TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2016-12-09, n. 201612258

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2016-12-09, n. 201612258
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201612258
Data del deposito : 9 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2016

N. 12258/2016 REG.PROV.COLL.

N. 07789/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7789 del 2009, proposto da:
Webcom TLC s.r.l, in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti M R, A G e I L, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via dei Tre Orologi n. 14/A;

contro

Agcom - Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

per l'annullamento

- della delibera n. 254/09/CONS adottata il 5.5.2009 dal Consiglio dell’Agcom, avente a oggetto l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 120.000,00 per la violazione delle disposizioni di cui all'art. 19, co. 1, delib. n. 9/03/CIR, ai sensi dell’art. 98, co. 11, d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, in particolare per avere utilizzato le numerazioni di carattere personale 178 per finalità commerciali;

- di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 21.9.2009 (dep. il 6.10) la società Webcom Tlc, nel premettere:

- che l’Agcom, all’esito di un’ispezione svolta nei giorni 11, 12 e 13.6.2008, con atto n. 10/08/DIR del 27.11.2008 le contestava la violazione dell’art. 19, co. 1, delib. Agcom n. 9/03/CIR, concernente il divieto di trasferire direttamente ai centri servizi i ricavi relativi alle chiamate effettuate verso le numerazioni 178, al fine di remunerare servizi di intrattenimento forniti agli utenti chiamanti;

- di aver consegnato all’Autorità, nel corso dell’audizione del 27.1.2009, una bozza di proposta di impegni ex art. 12- bis delib. 136/06/CONS e una memoria recante illustrazione delle condotte poste in essere nei confronti dei propri clienti, assegnatari delle numerazioni 178, a seguito dell’adozione del Piano di numerazione nazionale (delib. 26/08/CIR) e dopo la ricezione, in data 6.6.2008, dell’invito del Ministero dello sviluppo economico a comunicare ai centri servizi la necessità di evitare l’utilizzo non conforme di dette numerazioni, previste per il solo uso personale (condotte consistenti: nella richiesta di conoscere il reale utilizzo delle numerazioni stesse, con cessazione per chi avesse comunicato un uso non conforme o non avesse dato risposta;
nelle cessazioni per i codici risultati non regolari nel corso dell’ispezione;
nell’attivazione delle procedure per escludere contrattualmente ogni forma di remunerazione);

- di avere poi inviato la proposta definitiva di impegni, recante “dimostrazione della condotta riparatoria” (risoluzione dei contratti di fornitura per i clienti non in regola o che non avessero dato riscontro alla richiesta di informazioni) e individuazione degli “impegni per il futuro” (verifica dei sottoscrittori del nuovo “contratto 178”;
cessazione delle numerazioni ancora attive alla data della proposta di impegni, il cui uso non fosse regolato dal nuovo contratto;
cessazione della remunerazione per l’utilizzo delle numerazioni 178 ancora attive, a far data dall’1.1.2009);

tanto premesso, ha chiesto l’annullamento della deliberazione n. 254/09/CONS con cui l’Agcom, previa reiezione della proposta di impegni, le ha irrogato la sanzione pecuniaria di euro 120.000,00.

A sostegno del ricorso ha dedotto:

i) violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 5, co. 2, delib. n. 136/06/CONS : la contestazione del 27.11.2008 sarebbe stata adottata e notificata oltre i 90 giorni previsti per tale adempimento dall’art. 5, co. 2, delib. n. 136/06/CONS, decorrenti dal 13.6.2008, ultimo giorno dell’ispezione;

ii) violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 12-bis delib. 136/06/CONS, dell’art. 19, co. 1, delib. 9/03/CIR, degli artt. 17, commi 5 e 7, e 21 d.m. 2 marzo 2006, n. 145, e dell’art. 98, co. 11, d.lgs. n. 259/2003;
violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 3 l. n. 689/81, eccesso di potere per carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per difetto di istruttoria e travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
violazione di legge ed eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento;
eccesso di potere per falsità del presupposto e sviamento di potere
: la sanzione non sarebbe adeguatamente sorretta dagli elementi illustrati nel provvedimento impugnato:

