione della pena detentiva, stabilendo che « la sospensione dall'impiego è applicata ai militari durante l'espiazione di pene detentive, anche se sostituite in base alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario ».

L’art. 915 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66 dispone, al comma 1, che « è sempre applicata » nei confronti del militare la sospensione precauzionale obbligatoria: « se sono adottati a suo carico: a) il fermo o l'arresto;
b) le misure cautelari coercitive limitative della libertà personale;
c) le misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio;
d) le misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio
»;
al comma 2 dispone, inoltre, che « la sospensione obbligatoria viene meno con la revoca dei provvedimenti previsti dal comma 1, salva la potestà dell'amministrazione di applicare la sospensione facoltativa, se la revoca stessa non è stata disposta per carenza di gravi indizi di colpevolezza ».

L’art. 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66 prevede, in tema di « sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale », che la stessa « può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado ».

Dal quadro normativo di riferimento emerge che il legislatore ha previsto due tipologie di sospensione dall’impiego: a) la « sospensione precauzionale dall’impiego obbligatoria » che deve essere disposta nei confronti del militare « durante l'espiazione di pene detentive, anche se sostituite in base alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario » (art. 914 C.O.M.) ovvero ove il militare sia sottoposto a fermo o arresto, a misure cautelari coercitive limitative della libertà personale, a misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio o a misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio (art. 915, comma 1, C.O.M.);
b) la « sospensione precauzionale dall’impiego facoltativa », nei casi in cui, venuta meno quella obbligatoria con la revoca dei provvedimenti di cui all’art. 915, comma 1, C.O.M., l’amministrazione eserciti la facoltà di disporla, sempre che la revoca non sia stata disposta « per carenza di gravi indizi di colpevolezza » (art. 915, comma 2, C.O.M.), ovvero nei casi in cui il militare sia imputato « per un reato da cui può derivare la perdita del grado » (art. 916 C.O.M.).

Nel caso di specie, l’applicazione della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio è stata disposta a mente dell’art. 915, comma 1, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66, in quanto il ricorrente era stato sottoposto ad una misura cautelare coercitiva limitativa della libertà personale.

La sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo, invece, è stata disposta ai sensi dell’art. 915, comma 2, e dell’art. 916 C.O.M., venendo in rilievo, da un lato, la revoca della misura cautelare coercitiva per motivi diversi dalla carenza dei gravi indizi di colpevolezza, dall’altro, l’imputazione del ricorrente per un reato da cui potrebbe, in tesi, derivare la perdita del grado.

Il provvedimento impugnato, infatti, dispone la « la commutazione della "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo obbligatorio, precedentemente inflitta al militare [ai sensi dell'articolo 915, comma 1, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66], in "sospensione precauzionale dall'impiego" a titolo facoltativo, ai sensi dell'articolo 915 comma secondo e 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 », richiamando, quindi, sia l’art. 915, comma 2, che l’art. 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

Dalla piana lettura del gravato provvedimento deve ritenersi che l’amministrazione abbia inteso adottare la misura della sospensione precauzionale dall’impiego a titolo facoltativo per un duplice ordine di ragioni: da un lato, a mente dell’art. 915, comma 2, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66, per essere stato il militare destinatario della misura della custodia cautelare in carcere, successivamente revocata non « per carenza di gravi indizi di colpevolezza »;
dall’altro, in applicazione dell’art. 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, perché « il militare è imputato per un grave reato, che può comportare la "perdita del grado" anche all'esito dell'inchiesta formale, ove il procedimento penale a suo carico si concluda con una pronuncia pienamente assolutoria ».

Ne discende l’infondatezza di quanto argomentato con il primo motivo di ricorso, atteso che, nel caso di specie, non trova applicazione l’art. 914 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66, ma, come pocanzi precisato, l’art. 915, comma 2, e l’art. 916 del medesimo decreto.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 916 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in ragione del fatto che il reato per cui è stato imputato e condannato non rientra tra quelli per i quali è prevista la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, anche in considerazione dell’entità della pena comminata, precisando che lo stesso giudice penale, nella sentenza, ha disposto «la perdita di efficacia della misura cautelare in atto della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all’Arma dei Carabinieri di cui all’art. 289 c.p.p. », con ciò dovendosi ritenere che l’Autorità Giudiziaria abbia escluso l’applicabilità di sanzioni accessorie di ogni tipo, ivi compresa quella dell’interdizione dai pubblici uffici.

