TAR Catania, sez. III, sentenza 2024-05-14, n. 202401810

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2024-05-14, n. 202401810
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202401810
Data del deposito : 14 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/05/2024

N. 01810/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00068/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 68 del 2013, proposto da
Università degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato V R, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso l’ufficio legale dell’Università in Catania, piazza Università, n. 2;

contro

Assessorato della Salute della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti

Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico - Vittorio Emanuele di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Nicola Seminara, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso il suo studio in Catania, corso delle Province, 203;

e con l'intervento di

C.I.S.L. Università di Catania,

UIL

Rua Sicilia, FLC CGIL di Catania, Confsal, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Caltabiano, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia ed eletto presso il suo studio in Catania, via Livorno, 10;

per l'annullamento

del provvedimento n. 2034 del 4.10.2012 con cui l’Assessorato della Salute della Regione Siciliana ha revocato in autotutela il decreto assessoriale n. 288 del 16.02.2012, di approvazione dell’Accordo quadro del 22.12.2011, sottoscritto dallo stesso Assessorato della Salute e dall’Università degli Studi di Catania, con l’adesione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (A.O.U.) “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania e relativo all’attuazione dell’art. 14 comma 6 del Protocollo d’Intesa approvato con D.A. n. 646 del 4.03.2010, avente ad oggetto il trasferimento dell’attività assistenziale svolta dal personale sanitario e tecnico-amministrativo dipendente dell’Università presso la predetta A.O.U.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico - Vittorio Emanuele di Catania;

Visto l’intervento ad opponendum di C.I.S.L. Università di Catania,

UIL

Rua Sicilia, FLC CGIL di Catania, Confsal;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’Università degli Studi di Catania, odierna ricorrente, con il presente gravame ha impugnato il provvedimento n. 2034 del 4.10.2012 con cui l’Assessorato della Salute ha revocato in autotutela il decreto assessoriale n. 288 del 16.02.2012, di approvazione dell’Accordo quadro del 22.12.2011, sottoscritto dallo stesso Assessorato della Salute e dall’Università degli Studi di Catania, con l’adesione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (A.O.U.) “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania e relativo all’attuazione dell’art. 14 comma 6 del Protocollo d’Intesa approvato con D.A. n. 646 del 4.03.2010, avente ad oggetto il trasferimento dell’attività assistenziale svolta dal personale sanitario e tecnico-amministrativo dipendente dell’Università presso la predetta A.O.U., in ciò avvalendosi dello strumento giuridico di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 (c.d. Testo Unico del Pubblico Impiego).

Con il medesimo gravame è stata, altresì, impugnata la nota n. A.I.

3-S.l/75437 del 15.10.2012, indirizzata allo stesso Ateneo e alla A.O.U., con la quale l’Assessorato ha comunicato che il decreto di revoca n. 2034/2012 avrebbe dispiegato i propri effetti caducatori su tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti ad esso.

Il provvedimento di revoca è stato censurato per i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e sviamento di potere ; difetto di istruttoria;
violazione del principio del legittimo affidamento;
violazione artt. 1375 e 1175 c.c.;
violazione dell’art. 7 e ss. legge n. 241/1990
;
2) Difetto dei presupposti;
difetto di istruttoria;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, carenza di motivazione.

1.1. Con la prima doglianza viene in particolare dedotto che la Regione non disponesse di alcun potere di controllo, veto o autorizzazione preventiva rispetto all’esecutività delle intese raggiunte dall’Ateneo ricorrente e l’A.O.U., sussistendo in capo a quest’ultimi il solo obbligo di informativa nei confronti dell’Assessorato. Il provvedimento di revoca, in particolare, sarebbe stato adottato facendo proprie illegittimamente le considerazioni di natura economica relative all’insorgenza di maggiori costi a carico del Servizio Sanitario Regionale (S.S.R.) rappresentate dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Economia.

Lo strumento pubblicistico utilizzato sarebbe altresì illegittimo in quanto l’Assessorato non avrebbe potuto incidere con un atto pubblicistico (decreto di revoca) su un atto di natura privatistica (intesa tra le parti). La condotta tenuta dall’Ente resistente risulta inoltre censurabile, continua l’Ateneo ricorrente, perché adottata in violazione del principio del legittimo affidamento, di lealtà e correttezza di cui agli artt. 1375 e 1175 c.c..