a) quanto alla proposta di impegni, la motivazione del rigetto sarebbe del tutto insufficiente, non avendo l’Autorità indicato, nemmeno in sede di audizione, i “contributi migliorativi alla concorrenza” da porre in essere, né avendo dato conto degli “accorgimenti” riportati nella stessa proposta, coerenti con l’art. 12- bis , co. 4, delib. n. 136/06 cit. (eliminazione dai sistemi di billing aziendali della sezione relativa ai minuti di traffico sviluppati per l’utilizzo del codice;
disabilitazione, da detti sistemi, della possibilità di autorizzare la fatturazione del traffico 178);

b) quanto alle condotte contestate, e ferma l’erroneità del rilievo di omessa presentazione di memorie difensive (alla luce dello svolgimento dell’audizione):

- l’iniziale diffida del Ministero (dalla cui inottemperanza sarebbe derivata l’attivazione del procedimento sanzionatorio ex art. 98, co. 11, d.lgs. n. 259/03) sarebbe pervenuta alla ricorrente in quanto “società assegnataria dei codici in esame utilizzati contra legem ”, senza considerare che la stessa non sarebbe più un “centro servizi”, ma un “operatore” che assegnerebbe i codici ai centri servizi suoi clienti;
si sarebbe pertanto dovuto applicare l’art. 18 d.m. 2 marzo 2006, n. 145, secondo cui solo i “centri servizi” risponderebbero del corretto utilizzo delle numerazioni e non anche gli “operatori”, destinatari di obblighi di rendiconto della gestione del codice e di esecuzione delle determinazioni ministeriali, ma non di un generale obbligo di vigilanza;

- difetterebbe in ogni caso l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 3 l. n. 689/81 per l’irrogazione della sanzione, avuto riguardo alle condotte poste in essere dalla ricorrente nell’immediatezza della ricezione della diffida ministeriale.

Si è costituita in resistenza l’amministrazione, che ha prodotto documenti.

Con ordinanza n. 5063 del 30.10.2009 è stata respinta l’istanza cautelare.

All’odierna udienza il giudizio è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La ricorrente impugna la deliberazione n. 254/09/CONS del 5.5.2009, con cui l’Agcom le ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 120.000,00 “per la violazione […] delle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 1, della delibera n. 9/03/CIR, sanzione comminata ai sensi dell’articolo 98, comma 11, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259”, in quanto (si legge nel provvedimento) la stessa avrebbe “adottato, a partire dall’anno 2007, una condotta consistente nel trasferimento di parte dei ricavi relativi alle chiamate effettuate verso le numerazioni 178, direttamente in capo ai centri servizi, al fine di remunerare servizi di intrattenimento forniti agli utenti chiamanti, principalmente di tipo erotico, lotto e cartomanzia”, trasferimento che “ha comportato un utilizzo commerciale e non personale di tali codici, in assoluta elusione del disposto dell’articolo 19, comma 1, della delibera n. 9/03/CIR”.

2. Col primo mezzo la società istante lamenta la violazione del termine di 90 giorni previsto dall’art. 5, co. 2, del regolamento in materia di procedure sanzionatorie dell’Agcom, di cui all’All. A, delib. n. 136/06/CONS del 15.3.2006.

Il motivo è infondato.

Ai sensi del menzionato art. 5, co. 2, “L’atto di contestazione deve essere notificato al trasgressore, entro novanta giorni dal completo accertamento del fatto ai sensi dell’art. 4, comma 6, con le modalità di cui all’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689” (2° per.).

Detto art. 4, co. 6, prescrive, a sua volta, che “Il responsabile, esaminati gli atti trasmessi ed effettuate, ove del caso, ulteriori verifiche e qualificate le fattispecie nei loro pertinenti termini giuridici, formula una proposta di archiviazione delle fattispecie segnalate per manifesta insussistenza della violazione, oppure propone l’avvio del procedimento sanzionatorio predisponendo lo schema di atto di contestazione. […]”.

Il “completo accertamento del fatto” non coincide perciò, come sostenuto dalla ricorrente, con la conclusione dell’ispezione, ma con l’espletamento delle “attività preistruttorie” disciplinate dall’art. 4.

