TAR Campobasso, sez. I, sentenza breve 2018-07-16, n. 201800451
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Pubblicato il 16/07/2018
N. 00451/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00042/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 42 del 2018, proposto da Laboratorio Niro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati N L, S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio S S in Campobasso, via Umberto I, 43;
contro
Camera di Commercio del Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via XXIV Maggio n. 137;
Unione Regionale delle Camere di Commercio del Molise, in persona del Legale Rappresentante pro tempore non costituito in giudizio;
nei confronti
Gasbarrino S.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasquale Ripabelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via G. Garibaldi, n. 5;
per l'annullamento
- dell'avviso d'asta per l'alienazione della piena proprietà di beni immobili della Camera di Commercio del Molise e di attrezzature e di beni di proprietà dell'Unione Regionale delle Camere di Commercio del Molise, datato 10/11/2017, con il quale la Camera di Commercio ha inteso bandire una procedura per l'alienazione di un capannone industriale sito nella Zona Industriale del Comune di Campochiaro, nella zona destinata al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Campobasso-Boiano, destinato a Laboratorio chimico merceologico, individuato al catasto fabbricati del Comune di Campochiaro al fl. n. 4, particella n. 641, sub 1 e 2, Cat. D/7, rendita catastale € 10.959,22, della superficie lorda indicata nell'avviso di mq. 280, nonché del relativo terreno distinto al catasto terreni del Comune di Campochiaro al fl. 4, particelle nn. 341, 342, 343, 553, 536, 358 e 359, e delle attrezzature ivi contenute;con i seguenti importi posti a base d'asta: € 189.000,00 per il fabbricato, € 56.000,00 per il terreno, € 15.000,00 più IVA per le attrezzature;
- della delibera della Giunta Camerale n. 85 del 10/11/2017 con la quale è stato approvato l'avviso d'asta per l'alienazione della piena proprietà di beni immobili della Camera di Commercio del Molise e di attrezzature e beni di proprietà dell'Unione Regionale delle Camere di Commercio del Molise di cui al punto precedente;
- dell'avviso di asta pubblica del 23/11/2017 con il quale si dava informazione della indizione dell'asta pubblica bandita con i provvedimenti innanzi indicati;
- del verbale del 14/12/2017 di apertura delle buste in seduta pubblica;
- della determinazione dirigenziale n. 117 del 19/12/2017 del Segretario Generale f.f. della Camera di Commercio del Molise con la quale si è proceduto alla aggiudicazione definitiva dell'asta in favore della ditta controinteressata, Gasbarrino srl Uninominale;
- del contratto di compravendita dei beni oggetto dell'asta pubblica, se ed in quanto sia stato già stipulato, ma del quale si ignorano sia l'esistenza che gli estremi, sia di stipula che di eventuale registrazione;
- di ogni altro atto e provvedimento preordinato, presupposto, conseguenziale e connesso;
nonché per l'integrale risarcimento di tutti i danni subìti e subendi da parte della ditta ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Camera di Commercio del Molise e di Gasbarrino S.r.l. Unipersonale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2018 il dott. L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
La ditta ricorrente riferisce che la Camera di Commercio del Molise con due avvisi andati entrambi deserti, rispettivamente del 10.10.2016 e del 05.12.2016, ha indetto la procedura di asta pubblica per l'alienazione della piena proprietà di un capannone industriale sito nella Zona Industriale del Comune di Campochiaro e di attrezzature e di beni dell'Unione Regionale del Molise, indicando quale superficie lorda complessiva dapprima 680 mq, poi 280 mq nonostante dalla descrizione dell’immobile è risultato evidente che si tratti dello stesso fabbricato.
Con nota del 26.01.2017 la ricorrente ha inoltrato alla summenzionata Camera una manifestazione di interesse a cui l’amministrazione resistente non ha mai dato riscontro.