Il motivo è infondato.

Come precisato, il Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, nell’ambito della Sezione IV (Capo II del Titolo V), dedicata ai casi di « sospensione dall’impiego », prevede, oltre alla « sospensione a seguito di condanna penale » (art. 914) ed alla « sospensione precauzionale obbligatoria » (art. 915), anche la « sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale » (art. 916), la quale « può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado » (comma 1).

Il necessario presupposto perché l’amministrazione militare possa valutare se disporre (o meno) la sospensione precauzionale facoltativa – che ha natura di misura cautelare e non già di sanzione - è l’essere il militare imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado.

Quest’ultima (che è “sanzione disciplinare di stato”) può essere conseguenza o di procedimento disciplinare (art. 865 C.O.M.) ovvero per i casi in cui vi sia « condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all’art. 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale » (art. 866 C.O.M.) (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

In particolare, per quel che interessa nella presente sede, giova ricordare che l’art. 29 cod. pen. prevede che la interdizione temporanea dai pubblici uffici consegua ad una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.

In virtù dei rinvii effettuati dalle norme ora indicate, può dunque affermarsi che l’applicazione della sospensione precauzionale facoltativa può aversi allorché il militare sia imputato (cioè vi sia stato esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, in uno dei modi previsti dal codice di procedura penale) per un reato per il quale la eventuale futura condanna possa comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e cioè per un delitto la cui pena edittale massima sia pari o superiore a tre anni (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

In altre parole, l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa, fa riferimento a reati che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.

Quanto ora affermato risponde alla normale tecnica di rinvio degli istituti di diritto penale sostanziale e processuale, in assenza di diverse e specifiche indicazioni, in quanto l’art. 916 si riferisce ad un militare “imputato” e, dunque, ad un soggetto non già condannato bensì nei confronti del quale si procede per uno dei reati per i quali potrebbe trovare (in astratto) applicazione la pena accessoria considerata (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

Ovviamente, ferma la necessità che si proceda nei confronti del militare per uno dei reati ora indicati, stante la natura facoltativa della misura cautelare, compete all’amministrazione militare vagliare, in esercizio della propria potestà discrezionale, la opportunità dell’applicazione della misura, per il tramite di un giudizio congruamente motivato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

Tale giudizio è sottoposto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo - onde non invadere il “merito” amministrativo – nei limiti del difetto di motivazione ovvero della irragionevolezza o illogicità di quanto disposto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

O, nel caso di specie, il carabiniere -OMISSIS- è stato condannato, all’esito del giudizio di primo grado, alla pena della reclusione di un anno e sei mesi per il reato continuato e aggravato di « accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico », di cui agli articoli 81 cpv. e 615 ter , comma 1, comma 2 n. 1 e n. 3 e comma 3 cod. pen.

Per la fattispecie aggravata di cui all’art. 615 ter comma 2, n. 1) e n. 3), ritenuta configurata dal giudice penale, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

Come è dato osservare, si tratta di un delitto per il quale l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici è astrattamente possibile, e, dunque, di un reato per il quale, in base a quanto innanzi esposto, può trovare applicazione la misura cautelare della « sospensione precauzionale facoltativa ».

A fronte di tali considerazioni, non assume rilievo né che vi sia stata condanna in primo grado, ben potendo la misura cautelare essere applicata (ovvero permanere) fintanto che è pendente il giudizio penale, nei limiti temporali previsti dall’art. 919 cod. mil., né che la pena irrogata in concreto sia stata inferiore a tre anni, e dunque non abbia comportato l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, posto che – come si è detto – l’art. 916 fa riferimento alla pena editale massima per i delitti ivi indicati, e non già a quella irrogata in concreto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559).

