TAR Torino, sez. I, sentenza breve 2022-06-16, n. 202200577

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza breve 2022-06-16, n. 202200577
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202200577
Data del deposito : 16 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2022

N. 00577/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00446/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 446 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-Ricorrente-S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato I M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Alessandria, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, rispettivamente in persona del Ministro pro tempore , del Prefetto pro tempore e del Ministro pro tempore , difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, n. 21;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento del Prefetto della Provincia di Alessandria prot. -OMISSIS-, contenente la comunicazione che nei confronti della ricorrente “risultano sussistere, alla data odierna, le situazioni ostative di cui all’art. 67 e art. 84 comma 2 del D.Lgs. n. 159/2011 e successive modifiche ed integrazioni”;

- della nota dell’U.T.G. di Alessandria n. -OMISSIS- con cui è stato trasmesso il provvedimento di cui sopra;

- del provvedimento, adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ufficio motorizzazione civile di Milano, sezione di Alessandria, prot. -OMISSIS-, con il quale, sul presupposto dell’avvenuta adozione dell’atto di cui sopra, è stata disposta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione di autotrasportatore su strada con contestuale cancellazione del R.E.N. e dall’Albo degli autotrasportatori;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 11 gennaio 2021:

- del provvedimento, adottato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ufficio motorizzazione civile di Milano, sezione di Alessandria, prot. -OMISSIS-, con il quale è stata disposta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione (A.E.P.) e la cancellazione dal R.E.N. e dall’Albo degli autotrasportatori;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Alessandria e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2022 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Con il gravame indicato in epigrafe, la società ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del Prefetto della Provincia di Alessandria, contenente la comunicazione che nei confronti della ricorrente medesima “risultano sussistere, alla data odierna, le situazioni ostative di cui all’8E7B8125B9::2018-10-04" href="/norms/codes/itatextn808lb3gi1xl69u/articles/itaart74l1aex5r244urj?version=ab5ac71a-0a5b-5c0e-a02a-afa593e6c82c::LR096F6A42338E7B8125B9::2018-10-04">art. 67 e art. 84 comma 2 del D.Lgs. n. 159/2011 e successive modifiche ed integrazioni”, nonché il provvedimento, adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ufficio motorizzazione civile di Milano, sezione di Alessandria, del 24 giugno 2020, con il quale, sul presupposto dell’avvenuta adozione dell’atto di cui sopra, è stata disposta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione di autotrasportatore su strada con contestuale cancellazione del R.E.N. e dall’Albo degli autotrasportatori.

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente ha dedotto l’illegittimità per 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 84 ed 85 del D.Lgs. n. 159/2011, dell’art. 51, comma 3-bis del c.p.p. e dell’art. 452-quaterdecies c.p., difetto assoluto dei presupposti e di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità e travisamento;
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 67 ed 84 del D.Lgs. n. 159/2011, dell’art. 51, comma 3-bis del c.p.p. e dell’art. 452-quaterdecies c.p., difetto assoluto dei presupposti e di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità e travisamento;
3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa (art. 1 della L. n. 241/1990), illogicità e travisamento;
4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 della legge n. 241/1990 e del principio comunitario del contraddittorio procedimentale, vizio del procedimento, difetto di istruttoria.

Nel ricorso, in via subordinata, il ricorrente ha chiesto a questo Tribunale di sollevare innanzi alla Corte Costituzionale l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 88 del d.lgs. n. 159 del 2011, per violazione dell’art. 117, comma 1 della Costituzione, e dell’art. 67, comma 8 del d.lgs. n. 159/2011, come richiamato dal secondo comma dell’art. 84, per contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e con gli artt. 25, 27, 38 e 41 Cost.