Il 10.11.2017 la Camera di Commercio ha indetto un terzo avviso di asta relativo allo stesso immobile, indicando ancora una volta la superficie di 280 mq, rispetto al quale la ditta ricorrente non ha presentato alcuna offerta poiché interessata all’acquisto del capannone di 680 mq e non 280 mq. Tuttavia all’avviso ha preso parte la ditta controinteressata, unica concorrente, che all’asta del 14.12.2017 si è aggiudicata l’immobile.
Con determinazione dirigenziale n. 117 del 19.12.2017 del Segretario Generale della Camera di Commercio del Molise è stata disposta l’aggiudicazione definitiva e a nulla è servito l’invito del Laboratorio Niro srl del 27.12.2017 finalizzato ad ottenere l’annullamento in autotutela degli atti impugnati.
Con ricorso notificato il 22.01.2018 e depositato il 02.02.2018 la ditta ricorrente ha impugnato l'avviso d'asta per l'alienazione della piena proprietà di beni immobili della Camera di Commercio del Molise e di attrezzature e di beni di proprietà dell'Unione Regionale delle Camere di Commercio del Molise, datato 10/11/2017, con il quale la Camera di Commercio ha inteso bandire una procedura per l'alienazione di un capannone industriale sito nella Zona Industriale del Comune di Campochiaro, nella zona destinata al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Campobasso-Boiano, destinato a Laboratorio chimico merceologico, individuato al catasto fabbricati del Comune di Campochiaro al fl. n. 4, particella n. 641, sub 1 e 2, Cat. D/7, rendita catastale € 10.959,22, della superficie lorda indicata nell'avviso di mq. 280, nonché del relativo terreno distinto al catasto terreni del Comune di Campochiaro al fl. 4, particelle nn. 341, 342, 343, 553, 536, 358 e 359, e delle attrezzature ivi contenute;con i seguenti importi posti a base d'asta: € 189.000,00 per il fabbricato, € 56.000,00 per il terreno, € 15.000,00 più IVA per le attrezzature;la delibera della Giunta Camerale n. 85 del 10/11/2017 con la quale è stato approvato l'avviso d'asta per l'alienazione della piena proprietà di beni immobili della Camera di Commercio del Molise e di attrezzature e beni di proprietà dell'Unione Regionale delle Camere di Commercio del Molise di cui al punto precedente;l'avviso di asta pubblica del 23/11/2017 con il quale si dava informazione della indizione dell'asta pubblica bandita con i provvedimenti innanzi indicati;il verbale del 14/12/2017 di apertura delle buste in seduta pubblica;la determinazione dirigenziale n. 117 del 19/12/2017 del Segretario Generale f.f. della Camera di Commercio del Molise con la quale si è proceduto alla aggiudicazione definitiva dell'asta in favore della ditta controinteressata, Gasbarrino srl Uninominale;il contratto di compravendita dei beni oggetto dell'asta pubblica, se ed in quanto sia stato già stipulato;ogni altro atto e provvedimento preordinato, presupposto, consequenziale e connesso.
Ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione degli effetti, per i seguenti motivi di censura:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della L. 241/90, nonché 65, 73 e 76 del RD 827 del 23.05.1924 e 97 Cost., eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, difetto di istruttoria, disparità di trattamento, contraddittorietà tra atti dell’amministrazione, sviamento dalla causa tipica e dal pubblico interesse, illogicità manifesta, eccesso di potere sotto diversi ed ulteriori profili.
Sostiene che poiché dall’atto di compravendita per Notaio Eliodoro Giordano del 20/01/2017, rep. n. 34188 racc. n. 19983, risulta che l’estensione dell’immobile è di 680 mq, come correttamente indicato solo nel primo avviso d’asta del 10.10.2016, la presenza di un errore nella descrizione del bene oggetto dell’asta pubblica renderebbe illegittima l’intera procedura.
Inoltre, la Camera di Commercio anziché indire una nuova procedura d’asta avrebbe dovuto dare prima effettivo riscontro alla manifestazione di interesse della ditta ricorrente.
Con atto depositato il 20.02.2018 si è costituita in giudizio la Camera di Commercio del Molise eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso anche con riferimento alla domanda risarcitoria.
