TAR Catania, sez. III, sentenza 2024-05-14, n. 202401810
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Pubblicato il 14/05/2024
N. 01810/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00068/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 68 del 2013, proposto da
Università degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato V R, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso l’ufficio legale dell’Università in Catania, piazza Università, n. 2;
contro
Assessorato della Salute della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico - Vittorio Emanuele di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato N S, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso il suo studio in Catania, corso delle Province, 203;
e con l'intervento di
C.I.S.L. Università di Catania, UIL Rua Sicilia, FLC CGIL di Catania, Confsal, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Caltabiano, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso il suo studio in Catania, via Livorno, 10;
per l'annullamento
del provvedimento n. 2034 del 4.10.2012 con cui l’Assessorato della Salute della Regione Siciliana ha revocato in autotutela il decreto assessoriale n. 288 del 16.02.2012, di approvazione dell’Accordo quadro del 22.12.2011, sottoscritto dallo stesso Assessorato della Salute e dall’Università degli Studi di Catania, con l’adesione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (A.O.U.) “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania e relativo all’attuazione dell’art. 14 comma 6 del Protocollo d’Intesa approvato con D.A. n. 646 del 4.03.2010, avente ad oggetto il trasferimento dell’attività assistenziale svolta dal personale sanitario e tecnico-amministrativo dipendente dell’Università presso la predetta A.O.U.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico - Vittorio Emanuele di Catania;
Visto l’intervento ad opponendum di C.I.S.L. Università di Catania, UIL Rua Sicilia, FLC CGIL di Catania, Confsal;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Università degli Studi di Catania, odierna ricorrente, con il presente gravame ha impugnato il provvedimento n. 2034 del 4.10.2012 con cui l’Assessorato della Salute ha revocato in autotutela il decreto assessoriale n. 288 del 16.02.2012, di approvazione dell’Accordo quadro del 22.12.2011, sottoscritto dallo stesso Assessorato della Salute e dall’Università degli Studi di Catania, con l’adesione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (A.O.U.) “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania e relativo all’attuazione dell’art. 14 comma 6 del Protocollo d’Intesa approvato con D.A. n. 646 del 4.03.2010, avente ad oggetto il trasferimento dell’attività assistenziale svolta dal personale sanitario e tecnico-amministrativo dipendente dell’Università presso la predetta A.O.U., in ciò avvalendosi dello strumento giuridico di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego).
Con il medesimo gravame è stata, altresì, impugnata la nota n. A.I.3-S.l/75437 del 15.10.2012, indirizzata allo stesso Ateneo e alla A.O.U., con la quale l’Assessorato ha comunicato che il decreto di revoca n. 2034/2012 avrebbe dispiegato i propri effetti caducatori su tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti ad esso.
Il provvedimento di revoca è stato censurato per i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e sviamento di potere ; difetto di istruttoria;violazione del principio del legittimo affidamento;violazione artt. 1375 e 1175 c.c.;violazione dell’art. 7 e ss. legge n. 241/1990 ;2) Difetto dei presupposti;difetto di istruttoria;violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, carenza di motivazione.
1.1. Con la prima doglianza viene in particolare dedotto che la Regione non disponesse di alcun potere di controllo, veto o autorizzazione preventiva rispetto all’esecutività delle intese raggiunte dall’Ateneo ricorrente e l’A.O.U., sussistendo in capo a quest’ultimi il solo obbligo di informativa nei confronti dell’Assessorato. Il provvedimento di revoca, in particolare, sarebbe stato adottato facendo proprie illegittimamente le considerazioni di natura economica relative all’insorgenza di maggiori costi a carico del Servizio Sanitario Regionale (S.S.R.) rappresentate dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Economia.
Lo strumento pubblicistico utilizzato sarebbe altresì illegittimo in quanto l’Assessorato non avrebbe potuto incidere con un atto pubblicistico (decreto di revoca) su un atto di natura privatistica (intesa tra le parti). La condotta tenuta dall’Ente resistente risulta inoltre censurabile, continua l’Ateneo ricorrente, perché adottata in violazione del principio del legittimo affidamento, di lealtà e correttezza di cui agli artt. 1375 e 1175 c.c..
