TAR Napoli, sez. V, sentenza 2014-09-04, n. 201404703
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N. 04703/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05705/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5705 del 2008, proposto da:
ARCIDIOCESI DI NAPOLI, con sede in Napoli, al Largo Donnaregina, n. 22, in persona del procuratore generale S F, rappresentata e difesa dagli Avv. ti E B e F B, presso lo studio dei quali elettivamente domiciliano in Napoli, alla Via Filangieri, n. 21;
contro
- AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. ti M M M ed A D F ed elettivamente domiciliata in Napoli, alla P. zza Matteotti, n. 1;
- GESTIONE LIQUIDATORIA EX U.S.L. 41, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Gentile, con domicilio eletto presso Massimo Gentile in Napoli, via A.D'Isernia N.8;
per la condanna
- in relazione alla parte del suolo corrispondente alla particella 120 (ex 41/a) previo accertamento del diritto alla retrocessione per la mancata utilizzazione del suolo, dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t., al risarcimento dei danni in una somma non inferiore ad euro 650.980,00, come da consulenza di parte, ovvero di quella somma maggiore o minore che risulterà dovuta all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio;
- in relazione alla parte del suolo corrispondente alle particelle 41/a, 41/c e 42 del terreno, con annessa casa colonica, sito in tenimento di Chiaiano, riportato in catasto alla partita 672, fol. 14, dell’Amministrazione Provinciale di Napoli e/o della Gestione Liquidatoria dell’ex U.S.L. n. 41, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., alla restituzione del suolo dall’Amministrazione Provinciale di Napoli all’Arcidiocesi di Napoli, con restituzione dell’indennità di esproprio.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Amministrazione Provinciale;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Gestione Liquidatoria della ex Usl 41;
Viste le memorie proposte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 19 giugno 2014 il dr. Vincenzo Cernese - i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Espone, in punto di fatto, l’Arcidiocesi di Napoli, in persona del procuratore generale, S F:
- che con decreto del Prefetto di Napoli n. 65911 del 23.8.1963 era disposto in favore della Provincia di Napoli per la costruzione del Nuovo Ospedale Psichiatrico l’esproprio di terreno, con annessa casa colonica, sito in tenimento di Chiaiano esteso moggia locali otto, riportato in catasto alla partita 672, fol. 14, particella 41/a e 41/c, nonché fabbricato 42, fabbricato rurale, già di pertinenza del beneficio Sant’Angelo all’Arena, ora soppresso e, pertanto, rientrante nei beni vacanti dell’Arcidiocesi di Napoli e che, per la realizzazione del detto Ospedale Psichiatrico, l’Amministrazione Provinciale di Napoli utilizzava solo 5.600 mq. della particella 41/a del detto fol. e partita, rinunciando all’espropriazione della maggiore estensione di detta particella e dell’intera particella 41/c, nonché della particella 42 costituente il fabbricato rurale, immobili questi che dichiarava di non aver mai occupati e, per i quali, di essere in corso di emissione decreto prefettizio di rettifica dell’esproprio, il tutto come da certificato in data 14 febbraio 1967;
- che, non intervenendo il detto decreto e non provvedendo la suddetta l’Amministrazione Provinciale, ultimata l’opera, alla restituzione dei beni non utilizzati al cui esproprio aveva dichiarato di aver rinunciato e di non averli mai occupati, con atto di citazione del 10.7.1992, l’Arcidiocesi di Napoli conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli l’Amministrazione provinciale di Napoli al fine di sentire:
a) riconoscere il diritto dell’istante alla restituzione di quella parte dei beni non utilizzato e, precisamente, di parte della particella 41/a, dichiarata utilizzata solo per 5.600 mq, dell’intera particella 42, ordinandosi la restituzione dei beni liberi da persone, cose e di manufatti pregiudizievoli;2) accertare e dichiarare nel contempo il diritto all’indennità per illegittima occupazione degli stessi alla data del decreto di esproprio e, quanto meno, all’epoca di ultimazione dell’opera, dalla quale sarebbe sorto il diritto di essa istante alla retrocessione degli stessi a cui non si era provveduto con condanna dell’amministrazione alla corresponsione della detta indennità oltre interessi;3) in caso di mancata retrocessione dei beni come richiesto sub 1), fermo restando il diritto all’indennità di cui sub 2, condannarsi sempre l’Amministrazione Provinciale a corrispondere il valore dei beni non utilizzati.