Con atto depositato il 27.02.2018 si è costituita in giudizio la ditta controinteressata Gasbarrino srl Unipersonale chiedendo il rigetto del ricorso perché privo del necessario interesse e come tale improcedibile, inammissibile e comunque infondato in fatto e in diritto.
Con successiva memoria ha precisato:
- che vi è carenza di interesse a proporre il ricorso in quanto, come risulta dalla giurisprudenza anche del TAR adito, la ditta ricorrente avrebbe dovuto partecipare concretamente alla gara presentando la domanda e ciò anche al fine di poter accertare l’esistenza di una seconda offerta valida, oltre a quella della impesa poi risultata aggiudicataria;
- che la ricorrente era consapevole dell’errore formale insito nella indicazione non precisa della superficie lorda dell’immobile e che comunque ogni partecipante era stato messo nelle condizioni di conoscere la superficie effettiva, tra l’altro mediante sopralluogo ed accesso ai dati catastali, come risulta dalla lex specialis ;
- che richiamando la manifestazione di interesse all’acquisto non vincolante, non ha spiegato quale sia il concreto motivo di doglianza né la motivazione per la quale la Camera di Commercio non avrebbe dovuto o potuto dare avvio all’asta pubblica;
- infine, che l’istanza di risarcimento dei danni è infondata ed inammissibile poiché è generica e, in realtà, l’unico soggetto danneggiato è la ditta controinteressata, la quale a causa del presente giudizio non ha ancora acquisito la disponibilità del bene legittimamente acquistato.
Con memoria depositata il 16.03.2018 la Camera di Commercio ha ribadito le conclusioni già rassegnate con l’atto di costituzione in giudizio precisando:
- che l’erronea indicazione della superficie dell’immobile costituisce un mero lapsus calami riconoscibile alla luce di altre disposizioni del bando;
- che la ditta ricorrente era a conoscenza della reale estensione dell’immobile oggetto dell’asta e che con il presente ricorso vuole far annullare una regolare gara di asta pubblica alla quale non ha mai partecipato né mostrato interesse a parteciparvi, utilizzando quale pretesto l’erronea indicazione della superficie, ben potendo chiarire il dubbio tramite una richiesta di rettifica all’amministrazione dell’errore materiale.
All’esito dell’udienza in camera di consiglio del 21.03.2018 con ordinanza n. 78/2018 è stata respinta l’istanza cautelare.
Con memoria depositata il 22.06.2018 la ditta ricorrente ha affermato che sussiste l’interesse al ricorso inteso come lesione concreta ed attuale della sua sfera giuridica e quale vantaggio che può ritrarre dall'accoglimento dell'impugnazione, e anche sotto il profilo dell’interesse strumentale alla riedizione della procedura d’asta in maniera legittima;ha aggiunto di essere in possesso della legittimazione all’impugnativa poiché la regola generale - la quale prevede che è necessaria la partecipazione alla gara affinché un soggetto sia titolare di una posizione differenziata e meritevole di tutela - conosce talune eccezioni, tra le quali quella in cui si contesti in radice l'indizione della gara come nel caso di specie, poiché la Camera di Commercio avrebbe dovuto prima dare risposta alla manifestazione di interesse anche se non vincolante, e solo poi eventualmente indire la nuova procedura d’asta. Relativamente all’erronea indicazione della superficie dell’immobile, qualificata da controparte come un mero errore materiale riconoscibile, in realtà il rinnovo dell’avviso di vendita ha ingenerato dei dubbi circa il reale oggetto della procedura di vendita, i quali hanno determinato la ricorrente a non partecipare all’asta, dubbi confermati ulteriormente dalla mancata risposta alla manifestazione di interesse e dai dati economici della base d’asta esposta nei vari avvisi. Quanto alla tesi - sostenuta dalla Camera di Commercio - che sarebbe stata necessaria una richiesta di rettifica, ha affermato che in realtà i semplici chiarimenti non possono surrogare l'intervento dell'amministrazione in autotutela o in rettifica per emendare gli errori dai quali è affetta la lex specialis della procedura, pertanto, l’errore doveva essere corretto attraverso un intervento in autotutela che comportasse l'annullamento dell’avviso d’asta e la sua riproposizione o, quantomeno, la sua rettifica mediante ripubblicazione. Inoltre, ha evidenziato che l’errore contenuto nell’avviso d’asta ha limitato la concorrenzialità e, dunque, è fonte di sviamento per l’interesse pubblico sotteso alla vendita del bene e frustra il conseguimento della migliore tutela di quell’interesse. Infine, ha insistito per l’accoglimento dell’istanza risarcitoria poiché l’errore evidenziato in giudizio non è giustificabile e costituisce sintomo dell’esistenza di colpa dell’amministrazione idonea a giustificare la risarcibilità in forma specifica - qualora il contratto di compravendita non sia stato ancora stipulato, tramite l’annullamento dell’avviso con adozione di un avviso corretto e conseguente possibilità per la ricorrente di partecipare – e in ogni caso per equivalente.
