TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-10-15, n. 202400702

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-10-15, n. 202400702
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202400702
Data del deposito : 15 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/10/2024

N. 00702/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00172/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 172 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G B e M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Rimini, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;

per l'annullamento

- del decreto del Prefetto della Provincia di Rimini prot. uscita -OMISSIS- del -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 15 dicembre 2020, recante il divieto di detenere armi e munizioni ed ogni altro materiale esplodente, ingiungendo al suo destinatario la cessione immediata di detti oggetti, qualora già detenuti;

- di ogni altro antecedente o conseguente comunque connesso o collegato anche non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Rimini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2024 la dott.ssa Mara Bertagnolli, lette le note d’udienza con cui i procuratori di parte ricorrente hanno chiesto la decisione sulla scorta degli scritti e udita la difesa erariale come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in esame è impugnato il provvedimento con cui al ricorrente è stato imposto il divieto di detenzione delle armi (che possedeva, al tempo, da più di quarant’anni), quale conseguenza di una denuncia che ha condotto all’apertura di un’indagine nei suoi confronti per i reati di violenza privata, minaccia aggravata e omessa custodia di armi: procedimento penale solo recentemente conclusosi con l’assoluzione di cui si dirà. Tale denuncia è stata presentata da una donna con cui il ricorrente intratteneva rapporti di amicizia e da cui lo stesso ha acquistato la propria abitazione, consentendole di permanere anch’essa a vivere nello spazioso edificio e sarebbe stata originata, secondo quanto sostenuto nel ricorso, dalla volontà del proprietario di porre fine alla convivenza, nonostante la amichevole frequentazione che avrebbe portato all’incontro con la denunciante in un locale pubblico anche la sera stessa in cui è stata presentata la denuncia.

Il ricorrente ha, quindi, dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del T.U.L.P.S. e dell’art. 3 della legge n. 241/90. In buona sostanza, egli lamenta la genericità della motivazione del provvedimento, che sarebbe stato adottato senza tenere in debita considerazione le osservazioni presentate dall’interessato. In particolare sarebbe mancata una valutazione complessiva della personalità del soggetto, incensurato e che da oltre quarant’anni deteneva legalmente armi e munizioni.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio, depositando una relazione illustrativa della vicenda e concludendo per l’infondatezza del ricorso.

In vista dell’udienza pubblica parte ricorrente ha depositato una memoria incentrata sul dedotto superamento dei limiti della discrezionalità e sulla mancata valutazione complessiva della personalità del destinatario del provvedimento, la cui non pericolosità sarebbe stata confermata anche dalla sentenza del 22 luglio 2024, che ha assolto il ricorrente per insussistenza dei fatti per cui è stato denunciato.

Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2024, la causa, su conforme richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in esame, fondato sulla tesi per cui la mera denuncia per minaccia (poi sfociata in un’assoluzione perché il fatto non sussiste) e l’errore nell’indicazione del numero delle cartucce possedute non rappresenterebbero un’adeguata motivazione del provvedimento che ha revocato la possibilità di detenere armi e munizioni, non può trovare positivo apprezzamento.

In primo luogo in ragione del fatto che, nel provvedimento, a sostegno del giudizio di non idoneità al possesso delle armi, è stato evidenziato – oltre a quanto ora rappresentato e indicato nel ricorso quale unica motivazione dello stesso - come, nel corso della perquisizione che ha interessato la proprietà del ricorrente, siano state riscontrate numerose ulteriori irregolarità, tra cui, in primis , la conservazione della pistola al di fuori dell’armadio blindato.

Non si può trascurare di considerare, a tale proposito, che, al momento dell’adozione dell’avversato provvedimento, il ricorrente risultava assoggettato a un procedimento penale per reati implicanti l’abuso delle armi, ovvero per aver minacciato la coabitante/ex proprietaria di casa con un’arma.

Ciò ha legittimamente determinato il ricorso alla tutela anticipata della Prefettura che, nelle more della definizione del giudizio penale, ha ravvisato un pericolo idoneo a giustificare il divieto di detenere armi e munizioni, nell’ottica di garantire il primario interesse alla tutela dell’incolumità pubblica.

Tale esercizio del potere di prevenzione risulta essere tanto più motivato se si considera che il suddetto divieto, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, è scaturito da una valutazione complessiva del comportamento del ricorrente, che ha tenuto conto anche della non corretta indicazione del numero delle munizioni possedute e della non corretta conservazione della pistola, che all’atto dell’ispezione è risultata abbandonata sul comodino della stanza da letto con il caricatore pieno e un colpo nella camera di cartuccia.

Evento, quest’ultimo, che l’odierno ricorrente ha tentato di giustificare con il fatto che egli sarebbe stato sorpreso nel sonno al momento della perquisizione, senza, però, riuscire a superare il fatto che vi è stata, in concreto, un’omessa custodia dell’arma che, secondo la stessa ricostruzione del ricorrente, sarebbe stata abbandonata sul comodino.

Peraltro, il verbale che ha originato l’atto impugnato evidenzia anche altre omissioni rispetto alla corretta custodia delle armi e, in particolare, il fatto che le chiavi dell’armadio blindato destinato alla conservazione delle armi sono state rinvenute nello sportello del vano contatore nell’ingresso comune dell’abitazione e, per stessa ammissione del ricorrente, erano state temporaneamente affidate alla donna che poi l’ha denunciato. Inoltre, un fucile aveva due cartucce nella camera di scoppio e un’ulteriore pistola, rispetto a quella rinvenuta sul comodino, conteneva sei cartucce nel tamburo. E, ancora, se da un lato si deve sottolineare come la non corretta indicazione del numero delle munizioni non ha riguardato solo le centoventi cartucce calibro 44 magnum (indicate come venti per un asserito errore di trascrizione), ma anche quarantaquattro di calibro 6.35, dall’altro ancora più grave è la rilevata presenza di una carabina non denunciata. Infine, nel corso di una successiva perquisizione, sono state rinvenute anche spade e katane non denunciate, per il possesso delle quali l’odierno ricorrente è stato deferito all’autorità giudiziaria.

Il ricorrente ha completamente sottaciuto tali contestazioni, specificamente rilevanti in un’ottica di valutazione complessiva dell’affidabilità del detentore delle armi e puntualmente considerate dalla Prefettura, che vi fa esplicito riferimento nelle premesse del provvedimento avversato.

Invero, le difese dispiegate tentano di minimizzare tutte le suddette irregolarità nella tenuta delle armi attribuendole a errori di trascrizione e sviste, in parte dovuti all’aver ereditato le armi del padre, ma ciò, al contrario di quanto sostenuto dall’interessato, non può certo deporre a favore dell’affidabilità che il ricorrente intende vantare, dimostrando, semmai, un’inaccettabile leggerezza nella denuncia, nella custodia e nella conservazione delle armi, che configura un’adeguata motivazione della ravvisata non affidabilità del soggetto nella detenzione e nell’uso delle armi.

Così respinto il ricorso, le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.

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