Aver proceduto alla revoca sulla base delle di quanto osservato dai due Ministeri sopra citati renderebbe illegittimo il provvedimento impugnato anche sotto il profilo del difetto di istruttoria, di motivazione e per contraddittorietà manifesta. La revoca, inoltre, sarebbe maturata senza preventiva comunicazione di avvio del procedimento alle parti interessate, con conseguente violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990. A ciò si aggiunge, secondo la prospettazione di parte ricorrente, la violazione dell’art. 10-bis della stessa l. 241/1990. L’insieme di tali violazioni avrebbe determinato la conseguente violazione anche dei principi di buon andamento, efficacia e imparzialità dell’attività amministrativa, discendenti dal disposto di cui all’art. 97 della Costituzione.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Università ricorrente censura il provvedimento impugnato per difetto dei presupposti, in quanto la revoca è stata adottata facendo proprie le argomentazioni ministeriali senza che queste abbiano ricevuto alcuna verifica. Il trasferimento di personale censurato, secondo parte ricorrente, non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo a carico dell’Erario regionale, in quanto l’accordo sancito prevedeva che i costi del personale sarebbero stati trasferiti progressivamente nella scansione temporale di cinque anni, a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, nella misura di 1/5 del costo, in ragione di ciascun anno. L’accordo quadro e i successivi accordi attuativi, lungi dal produrre costi aggiuntivi per l’Erario, si sarebbero pertanto limitati ad assegnare gli oneri finanziari del personale in oggetto sugli enti effettivamente utilizzatori (le aziende ospedaliere e il S.S.R.). Da tale difetto di presupposti discenderebbe, secondo la parte ricorrente, anche un conseguente difetto di motivazione.

2. L’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, Amministrazione intimata costituitasi in giudizio, ha rilevato con propria memoria che la Regione fosse tenuta all’attuazione del programma operativo 2010/2012, che costituisce, ai sensi dell’art. 11 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78 convertito nella legge 30 luglio 2010 n. 122, prosecuzione del Piano di rientro 2007/2009, al cui progressivo completamento è subordinata l’erogazione da parte dello Stato delle residue spettanze economiche per il superamento del deficit in sanità. È stato evidenziato che la mancata approvazione dell’Accordo quadro da parte dei Ministeri competenti, chiamati a esprimersi ai sensi dell’art. 3, co. 6, dell’Accordo attuativo del Piano di rientro, abbia determinato la relativa caducazione anche dell’Intesa intervenuta a livello periferico tra l’Ateneo catanese e l’Azienda O.U., con conseguente infondatezza del ricorso.

3. Sono intervenute ad opponendum la Federazione C.I.S.L. Università di Catania,

UIL RUA

Sicilia (Ricerca, Università e Afam), FLC CGIL (Federazione Lavoratori Conoscenza) di Catania, CONFSAL, Federazione Snals Università Cisapuni, le quali hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione degli atti presupposti, precedenti e collegati a quello impugnato (nello specifico la nota assessoriale n. 67275 del 11.9.2012 e la nota ministeriale n. 113-P del 28.6.2012, con le quali i Ministeri competenti hanno chiesto l’acquisizione di chiarimenti sugli effetti finanziari derivanti dall’accordo quadro con l’Università di Catania), nonché per omessa notifica nei confronti dei Ministeri della Salute e dell’Economia e degli stessi sindacati intervenienti, in quanto controinteressati dell’Università etnea, essendosi in particolare quest’ultimi sempre opposti al passaggio del personale universitario all’A.O.U. del Policlinico-Vittorio Emanuele.