In fattispecie analoga la Sezione ha già affermato (v. ex aliis sent. 10 ottobre 2012, n. 8367, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d , c.p.a.):

- che “i limiti temporali entro cui l’Amministrazione procedente deve provvedere alla notifica della contestazione […] sono collegati al presupposto della effettiva e completa conclusione delle attività di accertamento […] e non alla data di commissione della violazione, posto che l’acquisizione della notizia del fatto deve comprendere, tanto gli elementi soggettivi quanto gli elementi oggettivi di esso, onde riscontrare la sussistenza della infrazione e acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne l’esatta consistenza agli effetti della formulazione della contestazione”;

- che, con specifico riferimento alla delib. n. 136/06 cit., “la distinzione tra accertamento ed accertamento formale, come enucleato dalla giurisprudenza, trova pieno riscontro nella struttura del procedimento sanzionatorio delineata dalla stessa Autorità, laddove è ben distinta la fase di recepimento delle segnalazioni da quella di accertamento vero e proprio dell’attendibilità dei fatti segnalati, necessaria per procedere alla contestazione nel solo caso in cui non si possa addivenire alla semplice archiviazione”;

- che pertanto “l’acquisizione dei fatti materiali da parte dei competenti organi dell’Agcom, riconducibile alle date in cui sono state svolte le verifiche ispettive, non può costituire il dies a quo da cui far scattare il termine di novanta giorni per la formulazione delle contestazioni, ma è il momento in cui è stata avviata l’attività preistruttoria necessaria alla esatta qualificazione dei comportamenti rilevati in rapporto alle norme della cui violazione si tratta”.

Nel caso in esame, l’Autorità ha proceduto alla menzionata “esatta qualificazione dei comportamenti rilevati” con il “verbale di accertamento n. 10/08/DIR” del 26.11.2008 (all. 1 amm., dep. 28.10.09), con la conseguenza che la contestazione dell’addebito risulta esser stata notificata (il 3.12.2008;
cfr. mem. amm.) entro il termine previsto.

3. Il secondo mezzo attiene al proprium del provvedimento sanzionatorio.

3.1. Con il primo profilo di critica la ricorrente si duole del mancato accoglimento, peraltro del tutto immotivato, della proposta di impegni.

La censura è infondata.

L’art. 14- bis d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con modif. dalla l. 4 agosto 2006, n. 248) prevede che, ferme le competenze dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi della l. n. 287/1990, “la presentazione di impegni da parte delle imprese interessate è parimenti ammessa nei procedimenti di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in cui occorra promuovere la concorrenza nella fornitura delle reti e servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche […]”.

In attuazione di questa disposizione, nella delib. 136/06 cit. è stato inserito (con delib. n. 54/08/CONS, poi modificata con delib. n. 130/08/CONS del 12.3.2008, pubblicata nella G.U. n. 96 del 23.4.2008) l’art. 12- bis , “proposta di impegni”, a tenore del quale:

- l’operatore destinatario di una contestazione “può presentare una proposta preliminare di impegni, purché abbia cessato la condotta contestata. La proposta deve essere finalizzata a migliorare le condizioni della concorrenza nel settore rimuovendo le conseguenze anticompetitive dell’illecito attraverso idonee e stabili misure” (co. 1);

- la proposta è dichiarata inammissibile (tra l’altro) “in tutti i casi in cui gli impegni assunti appaiano manifestamente inidonei a migliorare le condizioni della concorrenza nel settore rimuovendo le conseguenze anticompetitive dell’illecito attraverso idonee e stabili misure” (co. 4, 2° per.).

Queste norme definiscono un peculiare ambito applicativo dell’istituto, diretto a operare nei procedimenti di competenza dell’Agcom “in cui occorra promuovere la concorrenza nella fornitura delle reti e servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati” (art. 14- bis cit.).

Ciò spiega perché all’operatore interessato sia richiesto di indicare le misure idonee a rimuovere le “conseguenze anticompetitive dell’illecito”, ferma la cessazione della “condotta contestata”.

