TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2015-08-13, n. 201510814

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2015-08-13, n. 201510814
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201510814
Data del deposito : 13 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10711/2011 REG.RIC.

N. 10814/2015 REG.PROV.COLL.

N. 10711/2011 REG.RIC.

N. 03934/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10711 del 2011, proposto da:
L A, rappresentato e difeso dall’Avv. F G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via dei Castani n. 15/C;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 3934 del 2012, proposto da:
L A, rappresentato e difeso dall’Avv. F G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via dei Castani n. 15/C;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

quanto al ricorso n. 10711 del 2011:

per l’accertamento

dell’antigiuridicità della condotta posta in essere dall’Amministrazione, quale datore di lavoro, nei confronti del ricorrente;

e per la condanna

della stessa a rimuovere gli effetti di tale condotta, nonché ad assegnare il ricorrente all’espletamento delle mansioni e delle incombenze dallo stesso precedentemente svolte ovvero equivalenti nel medesimo ufficio o in quello diverso da concordarsi con il ricorrente;

quanto al ricorso n. 3934 del 2012:

per l’annullamento

della nota prot. n. Ctg. E 2/2011 del 21.2.2012, emessa dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Polizia di Stato - Compartimento di Polizia ferroviaria per il Lazio, avente ad oggetto il trasferimento del ricorrente presso altra sottosezione;

e per il risarcimento del danno.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Il ricorrente è Assistente Capo della Polizia di Stato.

Nel ricorso n. 10711/2011 indica in modo molto dettagliato l’attività lavorativa dal medesimo svolta nel corso dell’intera carriera, con gli specifici ruoli ricoperti, dalla sua assunzione nel Corpo della Polizia di Stato, avvenuta nel 1993.

In particolare, lo stesso rimarca di aver svolto nel corso della sua carriera rilevanti incarichi di Polizia Giudiziaria, con mansioni riguardanti attività investigative, come sarebbe dimostrato dalla collaborazione con varie Procure della Repubblica e dalle numerose comunicazioni c.d. riservate prodotte e presentate alla firma dei dirigenti apicali succedutisi alla guida del Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Polizia di Stato - Compartimento di Polizia Ferroviaria per il Lazio.

Sono altresì elencati in ricorso i riconoscimenti ottenuti dal ricorrente, quali lodi, premi in denaro, compiacimenti, attestazione di pubblica benemerenza e medaglia di bronzo al merito di servizio, a riprova delle notevoli capacità dimostrate in servizio dal medesimo.

Si evidenzia poi l’assenza di sanzioni disciplinari a suo carico.

Lo stesso sostiene poi, proprio alla luce di quanto illustrato dettagliatamente, che l’Amministrazione avrebbe tenuto una condotta illegittima nei suoi riguardi.

Tale condotta avrebbe origine da un procedimento disciplinare, avviato nei confronti dell’odierno istante in data 19.10.2010, fondato sull’asserita omissione di un delicato incarico d’ufficio, poi archiviato in data 19.2.2011, giusta provvedimento del Dirigente apicale del Compartimento di Polizia Ferroviaria del Lazio, in atti.

Medio tempore , in data 2.2.2011, il ricorrente, che in quel momento prestava servizio presso la struttura “Squadra Informativa esterna” del suddetto Compartimento, con compiti info-investigativi, è stato aggregato temporaneamente alla Sottosezione di Polizia Ferroviaria di Roma Tiburtina.

Ciò avrebbe determinato una vera e propria dequalificazione professionale dello stesso, con svilimento della sua figura lavorativa.

In tal modo l’Amministrazione avrebbe violato i principi di cui agli artt. 1176 e ss. C.c., 1218 e ss. c.c., 2103 e 2087 c.c. che regolano i rapporti contrattuali tra datore di lavoro e dipendente in tema di assegnazione alle mansioni ricoperte e/o in concreto svolte da quest’ultimo.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, il quale ha depositato documentazione conferente.

Successivamente, con nota prot. n. Ctg. E 2/2011 del 21.2.2012, il Compartimento di Polizia ferroviaria per il Lazio ha disposto il ‘trasferimento’ del ricorrente, unitamente ad altri appartenenti alla Polizia di Stato, presso la predetta sottosezione di Roma Tiburtina.

Avverso quest’ultimo provvedimento si è proposto il ricorso n. 3934/2012, nel quale si è appuntata l’attenzione sull’asserita antigiuridicità della condotta posta in essere nella specie dall’Amministrazione con l’adozione del predetto provvedimento, sottolineandosi l’elevato profilo del ricorrente, per incarichi ricoperti, riconoscimenti ed assenza di sanzioni disciplinari, e si sono dedotti i seguenti ulteriori motivi di censura.

1) Violazione e/o falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 7 della legge n. 241/1990, e/o eccesso di potere, per erroneità dei presupposti.