Le sopra menzionate associazioni hanno altresì rilevato l’infondatezza del ricorso nel merito, evidenziando la legittimità del provvedimento di revoca impugnato, in quanto la Regione siciliana “ è interessata al c.d. “piano di rientro” da realizzarsi con l’Accordo Attuativo del Piano previsto dall’art. 1, comma 90, legge 30.12.2004 n. 311, sottoscritto il 31.7.2007 con l’obiettivo di ottenere il riequilibrio economico del servizio sanitario regionale ”. L’art. 3 di tale Accordo prevede che “ i provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria, ivi compresi quelli relativi alle consistenze del personale delle aziende sanitarie ed al trattamento economico fondamentale ed accessorio dello steso, devono essere sottoposti alla preventiva approvazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia ”. Da tale impianto normativo discenderebbe, secondo la tesi sostenuta dagli intervenienti, che il provvedimento di revoca impugnato dall’Ateneo ricorrente costituisse per la Regione un atto dovuto e vincolato, in quanto conseguenza della mancata approvazione dei predetti Enti ministeriali.

Viene altresì osservato che l’asserita violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990 sarebbe inconferente, in quanto tale norma riguarda i procedimenti ad istanza di parte, come tali differenti dal procedimento da cui promana la revoca sottoposta al presente gravame.

In ultimo, le associazioni sindacali evidenziano che il provvedimento sottoposto a revoca abbia indubbiamente determinato maggiori costi a carico del S.S.R. e che sia stato altresì adottato in violazione dell’art. 1406 c.c., in quanto i lavoratori sono stati trasferiti senza ricevere alcuna comunicazione e senza esprimere alcun consenso. Viene infine contestata anche la presunta applicabilità dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, il quale riguarderebbe il trasferimento di “attività economica” e non quello di attività assistenziale o di personale, come avvenuto nel caso di specie.

4. Si è costituita in giudizio l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”, soggetto controinteressato, che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di notificazione ai Ministeri della Salute e dell’Economia e ne ha chiesto il rigetto per infondatezza nel merito.

Con successiva memoria la stessa A.O.U. ha altresì eccepito l’improcedibilità del ricorso in quanto l’atto sottoposto a revoca non è mai stato efficace, non avendo mai superato il necessario controllo ministeriale e non acquisendo esecutività. Difetterebbe pertanto l’interesse a ricorrere dell’Università ricorrente. Viene altresì rilevato che il ricorso sarebbe inammissibile per mancata impugnazione della mancata approvazione ministeriale, la quale costituisce il presupposto del successivo atto di revoca.

Nel merito, viene eccepita l’infondatezza del primo motivo di gravame in quanto l’Assessorato non poteva liberamente disporre di risorse finanziarie, in materia di personale, in favore dell’Università, dovendo ogni sua scelta in materia, comportante spesa, ottenere l’approvazione dei Ministeri competenti. Nessun affidamento avrebbe, inoltre, potuto riporre l’Università in un accordo non preventivamente sottoposto ai suddetti Ministeri, risultando a essa nota la necessità dell’approvazione governativa. Sarebbe altresì infondata anche la seconda censura, tenuto conto che l’operazione di trasferimento non è riconducibile a un unico bilancio, sicché la tesi secondo la quale l’imputazione del costo darebbe comunque luogo a una invarianza finale di bilancio è del tutto infondata.

5. Con successive note di replica le parti hanno insistito nell’accoglimento delle proprie ragioni.

6. Dopo la concessione di tre rinvii alle udienze pubbliche del 31.01.2019, 28.03.2019 e 26.09.2019 alla luce di una presunta trattativa in atto finalizzata alla definizione in via bonaria della controversia in essere tra le parti, con istanza del 5.10.2023 l’Università degli Studi di Catania ha formulato una nuova istanza di rinvio al fine di consentire la definizione transattiva della presente vicenda processuale. Tale istanza è stata documentata con la produzione della nota prot. n. 51379 del 29.09.2023, nella quale l’Assessorato della Salute invita l’Università ricorrente e l’A.O.U. a chiedere il differimento della trattazione della controversia in quanto “ negli ultimi tempi, si è prospettata la possibilità di chiudere transattivamente la vertenza ” e “ sono, quindi, intercorse delle interlocuzioni, dalle quali è emersa l’esigenza, stante la specificità delle rilevanti problematiche connesse a detto contenzioso, di giungere ad una determinazione comune, ai fini della sua risoluzione ”.