Con memoria depositata il 25.06.2018 la Camera di Commercio ha ribadito quanto già argomentato, evidenziando in particolare che l’errore materiale in cui è incorsa l’amministrazione è palesemente riconoscibile nonché riconosciuto dalla stessa ricorrente, così come confermato in sede cautelare dal TAR con ordinanza n. 78/2018;e che la ricorrente è venuta meno agli obblighi di buona fede e cooperazione tra le parti omettendo di chiedere all’amministrazione la correzione dell’errore e comunque ogni chiarimento ritenuto necessario, pertanto alla stessa è preclusa ogni possibilità risarcitoria sia di tipo precontrattuale che da perdita di chance, dato che non sussiste alcuna probabilità statistica di conseguire un arricchimento non avendo partecipato all’asta. Infine, ha dato notizia dell’avvenuta cessione del bene oggetto d’asta alla ditta aggiudicataria.
Con successiva memoria di replica la ricorrente ha evidenziato:
- che la Camera di commercio ha violato la disposizione contenuta nella parte III, lett. F, pag. 7 dell’avviso poiché il contratto di compravendita è stato stipulato oltre il termine di 15 giorni dall’aggiudicazione;
- che è l’amministrazione resistente ad aver violato il principio della buona fede sia perché avrebbe potuto operare in autotutela e quindi correggere l’errore a seguito dell’istanza inoltratagli prima della stipula del contratto, sia perché era stata informata dell’errore anche dal Notaio che ha assistito alla gara e che per lungo tempo non ha inteso stipulare il contratto;
- che la domanda risarcitoria proposta riguarda il danno subito consistente proprio nella perdita – ormai definitiva salva la caducazione del contratto conseguente all’accoglimento del presente ricorso - della possibilità di aggiudicarsi il bene con un grado di probabilità pari ad almeno il 50% delle possibilità, quale percentuale utile a considerare risarcibile la perdita di chance.
Con memoria di replica depositata il 30.06.2018 la Camera di Commercio, oltre a riportarsi integralmente a quanto già articolato nei precedenti atti, ha precisato:
- che il termine di 15 giorni per la stipulazione del contratto è in realtà ordinatorio e che il ritardo nella stipula dello stesso è giustificato dal diligente comportamento dell’amministrazione che solo a seguito dell’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare emessa da questo collegio ha realizzato la cessione dell’immobile;
- che l’istanza di autotutela è stata proposta il 27.12.2017 e nella more della sua valutazione la ricorrente ha proposto ricorso;
- che non sussiste nessuna colpa dell’amministrazione idonea a fondare la pretesa risarcitoria, data la conoscenza e evitabilità dell’errore da parte della ricorrente.
Alla udienza pubblica del 11 luglio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Con una prima doglianza la ricorrente lamenta che la Camera di Commercio anziché indire una nuova procedura d’asta avrebbe dovuto dare prima effettivo riscontro alla manifestazione di interesse della ditta ricorrente.