- che, costituitasi in giudizio l’Amministrazione Provinciale, eccepiva preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva in quanto la Regione Campania, in attuazione della legge n. 833/78, con decreto n. 04025 del 27.5.82, aveva trasferito ai Comuni l’esercizio attraverso le U.S.L. delle funzioni sanitarie in materia psichiatrica, attribuendo, tra l’altro, ai Comuni del relativo territorio i beni mobili ed immobili, mentre in via subordinata, nel merito, deduceva l’inammissibilità della domanda di retrocessione di parte attrice dei beni non utilizzati, in quanto difettava il provvedimento dell’Autorità Amministrativa emesso su istanza di parte, con cui si dichiara di non servire più gli stessi ben all’utilizzazione dell’opera;
- che la Sezione Stralcio del Tribunale di Napoli, con sentenza n. 11494/02, dichiarava improponibile la domanda per difetto di giurisdizione del G.O. ed il successivo ricorso in appello proposto dall’Arcidiocesi per la riforma della siffatta sentenza (laddove dichiara il difetto di giurisdizione nei confronti del G.A., anziché dichiarare, per il giudizio de quo, la giurisdizione esclusiva del G.O.), era rigettato con la sentenza n. 131/2005 della Corte di Appello di Napoli, Sez. I civile;
- che la Corte di Cassazione, successivamente adita, con sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 14826/08 del 6.5.2008 depositata il 5.6.2008 rigettava il ricorso rigettava il ricorso e dichiarava la giurisdizione del giudice amministrativo rimettendo le parti davanti al T.A.R.
Tanto premesso, l’Arcidiocesi di Napoli, in persona del procuratore generale, S F, con ricorso in riassunzione, notificato il 21.3.2006 e depositato il 5.4.2006, ha adito questo Tribunale - chiedendo la condanna dell’Amministrazione Provinciale, in relazione alla parte del suolo corrispondente alla particella 120 (ex 41/a) Foglio 32, partita 13097, previo accertamento del diritto alla retrocessione per la mancata utilizzazione del suolo, dell’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t, al risarcimento dei danni in una somma non inferiore ad euro 650.980,00, come da consulenza di parte, ovvero di quella somma maggiore o minore che risulterà dovuta all’esito di Consulenza Tecnica d’Ufficio;ed, in relazione alla parte del suolo corrispondente alle particelle 41/a e 41/c e 42 del terreno, con annessa casa colonica, sito in tenimento di Chiaiano esteso moggia locali otto, riportato in catasto alla partita 672, previo accertamento del diritto, chiedendo la condanna delle intimate Amministrazioni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., alla restituzione del suolo dall’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del presidente p.t., all’Arcidiocesi di Napoli, con restituzione dell’indennità di esproprio.
All’uopo parte ricorrente ha affidato il ricorso all’unica censura di Violazione del diritto alla retrocessione parziale dei beni inutilizzati ex artt. 60 e 61 Legge n. 2358/1865 ed ex art. 47 D.P.R. 8 giugno 2001, n 327 (T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità)
Al riguardo evidenzia preliminarmente parte ricorrente che, nelle more del presente giudizio dopo 14 anni dalla proposizione dell’atto di citazione (anno 1992) sarebbe stata emanata dal Tribunale di Napoli, Sez. IV, la sentenza n. 4327 del 19.4.2006 con la quale, sia pure per una parte del suolo oggetto del giudizio, il buon diritto dell’attore verrebbe consacrato in una sentenza del Tribunale di Napoli n. 4327 del 19.4.2006.
