TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-11-07, n. 201912788

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-11-07, n. 201912788
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201912788
Data del deposito : 7 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2019

N. 12788/2019 REG.PROV.COLL.

N. 09417/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9417 del 2010, proposto da
Comune di Aprilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati D A, P B, C A, con domicilio eletto presso lo studio D A in Roma, via E. Gianturco, 1, come da procura in atti;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Soc Aser S.r.l. in Amministrazinoe Straordinaria, Soc Tributi Italia S.p.A. in Amministrazione Straordianaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lgtevere dei Mellini, 17 Sc B Int10, come da procura in atti;
Comune di Pomezia, Comune di Ardea non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

D.M. 19/10/10 CON CUI LA SOCIETA' A.SER. SRL E' STATA AMMESSA ALLA PROCEDURA DI AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DI CUI AL D.L. 347/03 AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL'ART. 3 CO. 3D.L. 40/10 CONVERTITO CON L. N. 73/10 -


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico e di Soc Aser S.r.l. in Amministrazinoe Straordinaria e di Soc Tributi Italia S.p.A. in Amministrazione Straordianaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 4 ottobre 2019 il consigliere A S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – Con ricorso notificato il 2 novembre 2010 e depositato il successivo giorno 4, il Comune di Aprilia ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto del MISE con cui è stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata per le grandi imprese in crisi, di cui al decreto legge n. 347\2003, la società a capitale misto pubblico-privato A.Ser. s.p.a., del cui capitale sociale l’Ente locale deteneva una quota pari al 51%, costituita allo scopo di gestire il servizio di riscossione dei tributi locali di competenza del Comune ricorrente nonché di quelli di Ardea e Pomezia;
mentre soci privati erano Paghera s.r.l. (che aveva in corso una procedura fallimentare) e Tributi Italia s.r.l.

2. – A seguito di riscontrati e plurimi inadempimenti della società, la convenzione per la riscossione dei tributi stipulata tra quest’ultima ed il Comune di Aprilia il 6 agosto 1999 e modificata il 12 aprile 2007 venne risolta mediante dichiarazione dell’Ente di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa compresa tra le previsioni negoziali, formulata nel corso di un procedimento arbitrale che vedeva contrapposti il socio Tributi Italia (che lamentava l’inadempimento del Comune nella consegna del servizio) e l’Ente locale.

Il lodo arbitrale vide soccombere il Comune, che ne fece impugnazione davanti alla Corte d’Appello di Roma.

Successivamente, il 6 luglio 2010, l’arbitrato si estinse per rinunzia degli arbitri, ma il Comune prese atto della risoluzione della convenzione con A.Ser. e revocò le delibere con cui aveva deciso di individuare quest’ultima quale concessionaria e Tributi Italia s.p.a. quale socio privato;
contestualmente l’Ente deliberò di gestire direttamente il servizio-

Quest’ultimo, però, non fu contestualmente cessato dalla società mista e da Tributi Italia s.p.a., le quali ne terminarono l’esercizio soltanto a seguito di un doppio grado di giudizio d’urgenza davanti al Tribunale Civile di Roma adito dal Comune ex art. 700 c.p.c.

3. – A seguito dei fatti succintamente esposti in precedenza e di altri (aventi rilevanza per il Giudice penale e per quello contabile, di non essenziale narrazione in questa sede), su richiesta del Comune di Aprilia, il Tribunale di Latina, con ordinanza n. 960 del 2010, accertò lo scioglimento di A.Ser. e nominò i relativi liquidatori.

4. – In data 18 giugno 2010 il MISE ammise alla procedura di amministrazione controllata di cui al decreto legge n. 40\2010 il socio di A.Ser. Tributi Italia;
il commissario liquidatore di quest’ultima chiese quindi al MISE che anche la società mista venisse sottoposta a tale procedura.

Alla procedura, dunque, la società fu ammessa con l’impugnato decreto del 19 luglio 2010 sulla ritenuta sussistenza dei presupposti di cui all’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003 e dell’art. 81 del decreto legislativo n. 270 del 1999;
mentre con sentenza n. 331 del 12 agosto 2010 il Tribunale di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza di A.Ser.

5. – Il Comune di Aprilia impugna la determinazione ministeriale del 19 luglio 2010 premettendo che, con ricorso ex art. 669 decies c.p.c., il commissario straordinario di A.Ser. s.p.a. ha chiesto al Tribunale di Roma la revoca delle ordinanze cautelari che, ex art. 700 c.p.c., avevano riportato il servizio di riscossione alla diretta gestione dell’Ente locale;
quest’ultimo afferma, quindi, che il proprio interesse ad agire consisterebbe nel fatto che la prosecuzione di tale gestione diretta sarebbe minacciata dalla “artificiosa sopravvivenza” (sic) di A.Ser. nella procedura di amministrazione controllata e nel tentativo giudiziario di quest’ultima di tornare nella gestione del servizio.