In data 7 luglio 2020, con decreto presidenziale n. 326 è stata accolta la domanda cautelare formulata dalla ricorrente e, per l’effetto, si è sospesa l’efficacia dell’atto impugnato.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Alessandria e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

Con ordinanza n. 503 del 31 luglio 2020 questo Tribunale, per avere un completo quadro dei fatti ai fini del decidere, ha chiesto al Prefetto di Alessandria di depositare presso la Segreteria una relazione contenente documentati chiarimenti in merito al provvedimento di che trattasi, tenuto conto che l’Avvocatura dello Stato, nella memoria depositata in data 25 luglio 2020 aveva affermato di depositare il “rapporto informativo fatto pervenire dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Alessandria”, senza poi provvedere in tal senso.

In data 4 agosto 2020, con decreto monocratico, è stata accolta l’istanza di misure cautelari monocratiche e, conseguentemente, si è sospesa l’esecuzione dei provvedimenti impugnati fino alla camera di consiglio del 23 settembre 2020.

In data 7 agosto 2020 l’Avvocatura dello Stato ha depositato in giudizio il rapporto informativo della Prefettura di Alessandria, nonché documentazione a supporto del provvedimento impugnato.

Con ordinanza n. 465 del 26 settembre 2020 questo Tribunale, anche alla luce della documentazione depositata dall’Avvocatura dello Stato, ha rigettato l’istanza cautelare, sulla base delle seguenti argomentazioni: “ non sussistono profili di fondatezza poiché: - il provvedimento impugnato è stato adottato dal Prefetto di Alessandria ai sensi dell’art. 67 e 84, comma 2 del decreto legislativo n. 159 del 2011;
- trattasi dunque, come già evidenziato nel decreto del Presidente del Tribunale n. 326 del 7 luglio 2020, di una “comunicazione antimafia”, avendo appreso che la Corte di Appello di Cagliari, seconda sezione penale, n. 190 del 19 febbraio 2020, aveva, tra l’altro, confermato, nei confronti dei signori -OMISSIS-, il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui agli artt. 110 c.p., 260 comma 1 del decreto legislativo 3 aprile 2020, n. 152, oggi previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p., delitto previsto all’art. 51, comma 3 bis del c.p.p., e dunque rientrante tra “i delitti spia” richiamati dall’art. 67, comma 8 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (sul punto Cons. Stato, sez. III, 27 dicembre 2019, n. 8883;
Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2019, n. 2855;
Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2019, n. 4125;
Cons. Stato, sez. III, 8 marzo 2017, n. 1108);
- l’art. 85 del decreto legislativo n. 159 del 2011 prevede che la documentazione antimafia, se si tratta di associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, deve riferirsi, oltre che al direttore tecnico, ove previsto, per lo società di capitali, al socio in caso di società con socio unico;
- dagli atti di giudizio risulta che il socio unico della -ricorrente- S.r.l. sia la -OMISSIS- S.r.l., avente come amministratore unico -OMISSIS- (il quale pertanto non era solo il procuratore della -omissis-S.r.l.);
- ritenuto che l’art. 85, laddove fa riferimento al socio unico, debba intendersi riferirsi anche al socio unico persona giuridica (e quindi ai legali rappresentanti e componenti dell’organo di amministrazione di quest’ultima), considerato che, altrimenti, tale organizzazione societaria potrebbe prestarsi a facili elusioni della norma;
- ritenuto pertanto integrati i presupposti di cui al combinato disposto degli articoli 67, commi 1 e 8, 84, comma 2 e 85 del decreto legislativo n. 159 del 2011;
(in termini, Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2019, n. 4125);
- per quanto riguarda la questione della tutela del contraddittorio nei procedimenti in esame, il Collegio condivide la posizione espressa dal Consiglio di Stato con la sentenza della sez. III, 31 gennaio 2020, n. 820 secondo la quale “…la delicatezza della ponderazione intesa a contrastare in via preventiva la minaccia insidiosa ed esiziale delle organizzazioni mafiose, richiesta all’autorità amministrativa, può comportare anche un’attenuazione, se non una eliminazione, del contraddittorio procedimentale, che del resto non è un valore assoluto, come ha pure chiarito la Corte di Giustizia UE nella sua giurisprudenza (ma v. pure Corte cost.: sent. n. 309 del 1990 e sent. n. 71 del 2015), o slegato dal doveroso contemperamento di esso con interessi di pari se non superiore rango costituzionale…” (Cons. St., sez. III, 9 febbraio 2017, n. 565)”;