In tale situazione, oggetto del presente giudizio sarebbe la retrocessione solo di una parte del fondo espropriato dalla Provincia, non utilizzato, dichiarato inservibile e per il quale la Provincia, con una condotta assolutamente inerte non avrebbe chiesto al Prefetto il decreto di retrocessione, mentre la retrocessione per inutilizzazione del suolo sarebbe, ora, platealmente avvalorata dalla usucapione di parte del suolo in contestazione da parte del terzo dichiarata con sentenza del Tribunale di Napoli. Relativamente a questa parte del suolo - particella 120 (ex 41/a) Foglio 32, partita 13097 - parti ricorrenti, dal giorno della sentenza di primo grado esecutiva propongono domanda di risarcimento dei danni, in una somma non inferiore ad euro 650.980,00, come da consulenza di parte, ovvero di quella somma maggiore o minore che risulterà dovuta, all’esito di Consulenza Tecnica d’Ufficio, perché, essendo la sentenza esecutiva, la Provincia non potrebbe ritrasferire il suolo che non solo non avrebbe utilizzato, ma del quale si sarebbe appropriato il terzo.
Per la parte residua del suolo, invece, indicata nelle particelle 41/a, 41/c e 42 del terreno, con annessa casa colonica, sita in tenimento di Chiaiano esteso moggia locali otto, riportato in catasto alla partita 672, foglio 14, parti ricorrenti insistono nell’accertamento del diritto alla retrocessione del suolo previo pagamento dell’indennità di esproprio a suo tempo riscossa e nella condanna delle Amministrazioni intimate alla restituzione del suolo dall’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta Provinciale di Napoli, all’Arcidiocesi di Napoli, con restituzione dell’indennità di esproprio, attesa la palese violazione degli artt. 60 e 61 Legge 2359/1865 e dell’art. 47 del T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità;infatti non si sarebbe proceduto alla restituzione delle porzioni di fondo espropriate ai fini della realizzazione dell’ospedale psichiatrico nonostante la certificazione emessa dal Presidente dell’Amministrazione Provinciale in data 14.2.1967, contenente la dichiarazione di inservibilità necessaria a far nascere l’interesse legittimo della ricorrente alla restituzione delle porzioni di fondo rimaste inutilizzate ai fini della realizzazione dell’Ospedale.
Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione Provinciale, preliminarmente eccependo l’inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso, e, nel merito, eccependo la prescrizione decennale del diritto alla retrocessione e sostenendo l’infondatezza, in fatto ed in diritto del ricorso.
Si è costituita in giudizio la Gestione Liquidatoria della ex U.S.L. n. 41, preliminarmente eccependo ‘inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente vanno esaminate le varie eccezioni di inammissibilità sollevate dalla resistente Provincia, sotto vari profili.
In punto di giurisdizione l’Arcidiocesi, nei diversi gradi di giudizio, avrebbe sempre sostenuto l’idoneità della certificazione in data 14.2.1967 del Presidente dell’Amministrazione Provinciale a far sorgere in capo ad essa il “diritto alla retrocessione”, con la conseguenza che, in presenza di effettiva dichiarazione di inservibilità, la domanda avrebbe dovuto essere correttamente proposta innanzi al giudice ordinario.
Parte ricorrente ha sostenuto la titolarità di un “diritto alla retrocessione”, invocando, al riguardo la giurisdizione del G.O., anche in sede di appello e di ricorso per Cassazione proposti, rispettivamente avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 11494/2002 e della Corte di Appello n. 131/2005 con cui era declinata la giurisdizione del G.O. in favore del G.A., sempre sul presupposto dell’inidoneità della certificazione del 14.2.1967 a valere quale dichiarazione di inservibilità
Appare evidente che, se così fosse, avendo la situazione giuridica azionata consistenza di diritto soggettivo, la pretesa alla retrocessione non poteva che essere proposta innanzi al giudice amministrativo.
La tesi non è condivisibile in quanto a radicare la giurisdizione non rileva la prospettazione della parte, in coerenza con l’antica c.d. teoria del petitum formale, ormai da lungo tempo ripudiata in quanto tale da lasciare libera la parte di individuare il giudice avente giurisdizione. Sul punto sempre attuale è l’insegnamento della Suprema Corte per il quale, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, cioè della intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (Cfr.: Cass. Civ. SS.UU., Ordinanza n. 10180/2004) e, anche seguendo la direttiva ermeneutica indicata dalla Corte Costituzionale a partire dalla rilevante sentenza 204/2004, l’elemento decisivo per radicare la giurisdizione amministrativa, al di là della prospettazione del ricorrente, è indubbiamente costituito in ogni caso dall’esistenza di un potere autoritativo dell’amministrazione espresso nel provvedimento impugnato.