6. – Il ricorso del Comune di Aprilia contro il decreto del MISE del 19 luglio 2010 è affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 40 del 2010, in quanto nella specie non sussisterebbero i presupposti per l’ammissione delle società di riscossione dei tributi degli Enti locali alla procedura di amministrazione controllata, costituiti dall’avere esercitato il servizio per non meno di cinquanta enti locali e dall’essere stati cancellati dall’albo delle società di riscossione di cui all’art. 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
nel caso di specie, infatti, A.Ser., società a prevalente capitale pubblico, non avrebbe avuto i mezzi d’opera necessari allo svolgimento del servizio, che in concreto sarebbe stato svolto dal socio d’opera privato.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003 e dell’art. 80 comma I lettera B del decreto legislativo n. 270 del 1999, per assenza dell’ivi previsto requisito del controllo diretto fra Tributi Italia s.r.l. e A.Ser. s.p.a., essendo, quest’ultima, società mista a prevalente capitale pubblico, ossia partenariato pubblico-privato istituzionalizzato.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003 e dell’art. 81 comma II del decreto legislativo n. 270\1999, in quanto, nel caso di specie, mancherebbe anche il tipizzato presupposto costituito dalle concrete possibilità di ristrutturazione economica e finanziaria della società ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.

4) Ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003 e dell’art. 81 comma II del decreto legislativo n. 270\1999, dovute al fatto che la società in questione non vanterebbe, allo stato, alcuna convenzione per la riscossione di tributi locali (avendo i Comuni di Aprilia e Pomezia risolto i relativi rapporti negoziali con la società mista), e quindi, a maggior ragione, non avrebbe prospettive di ripresa economica.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003 e dell’art. 81 comma II del decreto legislativo n. 270\1999 e dell’art. 2484 c.c., atteso che la società in questione è stata posta in liquidazione con ordinanza del Tribunale di Latina del 29 giugno 2010, evento che, per essere finalizzato all’estinzione della società, è di per sé incompatibile con qualsiasi prospettiva di riequilibrio finanziario.

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma III del decreto legge n. 347\2003, dell’art. 81 comma II del decreto legislativo n. 270\1999 e dell’art. 7 della legge n. 241\1990, in quanto, a tenore della prospettazione del Comune ricorrente, quest’ultimo, quale controinteressato, avrebbe dovuto essere destinatario della comunicazione di avvio del procedimento che ha condotto alla amministrazione straordinaria di A.Ser.

7) Eccesso di potere per travisamento dei fatti esposti dall’istante la ammissione alla procedura della società (il commissario straordinario di Tributi Italia) in sede di richiesta, sotto i profili di assenza di rapporti negoziali in essere in capo ad A.Ser. e di mancata denunzia dei debiti sociali.

7.- Si sono costituite in giudizio A.Ser., Tributi Italia ed il MISE, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

8. – In occasione della pubblica udienza straordinaria del 4 ottobre 2019 il ricorso è stato posto in decisione, previo avvertimento alle parti, ai sensi dell’art. 73 comma III c.p.a., di una sua possibile causa di inammissibilità per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

DIRITTO

1. – Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, sussistendo la giurisdizione del Giudice Ordinario in veste di Tribunale Fallimentare.

2. – Nel caso in esame, infatti, il Comune di Aprilia contesta la sussistenza dei presupposti dell’ammissione di A.Ser. alla procedura di cui al d.lgs. n. 270\1999 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della l. 30 luglio 1998, n. 274, c.d. legge “Prodi bis”), nonché del D.L. n. 347/03 (c.d. legge “Marzano”), cui le società di riscossione dei tributi locali possono essere ammesse ove sussistano i presupposti delineati nell’art. 3 comma III del decreto legge n, 40 del 2010.

Si tratta della normativa per cui determinate imprese, aventi le caratteristiche dimensionali di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 270\1999, dichiarate insolventi a norma dell'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, da realizzarsi, in via alternativa, tramite un "programma di cessione dei complessi aziendali", oppure mediante un "programma di ristrutturazione".

L’accertamento dello stato di insolvenza è -come nelle ordinarie procedure concorsuali ispirate al rispetto della par condicio creditorum, disciplinate dalla Legge Fallimentare - rimesso al Giudice ordinario (Tribunale), che –come accaduto anche nel caso in esame- pronuncia con sentenza (art. 3 del d. lgs. n. 270\1999, art. 4 del decreto legge n. 347\2003).

