TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2014-12-02, n. 201412129
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N. 12129/2014 REG.PROV.COLL.
N. 06367/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6367 del 2014, proposto da:
S A, rappresentata e difesa dagli avv.ti M A e G T, con domicilio eletto presso G T in Roma, largo Arenula, 34;
contro
Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Presidente pro tempore, e Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Udcsm - Unione Dipendenti Consiglio Superiore della Magistratura -, rappresentato e difeso dall'avv. Luca Palatucci, con domicilio eletto presso Luca Palatucci in Roma, via Caltagirone, 15;
per l'annullamento
del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a otto posti di assistente amministrativo in prova - area I, livello economico iniziale- del ruolo organico del C.S.M. pubblicato dal CSM nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale concorsi n. 20 dell'11 marzo 2014;
delle delibere del CSM di approvazione dell'indizione del suddetto concorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio Superiore della Magistratura e di Ministero della Giustizia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Sig.ra S A, impiegata civile di ruolo del Ministero della Giustizia, inquadrata nella qualifica di cancelliere, premesso di essere stata comandata a prestare servizio presso il Consiglio Superiore della Magistratura, a decorrere dalla data del 1° settembre 2010, in base a quanto sancito dall’art. 3 del d.lgs. n. 37/2000, con il ricorso introduttivo riferisce di avere presentato, in data 11 febbraio 2014, istanza di stabilizzazione chiedendo il passaggio diretto nel ruolo del personale ella Segreteria del C.S.M., in applicazione del disposto dell’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 insistendo perché, nell’ipotesi di copertura dei posti vacanti nell’organico del Consiglio, venisse attivata la procedura di mobilità preventivamente rispetto all’eventuale indizione di un concorso pubblico.
Ciò premesso, e asserendo di non avere avuto alcun riscontro alla propria istanza di stabilizzazione, la ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe di indizione , da parte del C.S.M., delle procedure selettive per la copertura dei posti vacanti nell’organico della segreteria, assumendone l’illegittimità per violazione dell’art. 30 comma 2 bis del d. lgs. 165/2001, oltre che per violazione dell’art. 97 Cost e per eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria, dell’irragionevolezza e manifesta ingiustizia e del difetto di motivazione.
Ribadisce la ricorrente il carattere di assoluta inderogabilità della disposizione di cui all’art. 30 comma 2 bis del d. lgs. 165/2001 , la sua piena applicabilità anche al Consiglio Superiore della Magistratura quale amministrazione pubblica, con conseguente obbligo anche per detto organo di coprire i posti disponibili in organico mediante l’attivazione preventiva, rispetto all’indizione del pubblico concorso, delle procedure di mobilità, e la nullità di tutti gli atti adottati in violazione del predetto principio.
Lamenta poi la contraddittorietà della condotta dell’amministrazione rispetto a fattispecie precedenti, specificamente individuate, in cui sarebbe stata invece applicata la regola della prioritaria attivazione della mobilità.
Si è costituito in giudizio, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, il Consiglio Superiore della Magistratura assumendo in primo luogo l’inapplicabilità, per il reclutamento del proprio personale, dell’istituto della mobilità e del disposto di cui all’art. 30 comma 2 bis sopra menzionato, in ragione della natura speciale dell’organo di autogoverno della magistratura, soggetto di natura pubblica e di rilievo costituzionale in rapporto di sostanziale autonomia e di separatezza rispetto alle altre amministrazioni dello Stato, e della conseguente specialità rapporto di impiego dei dipendenti soggetto soltanto , secondo quanto previsto dall’art. 2 del d. lgs. 37/2000 e dall’art. 5, comma 5, della legge 111/2007, al regime specificamente introdotto con regolamenti interni dello stesso CSM;e rilevando poi come il regolamento approvato in data 24 luglio 2001, con particolare riguardo alle modalità di accesso del personale di segreteria, all’art. 5 comma 1 preveda espressamente che il personale del ruolo organico della segreteria e dell’ufficio studi del C.S.M. viene assunto con concorso pubblico per titoli ed esami.