Ulteriore eccezione sollevata dalla Provincia attiene alla circostanza che, nella presente controversia il T.A.R. non sarebbe giudice del rapporto, ma giudice dell’atto, con la conseguenza che, il sindacato del giudice amministrativo, nei casi di giurisdizione di legittimità, avrebbe ad oggetto un provvedimento amministrativo (ovvero un comportamento della P.A. di inerzia legalmente tipizzato, secondo il meccanismo operativo del silenzio-rifiuto).
In contrario nella fattispecie in esame non può negarsi la giurisdizione amministrativa in sede esclusiva.
Come rilevato dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza n. 2582 del 21.5.2007: <<Nel quadro normativo venutosi a formare con l’art. 34 del D.L. vo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n. 205 del 2000) e con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio n. 327 del 2001 (come incisi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) la giurisdizione amministrativa esclusiva vi è non solo quando si impugni un atto del procedimento espropriativo (per qualsiasi vizio), ma anche quando il ricorso miri ad ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento dell’Amministrazione connesso all’esercizio della funzione pubblica.
Tale connessione sussiste quando l’Amministrazione abbia un comportamento omissivo contra ius e non restituisca il fondo che continui a detenere sine tituolo, anche se il possesso a suo tempo sia stato acquistato secndum ius, nel corso delle fasi di attuazione del vincolo preordinato all’esproprio.
In base alle suddette sentenze della Corte Costituzionale continua a sussistere la giurisdizione civile unicamente per i comportamento che, pur attinenti ad “aspetti dell’uso del territorio” siano riconducibili a “strumenti meramente privatistici” (e non all’esercizio di una funzione) ovvero non siano strettamente riferibili alla materia urbanistica.
Invece, tenuto conto dell’art. 53 del testo unico n. 327 del 2001 (per il quale sussiste la giurisdizione esclusiva quando la controversia abbia per oggetto “atti, provvedimenti, accordi o comportamenti” “conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico”), come inciso dalla sentenza n. 191 del 2006 della Corte Costituzionale, vi è la giurisdizione esclusiva quando si tratti di comportamenti connessi all’esercizio dei pubblici poteri , e cioè anche quando l’amministrazione detenga sine titulo il fondo altrui, dopo averlo acquisito in sede di esecuzione di uno degli atti attuativi del vincolo preordinato all’esproprio >>.
Infine la Provincia eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, atteso che con decreto n. 04025 emesso il 27.5.1982 il Presidente della Giunta Provinciale della Campania, in attuazione della legge istitutiva del S.S.N. trasferiva i beni di cui è causa al patrimonio del Comune, in cui sono stati collocati, con vincolo di destinazione alle UU.SS.LL., con la conseguenza che il diritto di proprietà è di altro ente, e, precisamente l’A.S.L., subentrata alle disciolte UU.SS.LL.
L’eccezione va disattesa.
Come rilevato nella memoria di replica depositata dall’Arcidiocesi resistente in data 6.6.2014, l’Amministraione provinciale ha svolto un ruolo primario nell’intero procedimento di espropriazione, rivendicando, alla sua piena discrezionalità nel procedimento posto in essere e ad essa essendo ascrivibili tutti gli atti emanati ed i comportamenti tenuti, antecedentemente a qualsiasi atto di trasferimento dei beni per cui è causa, per modo non riesce proprio a comprendersi come possa considerarsi estranea al presente giudizio.
