TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-10-14, n. 202402836
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Testo completo
Pubblicato il 14/10/2024
N. 02836/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00850/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 850 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell'Interno – Questura di Agrigento, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Mariano Stabile 182;
per l'annullamento
- del Decreto della Questura di Agrigento -OMISSIS- notificato il 19.02.2021 con cui veniva respinta l'istanza “intesa ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.”
- ove possa occorrere, della comunicazione ex art. 10 bis L. 241/90 con cui si dava preavviso al ricorrente dell'adozione del provvedimento di non accoglimento dell'istanza;
- nonché della nota informativa Categ.-OMISSIS- del 17.03.2020 del Commissariato di P.S. di Canicattì;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura Agrigento;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 3 ottobre 2024 il dott. Guido Gabriele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ha impugnato il decreto questorile di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile uso caccia.
1.2 Il provvedimento impugnato si fonda su due elementi istruttori e motivazionali: un precedente penale a carico del ricorrente per il reato p. e p. dall’art. 677 c.p. e un accertamento di polizia relativo a frequentazioni del ricorrente con soggetti pregiudicati e dunque controindicati rispetto al titolo di polizia in sua titolarità.
2. Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso:
- “ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 10 BIS DELLA L. N. 241 DEL 1990 COME INTRODOTTO DALLA LEGGE N 15 DEL 2005 – MANCATA VALUTAZIONE DELLE OSSERVAZIONI EX ART. 10 BIS L. 241/90 – MOTIVAZIONE APPARENTE VIOLAZIONE DELLA FUNZIONE PARTECIPATIVA AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO RICONOSCIUTA AL PRIVATO ”.
- “ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 11, 42 E 43 DEL T.U.L.P.S. - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. 241 DEL 1990 - ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA - CARENZA DI MOTIVAZIONE – INGIUSTIZIA MANIFESTA – DIFETTO DI PRESUPPOSTO - IRRAGIONEVOLEZZA – ILLOGICITA’ MANIFESTA –CONTRADDITORIETA’ TRA ATTI AMMINISTRATIVI – SVIAMENTO DELLA CAUSA TIPICA – ARBITRIO ”.
3. L’amministrazione si è costituita in giudizio con memoria di stile in data 3 settembre 2024, senza svolgere alcuna attività difensiva.
4. All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 3 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Il ricorso è fondato nei sensi di seguito precisati.
6. Invero, deve rilevarsi come i fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato siano inidonei o comunque insufficienti a supportare sul piano motivazionale la prognosi di abuso delle armi sottesa al provvedimento di diniego di rinnovo del porto d’armi per uso caccia.
6.1 In tema di rilascio dei titoli abilitativi all’utilizzo di armi, la condivisibile giurisprudenza amministrativa ha statuito che: “ ”L’apprezzamento discrezionale rimesso all’Autorità di pubblica sicurezza involge soprattutto il giudizio di affidabilità del soggetto che detiene o aspira a ottenere il porto d’armi. A tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso delle armi, che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori. Il pericolo di abuso delle armi è valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere a un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di abuso delle armi.
… Delineata in questi termini la natura latamente discrezionale dei provvedimenti in esame, occorre indagare le implicazioni che da essa derivano sul piano dell’intensità del sindacato giurisdizionale.
È noto che dal tradizionale approccio del giudizio amministrativo, teso ad escludere ogni forma di sindacato sulla attività discrezionale, si è passati alla possibilità di riconoscere la piena cognizione dei fatti oggetto dell’indagine e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’Autorità amministrativa, con il solo limite dell’ottica del merito, preclusa al giudice, e comunque del sindacato non sostitutivo. Solo in questo modo, infatti, si garantisce il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, imposto dall’art. 113 Cost.
Consegue che la natura dei provvedimenti in esame non esclude né può legittimare un indebolimento del sindacato giurisdizionale. Al contrario, quanto più si estendono le maglie della discrezionalità dell’Autorità amministrativa, tanto più è necessario un sindacato penetrante da parte del giudice amministrativo volto ad evitare che sotto il mantello della discrezionalità possa celarsi un esercizio arbitrario della funzione amministrativa.
In questa logica, si pone del resto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che, sia pur con riferimento alla discrezionalità tecnica delle Autorità amministrative indipendenti, ha affermato che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, teso a riscontrare vizi di manifesta illogicità e incongruenza, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, attraverso la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e il controllo sull’attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall’Amministrazione, salvo il limite rappresentato dall’oggettivo margine di opinabilità (ex multis, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050).
A maggior ragione, una forma penetrante di sindacato si impone a fronte di un’attività amministrativa che vede una scelta di opportunità afferente alla valutazione dei requisiti di legge. Anche qui la tutela giurisdizionale piena ed effettiva richiede un sindacato del giudice amministrativo pieno e particolarmente penetrante, che può estendersi sino al controllo dell’analisi dei fatti posti a fondamento del provvedimento, al fine di verificare se il potere attribuito all’Autorità amministrativa sia stato correttamente esercitato o presenti elementi di irragionevolezza o di erronea assunzione dei fatti.
Nel caso di specie, il giudice amministrativo è chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento della determinazione dell’Autorità prefettizia in ordine all’esistenza dei requisiti di legge e al pericolo di abuso delle armi, di modo che il suo sindacato sull’esercizio della funzione amministrativa consenta non solo di vagliare l’esistenza o meno di questi fatti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da essi secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva – e non sanzionatoria – della misura in esame.
In questa prospettiva, si chiede al giudice una valutazione sull’esercizio del potere amministrativo che, muovendo da un accesso pieno ai fatti rivelatori del pericolo, ne dimostri la ragionevolezza e la proporzionalità.
È opportuno rilevare che il principio di proporzionalità – compreso tra i principi di diritto europeo, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del buon andamento ex art. 97 Cost. – si compone di tre elementi: idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l’unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato.
Il principio di ragionevolezza postula, invece, una coerenza tra la valutazione compiuta dall’Amministrazione e la decisione assunta. ” (Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza del 9 febbraio 2024, n. 1335;in senso analogo, v. anche Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza del 13 maggio 2024, n. 4274). ” (Tar Palermo, IV Sezione, sentenza del 8 agosto 2024, n. 2410).