Con riferimento alla fattispecie in esame, la gravata deliberazione riporta, nella prima parte, le valutazioni sugli “impegni presentati” dalla ricorrente, ritenuti non idonei “ad apportare significativi elementi migliorativi alle condizioni concorrenziali di settore, essendo carenti di tale valenza pro-competitiva”, in quanto: per un verso, la dichiarata cessazione della condotta contestata (articolatasi in diverse azioni, quali la sottoscrizione di nuovi contratti conformi, il recesso da rapporti con i centri servizi che si sono rifiutati di stipulare tali nuovi accordi e la disattivazione di alcuni codici 178 per uso non conforme) è “il semplice presupposto per la presentazione degli impegni” ex art. 14- bis cit.;
e, per altro verso, gli impegni proposti (ossia la cessazione dei codici 178 “il cui uso non è conforme” all’art. 19, co. 1, cit., e la “cessazione, dal 1° gennaio 2009, della remunerazione per l’utilizzo delle numerazioni 178 ancora attive”) “coincidono con la cessazione della condotta contestata e, pertanto, non sono idonei ad apportare significativi elementi migliorativi alle condizioni concorrenziali di settore, essendo carenti di tale valenza pro-competitiva”.

Si tratta, a ben vedere, di una motivazione non del tutto in linea con la precisata portata applicativa dell’istituto in questione, posto che il procedimento sanzionatorio di cui si tratta pare involgere un illecito “la cui lesività non investe interessi attinenti alla promozione della concorrenza nel settore” (così le premesse della delib. n. 130/08 cit.).

Quest’ultimo rilievo consente così di comprendere le ragioni per le quali la società istante non abbia individuato condotte con valenza procompetitiva e quelle per le quali l’Autorità non abbia, per sua parte, indicato i ritenuti “contributi migliorativi alla concorrenza” (secondo quanto denunciato dalla stessa ricorrente).

Ma anche a voler aderire al percorso motivazionale della parte pubblica, cui sembrerebbe sottesa la possibilità di fare applicazione della disciplina degli impegni anche alla condotta in concreto addebitata alla società istante, non può non condividersi il rilievo (riportato nel gravato provvedimento) secondo cui le proposte della ricorrente effettivamente non sono distinguibili dalla mera cessazione della ridetta condotta illecita, cessazione che la disciplina di settore configura in termini di prerequisito per l’ammissibilità delle proposte stesse (v. art. 12- bis , co. 1, cit.).

Ne segue l’infondatezza della censura.

3.2. La ricorrente deduce, poi, l’illegittimità della sanzione sotto altri due profili: anzitutto, l’illecito sarebbe imputabile ai centri servizi assegnatari dei codici e non agli operatori, titolari della numerazione e non destinatari di obblighi di vigilanza sui propri clienti, ciò discendendo dall’art. 18 d.m. 2 marzo 2006, n. 145;
difetterebbe altresì l’elemento soggettivo, stanti le condotte da essa assunte nell’immediatezza della comunicazione ministeriale e avuto riguardo alla sua convinzione di doversi adeguare, entro l’1.1.2009, al nuovo piano di numerazione nazionale di cui alla delib. n. 26/08/CIR.

Entrambi i profili di critica sono infondati.

3.2.1. Premesso che la fattispecie va apprezzata alla stregua del piano di numerazione approvato con la delib. n. 9/03/CIR, vigente all’epoca dei fatti, giova precisare che non vi sono contestazioni sulla condotta materiale accertata dall’Autorità, consistente, in sintesi, nell’avvenuto utilizzo di codici 178 “per finalità commerciali”, in violazione dell’art. 19, co. 1, delib. cit. (secondo cui “I codici 178X(Y) identificano la categoria specifica dei servizi di numero personale. […]”;
ai sensi del successivo co. 3 “I prezzi applicati al chiamante da ciascun operatore di accesso sono relativi al costo del trasporto e della gestione della chiamata ed escludono ogni tipo di sovrapprezzo”).

In particolare l’Autorità, muovendo dalla definizione della “ numerazione per servizi di numero personale ex art. 1, co. 1, lett. k) , n. 3, delib. n. 9/03/CRI (si tratta delle numerazione che “permette al sottoscrittore di essere raggiunto tramite un numero indipendente dalla effettiva destinazione […]”), ha chiarito che la “struttura propria” di questi servizi non consente al sottoscrittore, “diversamente da altre numerazioni (per servizi a sovraprezzo), di ricevere alcun compenso per l’eventuale erogazione di informazioni o prestazioni fornite a terzi chiamanti”, mentre i servizi di intrattenimento possono essere forniti soltanto attraverso “numerazioni per servizio a sovrapprezzo”.