Ciò premesso, con il ricorso in esame sono state proposte due domande, la prima, di condanna dell’Amministrazione Provinciale, in persona del Presidente p.t., al risarcimento del danno per equivalente monetario, in relazione alla parte del suolo corrispondente alla particella 120 (ex 41/a) Foglio 32, partita 13097, per l’impossibilità di retrocedere detto suolo, nonostante l’accertata, a cagione dell’usucapione da parte di in terzo;la seconda, in relazione alla parte del suolo corrispondente alle particelle 41/a (non utilizzata, né usucapita), 41/c e 42, con annessa casa colonica, dell’Amministrazione Provinciale e/o dell’U.S.L. n. 42i, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., alla restituzione del suolo dall’Amministrazione Provinciale di Napoli all’Arcidiocesi di Napoli, con restituzione dell’indennità di esproprio.
Nel merito il ricorso è, in relazione alla prima domanda è fondato, mentre è infondato in relazione alla restante domanda.
In relazione alla prima domanda, con primo profilo dell’unica articolata censura, parte ricorrente deduce che, nelle more del presente giudizio, dopo 14 anni dall’atto di citazione (anno 1992) è stata emanata dal Tribunale di Napoli, Sez. IV, la sentenza n. 4327 del 19.4.2006 con la quale, sia pure per una parte del suolo oggetto del giudizio, il buon diritto dell’attore viene consacrato.
Al riguardo asserisce che, se oggetto del presente giudizio è la retrocessione di una parte dei beni del suolo espropriato dalla Provincia non utilizzato, dichiarato inservibile e per il quale la Provincia, con una condotta assolutamente inerte, non aveva chiesto al Prefetto il decreto di retrocessione, la retrocessione per inutilizzazione del suolo è, ora, quantomeno in relazione ad una parte del suolo in contestazione, avvalorata dall’usucapione della suddetta parte del suolo in contestazione da parte del terzo dichiarata con sentenza del Tribunale di Napoli. Relativamente a questa parte del suolo non v’è dubbio che va proposta dal giorno della sentenza di primo grado esecutiva la domanda di risarcimento dei danni, perché, essendo la sentenza esecutiva, la Provincia non può trasferire un suolo che non solo non ha mai utilizzato, ma del quale si è appropriato il terzo. Consegue da ciò che, per questa parte del suolo indicato dalla particella 120 (ex 41/a) Foglio 32, partita 13097, l’adito Tribunale amministrativo potrà, premesso l’accertamento del diritto alla retrocessione per la mancata utilizzazione del suolo, condannare l’Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente p.t., al risarcimento dei danni in una somma non inferiore ad euro 650.980,00, come da consulenza di parte ovvero di quella maggiore o minore che risulterà dovuta, all’esito di Consulenza Tecnica d’Ufficio.
La prospettazione di parte ricorrente è condivisibile.
Risulta depositata in giudizio da parte ricorrente la sentenza del Tribunale civile di Napoli n. 4327/06 del 19 aprile 2006 che, in parte dispositiva, così provvede:
“a) accerta l’avvenuto acquisto per usucapione da parte di L D V del fondo iscritto nel N.C.T. del Comune di Napoli, partita 13097, foglio 32, particella 120;
b) autorizza, per l’effetto, il Conservatore dei Registri Immobiliari di Napoli alle relative annotazioni e trascrizioni, esonerandolo da qualsiasi responsabilità”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14826 del 2008, resa con riferimento alla vicenda in esame hanno ritenuto che: << Ove non vi sia stata dichiarazione formale d’inservibilità, valore equipollente può essere ricercato solo in un comportamento dell’Amministrazione dal quale possa desumersi la messa in vendita dei beni, in quanto non più necessari alla realizzazione dell’opera per la quale essi furono espropriati. E’ evidente che la re immissione dei cespiti sul mercato è sintomatica della definitiva decisione di non utilizzare quella parte di beni per l’opera pubblica: ragion per cui queste Sezioni Unite ritennero di identificare la dichiarazione di inservibilità nella delibera con cui l’ente espropriante destinava a vendita o permuta per scopi - uffici pubblici, studi professionali, bar ristoranti - diversi dalle programmate iniziative di tipo industriale e relative infrastrutture (Cass. 29.11.2000, n. 1231).
