TAR Napoli, sez. III, sentenza 2021-12-02, n. 202107730

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2021-12-02, n. 202107730
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202107730
Data del deposito : 2 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2021

N. 07730/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00018/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 18 del 2021, proposto da
A M, rappresentata e difesa dall'avvocato C U, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Santa Lucia, 62;

per l'annullamento

- dell’ordinanza nr. 08/SUAP del 28/12/2020 – Reg. generale nr. 35 del 28/12/2020 – notificata alla ricorrente in data 30/12/2020, con la quale il responsabile del 5° settore – Politiche del Territorio – ordinava “la chiusura ad horas dell’attività di vendita di articoli di cartolibreria e da regalo e dell’attività di rivendita di giornali quotidiani e periodici in Orta d’Atella alla Via Massimo Stanzione angolo via Curia individuati al catasto urbano al Foglio 10 p.lla 702 sub 3 (70 mq) e sub 4 (62 mq)”;

- di ogni altro atto preparatorio, connesso e conseguente, ancorché ignoti, ivi compreso il verbale della polizia municipale prot. Nr 23092 del 8/12/2020 di ispezione ed accertamento nei confronti “dell’esercizio di vicinato Carta Web di Mllo Alessandra (...)”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore ;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2021 la dott.ssa G C e trattenuta la causa in decisione, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I. Parte ricorrente, titolare dell’attività commerciale, impugna l’ordinanza di chiusura ad horas delle attività di vendita di articoli di cartolibreria e da regalo nonché di rivendita di giornali quotidiani e periodici, costituente unica fonte di reddito per sé e per il proprio figlio minore. Il provvedimento gravato, visto il verbale della Polizia municipale n. 23092 dell’8.12.2020 di ispezione ed accertamento dell’esercizio di vicinato dalla medesima condotto, risulta motivato nei termini che seguono:

a) “Considerato che il legittimo esercizio di una attività commerciale è legato alla iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei locali in cui essa viene posta in essere ed, inoltre, sotto il profilo generale, al presupposto del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche si aggiunge quello del rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti che il certificato di agibilità ha la funzione di attestare (art. 24 del DPR. 380/2001)”;

b) “Verificata e confermata l'assenza dell'attestazione di agibilità per i locali oggetto dell'attività in questione, per i quali, tra l'altro, non sussistono i requisiti minimi in relazione all'altezza netta interna”.

I.

1. Specifica, all’uopo, la medesima parte ricorrente che:

1. in data 8/12/2020, dopo 20 anni circa dal rilascio dei titoli autorizzatori richiamati, veniva effettuato nei locali dove la ricorrente esercita la propria attività commerciale, unica fonte di reddito, un’ispezione da parte della polizia municipale che accertava la mancanza del certificato d’agibilità;

2. con comunicazione prot. 23325 del 10/12/2020, notificata alla ricorrente in pari data, il Comune resistente comunicava l’avvio del procedimento teso alla “revoca di tutte le autorizzazioni conseguenti alla comunicazione per esercizio di commercio al dettaglio di vicinato per la vendita di articoli di cartolibreria e da regalo e domanda di autorizzazione per la rivendita di giornali quotidiani e periodici presso i locali in via M. Stanzione – angolo via Curia (foglio 10 p.lla 702 sub. 3-4) in capo alla sig.ra Mllo Alessandra”, sulla scorta della seguente motivazione: “la mancanza del certificato di agibilità comporta il divieto di prosecuzione dell’attività di cui alla “comunicazione per esercizio di commercio al dettaglio di vicinato per la vendita di articoli di cartolibreria e da regalo e domanda di autorizzazione per la rivendita di giornali quotidiani e periodici presso i locali in via M. Stanzione angolo via Curia”;

3. la medesima ricorrente provvedeva a notificare, con nota del 20/12/2020 assunta al protocollo dell’ente resistente al n. 24259, delle osservazioni controdeduttive in cui contestava la legittimità del procedimento avviato perché in palese violazione della normativa disciplinante le procedure di revoca in autotutela di provvedimenti amministrativi precedentemente rilasciati considerato il lungo lasso di tempo intercorso e la mancata valutazione dell’interesse contrapposto della ricorrente oramai cristallizzatosi nel tempo rispetto all’interesse pubblico, concreto ed attuale di cui, tuttavia, alcuna menzione era stata riportata nella motivazione per l’avvio della procedura. In ogni caso, la stessa istante si dichiarava disponibile a presentare la segnalazione certificata per l’agibilità dei locali in applicazione della recentissima normativa integrante l’art. 24 del DPR 380/01 con il comma 7 – bis, secondo cui: “La segnalazione certificata può altresì essere presentata, in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità che presentano i requisiti definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”;

4. l’ente comunale, con il provvedimento in questa sede impugnato, senza concludere il procedimento avviato relativo alla revoca delle licenze rilasciate in capo alla ricorrente, ordinava la chiusura ad horas dell’attività commerciale.

II. A sostegno del gravame parte ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

a) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 7 e 10, 19 e 21 nonies della l. n. 241/90, degli artt. 7 e 22 del d.lgs. n. 114/1998, dell’art. 24 del d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 3, 41 e 97 Cost.;

b) eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento degli elementi di fatto e di diritto, erroneità dei presupposti, contraddittorietà dell’azione amministrativa, sviamento, illogicità ed ingiustizia manifeste, violazione dei principi del giusto procedimento, di affidamento del privato, del tempus regit actum , di buona fede e correttezza della pubblica amministrazione e di proporzionalità dell’azione della P.A..

