TAR Napoli, sez. III, sentenza 2022-03-09, n. 202201609

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2022-03-09, n. 202201609
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202201609
Data del deposito : 9 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/03/2022

N. 01609/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02514/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2514 del 2017, proposto da M G N, rappresentata e difesa dall’avv. M S, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. P T in Napoli, via Benedetto Croce n. 23, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di San Giuseppe Vesuviano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. V A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

“1) dell’ordinanza di demolizione di opere abusive N. Ord. Reg. Ser.: 17 del 08-03-2017 e N. Ord. Reg. Gen.: 39 del 08-03-2017 notificata in data 20 maggio 2017;

2) della relazione tecnica prot.2808 del 25.01.2016 mai notificata di cui non si conosce il contenuto;

3) e di ogni altro atto presupposto o conseguenziale mai notificato;”


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giuseppe Vesuviano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2022 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, depositato il 19 giugno 2017, M G N, proprietaria di un immobile in San Giuseppe Vesuviano, alla via Traversa dei Melograni n. 9/3 n. 231/3, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione di opere abusive Ord. Reg. Ser. n. 17 e Ord. Reg. Gen. n. 39 dell’8 marzo2017, notificata in data 20 maggio 2017, e della relazione tecnica prot. n. 2808 del 25 gennaio 2016, mai notificata di cui non conosce il contenuto.

A sostegno del gravame sono state dedotte le seguenti censure: I Nullità dell’atto per mancanza di legittimazione passiva della ricorrente.

La ricorrente rappresenta di essere proprietaria di un immobile in San Giuseppe Vesuviano, alla traversa Melograni, per il quale pende domanda di condono. Riferisce di avere alienato la proprietà del piano rialzato (catastalmente terra) con anno notarile in data 22 aprile 2014 del notaio R L C, repertorio n. 166930 raccolta n. 11507. Eccepisce, pertanto, il suo difetto di legittimazione passiva, che sussisterebbe sia quando si prospetti come proprio un diritto altrui e sia quando si pretenda una pronuncia nei confronti di persona della quale si prospetti l’estraneità al rapporto controverso. Difatti l’Ente resistente accertava le predette opere considerate abusive solo con relazione tecnica del gennaio 2016, epoca in cui ella ricorrente non aveva alcuna disponibilità dell’immobile.

II. Violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, violazione dell’art. 7 della L. n. 13/1989, violazione dell’art. 6, comma 1, lett. b) e art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere, difetto di istruttoria, inesistenza dei presupposti.

Parte ricorrente lamenta la carenza dell’istruttoria comunale nonché la violazione sia dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, che prescrive di indicare con esattezza l’area e le opere che vengono acquisite di diritto, sia dell’art. 3 della L. n. 241/1990, che impone in via generale all’Amministrazione l’obbligo del clare loqui .

Con riferimento alle opere eseguite nel Comune di San Giuseppe Vesuviano alla via traversa dei Melograni n.9/3 non sussisterebbero i presupposti per il disposto abbattimento e in riferimento alle opere realizzate sarebbe illegittima la disposta acquisizione, per carenza assoluta dei presupposti prescritti dall’art. 31 del citato d.P.R.. Infine contesta l’incongruità della descrizione delle opere contenuta nell’atto impugnato, che non corrisponderebbe alla loro effettiva consistenza quantitativa e qualitativa.

III. Violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di San Giuseppe Vesuviano deducendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto. Ha in particolare rappresentato che l’ordinanza gravata fa riferimento esclusivamente alle opere minori realizzate al primo piano dell’edificio sito in San Giuseppe Vesuviano alla Via Traversa dei Melograni n. 9/3, ex Via Nappi IV Trav. Dx, consistenti in “ tompagnatura, tramezzatura, controsoffittatura, posa in opera parziale di pavimenti e rivestimenti, intonaci, pezzi igienici, impianti, infissi esterni, tubi per deflusso di acqua ”. Per il resto lo stesso primo piano del fabbricato era stato già oggetto di ordinanza di demolizione n. 133 del 27 luglio 2007 contro cui la ricorrente aveva proposto ricorso iscritto al numero di registro generale 5949 del 2007, dichiarato perento con decreto di questa Sezione n. 3830/2016. Pertanto, in costanza del suddetto provvedimento di demolizione relativo al primo piano dell’edificio, su quest’ultimo sarebbero state realizzate altre opere abusive non strutturali.

