TAR Pescara, sez. I, sentenza 2015-04-20, n. 201500177

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Pescara, sez. I, sentenza 2015-04-20, n. 201500177
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Pescara
Numero : 201500177
Data del deposito : 20 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00181/2014 REG.RIC.

N. 00177/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00181/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 181 del 2014, proposto da:
Di C A S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. C D V, con domicilio eletto presso Tar Pescara Segreteria in Pescara, via Lo Feudo 1;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze - Agenzia delle Dogane, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in L'Aquila, Via Buccio di Ranallo C/ S.Domenico;

per l'annullamento

del provvedimento n. 7664 RU dell'11 marzo 2014 con la quale il Direttore dell'Ufficio delle Dogane di Pescara ha revocato la licenza fiscale di esercizio nei confronti della società ricorrente;
nonchè di ogni altro provvedimento, presupposto o connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Agenzia delle Dogane;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2015 il cons. Dino Nazzaro e uditi per le parti i difensori: l'avv. C D V, per la società ricorrente, l'avv. distrettuale dello Stato Generoso Di Leo, per l'Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente società, produttrice ed esportatrice di bevande alcoliche, non ha effettuato, per crisi economica, i pagamenti per le accise dei prodotti, presenti nel deposito fiscale, relativi all’anno 2013, per circa €311.033,83=, offrendo, peraltro, una polizza fideiussoria per €100.000,00= e proposte di rateizzazione, onde evitare la chiusura. A tale fine, la ditta ha chiesto di essere autorizzata a continuare a estrarre prodotti dal deposito fiscale, per poter produrre, evadere le ordinazioni, effettuare i pagamenti e sostenere la sua famiglia.

Con l’impugnato provvedimento, l’autorità doganale avrebbe revocato immotivatamente la licenza fiscale di esercizio, relativa al codice di accisa IT00CH00030D, non avendo, la stessa società, rispettato il divieto di estrazione.

Tale revoca, oltre che ingiusta, è ritenuta sproporzionata, perché la società, a garanzia del debito fiscale 2013, avrebbe offerto una polizza fideiussoria, accettata dall’Agenzia delle Dogane (23.10.2008), pagando, per il debito, un acconto di €25.000,00= (19.12.2013), nonché auspicando l’autorizzazione a riprendere l’attività di prelievo dal deposito fiscale.

==La normativa in esame (T.U. n. 504 del 1995, artt. 3 e ss.) stabilirebbe, invero, che il prelievo dal deposito fiscale dei prodotti alcolici, presuppone il versamento dell’importo dovuto per le accise, entro il giorno 16 del mese successivo. Il mancato pagamento comporterebbe il divieto di estrazione di altro materiale.

Nel caso in esame, dopo la sospensione dell’attività, c’è stata la revoca della licenza, per l’inosservanza del divieto di estrazione, di cui all’art.3, comma 4°, d. lgs. n. 504/95, contenuto nelle note dell’Amministrazione del 26.11.2013 (n.31318) e 02.01.2014 (n. 62);
la ditta ha giustificato l’estrazione, col fatto che occorreva continuare l’attività per le normali esigenze e assolvere il debito fiscale.

La “ratio” della normativa sembrerebbe essere la seguente: chi estrae deve fare il pagamento dovuto nei termini precisati e chi ha debiti fiscali, non può estrarre altro materiale lavorabile fino all’estinzione degli stessi.

La ditta, invero, ha chiesto una deroga a tale ferreo meccanismo e l’Ufficio ha risposto (08.01.2014) che l’art.3, comma 4°, d. lgs. n. 504/95, stabilirebbe un divieto “ope legis” che non consentirebbe all’Amministrazione la possibilità di concedere deroghe e, quindi, neppure dilazioni e rateizzazioni, previste per la successiva fase di riscossione.

Secondo tale prospettazione, la normativa, pur ammettendo un certo rigorismo fiscale, non sembra essere applicata in modo ragionevole per entrambe le parti.

Con la comunicazione d’inibizione totale, la società, per evitare la chiusura e/o fallimento, ha chiesto una dilazione del pagamento e, con essa anche la ripresa dell’attività, con disponibilità a prestare idonea polizza fideiussoria di garanzia.

Dopo tale richiesta, vi è stata una verifica, da parte di funzionari delle Dogane di Pescara (06.03.2014) ai quali il titolare, Di Cicco Francesco, ha dichiarato di aver continuato a estrarre prodotti “al solo fine di preservare la mia famiglia essendo l’unico lavoratore e avendo a carico un bambino di tre anni. In tale modo volevo evitare di licenziare i dipendenti della società”.

La contraddittorietà che emerge è che, alla Di Cicco srl, a causa della sospensione dell’attività, sono venuti a mancare i mezzi di sostentamento e la stessa possibilità di effettuare i pagamenti fiscali ed estinguere il debito d’imposta;
sul piano fattuale, la società, per sopravvivere, ha proseguito l’attività di prelievo e ciò ha comportato la revoca della licenza.

Il comportamento delle Dogane non è affatto conforme ai principi di buona amministrazione e di proporzionalità degli atti sanzionatori, non avendo considerato che la sospensione prima e la revoca poi, comportavano solo effetti negativi, quali: la chiusura della ditta, il licenziamento dei dipendenti, la perdita documentata di ordini di acquisto merce e della clientela abituale, nonché la stessa possibilità di pagare i debiti fiscali all’Agenzia delle Dogane.

Tale aspetto è stato, invero, già rilevato con l’ordinanza di sospensione n. 181/08.09.2014, contenente l’invito a un “rinnovato esame approfondito della vicenda..sia per il pagamento dei debiti, sia la possibilità di svolgere l’attività”, essendo evidente una possibile diversa interpretazione e applicazione della disciplina vigente in materia, secondo principi di logica, alla luce delle norme costituzionali in punto di solidarietà economica e sociale (art.2 cost), di diritto al lavoro (art.4), di libera iniziativa economica privata (art.41), di tutela e sviluppo dell’artigianato, di buon andamento dell’amministrazione (art.97).

Esaminando, invero, la normativa di settore (d. lgs. n. 504/1995, artt.3ss), si ricava che l’accisa, quale imposta indiretta sulla produzione e sul consumo dei prodotti alcolici, trova il fatto generatore nella fabbricazione e la sua esigibilità nell’immissione in consumo, anche se irregolare.

Vi sono dei termini di pagamento e l’eventuale ritardo comporta un’indennità di mora e gli interessi “pari al tasso stabilito per il pagamento differito (art.3, n.4)”;
solo dopo la scadenza di tale ulteriore termine “non è consentita l’estrazione dal deposito fiscale di altri prodotti, fino all’estinzione del debito d’imposta”. Da quanto esposto, si ricava che sono possibili dei pagamenti differiti e che la cd. inibizione all’estrazione è un’evenienza non immediata, né, infine, si fa cenno alcuno alla revoca della licenza, che presupporrebbe la cessazione effettiva di ogni attività e non il suo svolgimento, anche se irregolare, che è sempre utilmente attuato, con vantaggio anche della stessa Amministrazione, che comunque resterebbe sempre garantita dalla fideiussione assicurativa e/o bancaria, se e in quanto accettata.

Le doglianze di parte ricorrente sono fondate, particolarmente sotto l’aspetto della sproporzione della revoca della licenza, nonché per quanto di carente vi è stato sul piano istruttorio, non essendosi considerato le possibilità concrete dell’azienda sul piano produttivo e commerciale. Conclusivamente il ricorso va accolto.

La fattispecie, valutati i rispettivi comportamenti, giustifica la compensazione delle spese di causa.

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