Il provvedimento gravato sarebbe stato adottato senza la preventiva comunicazione del prescritto avviso di avvio del procedimento, contenente anche l’indicazione del nominativo del responsabile per procedimento medesimo, pur mancando l’esplicazione delle eventuali ragioni di celerità e di urgenza tali da indurre a non porre in essere detto adempimento, che, in ogni caso, sarebbero inesistenti. Tale omissione costituirebbe un vulnus al diritto di difesa e di partecipazione al procedimento amministrativo.

2) Eccesso di potere per omessa, insufficiente e/o contraddittoria azione e/o per difetto di istruttoria e/o per travisamento e/o erronea interpretazione dei fatti per cui è causa.

Il provvedimento censurato sarebbe del tutto privo di motivazione, essendo solo indicata una mera descrizione, peraltro generica, delle asserite ragioni organizzative che sarebbero sottese al trasferimento in via definitiva, tra l’altro, del ricorrente presso la suindicata struttura. Nulla sarebbe riportato circa gli specifici accertamenti che sarebbero stati eseguiti e, soprattutto, circa le ragioni di pubblico interesse asseritamente fondanti l’esercizio della potestà amministrativa in relazione alla posizione del ricorrente.

In ragione del pregresso dei rapporti in essere tra il ricorrente, quale lavoratore, e l’Amministrazione, quale parte datoriale, si sarebbe dovuto “dettagliare nello specifico” il provvedimento de quo .

3) Violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui all’art. 55, comma terzo, d.P.R. n. 335/1982.

Nell’emettere il provvedimento in esame, non si sarebbe considerato il disposto del citato art. 55, comma terzo, d.P.R. n. 335/1982, secondo cui “nel disporre il trasferimento d’ufficio l’Amministrazione deve tener conto delle esigenze di servizio e anche delle situazioni di famiglia e del servizio già prestato in sedi disagiate” .

Infatti nel caso di specie, dall’esame dell’atto impugnato non si evincerebbero né le esigenze di servizio, che hanno condotto al trasferimento del ricorrente presso l’attuale sede di lavoro, né la valutazione delle sue esigenze personali e del suo brillante curriculum professionale.

È stata avanzata anche domanda di risarcimento dei danni asseritamente patiti dal ricorrente per effetto della condotta tenuta nella specie dall’Amministrazione.

Quest’ultima si è costituita in giudizio anche con riferimento al ricorso n. 3934/2012.

Con ordinanza collegiale n. 5791 del 29.5.2014, per entrambi i ricorsi in esame è stata disposta un’istruttoria, della quale è stata onerata l’Amministrazione.

Detta istruttoria è stata reiterata con successiva ordinanza collegiale n. 11541 del 18.11.2014.

L’Amministrazione vi ha dato esecuzione con deposito di chiarimenti in data 4.2.2015.

Il ricorrente ha prodotto una memoria conclusiva, in vista della pubblica udienza del 9.7.2015, riepilogando le deduzioni svolte nei due ricorsi in esame e rilevando inoltre che la fondatezza delle proprie tesi sarebbe confermata dalla circostanza che attualmente risulta applicato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Velletri – Sezione di Polizia giudiziaria, su richiesta del Procuratore della Repubblica.

Nella predetta pubblica udienza del 9.7.2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1 - Con i ricorsi nn. 10711/2011 e 3934/2012, in esame, si chiedono, rispettivamente, l’accertamento dell’antigiuridicità della condotta posta in essere dall’Amministrazione, quale datore di lavoro, nei confronti del ricorrente e la condanna della stessa ad assegnare quest’ultimo all’espletamento delle mansioni e delle incombenze dallo stesso precedentemente svolte ovvero equivalenti, nonché l’annullamento del provvedimento di ‘trasferimento’ del ricorrente medesimo alla sottosezione di Roma Tiburtina del Compartimento di Polizia ferroviaria per il Lazio ed il risarcimento dei danni asseritamente subiti.

2 - In via preliminare va disposta la riunione dei menzionati ricorsi ai sensi dell’art. 70 c.p.a., stante la connessione soggettiva ed oggettiva tra gli stessi.

3 - Al fine di stabilire se la condotta posta in essere nella specie dall’Amministrazione sia antigiuridica e, segnatamente, se essa abbia integrato un demansionamento, occorre in primo luogo accertare le mansioni stabilite per il ruolo dell’assistente capo, ricoperto dal ricorrente, per vagliare se quelle in concreto attribuite con l’aggregazione provvisoria prima e l’assegnazione in via definitiva poi alla suindicata sottosezione vi esulino o meno.

Ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 335/1982, il quale individua le mansioni del personale appartenente al ruolo degli agenti ed assistenti, tale personale “svolge mansioni esecutive con il margine di iniziativa e di discrezionalità inerente alle qualifiche possedute” , con possibilità, per quello appartenente alle qualifiche di assistente e assistente capo, di conferimento di “incarichi di coordinamento o comando di uno o più agenti in servizio operativo” .

4 - I compiti affidati all’attuale istante a seguito dell’adozione dei richiamati provvedimenti, inerenti alla prevenzione e repressione dei reati in ambito ferroviario, con vigilanza del territorio di competenza della Sottosezione di Roma Tiburtina, con turnazione, ben rientrano nelle mansioni proprie del ruolo di sua appartenenza.