Con ordinanza n. 1069 del 18 luglio 2017 questa Sezione,

Rilevato che il ricorso in esame risulta depositato senza l’osservanza delle regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico, in quanto la procura non risulta correttamente asseverata, mancando la sottoscrizione con firma digitale richiesta dall’art. 8, secondo comma, del d.P.C.M. n. 40/2016;

Considerato, pertanto, che occorre ordinare alla parte ricorrente di provvedere alla regolarizzazione nel termine perentorio di 30 (trenta) giorni, con decorrenza dalla comunicazione della presente ordinanza a cura della Segreteria;

Ritenuto che il ricorso non contiene la domanda di emanazione delle misure di cui all’art. 55 c.p.a., per cui non v’è luogo a provvedere in fase cautelare; ”,

ha ordinato alla ricorrente di provvedere alla regolarizzazione degli atti di cui in motivazione, nel termine perentorio fissato, e ha dichiarato il non luogo a provvedere in fase cautelare.

Parte ricorrente ha prodotto una memoria con la quale ha insistito sulla circostanza di avere alienato la piena ed esclusiva proprietà dei seguenti immobili: appartamento posto al piano rialzato catastale terra avente accesso da corte comune di 4,5 vani e l’intero lastrico solare dell’immobile di sua proprietà ai figli F e F M;
aveva quindi alienato il lastrico solare su cui poi veniva realizzato quanto contestato. I lavori successivamente realizzati non sarebbero stati da lei realizzati, anche perché non ne era la proprietaria.

Con ordinanza n. 5404 del 2 agosto 2021 questa Sezione,

Rilevato che il gravame in esame risulta parzialmente depositato senza l’osservanza delle regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico, in quanto:

- la procura alle liti e la notifica del ricorso introduttivo sono prive della attestazione di conformità da rendersi, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.P.C.M. n. 40/2016 e dell’art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005 e s.m.i. (C.AD.), come prescritto dall’art. 136, comma 2-ter, c.p.a., con firma digitale, non rilevandosi, nello specifico, che, secondo dette modalità, la copia informatica per immagine dei predetti ultimi atti, sia conforme all’originale in formato analogico, detenuto e conservato presso il proprio studio professionale, da cui è stata estratta per scansione;

Ritenuto che vada disposto a carico della parte ricorrente l’onere di regolarizzare, con firma digitale, le asseverazioni di conformità della procura ad litem e della notifica entro 70 giorni dalla comunicazione al difensore del deposito della presente ordinanza a cura della Segreteria, dando avviso, anche ai sensi dell’art. 73 c.p.a., che la mancata regolarizzazione nel termine perentorio assegnato può essere valutata ai fini della sua irricevibilità (cfr. Cons. St., sez. IV, 4/4/2017, n. 1541); ”,

ha assegnato alla ricorrente il termine perentorio per la regolarizzazione delle anomalie di cui in motivazione, con l’avviso ivi formulato e ha rinviato per il prosieguo alla udienza pubblica dell’11 gennaio 2022.

Parte ricorrente ha provveduto a dare esecuzione alla suddetta ordinanza regolarizzando le anomalie riscontrate con l’ordinanza stessa.

Alla udienza pubblica dell’11 gennaio 2022 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Ed invero, premesso che con il presente ricorso la ricorrente ha impugnato l’ordinanza di demolizione di opere abusive, Ord. Reg. Ser. n. 17 e Ord. Reg. Gen. n. 39 dell’8 marzo 2017, adottata nei suoi confronti dal Comune di San Giuseppe Vesuviano in qualità di proprietaria per aver realizzato, senza essere in possesso del relativo titolo edilizio, lavori abusivi al primo piano dell’edificio ubicato alla via Traversa dei Melograni n. 9/3, come condivisibilmente sostenuto da parte ricorrente risulta in atti che ella già dal 2014, e quindi già prima della relazione dell'ufficio tecnico comunale del 2016, non era più proprietaria dell'immobile ove sono state realizzate le opere oggetto di contestazione.

Al riguardo la medesima parte ricorrente ha depositato in giudizio l’atto di compravendita del 26 febbraio 2016 del notaio R L C, stipulato tra i figli F e F M, entrambi residenti suddetta via Traversa dei Melograni n. 9/3, con cui il primo trasferisce al secondo la metà dell'intero del bene immobile così individuato “lastrico solare, piano 1, mq. 155” (cfr. art. 1 pag. 2) per metà di proprietà, in cui risulta la provenienza del venditore per averla ricevuta in donazione dalla madre M G N, odierna ricorrente con atto del 22 aprile 2014 (cfr. art. 4 pagg. 6-7) e risulta altresì che in riferimento al l'immobile risulta presentata istanza di condono in data 30 aprile 1986 (cfr. art. 2 pag. 3).

Conclusivamente, alla luce di quanto sopra, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Il Collegio ritiene che sussistano motivi di equità per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti, con contributo unificato definitivamente a carico di parte resistente.

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