Pertanto, applicando il suddetto principio, relativamente alla particella 120, deve ritenersi la dichiarazione di inservibilità comprovata per facta concludentia con il conseguente insorgere del diritto del proprietario espropriato alla retrocessione che, però, risultando insuscettibile di reintegrazione in forma specifica, a causa dell’acquisto a titolo originario e relativa trascrizione da parte del terzo, si converte in diritto al risarcimento del danno in forma generica.
Proprio per tale motivo, preso atto che della prescrizione quinquennale del suddetto diritto al risarcimento del danno, va disattesa l’eccezione di prescrizione decennale del diritto alla retrocessione sollevata dalla resistente Provincia, in quanto, in relazione alla dies a quo di decorrenza del suddetto termine quinquennale - coincidente con la data del 19 aprile 2006, nella quale è stata depositata la sentenza n. 4327/06 - il ricorso in riassunzione, sì come notificato in data 21.3.2006, si presenta tempestivamente proposto.
Relativamente alla quantificazione delle somme da corrispondersi ai ricorrenti a titolo di risarcimento per equivalente monetario, può farsi applicazione della procedura prevista dall’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., alla stregua del quale: <<In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti >>.
Nella fattispecie, considerato che la violazione del diritto alla retrocessione si ripercuote sulla violazione del diritto di proprietà, il danno da risarcire non potrà essere inferiore al valore venale (di mercato) del bene al momento della commissione dell’illecito, coincidente con la sentenza del Tribunale civile di Napoli n. 4327/06 del 19 aprile 2006 che accerta l’usucapione del diritto di proprietà da parte del terzo, seguito da successivo trascrizione a proprio favore dell’acquisito a titolo originario.
Circa i criteri da adottare per la quantificazione del danno, secondo il meccanismo di cui all’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., la somma da corrispondere a titolo risarcitorio dovrà risultare pari al valore venale del bene e potrà subire delle maggiorazioni qualora i proprietari espropriati comprovino in concreto di aver subito ulteriori danni (es. per valore di affezione, lucro cessante, chance ecc.).
Dalla somma come sopra determinata andranno ovviamente detratte le somme già corrisposte all’Arcidiocesi ricorrente, se effettivamente percepiti, a titolo indennitario o risarcitorio in conseguenza della definizione della procedura ablativa con decreto di esproprio del Prefetto di Napoli n. 65911 del 23.8.1963.
In ogni caso sono dovuti interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del diritto fino all’effettivo soddisfo.
Nel prosieguo della procedura ex art. 34, comma 4, cod. proc. amm.:
a) entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ove anteriore), la Provincia e la parte ricorrente potranno addivenire ad un accordo circa la somma specificamente individuata da corrispondere a quest’ultima, secondo i criteri su esposti
b) giova infine aggiungere che la suddetta somma andrà depurata di ogni eventuale corresponsione di somme medio tempore eseguita in favore delle parti ricorrenti, a titolo indennitario o risarcitorio, in relazione alla vicenda ablatoria per cui è causa;
c) qualora la Provincia di Napoli e la ricorrente non concludano alcun accordo, decorsi i termini sopra indicati, la parte ricorrente potrà chiedere al Tribunale amministrativo l’esecuzione della presente sentenza, per l’adozione delle misure consequenziali, salva la trasmissione degli atti alla Corte dei conti per la valutazione dei fatti che hanno condotto alla medesima fase del giudizio.
Invece, relativamente alla parte residua del suolo indicata nelle particelle 41/a, 41/c e 42 del terreno, con annessa casa colonica, sita in tenimento di Chiaiano esteso moggia locali otto, riportato in catasto alla partita 672, foglio 14, parti ricorrenti insistono nell’accertamento del diritto alla retrocessione, non potendosi ritenere che l’Amministrazione Provinciale non avrebbe dichiarato l’inservibilità ex art. 60 Legge n. 2359/1865 dei beni espropriati e che la stessa dichiarazione non ammetterebbe equipollenti, attesa la certificazione emessa dal Presidente dell’Amministrazione Provinciale del 14.2.1967, con la quale si rileva che “L’effettiva espropriazione degli immobili di proprietà della Parroccia S. Arcangelo all’Arena …..è limitata a mq.