Né, a maggior ragione, possono essere condivise le argomentazioni del ricorrente con riferimento a quanto disposto dal giudice penale nella parte della sentenza in cui ha disposto «la perdita di efficacia della misura cautelare in atto della sospensione dal pubblico ufficio di appartenente all’Arma dei Carabinieri di cui all’art. 289 c.p.p. », dovendosi ritenere tale riferimento connesso all’irrogata sospensione obbligatoria dall’impiego, fermo restando il potere discrezionale dell’amministrazione di comminare anche la misura della sospensione facoltativa.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 918 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a mente del quale la sospensione è revocata con effetto retroattivo se « il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso », censurando, in particolare, il segmento motivazionale del gravato provvedimento nella parte in cui precisa che « il militare è imputato per un grave reato, che può comportare la "perdita del grado" anche all'esito dell'inchiesta formale, ove il procedimento penale a suo carico si concluda con una pronuncia pienamente assolutoria ».

Il motivo è infondato.

L’art. 918 citato prevede, al comma 1, i casi di revoca obbligatoria della sospensione dall’impiego, disponendo che « La sospensione è revocata retroattivamente a tutti gli effetti: a) se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso;
b) in ogni altro caso di proscioglimento, se il militare non è sottoposto a procedimento disciplinare di stato;
c) se, per i medesimi fatti contestati in sede penale, il procedimento disciplinare si esaurisce senza dar luogo a sanzione di stato, ovvero si conclude con l'irrogazione della sospensione disciplinare per un periodo che non assorbe quello sofferto a titolo di sospensione precauzionale;
d) se il militare è stato assolto all'esito di giudizio penale di revisione
»;
al comma 2 prevede, invece, la revoca facoltativa della sospensione, che l’amministrazione può disporre « per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, per mutamento della situazione di fatto o per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario ».

O, il passaggio motivazionale del gravato provvedimento, ove si precisa che « il militare è imputato per un grave reato, che può comportare la "perdita del grado" anche all'esito dell'inchiesta formale, ove il procedimento penale a suo carico si concluda con una pronuncia pienamente assolutoria », nulla ha a che vedere con le ipotesi di revoca della sospensione dall’impiego, riguardando piuttosto il potere disciplinare che l’amministrazione può esercitare anche laddove il procedimento penale si concluda con l’assoluzione del militare.

La precisazione formulata dall’amministrazione, in particolare, vale a stigmatizzare la gravità del reato che, per come evidenziato, può in tesi condurre all’applicazione della sanzione di stato della perdita del grado, senza in alcun modo obliterare l’obbligo dell’amministrazione di procedere a revoca della sospensione dall’impiego nel caso in cui ricorrano le circostanze indicate dall’art. 918, comma 1, del Codice dell’Ordinamento Militare.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 919 del Codice dell’Ordinamento Militare, dal momento che il provvedimento impugnato applicherebbe la sospensione facoltativa « come misura definitiva e senza limite temporale » contravvenendo alla durata massima non superiore a cinque anni prevista dalla citata disposizione legislativa.

Il motivo è infondato.

La circostanza che nel gravato provvedimento non sia inserito il termine massimo di durata della sospensione dall’impiego, né sia dettata una previsione di durata della stessa, non esclude l’automatica applicabilità delle previsioni di cui all’art. 919 citato.

Giova precisare che l’art. 919, al comma 1, prevede peraltro un automatismo al decorso del termine massimo di durata (cinque anni) della sospensione, id est la revoca di diritto della misura, salvo che ricorrano le condizioni di eccezionalità di cui al comma 3, a mente del quale « scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a) sospende l'imputato dall'impiego ai sensi dell'articolo 917;
b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 1393
».

Con il quinto di ricorso, il ricorrente lamenta l’illogicità, l’abnormità e l’irragionevolezza del gravato provvedimento, dal momento che l’amministrazione avrebbe omesso di valutare il curriculum e il profilo professionale del militare, il giudizio “eccellente” formulato dai superiori gerarchici nelle schede valutative dall’anno 2007 fino al 2018 e i riconoscimenti della professionalità resi nei suoi confronti dal Procuratore Nazionale Antimafia e dal Procuratore Nazionale Vicario Antimafia.