4.1 - Va precisato che il ricorrente, il valore del cui curriculum lavorativo è indiscutibile, non può vantare un “diritto” a svolgere, nell’ambito delle mansioni del ruolo de quo , quelle attività investigative, di suo interesse, che ha svolto per un lungo periodo.

4.2 - L’Amministrazione al riguardo è dotata di un ampio margine discrezionale: essa, sulla base della valutazione delle esigenze di servizio, può determinare l’assegnazione del personale della Polizia di Stato ai compiti che ritiene necessari e/o opportuni, purché naturalmente ciò non determini un demansionamento.

Le esigenze di servizio nella specie erano rappresentate, da una parte, dalla soppressione della Squadra Informativa esterna, alla quale il ricorrente era assegnato, e, dall’altra, dalla necessità di rafforzare l’organico della Polizia presso la Stazione Tiburtina, in ragione dell’ampliamento di tale stazione ferroviaria.

4.3 - Qui è evidente che non può correttamente parlarsi di demansionamento, il quale si configura solo ove le mansioni attribuite afferiscano ad un ruolo diverso ed inferiore rispetto a quello di appartenenza, ma unicamente di assegnazione a compiti di natura diversa – non più investigativa, ma preventivo-repressiva di reati.

5 - Deve poi rimarcarsi che nella specie l’assegnazione è avvenuta nell’ambito del medesimo Compartimento, vale a dire di quello di Polizia ferroviaria per il Lazio, con minimo spostamento della sede da Roma Termini a Roma Tiburtina, perciò nella stessa città – ed anche a ridotta distanza spaziale – con conseguente assenza di disagio di tipo logistico.

5.1 - Tali rilievi inducono a ritenere infondato il motivo dedotto sub 2) nel ricorso n. 3934/2012, atteso che nessuna particolare istruttoria era richiesta in relazione alla posizione del ricorrente, il quale, al pari di diversi altri dipendenti, è stato assegnato alla Sottosezione di Polizia ferroviaria de qua per le dichiarate esigenze di servizio (necessità di un potenziamento della forza organica della sottosezione per assicurare maggiore presenza in ambito ferroviario, a seguito dell’ampliamento della stazione ferroviaria di Roma Tiburtina).

5.2 - Nessuna rilevanza nel senso di dimostrare l’illegittimità dei provvedimenti impugnati e l’antigiuridicità della condotta tenuta dall’Amministrazione può assumere l’evidenziata circostanza che il ricorrente attualmente risulta applicato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Velletri – Sezione di Polizia giudiziaria, su richiesta del Procuratore della Repubblica.

Va detto al riguardo che con i provvedimenti ed i comportamenti qui censurati l’Amministrazione non ha inteso mettere in discussione le qualità del ricorrente.

D’altra parte, ove il Procuratore della Repubblica di Velletri dovesse ritenere necessaria la sua attività di supporto presso la Procura e l’Amministrazione dovesse dare il proprio assenso alla sua applicazione, lo stesso potrebbe ivi continuare a svolgerla.

6 - Va poi evidenziato che nella specie, al di là del nomen adoperato, il quale non assume rilievo decisivo, il ricorrente non è stato neppure destinatario di un vero e proprio provvedimento di trasferimento, in quanto, proprio per le ragioni in precedenza esposte, nei suoi riguardi si è attuato solo un mutamento di ufficio nell’ambito del medesimo Compartimento.

6.1 - In questo caso la discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione è particolarmente ampia.

6.2 - Sotto altro profilo, si tratta di provvedimento organizzatorio interno, per il quale non si richiede il puntuale rispetto delle forme procedimentali, in primis la necessaria comunicazione di avvio del procedimento, della cui assenza il ricorrente qui si duole.

6.3 - Per gli stessi motivi non risulta applicabile alla specie l’invocato art. 55 del d.P.R. n. 335/1982, senza contare che la sostanziale invarianza della sede di servizio garantisce la tutela di esigenze di famiglia, mentre non emerge che il ricorrente abbia prestato in precedenza servizio in sedi disagiate, elemento al quale la predetta disposizione attribuisce rilevanza.

7 - La disamina svolta conduce a ritenere infondati entrambi i ricorsi, in quanto la condotta posta in essere dall’Amministrazione resistente nei confronti del ricorrente è conforme alle richiamate disposizioni di legge ed i provvedimenti contestati sono legittimi.

7.1 - È evidente, in particolare, che non si è determinato alcun demansionamento a danno del ricorrente né si è registrata la dedotta violazione delle norme indicate nei ricorsi.

7.2 - Stante l’assenza del carattere antigiuridico del comportamento posto in essere dall’Amministrazione, va rigettata la domanda di risarcimento dei danni proposta.

8 - Per quanto concerne le spese di lite, in ragione della peculiarità della questione disaminata, sussistono giusti motivi per la loro integrale compensazione tra le parti.

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