E’ altresì intervenuta ad opponendum l’associazione sindacale Unione Dipendenti del Consiglio Superiore della Magistratura (U.D.CSM) che ha insistito per il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del giorno 9 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione nel merito.
DIRITTO
1. La questione principale che il Collegio è chiamato a definire, anche in relazione alle deduzioni difensive dell’avvocatura erariale, attiene all’applicabilità al personale dipendente del Consiglio Superiore della Magistratura della disciplina generale del pubblico impiego di cui al D. lgs. 165/2001 e, successivamente e nello specifico, delle disposizioni di cui all’art. 30 dello stesso d. lgs.
1.1 Parte resistente contesta detta applicabilità assumendo , in primo luogo, che il C.S.M. , come organo di rilievo costituzionale, non farebbe parte del novero delle amministrazioni pubbliche menzionate dall’art. 1 comma 2 del d. lgs. 165/2001 ;che il suo personale non rientrerebbe nel novero dei dipendenti di cui all’art. 3, stante la tassatività dell’elencazione ivi contenuta;e che quindi il sistema delle fonti che disciplina il rapporto dei dipendenti del CSM sarebbe un sistema sui generis, assumendo i regolamenti interni sul personale valenza di fonti primarie ed esclusive.
2. Rileva in premessa il Collegio che è pacifico, anche secondo la giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 148 del 2 giugno 1983), che il Consiglio Superiore della Magistratura non è organo costituzionale ma organo a rilevanza costituzionale, che non prende parte alla c.d. funzione politica svolgendo attività di tipo prevalentemente amministrativo, e la cui disciplina è rimessa dalla Costituzione alla legge ordinaria per quanto riguarda l’organizzazione, la struttura e le funzioni, cosicchè non esiste argomento di carattere costituzionale per ritenere ipotizzabile un regime speciale delle fonti del diritto e della loro relazione gerarchica in via generale;e che, anche per gli stessi organi costituzionali , i regolamenti interni possono essere considerati fonti primarie solo quando attengono direttamente alla funzione esercitata, con esclusione quindi dei regolamenti di organizzazione interna o di quelli che disciplinano il rapporto del personale dipendente, che rimangono soggetti al rapporto ordinario di subordinazione gerarchica rispetto alla legge.
3. Rileva ancora il Collegio che, in disparte le categorie di dipendenti pubblici soggetti a un regime pubblicistico speciale, in quanto non contrattualizzati , e comunque individuate e disciplinate con fonte normativa primaria, tutte le altre categorie del pubblico impiego trovano la loro regolamentazione generale a livello di fonte primaria nel testo Unico degli impiegati di cui al d. lgs. 165/2001.
Detta regolamentazione riguarda i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze di tutte le pubbliche amministrazioni ( art. 1 comma 1), costituisce espressione di principi generali dell’articolo 117 della Costituzione ( art. 1 comma 3) e assume carattere imperativo ( art. 2 comma 2).
Ne consegue, per quanto sopra rammentato, che anche la disciplina regolamentare interna sul personale dipendente del CSM non può non porsi in un quadro di compatibilità con il quadro normativo di regolamentazione generale introdotto dalla fonte primaria.
4. Il potere del Consiglio di disciplina , mediante regolamento interno, del rapporto di lavoro dei suoi dipendenti, in coerenza con la richiamata prospettiva, trova precipuo fondamento in una previsione di legge ( art. 13 comma 1 legge n. 266/99, art. 2 del d. lgs. 37/2000 e, oggi, art. 5, comma 5, della legge 111/2007) che rimanda ai regolamenti interni del CSM anche per quanto attiene specificamente alla disciplina delle modalità di assunzione del personale, compreso quello con qualifica dirigenziale.
La potestà regolamentare, ovviamente, si pone in un rapporto di necessaria coerenza con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia di accesso al pubblico impiego;né potrebbe a questi derogare, considerata la ordinaria relazione gerarchica con la fonte primaria.
5. In linea con quanto esposto, ed in maniera comunque tranchant rispetto all’oggetto del contendere, l’art. 31 del regolamento di disciplina del personale approvato il 24 luglio 2001 stabilisce che “ al personale del Consiglio si applicano, per quanto non espressamente disciplinato dal presente regolamento e in quanto compatibili, le norme riguardanti lo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato”.