7. All’udienza pubblica del 18.10.2023 il Collegio ha accolto la predetta istanza di rinvio, in assenza di opposizione delle altre parti.

8. Con memoria del 4.04.2024 la parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del proprio ricorso, nulla evidenziando in ordine alla prosecuzione della sopra menzionata possibile definizione bonaria della vicenda.

9. Con successiva memoria di replica del 17.04.2024 l’Amministrazione ospedaliera controinteressata ha, di contro, insistito per l’accoglimento delle proprie eccezioni e difese e per il conseguente rigetto del gravame.

10. All’udienza pubblica dell’8.05.2024, presenti i difensori di parte ricorrente, dell’Amministrazione resistente e della parte controinteressata come da verbale, l’Assessorato ha richiesto un nuovo di rinvio della discussione, asserendo che le sopra menzionate trattative per una definizione transattiva della vicenda si trovino in un presunto stato avanzato. Alcuna nota dell’Amministrazione regionale è stata prodotta in atti a supporto di tale richiesta, alla quale si sono associate anche parte ricorrente e l’Azienda Ospedaliera controinteressata.

L’Università degli Studi di Catania ha altresì chiesto la cancellazione della causa dal ruolo;
a tale richiesta non si sono opposte le altre parti presenti.

La causa è stata pertanto posta in decisione anche sulle richieste preliminari presentate dalle parti.

11. In via preliminare deve respingersi la nuova richiesta di rinvio della trattazione della controversia, evidenziando che la stessa non risulti supportata da alcuna produzione documentale comprovante il presunto stato avanzato delle trattative per la definizione in via bonaria della vicenda. Deve rilevarsi, a tal riguardo, che il presente procedimento è stato sottoposto a quattro rinvii alle udienze pubbliche del 31.01.2019, 28.03.2019, 26.09.2019 e 18.10.2023, allo specifico fine di favorire la composizione stragiudiziale della controversia. In assenza di nuove evidenze documentali utili a suffragare l’asserito stato avanzato della presunta trattativa in corso tra le parti, insopprimibili esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e la valorizzazione delle rilevanti ragioni di pubblico interesse sottese al presente giudizio impongono a questo Collegio la decisione nel merito del ricorso in epigrafe.

Per le suesposte ragioni deve altresì respingersi la correlata richiesta di cancellazione della causa dal ruolo presentata in udienza dalla parte ricorrente e a cui hanno aderito le due Amministrazioni presenti, atteso, peraltro, che ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis, c.p.a. Non è possibile disporre, ((...)) su istanza di parte, la cancellazione della causa dal ruolo. Il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza…”.

È il caso di rammentare che, per giurisprudenza amministrativa consolidata, “ nell'ordinamento processuale vigente non esiste norma giuridica o principio ordinamentale che attribuisca alle parti in causa il diritto al rinvio della discussione del ricorso, atteso che le stesse hanno solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare un eventuale differimento dell'udienza. Tuttavia, la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione della controversia spetta al giudice: ciò in quanto la domanda di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee a incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo dubitarsi che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dispositivo, in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti ” (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 17.01.2022, n. 69).

Per quanto sopra esposto deve quindi escludersi che la motivazione indicata nella richiesta di rinvio possa rientrare tra quelle che potrebbero giustificare un eventuale ulteriore differimento dell’udienza.

12. Una volta scrutinate le richieste preliminari delle parti, il Collegio ritiene di prescindere, per ragioni di economia processuale, dall’esame delle eccezioni di rito sollevate dall’Amministrazione ospedaliera controinteressata e dalle parti intervenute ad opponendum , attesa l’infondatezza nel merito del ricorso.

13. Il primo motivo di ricorso è infondato per quanto di seguito considerato e specificato.

13.1. Per costante giurisprudenza la normativa in tema di c.d. Piano di rientro nel settore sanitario comporta effetti giuridici nel rendere vincolanti gli obiettivi di contenimento finanziario e nell'imporre alla Regione di adottare prioritariamente i provvedimenti adeguati ad ottenere il contenimento delle spese in essere nella misura richiesta ( ex multis , Cons. Stato, sez. II, 04.10.2021, n. 6621;
Cons. Stato, sez. III, 4.06.2016 n. 450).