per completezza, in merito, si evidenzia che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, con l’ordinanza n. 28 del 13 gennaio 2020 (ordinanza richiamata dalla ricorrente nel gravame), ha dichiarato la domanda di pronuncia pregiudiziale manifestamente irricevibile;
- per quanto riguarda infine le due questioni di incostituzionalità sollevate dalla ricorrente nel gravame, l’una relativa all’art. 88 del decreto legislativo n. 159 del 2011, per la violazione dell'art. 117, comma primo, Cost., giacché in contrasto con trattati cui l'Italia ha aderito e con la normativa Comunitaria, l’altra relativa all’art. 67 comma 8 del T.U., come richiamato dal secondo comma dell’art. 84 del medesimo testo normativo, il Collegio, prima facie, ritiene che siano infondate, ma che sia opportuno un approfondimento in sede di merito
”.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 6614 del 13 novembre 2020, ha accolto l’appello avverso l’ordinanza n. 465 del 26 settembre 2020 di questo Tribunale e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza medesima, ha accolto l’istanza cautelare in primo grado ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10 del c.p.a., sollecitando questo Tribunale a riesaminare le questioni poste con l’atto di appello - ed in particolare modo quelle concernenti i profili di compatibilità costituzionale, evidenziando quanto segue “ Ritenuto meritevole di ulteriore approfondimento, in sede di merito, il tema decisorio (intercettato dal secondo motivo di appello) relativo alla sospetta incostituzionalità dell’art. 67 comma 8 del d.lgs. n. 159/2011, come richiamato dal secondo comma dell’art. 84, da vagliare in relazione ai canoni di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. (in combinato con gli artt. 25, 27, 38 e 41 Cost.), nella misura in cui detta disposizione parifica – ai fini della determinazione degli automatici effetti interdittivi – alla situazione della condanna per gravissimi reati a struttura associativa, finalizzati alla commissione di specifici delitti (espressione quindi di un’attività criminale organizzata di carattere economico) la diversa ipotesi della condanna per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. anche nella sua variante non associativa, pur essendo quest’ultima fattispecie non necessariamente correlata ad attività della criminalità organizzata (come, del resto, risulta in concreto accertato dalla sentenza di condanna riportata dal sig. -OMISSIS-). Il dubbio sulla ragionevolezza di tale previsione deriva altresì dalla circostanza che la condanna per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. (insieme alle ipotesi di condanna per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale) nello stesso codice antimafia, all’art. 84, comma 4, lettera a), è opportunamente considerata come elemento da cui è possibile inferire (senza, però, alcun automatismo probatorio) la sussistenza di un rischio concreto di infiltrazione mafiosa o della criminalità organizzata, ai fini dell’adozione di un’informativa interdittiva. Pertanto, il previsto effetto interdittivo automatico della condanna per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p., previsto dall’art. 67 del codice antimafia, potrebbe risultare, allo stato, irragionevolmente sproporzionato rispetto alla finalità preventiva perseguita dal legislatore ”.

In data 11 gennaio 2021 la ricorrente ha depositato motivi aggiunti avverso il provvedimento del 3 novembre 2020 adottato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ufficio motorizzazione civile di Milano, sezione di Alessandria, con il quale era stata disposta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione (A.E.P.) e la cancellazione dal R.E.N. e dall'Albo degli autotrasportatori.