Poiché trattasi di interesse oppositivo alla indizione della gara, è pacifico in giurisprudenza che non vi era necessità di presentare domanda per contestarne l’esito (cfr. da ultimo Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).
La doglianza è tuttavia infondata nel merito in quanto - come già evidenziato in sede cautelare - la ricorrente non era titolare di alcuna situazione giuridica soggettiva protetta di fonte legale o negoziale tale da giustifica una sorta di precedenza nell’acquisto rispetto alla indizione dell’asta pubblica che, al contrario, è espressione di un vero e proprio obbligo giuridico discendente dagli artt. 65, 73 e 76 del RD 827 del 23.05.1924 a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa.
Con una seconda censura lamenta che l’erronea indicazione della superficie dell’immobile oggetto dell’avviso di asta pubblica l’avrebbe indotta in errore, precludendole di partecipare alla gara nonostante il suo interesse all’acquisto.
L’eccezione di difetto di legittimazione - stante la mancata presentazione della domanda di partecipazione all’asta pubblica - è infondata in quanto dalla domanda di tutela e quindi dall’esame della causa petendi discende che la mancata partecipazione è proprio l’effetto della presunta erroneità dell’avviso d’asta: l’interesse azionato anche in questo caso è di tipo oppositivo rispetto allo svolgimento della gara in quanto indetta – nella prospettazione di parte ricorrente - sulla scorta di condizioni incerte e fuorvianti.
Ricorre pertanto anche in questo caso una delle eccezioni alla regola generale che fonda la legittimazione sulla previa presentazione della domanda di partecipazione (cfr. da ultimo Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).
Nel merito la doglianza è tuttavia infondata.
Con ordinanza n. 78/2018 il collegio ha respinto la domanda cautelare “tenuto conto che l’errore “materiale” relativo alla superficie dell’immobile appare riconoscibile (e sostanzialmente riconosciuto cfr. p. 7 e 8 del ricorso), alla luce di una lettura complessiva degli atti della sequenza procedimentale (cfr. avviso d’asta approvato con delibera di Giunta camerale n. 88 del 10.10.2016), dei dati catastali e della descrizione del fabbricato sicchè ben poteva essere oggetto di un richiesta di chiarimenti da parte del potenziale acquirente, in applicazione del principio di buona fede oggettivo e dei conseguenti obblighi di cooperazione e di informazione gravanti sui soggetti interessati sin dalla fase precontrattuale”.
La successiva fase di merito del giudizio non ha evidenziato elementi in fatto o in diritto tali da indurre il collegio ad una rimeditazione dell’orientamento espresso in sede cautelare che deve pertanto essere confermato.
Aggiunge ancora il collegio che l'erronea indicazione della superficie non solo era chiaramente riconoscibile ma era anche conosciuta dalla ditta ricorrente come si evince dalla manifestazione di interesse inoltrata alla Camera di Commercio che rende palese come la ricorrente ben conoscesse il complesso aziendale nella sua individualità sicchè nessuna incidenza causale sul processo di formazione della volontà a concorrere per il suo acquisto può avere rivestito l’errore nella indicazione della superficie lorda a fronte di un fabbricato chiaramente individuato dal punto di vista catastale rispetto al quale la ricorrente aveva già manifestato il proprio interesse all’acquisto e che pertanto ben conoscenza nei suoi elementi identificativi.
Il fatto che nel tempo si siano susseguiti più avvisi d’asta pubblici, chiaramente riferiti al medesimo complesso aziendale, rendeva palese che eventuali discordanze nei dati descrittivi dell’immobile non potevano che rappresentare meri errori materiali, come tali irrilevanti nella identificazione del bene oggetto della vendita, fermo in ogni caso il potere-divere di chiedere chiarimenti al riguardo da parte dei potenziali acquirenti.
Nessun interesse infine è configurabile in capo alla ricorrente a contestare i tempi di conclusione del contratto di vendita con la aggiudicataria.
Alla luce delle motivazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, unitamente alla domanda risarcitoria, non essendo configurabile alcun danno iniuria datum suscettibile di ristoro patrimoniale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.