Il Piano di rientro, in particolare, trova fondamento in una normativa statale attuativa, sul fronte dell’equilibrio economico-finanziario dei conti pubblici, di obblighi derivanti dal diritto UE e da trattati internazionali (art. 1 commi 173, 174, 176 e 180 della legge n. 311/2004, art. 8 dell’intesa Stato-Regioni del 23.3.2005, art. 1, commi 274, 278, 279 e 281 della legge n. 266/2005, decreto 26.10.2006 del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, art. 1 comma 796 lett. b) della legge n. 296/2006, legge n. 64/2007).

La sua adozione è quindi funzionale, nel rispetto del suddetto obiettivo, al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario e alla relativa riduzione strutturale, costituendo condizione (oltre ad altre) per una partecipazione in tal senso dello Stato, con la comune finalità di garantire il rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, così come richiesto a seguito dell’appartenenza dell’Italia all’UE e dei trattati stipulati in ambito europeo (Cons. Giust. Amm. Sicilia, 11.01.2022, n. 26).

La Corte Costituzionale ha peraltro confermato, con numerosissime pronunce, la piena legittimità costituzionale delle norme che stabiliscono vincoli e limiti alla autonomia regionale ai fini del coordinamento della finanza pubblica e della salvaguardia degli obiettivi a cui il Piano di rientro è finalizzato (n. 193 del 2007;
n. 139 e n. 237 del 2009;
n. 52, n. 100 e n. 141 del 2010;
n. 106, n. 123 e 163 del 2011;
n. 32, n. 91, e n. 131 del 2012;
n. 51, n. 79, n. 104 e n. 219 del 2013;
n. 110 del 2014). Come affermato dal Consiglio di Stato, “ Tali sentenze hanno quindi sancito il carattere vincolante del piano di rientro esplicitamente stabilito in via legislativa ” (Cons. St., sez. III, 4.06.2016 n. 450).

Può pertanto ritenersi che la disciplina in materia di Piano di rientro si collochi quale crocevia fra il livello amministrativo e la normativa statale attuativa di obblighi eurounitari e recante principi di coordinamento della finanza pubblica, oltre che fra i diversi livelli di governo afferenti alla Repubblica ai sensi dell’art. 5 Cost..

Rilevato quanto previsto dal disposto di cui all’art. 1, comma 796, lett. b) della legge n. 296/2006, il Piano di rientro non ha infatti rilevanza e efficacia solo a livello amministrativo ma “trova fondamento […] in una normativa statale (che è) al contempo, attuativa di obblighi comunitari (vincolanti il legislatore ex art. 117 Cost.) e recante (nuovi) principi di coordinamento della finanza pubblica, come tali destinati a prevalere su norme, statali o regionali preesistenti, con essi incompatibili o contrastanti ” (Cons. Giust. Amm. Sicilia, 17.04.2019 n. 327).

Il Piano di rientro è quindi ispirato all’esigenza di assicurare l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e al superamento della grave crisi strutturale della finanza regionale, sicché gli interventi individuati sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi, che siano di ostacolo alla sua piena attuazione. La soggezione al Piano di rientro non consente nemmeno una interferenza anche meramente potenziale, pure a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con lo stesso (Corte Cost., 1.06.2018 n. 117).

La Regione Siciliana è stata interessata dal “ Piano di rientro, di riorganizzazione, di riqualificazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento del riequilibro economico del servizio sanitario per gli anni 2007/2009 ”, da realizzarsi con l’Accordo Attuativo sottoscritto il 31.7.2007, il cui art. 3, comma 6, prevede che i provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria, ivi compresi quelli relativi alle consistenze del personale delle aziende sanitarie ed al trattamento economico fondamentale ed accessorio dello stesso, devono essere sottoposti alla preventiva approvazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia. La Regione è stata tenuta, in seguito, all’attuazione del Programma Operativo 2010-2012, al cui progressivo completamento è stata subordinata l’erogazione da parte dello Stato delle risorse economiche concordate.