Lamenta, inoltre, la violazione del principio di proporzionalità, tenuto conto dell’assenza di un pericolo di reiterazione delle condotte criminose, per come, peraltro, evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Roma che, con un giudizio prognostico incontrovertibile, ha statuito che « si reputa che il -OMISSIS- si asterrà dal compiere altri reati formulandosi pertanto prognosi favorevole ex art. 164 c.p. ».

Il motivo è infondato.

La sospensione dall’impiego, avendo natura di mera misura cautelare, prescinde del tutto dall’accertamento dell’effettiva responsabilità dell'inquisito e dal suo stato di servizio, che può anche essere ampiamente positivo, fondandosi esclusivamente su valutazioni di opportunità relative alla necessità di rimuovere il pregiudizio derivante dalla permanenza in servizio del militare.

Quanto alla prognosi favorevole formulata dal giudice penale, la stessa attiene alla valutazione relativa alla concessione della misura della sospensione condizionale della pena. Tale valutazione non oblitera la facoltà dell’amministrazione di procedere ad autonome e discrezionali valutazioni di opportunità.

È infatti evidente che l’amministrazione, nel decidere se riammettere o meno in servizio un proprio dipendente, gode di ampia discrezionalità nell’apprezzamento delle circostanze idonee a tutelare la propria immagine in relazione alla gravità degli addebiti, al ruolo ricoperto dal soggetto e al buon andamento dell’ufficio, dove la presenza di un soggetto indagato o condannato in sede penale può indubbiamente creare un clima di non buona operatività (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 01 marzo 2024, n. 158).

Non coglie nel segno il riferimento alla sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 18 ottobre 2018 n. 6092 che, peraltro, nel confermare la legittimità del provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego, si limita a precisare che « l’amministrazione palesa con chiarezza poi il rischio che il ricorrente avrebbe potuto reiterare le condotte criminose anche in altra sede di servizio e con altro incarico ».

O, nel caso di specie, le valutazioni di opportunità poste a fondamento della sospensione facoltativa sono adeguatamente formulate dall’amministrazione, con la precisazione che « tale provvedimento prescinde dall'accertamento della responsabilità penale dell'interessato e si basa esclusivamente su valutazioni di opportunità, connesse con la necessità di rimuovere il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare nelle proprie funzioni durante la pendenza del procedimento penale, a prescindere dall'incarico che lo stesso è richiamato a ricoprire; (…) il reintegro in servizio del Sottufficiale creerebbe nocumento al prestigio dell'Istituzione, sarebbe di pregiudizio per il regolare andamento delle attività e non potrebbe espletare le proprie funzioni con piena credibilità ».

Con l’ultimo mezzo di gravame, il ricorrente deduce la violazione del principio di proporzionalità e il difetto di motivazione del gravato provvedimento, segnalando che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto della sospensione condizionale della pena concessa e del fatto che trattasi di una fattispecie di reato che non implica la sanzione di stato della perdita del grado;
lamenta, inoltre, che l’amministrazione non avrebbe valutato l’incompatibilità tra gli addebiti mossi in sede penale e la permanenza in servizio dell’interessato, o eventualmente l’impiego in altre funzioni.

Il motivo è infondato.

La sospensione facoltativa dall’impiego ha natura discrezionale e costituisce un rimedio provvisorio a tutela dell’interesse pubblico di cui l’amministrazione è titolare e il cui perseguimento è compromesso dalla permanenza in servizio del dipendente, al quale vengono contestati fatti di rilievo penale. Essa prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità del dipendente e non implica alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell'interessato (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11 ottobre 2022 n. 8704).

Tale misura, pertanto, non richiede la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione, poiché la ratio della sospensione cautelare è ravvisabile nell'interesse pubblico volto ad evitare il pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’amministrazione che deriverebbe dalla permanenza in servizio del dipendente (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 8 ottobre 2020 n. 5974).