6. Tutto ciò premesso, va però evidenziato che l’art. 5 comma 1 del regolamento, sulle modalità di accesso del personale di segreteria, stabilisce che “ il personale del ruolo organico della segreteria e dell’ufficio studi del CSM viene assunto con concorso pubblico per titoli ed esami”.
Secondo la difesa erariale detta disposizione regolamentare varrebbe ad indicare il pubblico concorso come unico ed esclusivo strumento di accesso del personale, precludendo l’applicabilità dell’istituto della mobilità e rendendo infondata la pretesa azionata dall’odierna ricorrente, ex art. 30 comma 2 bis del d. lgs. 165/2001, ad una preventiva attivazione della relativa procedura.
Si tratta quindi, in prima battuta, di chiarire se detta previsione precluda realmente la contestuale applicazione dell’istituto della mobilità, verificando la sussistenza di quel rapporto di compatibilità cui l’art. 31 sopra menzionato rimette l’applicabilità delle norme del d. lgs 165/2001 per quanto non espressamente previsto dalla disciplina regolamentare.
Solo in via successiva, e in caso di acclarata incompatibilità fra i due istituti, sarebbe necessario procedere all’individuazione della norma concretamente applicabile alla stregua del principio della gerarchia delle fonti.
7. L’istituto della mobilità, come noto, consente all’amministrazione la copertura di posti vacanti mediante l’assunzione di personale che abbia già ricoperto il posto ( ad es. a titolo di comando ) o abbia comunque già conseguito la stessa qualifica presso altra amministrazione, in una prospettiva funzionale di contrazione dei costi e snellimento dei tempi necessari per le assunzioni.
La figura non soltanto assume carattere generale nell’ordinamento dell’ordinamento del pubblico impiego, ma addirittura è oggetto di preferenza legale ( art. 30 comma 2 bis citato;art. 1 comma 47 legge 311/2004), essendo quindi destinata a prevalere sul concorso pubblico consentendo economie di spese e razionale impiego delle risorse di personale pubblico.
La doverosità della previa attivazione della mobilità, rispetto al concorso pubblico, costituisce dunque regola generale, la cui inosservanza comporta l’illegittimità delle procedure concorsuali bandite ( cfr. da ultimo Cons. Stato V, 17.1.2014 n. 178).
Il superiore assunto, per tutto il pubblico impiego, è stato ribadito nonostante il principio generale di cui all’art. 97 Cost., ovvero quello dell’assunzione dei pubblici dipendenti “ di regola” tramite concorso pubblico: infatti, il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso nell’ambito del quale la procedura concorsuale non è affatto soppressa, ma è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità, in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento ( cfr. Cons. Stato V, n. 5830/2010), relativamente peraltro a personale già immesso in ruolo in base a pubblici concorsi.
8. L’art. 5 comma 1 del regolamento menzionato allora, nell’affermare la regola dell’assunzione del personale di segreteria del CSM mediante pubblico concorso, ribadendo settorialmente quella valevole per tutto il pubblico impiego, e senza quindi introdurre una prescrizione speciale in ragione della asserita specialità del rapporto di impiego del suddetto personale, non si pone in rapporto di contraddizione con la disciplina della mobilità di cui all’art. 30 del d. lgs. 165/2001, non sussistendo quindi alcun profilo di incompatibilità fra i due precetti generali per la copertura dei posti vacanti nell’organico del CSM nella stessa maniera in cui detta incompatibilità non sussiste nell’ordinamento generale del pubblico impiego.
Né sussistono ulteriori differenti ragioni connesse alla specialità delle mansioni rimesse al personale di segretaria, che assumono carattere tipicamente amministrativo e non rimandano direttamente all’esercizio della funzione primaria dell’autogoverno della magistratura ( le quali, peraltro, non sembrerebbero comunque imporre l’esclusività dell’accesso mediante concorso, attesa la composita articolazione dell’organo e le diverse provenienze dei suoi componenti).