Con nota n. 113-P del 28.06.2012 i Ministeri della Salute e dell’Economia, nell’ambito dell’attività di verifica dell’attuazione dei programmi operativi adottati in prosecuzione del piano di rientro dai deficit sanitari, hanno chiesto l’acquisizione di chiarimenti sugli effetti finanziari derivanti dall’Accordo quadro sottoscritto dalla Regione in data 22.12.2011 con l’Università di Catania e l’adesione dell’A.O.U. “Policlinico Vittorio Emanuele” e successivamente hanno proceduto alla sua non approvazione.

La Regione, pertanto, ha disposto la revoca in autotutela del D.A. 16.12.2023 n. 288 di approvazione del suddetto accordo quadro.

Ad avviso di questo Collegio l'Amministrazione regionale resistente ha correttamente fatto ricorso ai propri poteri di autotutela, in quanto a ciò vincolata dalla necessità di prestare osservanza al Piano di rientro dalla spesa sanitaria per l'attuazione del programma operativo 2010/2012, ai sensi dell'art. 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

La previsione di un esplicito potere di controllo e di approvazione in capo ai due Enti ministeriali, invero, ha reso doverosa l’emanazione del predetto provvedimento di secondo grado da parte della Regione, i cui effetti caducatori si riverberano sulla successiva intesa attuativa raggiunta dall’Università di Catania e dall’A.O.U. nell’ambito trasferimento del personale concordato tramite il predetto accordo quadro. La revoca dell’atto a monte, infatti, incide anche sull’atto a valle che del primo costituisce propagazione, non assumendo alcun rilievo impeditivo la sua asserita natura privatistica. Il rapporto di consequenzialità necessaria, diretta e immediata che viene a porsi tra i due atti conduce a rilevare la presenza di tale effetto caducante, ponendosi il secondo atto - ossia l’intesa attuativa dell’accordo quadro sottoposto a revoca - quale conseguenza del primo, senza necessità, pertanto, di anteporre a tale effetto di propagazione dell’illegittimità alcuna nuova valutazione di interessi.

La mancanza di rilevanza della natura di strumento negoziale dell’atto a valle a cui tali effetti caducanti si estendono è del resto confermata dalla Corte Costituzionale, la quale a partire dalla sentenza n. 204/2004 ha chiarito che il “ ricorso, da parte dell'amministrazione, a strumenti privatistici non elimina l'attributo pubblicistico-funzionale della fattispecie, laddove lo strumento negoziale operi in sostituzione dell'atto di esercizio del potere, la cui sostanziale connotazione pubblicistica continua, evidentemente, a permeare la fattispecie ", in quanto la facoltà di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo " presuppone l'esistenza del potere autoritativo” . Sicché il “ richiamo alla valenza pubblicistica degli accordi ex art. 11 l. 241/1990, quale categoria comprendente le varie ipotesi della c.d. amministrazione consensuale (.....), consente di affermare che nelle ipotesi di accordo previste dalla legislazione speciale (......), permane intatto l'attributo - pubblicistico - dell'esercizio del potere amministrativo e della natura pubblica degli interessi portati dall'amministrazione" (....), con conseguente possibilità per la stessa amministrazione di ricorrere all'esercizio del potere di autotutela a seguito di rinnovata valutazione dell'interesse pubblico ” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 16.06.2017, n. 1630).

Il potere di revoca oggetto di censura con il presente ricorso risulta altresì correttamente esercitato non soltanto nell’ an e nel suo oggetto, ma anche nel quomodo . Da un lato deve invero rilevarsi che, tenuto conto della ricostruzione della vicenda procedimentale e delle ragioni sottese alla revoca ed evidenziate nel provvedimento impugnato, non sussistono presunti difetti di istruttoria, di motivazione o indici di contraddittorietà manifesta;
dall’altro lato, alcuna violazione degli artt. 7 e 10-bis della l. n. 241/1990 appare ascrivibile alla condotta dell’Amministrazione regionale resistente.