Sotto il profilo dell’onere motivazionale, è sufficiente il rinvio al titolo del reato contestato, ove questo, come nel caso di specie, si riferisca a fatti specificamente attinenti alla sfera dell’amministrazione che traggono origine proprio dalle funzioni esercitate in seno alla stessa, mentre la valutazione in termini di gradualità e la corrispondenza alla significatività e gravità degli elementi emersi nel corso delle indagini (apprezzati, ovviamente, per la loro rilevanza, non penale, ma funzionale, e cioè in correlazione con i riflessi sul servizio e sul prestigio dell’Istituzione di appartenenza) ben possono trovare emersione mediante il rinvio per relationem agli atti giudiziari (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11 ottobre 2022 n. 8704).

È stato, altresì, precisato che il potere dell’amministrazione di disporre la sospensione facoltativa dall'impiego del militare, ove lo stesso sia imputato per un reato da cui possa derivare la perdita del grado, è connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell’incolpato. La valutazione dell’amministrazione, infatti, costituisce una tipica manifestazione del suo potere discrezionale e non comporta la necessità di esporre le ragioni per le quali i fatti contestati al dipendente devono considerarsi particolarmente gravi, potendo tale giudizio essere implicito nella gravità del reato a lui imputato, nella posizione d'impiego rivestita dal dipendente, nella commissione del reato in occasione o a causa del servizio, con la conseguente impossibilità di consentirne la prosecuzione (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11 ottobre 2022 n. 8704).

O, applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, osserva il Collegio come il reato per il quale il militare è stato condannato in primo grado non solo può, in tesi, condurre alla sanzione di stato della perdita del grado, in ragione della forbice edittale prevista per l’ipotesi aggravata di cui all’art. 615 ter , comma 2, c.p., ma riguarda un reato attinente proprio alla sfera dell’amministrazione, atteso che il sistema informatico cui il ricorrente ha fatto accesso abusivo è la banca dati S.D.I. (Sistema di Indagine).

Per tali ragioni, trattandosi di provvedimento di natura cautelare, l’amministrazione ben avrebbe potuto limitarsi ad una laconica motivazione, rinviando al titolo del reato contestato;
ed invece, precisa, nell’atto impugnato, che « tale provvedimento prescinde dall'accertamento della responsabilità penale dell'interessato e si basa esclusivamente su valutazioni di opportunità, connesse con la necessità di rimuovere il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare nelle proprie finzioni durante la pendenza del procedimento penale, a prescindere dall'incarico che lo stesso è richiamato a ricoprire;
le difficoltà economiche e familiari rappresentate dal Sottufficiale, seppur da tenere in debita considerazione sotto il profilo umano, non rappresentano aspetto rilevante ai fini dell'eventuale adozione del provvedimento cautelare;
il militare è imputato per un grave reato, che può comportare la "perdita del grado" anche all'esito dell'inchiesta formale, ove il procedimento penale a suo carico si concluda con una pronuncia pienamente assolutoria;
il reintegro in servizio del Sottufficiale creerebbe nocumento al prestigio dell'Istituzione, sarebbe di pregiudizio per il regolare andamento delle attività e non potrebbe espletare le proprie funzioni con piena credibilità
».

Ritiene, quindi, il Collegio che non colgano nel segno le censure articolate con l’ultimo motivo di ricorso, in ragione del fatto che si è in presenza di un potere discrezionale esercitato non irragionevolmente, che ha tenuto conto della natura dei fatti di rilevanza penale attribuiti all’interessato e delle ripercussioni degli stessi sulla serena prosecuzione del rapporto di impiego, concludendo per l’opportunità di disporne la sospensione facoltativa a garanzia del regolare andamento delle attività istituzionali dell’Arma e della poca credibilità con cui il ricorrente avrebbe potuto esercitare le proprie funzioni.

Né, per come già precisato, possono ritenersi rilevanti, ai fini dell’adozione del gravato provvedimento, i precedenti curriculari dell’interessato, giacché quella di cui trattasi non è una misura sanzionatoria per la quale si impone, eventualmente, anche la valutazione proporzionale che tenga conto, ai fini della graduazione, dei precedenti di servizio del dipendente, ma una misura con funzione meramente cautelare ed interinale, la cui ratio è fondata sulla opportunità di sospendere temporaneamente il rapporto di impiego ove la prosecuzione dello stesso possa determinare effetti esiziali sul prestigio e sul buon andamento dell’amministrazione.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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