TAR Palermo, sez. III, sentenza 2022-04-22, n. 202201362

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2022-04-22, n. 202201362
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202201362
Data del deposito : 22 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/04/2022

N. 01362/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02629/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2629 del 2017, proposto da -OMISSIS-, quale legale rappresentante pro tempore della ditta -OMISSIS-.”, rappresentato e difeso dagli avvocati C N e A S, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e fisico eletto presso il loro studio in-OMISSIS-, piazza Alberico Gentili, n. 6;

contro

Comune di-OMISSIS-, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato V C, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e fisico eletto presso ufficio legale comunale in-OMISSIS-, piazza Marina, n. 39;

per l’annullamento

- della determinazione del Dirigente del Servizio SUAP del Comune di-OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-, notificata il 2 ottobre successivo,

- del verbale di ratifica del d.d. n. -OMISSIS-;

- dei verbali di accertamento e contestazione dell’illecito amministrativo n. -OMISSIS-;

- della deliberazione del Consiglio Comunale di-OMISSIS- n.-OMISSIS-;

- dell’ordinanza sindacale n. -OMISSIS-;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del Comune di-OMISSIS-;

Vista l’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del 20 aprile 2022, il consigliere Aurora Lento;
udito per parte ricorrente il difensore e nessuno presente per il Comune di-OMISSIS- come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, notificato il 7 novembre 2017 e depositato il giorno 10 successivo, il signor -OMISSIS-, quale legale rappresentante pro tempore della ditta “-OMISSIS-ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, della determinazione n. -OMISSIS- con cui il Dirigente del SUAP del Comune di-OMISSIS-, previa ratifica e convalida del sequestro effettuato, il -OMISSIS-, dal Corpo di Polizia municipale, ha disposto l’applicazione della sanzione accessoria di cui all’art. 3, comma 17, della l. n. 94 del 2009 e, pertanto, la chiusura coatta, per 5 giorni, dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, nonché degli ulteriori atti impugnati.

Ha dedotto i seguenti motivi:

1) Difetto di legittimazione passiva.

2) Violazione dell’art. 1 della l. n. 698 del 1981.

3) Violazione dell’art. 6, commi 3 e 5, del regolamento comunale approvato con delibera consiliare n.-OMISSIS-.

4) Carenza d’istruttoria.

5) Violazione dell’art. 41 della Costituzione.

Si è costituito in giudizio il Comune di-OMISSIS- che ha depositato una memoria con cui, eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione, ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

Con ordinanza n. -OMISSIS-, l’istanza cautelare è stata rigettata.

All’udienza del 20 aprile 2022, la causa è stata posta in decisione.

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di-OMISSIS-, che è infondata.

Invero, l’art. 3 della l. n. 94 del 2009 dispone, per quanto d’interesse: al comma 16, che, fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il Sindaco, per le strade urbane, può ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni;
al comma 17, che le disposizioni di cui al comma 16 si applicano anche nel caso in cui l’esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

In ordine all’interpretazione di tale disposizione - relativamente al profilo del riparto della giurisdizione - occorre richiamare la condivisa sentenza della Cassazione civile, sez. un., n. 6461 del 4 aprile 2016 nella quale si è affermato che la stessa: da un lato, ha limitato l’applicazione dell’art. 20 C.d.S. alle sole ipotesi di occupazione di suolo pubblico abusiva (e cioè posta in essere in assenza di titolo o in eccedenza rispetto alla superficie concessa), escludendo dal proprio ambito di applicazione quelle effettuate con utilizzazione del suolo pubblico in contrasto con le prescrizioni del titolo concessorio;
dall’altro, ha rimesso al Sindaco un potere discrezionale, prevedendo che questi e il Prefetto “possono” adottare le misure previste (ordine di ripristino dello stato dei luoghi e di chiusura dell’esercizio) e non “debbono”. Fatta tale affermazione si è rilevato che dalla scelta del legislatore di utilizzare l’uno o l’altro verbo discende chiaramente che si è in presenza, nel secondo caso, di un’attribuzione di potere discrezionale e, nel primo caso, di un potere vincolato, con le conseguenze che derivano da tale attribuzione sul piano della giurisdizione, che è del giudice amministrativo nella seconda ipotesi.

Tale sentenza ha, tra l’altro, rilevato l’inconferenza della giurisprudenza (richiamata nella causa in esame dal Comune di-OMISSIS-) che ha affermato la sussistenza della giurisdizione ordinaria nei casi di pronunce relative ad ipotesi di sanzioni meramente afflittive, applicate sulla base di disposizioni diverse dall’art. 3, comma 16, citato, evidenziando che resta ferma la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui le sanzioni abbiano natura ripristinatoria o riparatoria, siano cioè volte a restaurare lo stato di fatto o di diritto preesistente all’illecito.

È questo, in particolare, il caso dell’impugnazione dei provvedimenti di rimozione di impianti pubblicitari posizionati abusivamente ai sensi dell'art. 23 del d. lgs. n. 285/1992 (a cui si riferisce la giurisprudenza richiamata dal Comune di-OMISSIS-) relativamente alla quale, secondo costante giurisprudenza, sussiste difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo all’impugnazione in quanto tale ordine deriva direttamente, quale misura consequenziale, dall’accertamento della violazione e dall’irrogazione della prescritta sanzione pecuniaria, con riferimento al codice della strada, sicché il provvedimento del Comune che ne dispone la rimozione costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria (e non un mezzo accordato all’Ente pubblico proprietario della strada per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al detto art. 23), con la conseguenza che l’atto deve essere conosciuto dal giudice ordinario competente ai sensi del combinato disposto degli articoli 22 e 23 della legge n. 689/81 (cfr. Cass. Civ., SS. UU., 23 giugno 2010 n.15170;
14 gennaio 2009, n. 563;
18 novembre 2008 n. 27334;
6 giugno 2007 n. 13230;
17 luglio 2006 n. 16129;
19 novembre 1998 n. 11721).

Nella specie viene in considerazione l’applicazione della sanzione accessoria di cui all’art. 3, comma 17, della l. n. 94 del 2009 e, pertanto, la chiusura coatta, per 5 giorni, dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, cosicché, come detto, va ritenuta sussistente la giurisdizione amministrativa.

Ciò posto, il ricorso, come preannunciato dal Presidente, ex art. 73 cod. proc. amm., in camera di consiglio al difensore di parte ricorrente, che nulla ha osservato, è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

Dalla documentazione di causa risulta, infatti, che è già trascorso il disposto periodo di chiusura e che, pertanto, il provvedimento sanzionatorio impugnato ha esaurito i suoi effetti, cosicché nessuna utilità deriverebbe al ricorrente dal suo annullamento.

Nessuna osservazione in merito è stata, peraltro, come detto, fatta dal difensore di parte ricorrente il quale ha, pertanto, tacitamente confermato di non avere interesse al ricorso.

Si ritiene di compensare le spese avuto riguardo all’esito processuale.

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