Nello specifico, quanto all’asserita mancata comunicazione di avvio del procedimento si evidenzia che la natura vincolata dell’atto finale, oggetto di gravame, rende in ogni caso operante la disciplina dell’art. 21- octies della stessa legge sul procedimento amministrativo, in base alla quale il predetto vizio procedimentale non può determinare l’invalidazione dell’atto di secondo grado qui censurato, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso. Il soggetto che ne lamenti la violazione, invero, per costante giurisprudenza deve “ indicare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto in sede procedimentale in grado di incidere sulla determinazione dell'Amministrazione;
solo dopo che la parte ha adempiuto a questo onere l'Amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato
” ( ex multis , T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 3.03.2023, n.1398;
Cons. Stato, sez. V, 8.03.2022, n. 1664). Tale puntuale indicazione non è stata fornita dalla parte ricorrente e, in ogni caso, l’Amministrazione regionale resistente ha ampiamente dimostrato in giudizio che “ il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”, come espressamente previsto dalla norma.

Rispetto all’asserita violazione dell’articolo 10-bis della l. 241/1990, in base al quale l’amministrazione “ prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda ”, basterà ricordare che tale presidio procedimentale opera nei soli procedimenti ad istanza di parte, come espressamente previsto dalla predetta norma, con la conseguenza di escluderne l’operatività nel caso di specie, ove si versa in una ipotesi di procedimento di secondo grado officioso, oltre che vincolato negli esiti, condotto dall’Amministrazione regionale che resiste in giudizio.

Parimenti infondata è, infine, la doglianza relativa alla presunta violazione del principio di legittimo affidamento riposto dall’Università di Catania e leso con il presente atto di revoca. Nessun affidamento poteva porre l’Università in un accordo non preventivamente sottoposto ai Ministeri vigilanti, quando a essa era nota - per avere le parti fornito chiarimenti ai Ministeri in sede di interlocuzione procedimentale, documentata agli atti - la necessità dell’approvazione governativa ai fini della legittimità dell’Accordo quadro da cui è scaturita l’intesa attuativa per il trasferimento del personale.

14. Non accoglibile risulta anche il secondo motivo di ricorso, con il quale viene dedotto un presunto vizio di difetto dei presupposti in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione regionale all’atto di revocare l’accordo quadro sulla base di quanto rappresentato dai due Ministeri coinvolti in sede di controllo. Secondo parte ricorrente, in particolare, dal trasferimento dell’attività assistenziale in capo all’A.O.U. “Policlinico Vittorio Emanuele” non discenderebbe alcun trasferimento di costi in capo all’Ente ospedaliero. Tale evidenza comproverebbe, secondo l’Ateneo, che la revoca sconti un vizio istruttorio, dovendosi escludere che l’accordo quadro fosse stato stipulato in violazione della disciplina in materia di Piano di rientro.

14.1. Tale conclusione, ad avviso del Collegio, non può essere condivisa. In disparte ogni ulteriore richiamo alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che nega che siano ammissibili interferenze sul Piano di rientro, è di tutta evidenza che il trasferimento di attività e di personale operato con gli accordi sottoposti a revoca abbia determinato anche un trasferimento di costi, posto che da esso promanano obbligazioni e oneri a carico di un’azienda ospedaliera del Servizio Sanitario, con conseguente sgravio del soggetto a cui tali costi erano imputabili prima del predetto trasferimento. I due enti non rispondono a unico bilancio e non può sostenersi che l’imputazione del costo dell’operazione di trasferimento dia luogo a una invarianza finale per la Regione. Tale trasferimento di personale è stato, pertanto, legittimamente sottoposto a revoca perché a carico del bilancio dell’A.O.U. e quindi del S.S.R. in assenza di copertura finanziaria, secondo i rilievi mossi dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Economia, che ne hanno evidenziato il contrasto con il Piano di rientro per il perseguimento del riequilibro economico del servizio sanitario della Regione, a cui quest’ultima doveva prestare osservanza.

15. Per tutto quanto sopra esposto e considerato il ricorso è, pertanto, da ritenersi infondato e deve essere respinto.

16. In considerazione delle peculiarità della questione di lite, della sua natura giuridica e della vicenda processuale devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra tutte le parti costituite e intervenute in giudizio.

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