Il rilievo è corretto.

Si tratta, infatti, di servizi che rientrano nella più generale categoria di quelli “ con gestione speciale della chiamata ” (art. 1, co. 1, lett. k ), “per il cui accesso al chiamante è addebitato, in tutto o in parte, il solo costo relativo al trasporto, all’instradamento ed alla gestione della chiamata”, e che si differenziano nettamente dai servizi “ a tariffazione speciale ” (art. 1, co. 1, lett. i ), “caratterizzati da una modalità di tariffazione applicata al chiamante differente da quella relativa alle chiamate verso numerazioni per servizi geografici o servizi mobili e personali”, nel cui ambito sono inclusi i servizi a sovrapprezzo ”.

Né giova alla ricorrente invocare l’art. 18 d.m. n. 145/06, nemmeno ipotizzando che la violazione contestata riguarderebbe “essenzialmente il contenuto dei servizi a sovrapprezzo, essendo inerente ai motivi di utilizzo del numero ed alla numerazione stessa” (pag. 10 ric.).

Nella fattispecie in esame si controverte, infatti, di un utilizzo non corretto di numerazioni per servizi “di numero personale”, ai quali non è applicabile il d.m. n. 145/06, recante disciplina dei soli servizi “a sovrapprezzo” (v. art. 2).

Inoltre, come giustamente osservato dall’Autorità, la responsabilità degli operatori discende dall’art. 4, co. 3, delib. 9/03 cit., secondo cui “Gli operatori titolari di numerazione sono responsabili del corretto utilizzo della numerazione in conformità con le prescrizioni del presente piano”.

Al riguardo si può richiamare l’indirizzo della Sezione (espresso nel menzionato precedente), secondo cui i titolari dei diritti d’uso di numerazione sono responsabili del corretto utilizzo (in conformità con le prescrizioni del piano di numerazione) della numerazione assegnata, potendo essere a costoro imputata “l’omessa ovvero frammentaria, e, comunque, non efficace opera di controllo e prevenzione che la normativa di settore assegna direttamente agli operatori cui sono assegnati i diritti d’uso delle numerazioni, non solo ove queste vengano gestite dai medesimi in via diretta, ma tanto più quando le stesse sono concesse a terzi” (v. sent. n. 8367/12 cit., in cui veniva peraltro in rilievo l’art. 3, co. 3, delib. 26/08/CIR;
questa disposizione, nel riprendere l’art. 4, co. 3, delib. n. 9/03 cit., ne ha specificato – in modo, deve ritenersi, non innovativo – la portata, avendo previsto che gli operatori fossero tenuti “a garantire, con il costante impiego della massima diligenza possibile, la conformità dei servizi offerti alle prescrizioni del presente provvedimento e ad ogni altra normativa pertinente alle numerazioni di cui sono titolari dei diritti d’uso”).

3.2.2. Quanto all’elemento soggettivo, non sono idonei al riscontro della buona fede della ricorrente – anche ammesso che questa situazione possa avere influenza ai fini dell’ascrizione della responsabilità – aspetti quali la cessazione della condotta illecita (per ovvie ragioni) o la convinzione di essere tenuta ad adeguarsi, entro il 31.12.2008, al nuovo piano di numerazione nazionale approvato con la delib. n. 26/08/CIR, che escluderebbe in modo esplicito la remunerazione del traffico per i titolari dei codici 178.

Sotto quest’ultimo profilo, è corretto l’assunto dell’amministrazione secondo cui il divieto di remunerazione dei servizi a numero personale era operante anche nella vigenza della delib. n. 9/03, alla quale va ricondotta, come si è visto, la corrispondenza tra i codici 178 e i servizi non commerciali (cfr. art. 19 cit.).

4. In conclusione, le censure non sono fondate e il ricorso dev’essere pertanto respinto.

La novità della questione consente di ravvisare i presupposti per disporre la compensazione delle spese di lite.

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