Alla luce della dettagliata ordinanza del Consiglio di Stato questo Tribunale, con ordinanza n. 448 del 29 aprile 2021, ai sensi dell’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, comma 8, del decreto legislativo n. 159 del 2011, come richiamato dal secondo comma dell’art. 84, nella parte in cui, rinviando all’art. 51, comma 3 bis del c.p., si riferisce anche al reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p., anche nella sua forma non associativa, e quindi nella parte in cui prevede l’automatismo di cui alla comunicazione antimafia nel caso di condanna per il reato di cui all’art. 452-quaterdecies del c.p. anche nella sua forma non associativa, per contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3 Costituzione, nonché per contrasto con gli artt. 25, 27, 38 e 41 della Costituzione, sospendendo il processo, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79, 80 del codice del processo amministrativo e 295 c.p.c., con trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale.

Con ordinanza n. 239 dell’11 giugno 2021 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare ripresentata dalla ricorrente e, per l’effetto, ha sospeso l’efficacia degli atti impugnati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti fino alla prima camera di consiglio successiva alla trasmissione degli atti inerenti la questione di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale, sulla base delle seguenti argomentazioni “ Considerato che con ordinanza n. 448 del 29 aprile 2021 questo Tribunale ha sollevato la questione di costituzionalità in essa indicata, trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale e sospendendo il presente giudizio ai sensi degli articoli 79 e 80 del codice del processo amministrativo e art. 295 del c.p.c.;
Considerato che, sotto il profilo del periculum in mora, il danno grave ed irreparabile deriva dalla circostanza che la ricorrente, in relazione all’oggetto dell’attività concretamente svolta, abbisogna, sempre ed indefettibilmente, di autorizzazioni amministrative;
Ritenuto pertanto opportuno accogliere l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente, sospendendo l’efficacia degli atti impugnati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti fino alla prima camera di consiglio successiva alla trasmissione degli atti inerenti la questione di costituzionalità sollevata da questo Tribunale da parte della Corte Costituzionale ”.

Con sentenza n. 118 del 10 maggio 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 67, comma 8, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 «come richiamato dal secondo comma dell'art. 84» del medesimo d.lgs. n. 159 del 2011, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, 27, 38 e 41 della Costituzione.

A seguito della trasmissione della sentenza di cui sopra la Segreteria di questo Tribunale ha fissato la camera di consiglio, per la prosecuzione del giudizio cautelare, per il 9 giugno 2022.

In data 3 giugno 2022 la ricorrente ha depositato in giudizio il provvedimento del Tribunale di Napoli n. -OMISSIS- con il quale l’Autorità giudiziaria ha accolto l’istanza avanzata dalla ricorrente dell’applicazione, ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. n. 159/11, del controllo giudiziario, per la durata di un anno e mesi sei, nonché il provvedimento relativo alla successiva iscrizione del 15 novembre 2011 nella white list .

In data 6 giugno 2022 la società ricorrente ha depositato una memoria con la quale evidenzia che il Tribunale di Napoli, con provvedimento del 28 ottobre 2021, depositato in data 3 giugno 2022, aveva disposto il controllo giudiziario ex art. 34-bis del Codice Antimafia nei confronti della ricorrente medesima, essendo stata disposta nuova interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Napoli.

La società ricorrente precisa che tale provvedimento era stato disposto ai danni della -ricorrente- S.r.l. per il pericolo di eventuali infiltrazioni camorristiche, ferma restando la condanna per reato ambientale già contemplata nell’atto quivi censurato.

Nella memoria, dopo aver evidenziato che la questione di legittimità costituzionale sollevata in seno all’ordinanza di rimessione era rimasta completamente intatta, con necessità di nuova rimessione al Giudice delle Leggi con le indispensabili integrazioni ventilate dalla Corte, sostiene che con il provvedimento ex art. 34-bis citato, l’impugnata comunicazione antimafia doveva ritenersi sospesa ai sensi del comma 7 della menzionata disposizione, non rinvenendosi nell’attuale sistema normativa una preclusione in tal senso, chiedendo la sospensione del presente giudizio stante l’applicazione del controllo giudiziario suindicato.