Ne consegue la perfetta operatività dell’istituto della mobilità anche per le assunzioni di dipendenti di ruolo del CSM, in via preventiva rispetto al pubblico concorso, ex art. 30 comma 2 bis citato, secondo il rinvio di cui all’art. 31 del regolamento.
Diversamente argomentando, verrebbero in evidenza profili di illegittimità del regolamento da risolvere in giudizio in base al principio della gerarchia delle fonti.
9. In base alle superiori considerazioni appare fondato il primo motivo di ricorso;il che conduce ad una pronuncia di accoglimento del gravame, previo assorbimento dell’ulteriore profilo di censura, e nei limiti dell’interesse azionato.
Va rilevato infatti che sussiste un interesse concreto ad attuale della ricorrente a che in relazione ad uno dei posti messi a concorso venga preventivamente attivata la procedura di mobilità, a prescindere dalla verifica in concreto dei presupposti per l’assegnazione alla stessa ricorrente del posto.
La mancata preventiva attivazione della procedura di mobilità determina un vizio di legittimità del bando di concorso adottato al di fuori della procedura complessa disciplinata dalla legge.
A fondare la sussistenza della legittimazione e dell’interesse al ricorso è quindi sufficiente la circostanza che la sig.ra Amadio ha svolto, in posizione di comando, proprio le stesse funzioni (assistente amministrativo) cui si riferisce la posizione messa a concorso, considerato per un verso che la pretesa azionata, come del resto ribadito dalla stessa ricorrente, riguarda l’obbligo di preventiva attivazione della procedura di mobilità in sè ( in seno alla quale, solo successivamente, andrà verificata la sussistenza dei relativi presupposti, anche sotto il profilo della prestazione del consenso da parte dell’amministrazione di provenienza degli interessati) e che, per altro verso, l’art. 30 comma 2 bis più volte menzionato individua nei comandati, che abbiano coperto temporaneamente i posti vacanti, i soggetti legittimati all’immissione in ruolo per mobilità.
Né potrebbe ipotizzarsi, ai fini della verifica della legittimazione e dell’interesse all’impugnazione, la prova della sussistenza del diritto dell’istante alla stabilizzazione, atteso che l’acquisizione di tutti gli elementi rilevanti a tal fine deve trovare sede naturale in seno al procedimento di mobilità e rimanda a valutazioni, anche discrezionali, delle amministrazioni interessate.
10. L’intervento ad opponendum spiegato dall’associazione rappresentativa dei dipendenti del CSM è ammissibile alla luce del costante orientamento giurisprudenziale in materia ( cfr. Cons. Stato Ad. Pl. 10/2011;1034/2012) .
10.1 Infondate sono le deduzioni svolte, alla stregua di quanto sopra esposto.
Occorre aggiungere soltanto che la preventiva attivazione della procedura di mobilità anche in relazione a posti vacanti coperti precedentemente da personale comandato in nessun modo vìolerebbe il divieto di rinnovo o trasformazione dei contratti di collaborazione continuativa in contratti a tempo indeterminato , di cui all’art. 3 del d. lgs 37/2000, atteso che la procedura di mobilità si inserisce nel procedimento complesso ordinario per l’accesso al pubblico impiego, e può condurre ad esiti ontologicamente non assimilabili alla mera conversione di un contratto fiduciario di collaborazione in un contratto a tempo indeterminato.
Manifestamente infondata è poi l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 30 comma 2 bis, se ritenuto applicabile al personale dipendente del CSM, in relazione all’art. 97 Cost., considerato quanto sopra esposto in relazione alla piena compatibilità dell’istituto della mobilità con la regola costituzionale dell’accesso al pubblico impiego mediante pubblico concorso e senza che possa assumere alcun rilievo dirimente la circostanza di mero fatto dell’elevato numero di comandi presso il CSM, in rapporto all’organico complessivo, che costituisce peraltro frutto di scelte amministrativi discrezionali operate dallo stesso CSM.
11. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento degli atti impugnati nei limiti dell’interesse azionato e, quindi, limitatamente ad uno dei posti messi a concorso.
Sussistono, nondimeno, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio in ragione della novità della questione.