Aver proceduto alla revoca sulla base delle di quanto osservato dai due Ministeri sopra citati renderebbe illegittimo il provvedimento impugnato anche sotto il profilo del difetto di istruttoria, di motivazione e per contraddittorietà manifesta. La revoca, inoltre, sarebbe maturata senza preventiva comunicazione di avvio del procedimento alle parti interessate, con conseguente violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990. A ciò si aggiunge, secondo la prospettazione di parte ricorrente, la violazione dell’art. 10-bis della stessa l. 241/1990. L’insieme di tali violazioni avrebbe determinato la conseguente violazione anche dei principi di buon andamento, efficacia e imparzialità dell’attività amministrativa, discendenti dal disposto di cui all’art. 97 della Costituzione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Università ricorrente censura il provvedimento impugnato per difetto dei presupposti, in quanto la revoca è stata adottata facendo proprie le argomentazioni ministeriali senza che queste abbiano ricevuto alcuna verifica. Il trasferimento di personale censurato, secondo parte ricorrente, non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo a carico dell’Erario regionale, in quanto l’accordo sancito prevedeva che i costi del personale sarebbero stati trasferiti progressivamente nella scansione temporale di cinque anni, a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, nella misura di 1/5 del costo, in ragione di ciascun anno. L’accordo quadro e i successivi accordi attuativi, lungi dal produrre costi aggiuntivi per l’Erario, si sarebbero pertanto limitati ad assegnare gli oneri finanziari del personale in oggetto sugli enti effettivamente utilizzatori (le aziende ospedaliere e il S.S.R.). Da tale difetto di presupposti discenderebbe, secondo la parte ricorrente, anche un conseguente difetto di motivazione.
2. L’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, Amministrazione intimata costituitasi in giudizio, ha rilevato con propria memoria che la Regione fosse tenuta all’attuazione del programma operativo 2010/2012, che costituisce, ai sensi dell’art. 11 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 convertito nella legge 30 luglio 2010 n. 122, prosecuzione del Piano di rientro 2007/2009, al cui progressivo completamento è subordinata l’erogazione da parte dello Stato delle residue spettanze economiche per il superamento del deficit in sanità. È stato evidenziato che la mancata approvazione dell’Accordo quadro da parte dei Ministeri competenti, chiamati a esprimersi ai sensi dell’art. 3, co. 6, dell’Accordo attuativo del Piano di rientro, abbia determinato la relativa caducazione anche dell’Intesa intervenuta a livello periferico tra l’Ateneo catanese e l’Azienda O.U., con conseguente infondatezza del ricorso.
3. Sono intervenute ad opponendum la Federazione C.I.S.L. Università di Catania, UIL RUA Sicilia (Ricerca, Università e Afam), FLC CGIL (Federazione Lavoratori Conoscenza) di Catania, CONFSAL, Federazione Snals Università Cisapuni, le quali hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione degli atti presupposti, precedenti e collegati a quello impugnato (nello specifico la nota assessoriale n. 67275 del 11.9.2012 e la nota ministeriale n. 113-P del 28.6.2012, con le quali i Ministeri competenti hanno chiesto l’acquisizione di chiarimenti sugli effetti finanziari derivanti dall’accordo quadro con l’Università di Catania), nonché per omessa notifica nei confronti dei Ministeri della Salute e dell’Economia e degli stessi sindacati intervenienti, in quanto controinteressati dell’Università etnea, essendosi in particolare quest’ultimi sempre opposti al passaggio del personale universitario all’A.O.U. del Policlinico-Vittorio Emanuele.
Le sopra menzionate associazioni hanno altresì rilevato l’infondatezza del ricorso nel merito, evidenziando la legittimità del provvedimento di revoca impugnato, in quanto la Regione siciliana “ è interessata al c.d. “piano di rientro” da realizzarsi con l’Accordo Attuativo del Piano previsto dall’art. 1, comma 90, legge 30.12.2004 n. 311, sottoscritto il 31.7.2007 con l’obiettivo di ottenere il riequilibrio economico del servizio sanitario regionale ”. L’art. 3 di tale Accordo prevede che “ i provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria, ivi compresi quelli relativi alle consistenze del personale delle aziende sanitarie ed al trattamento economico fondamentale ed accessorio dello steso, devono essere sottoposti alla preventiva approvazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia ”. Da tale impianto normativo discenderebbe, secondo la tesi sostenuta dagli intervenienti, che il provvedimento di revoca impugnato dall’Ateneo ricorrente costituisse per la Regione un atto dovuto e vincolato, in quanto conseguenza della mancata approvazione dei predetti Enti ministeriali.
Viene altresì osservato che l’asserita violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990 sarebbe inconferente, in quanto tale norma riguarda i procedimenti ad istanza di parte, come tali differenti dal procedimento da cui promana la revoca sottoposta al presente gravame.
In ultimo, le associazioni sindacali evidenziano che il provvedimento sottoposto a revoca abbia indubbiamente determinato maggiori costi a carico del S.S.R. e che sia stato altresì adottato in violazione dell’art. 1406 c.c., in quanto i lavoratori sono stati trasferiti senza ricevere alcuna comunicazione e senza esprimere alcun consenso. Viene infine contestata anche la presunta applicabilità dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, il quale riguarderebbe il trasferimento di “attività economica” e non quello di attività assistenziale o di personale, come avvenuto nel caso di specie.