In via subordinata, la ricorrente chiede a questo Tribunale di sospendere il provvedimento impugnato ex art. 34-bis, comma 7 del Codice Antimafia.

La ricorrente inoltre sostiene che l’informazione antimafia altro non sarebbe che una species del genus della comunicazione antimafia, la quale contempla la stessa attestazione unitamente al pericolo della permeabilità mafiosa. Tale aspetto, secondo la ricorrente, sarebbe dirimente per delineare la cessata materia del contendere del presente giudizio, avendo l’interdittiva antimafia, oggetto di favorevole delibazione da parte del Tribunale di Napoli circa il controllo giudiziario, inevitabilmente sostituito la comunicazione quivi gravata.

In sintesi, pertanto, la ricorrente chiede, in via preliminare, di ri-trasmettere alla competente Consulta ordinanza di rimessione della questione di costituzionalità in precedenza avanzata;
b) nel merito, disporre la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. per la sussistenza del controllo giudiziario;
c) in via gradata, accogliere la tutela cautelare ex art. 34-bis comma 7 Codice Antimafia;
d) in via ulteriormente gradata, disporre la cessata materia del contendere per sopravvenuta carenza d’interesse avendo la informazione antimafia sostituito il provvedimento interdittivo di cui al presente giudizio.

All’udienza camerale del 9 giugno 2022 nessuna delle parti era presente. Il Collegio, dato atto dell'istanza di passaggio in decisione depositata da parte ricorrente, si è dunque riservato di decidere in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a.

In via preliminare, il Collegio evidenzia che dagli atti depositati in giudizio emerge che la società ricorrente dal 10 febbraio 2021 aveva spostato la sede sociale da Alessandria a Caivano (NA).

Per ragioni logiche-giuridiche, il Collegio non può non evidenziare che, essendo stata disposta dalla Prefettura di Napoli nei confronti della -ricorrente- S.r.l. l’interdittiva antimafia, così come dichiarato dalla stessa ricorrente, è sopravvenuto il difetto di interesse a coltivare il presente giudizio.

Sul punto, questo Tribunale, sez. I, con la sentenza 1° novembre 2021, n. 969 ha evidenziato quanto segue: “ Il venir meno della originaria comunicazione antimafia, sostituita dall’emanazione della informativa antimafia ex art. 89-bis del d.lgs. 159/2011 determina la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnativa originariamente dispiegata col ricorso introduttivo, di cui deve essere conseguentemente dichiarata l’improcedibilità ai sensi dell’art. 35, co. 1 lett. c) c.p.a .”.

Va infatti rilevato che la comunicazione antimafia consiste nell'attestazione o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del d. lgs. 159/2011, a carico di taluno dei soggetti puntualmente individuati ai sensi 85 dello stesso decreto legislativo.

Diversamente, l’informazione antimafia consiste nell'attestazione, della sussistenza o meno oltre che di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui al menzionato art. 67, anche di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese interessate (sull’ambito di applicazione della comunicazione e dell’informazione antimafia si rinvia al parere del Consiglio di Stato, 17 novembre 2015, n. 3088).

Se da una parte i due istituti differiscono sia per le modalità di accertamento ai fini delle attestazioni, sia per il relativo ambito di applicazione, dall’altra va riconosciuto che il sistema economico nel quale si muove l’impresa è uno solo e che, dopo l’introduzione dell’art. 89-bis nel d.lgs. n. 159 del 2011, ad opera dell’art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. 13 ottobre 2014, n. 153, gli effetti interdittivi possono essere i medesimi.

L’art. 89-bis citato, invero recita: “ 1. Quando in esito alle verifiche di cui all'articolo 88, comma 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un'informazione antimafia interdittiva e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia.

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