Dopodiché, il commissario straordinario presenta al Ministro delle attività produttive il programma di ristrutturazione, e, contestualmente, al Giudice Delegato alla procedura una relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza, accompagnata dallo stato analitico ed estimativo delle attività e dall'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

Ai sensi dell’art. 4 bis del decreto legge n. 347\2003, le passività possono essere estinte anche mediante un concordato, che, tra le varie possibili soluzioni ivi contemplate, può prevedere l'attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato.

2. – Alla luce di tali elementi, il ricorso è affetto da difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Il procedimento cui la controinteressata società mista è stata ammessa, infatti, tende, in ultima analisi, alla formazione –come sopra si è detto- del programma di ristrutturazione, e, contestualmente, alla presentazione al Giudice Delegato alla procedura di una relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza, accompagnata dallo stato analitico ed estimativo delle attività e dall'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione.

L’art. 4 bis su citato prevede che, rispetto alla formazione di tale stato passivo, il procedimento veda due fasi:

a) quella di cui al quinto comma, nella quale i soggetti interessati possono depositare presso la cancelleria del tribunale documenti e memorie scritte contenenti le proprie osservazioni sull'elenco dei creditori, sugli importi indicati e sulle relative cause di prelazione, e i soggetti che non figurano nell'elenco dei creditori possono depositare istanza di ammissione dei propri crediti, corredata dai documenti giustificativi;

b) quella di cui al sesto comma, per cui, una volta formati dal Giudice delegato, comunicati agli interessati, e resi esecutivi, gli elenchi dei creditori ammessi o ammessi con riserva e di quelli esclusi, costoro possono fare opposizione presentando ricorso al giudice delegato secondo la disciplina di cui agli articoli 98 e seguenti della Legge fallimentare;
il relativo termine è pari a quindici giorni per i creditori residenti in Italia e a trenta giorni per quelli residenti all'estero.

A seguito dell’instaurazione di tali giudizi, il giudice delegato può, ove riscontri fondati elementi e tenuto anche conto del rapporto tra l'ammontare del credito vantato dall'impugnante e quello del credito contestato, adottare gli opportuni provvedimenti, se del caso, ordinando l'accantonamento delle somme ovvero anche l'intrasferibilità delle azioni eventualmente spettanti ai titolari di crediti contestati, disponendo le opportune annotazioni.

3. - Il legislatore ha pertanto affidato al Giudice ordinario - organo della procedura - la cognizione di tutte le questioni relative all’ammissione al passivo, coerentemente con quanto ordinariamente accade nelle altre procedure concorsuali, e con la natura di diritto soggettivo delle questioni legate all’esistenza o alla consistenza di diritti di credito.

4. – Nè può condurre a ritenere la giurisdizione amministrativa la circostanza per cui, nel presente giudizio, è impugnato un atto ministeriale, quale è quello di ammissione di A.Ser. alla procedura in questione.

Tale ammissione, invero, è intervenuta sulla scorta dell’art. 3, comma III, del decreto legge n. 40 del 2010, per cui “In caso di crisi di società di riscossione delle entrate degli enti locali, le società che, singolarmente ovvero appartenendo ad un medesimo gruppo di imprese, hanno esercitato le funzioni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, per conto di non meno di cinquanta enti locali e che siano cancellate, con deliberazione ancorché non dotata di definitività, dall'albo di cui all'articolo 53 del predetto decreto legislativo n. 446 del 1997 ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Ministro delle finanze 11 settembre 2000, n. 289, sono ammesse di diritto, su domanda della società ovvero della società capogruppo, alle procedure di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. Sono altresì ammesse di diritto a tali procedure, anche in assenza di domanda, le predette società per le quali venga dichiarato dal tribunale lo stato di insolvenza.”

La scelta legislativa è stata –come fatto palese dalla lettera della norma, che in punto di ammissione utilizza il tempo presente al modo indicativo, segno di cogenza della disposizione- nel senso di privare il Ministero procedente di qualsiasi spazio di discrezionalità nella valutazione dei ammissibilità alla procedura in punto di requisiti legati alla condizione patrimoniale delle società, che il legislatore ha valutato preventivamente.

Infatti, è del tutto evidente che l’ammissione delle società di riscossione alla procedura di cui alla “legge Marzano” tende, n ultima analisi, a realizzare la ristrutturazione della situazione finanziaria della società in regime di par condicio mediante il piano di cui si è detto, la cui intrinseca valutazione spetta al Giudice Ordinario.

5. – In conclusione, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, in quanto sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario davanti al quale il giudizio dovrà essere riassunto nei termini di legge.

La complessità fattuale della vicenda induce alla compensazione delle spese.

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