III Si è costituita l’Amministrazione comunale intimata, concludendo per il rigetto del ricorso.

IV. All’udienza pubblica del 12.10.2021, fissata per la trattazione, la causa è stata trattenuta in decisione.

V. Con il primo motivo di gravame, la parte lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 21 nonies della l. n. 241/90.

Osserva, in proposito, parte ricorrente che la disposta chiusura ad horas dell'esercizio commerciale avrebbe dovuto essere preceduta da un apposito provvedimento di secondo grado volto all'annullamento d'ufficio delle autorizzazioni precedentemente rilasciate dallo stesso Comune alla ricorrente per l'esercizio dell'attività commerciale de qua .

Ed invero, il procedimento teso alla revoca delle autorizzazioni rilasciate alla ricorrente, la cui conclusione costituirebbe il necessario presupposto per l’adozione dell’ingiunzione alla chiusura ad horas quivi gravata, sarebbe stato meramente avviato con la comunicazione richiamata nello stesso corpo dell’ordinanza impugnata - laddove si darebbe, peraltro, conto anche della non accoglibilità delle presentate osservazioni -, ma de facto lo stesso risulterebbe ancora aperto visto il tenore letterale dell’ordinanza censurata. Di contro, l’ingiunzione alla “chiusura ad horas” dei locali commerciali della ricorrente avrebbe, dal canto proprio, necessitato una puntuale e formale comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. n. 241/1990.

V.

1. La censura è fondata.

V.

1.1. Il provvedimento gravato, ingiungente la chiusura immediata dell’attività, pur esplicitando le motivazioni sottese all’adozione della misura, non risulta essere stato preceduto dal previo annullamento delle autorizzazioni che, invece, ne giustificano a tutt’oggi, legittimamente, fintanto, cioè, che sono esistenti nel mondo giuridico, l’esercizio.

Né può ritenersi che l’ordinanza impugnata contenga l’annullamento implicito delle predette autorizzazioni sussistenti in capo alla ricorrente, peraltro nemmeno menzionate nel corpo del provvedimento, considerato che il relativo dispositivo non esprime alcuna duplicità di statuizioni, quanto ai titoli legittimanti e all’ingiunzione, esaurendosi esclusivamente nell’ordine alla chiusura.

Orbene, come correttamente dedotto, la sopravvenuta rilevazione della mancanza di un requisito, come il certificato di agibilità, ritenuto necessario per l'esercizio dell'attività commerciale assentita, avrebbe dovuto essere valutata e apprezzata nell'ambito di uno specifico procedimento di riesame dell'originario titolo autorizzativo, tenuto conto, motivatamente e non con una formula di mero rito, come sembrerebbe essere avvenuto nel caso di specie, anche delle osservazioni controdeduttive depositate, avendo particolare riguardo alla normativa vigente all’epoca del rilascio delle autorizzazioni commerciali stesse. Ed, invero, la comunicazione d’esercizio di vicinato veniva depositata dalla ricorrente nel lontano anno 2000 e quindi precedentemente al DPR 380/2001 con il quale veniva ad esistenza il requisito dell’agibilità, così come oggi riconosciuto.

Il Comune resistente ha, invece, disposto l’immediata cessazione dell’attività commerciale, omettendo ogni attività istruttoria e procedimentale in ordine alla sussistenza di efficaci e preesistenti titoli autorizzatori (n. 1/2001, quanto alla vendita di giornali e riviste, e n. 85/SU del 23.01.2001, quanto all’esercizio di vicinato), attestanti la legittimità dell’esercizio tanto dal punto di vista urbanistico edilizio, essendo stato l’edificio assentito con regolare licenza edilizia n. 28/1971 (doc. 12), quanto di quello della salubrità dei luoghi, come si desume dalla certificazione di idoneità resa dalla competente azienda sanitaria locale CE/2, specificatamente con riferimento ai locali di vendita de quibus (doc. 4).

D’altro canto, se “La conformità dei manufatti alle norme urbanistico edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, come si evince dagli artt. 24, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 e 35, comma 20, L. n. 47/1985, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico edilizia e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata” (Cons. di St., sez. VI, 15/03/2021, n. 2216) non può negarsi che “Il certificato di agibilità degli immobili non presenta alcun rilievo sotto il profilo urbanistico-edilizio, assolvendo lo stesso esclusivamente alla funzione di controllo sanitario-urbanistico rispetto alla concessione edilizia a monte rilasciata e con opere concluse” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 21/01/2021, n. 188). Invero, “Il certificato di agibilità delle costruzioni costituisce un'attestazione dei competenti uffici tecnici comunali in ordine alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti tecnologici in essi installati, alla stregua della normativa di cui agli artt. 24 e 25 del D.P.R. n. 380/2001” (T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, 21/01/2021, n. 188). Esso ha, quindi, la funzione di attestare il conseguimento degli standard minimi e generali di qualità degli edifici, attenendo “unicamente agli aspetti della conformità dell'opera ai profili tecnici e igienico-sanitari e non avendo riguardo ai profili più strettamente urbanistici” (T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 31/07/2020, n. 217).

Può allora affermarsi che “Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all'accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 22/09/2020, n. 3964), dando quindi “vita a conseguenze disciplinari non sovrapponibili … con la conseguenza che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell'edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza” (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 23/07/2020, n. 963).

V.

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