TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-03-11, n. 202100734

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-03-11, n. 202100734
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202100734
Data del deposito : 11 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/03/2021

N. 00734/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02355/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2355 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
M G S, rappresentata e difesa dall'avvocato T R, con domicilio eletto presso lo studio Roberta Maria Bucolo in Catania, Corso Italia 213;

contro

Comune di Pace del Mela, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a) dell'ordinanza n. 50 in data 29 luglio 2015 del Comune di Pace del Mela, con cui è stata ingiunta alla ricorrente la demolizione delle opere realizzate - presso l’immobile ubicato in Via Bagnara (foglio 9, particella 358) - in difformità dalla concessione edilizia n. 09/09 del 23 giugno 2009;
b) della relazione di accertamento n. 12087 in data 28 luglio 2015 dell’Ufficio Tecnico Comunale e del Comando di Polizia Municipale.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il giorno 10 marzo 2021 il dott. Daniele Burzichelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato: a) l'ordinanza n. 50 in data 29 luglio 2015 del Comune di Pace del Mela, con cui le è stata ingiunta la demolizione delle opere realizzate - presso l’immobile ubicato in Via Bagnara (foglio 9, particella 358) - in difformità dalla concessione edilizia n. 09/09 del 23 giugno 2009;
b) la relazione di accertamento n. 12087 in data 28 luglio 2015 dell’Ufficio Tecnico Comunale e del Comando di Polizia Municipale.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) la concessione n. 09/09 del 23 giugno 2009 si riferiva ad un fabbricato per civile abitazione a due elevazioni fuori terra, oltre sottotetto e piano cantinato;
b) l’Amministrazione ritiene che siano state eseguite le seguenti opere in difformità dal titolo edilizio: - realizzazione del piano cantinato in ampliamento rispetto al progetto per una lunghezza di metri lineari 3,45 circa ed una lunghezza di metri lineari 13,00 circa, per complessivi metri quadri 44,85 circa, a una distanza dal ciglio stradale di circa metri 0,80, anziché metri 7,50;
- realizzazione di una tettoia in lamellare della larghezza di metri lineari 3,45 per una lunghezza di metri lineari 13,00 (mentre in progetto era previsto un pergolato);
- edificazione dell’intero fabbricato a una distanza - non regolamentare - dal ciglio stradale di metri lineari 3,45, anziché metri lineari 7,50, in violazione dell’art. 31 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente Piano Regolatore Generale.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ha omesso di comunicare l’avvio del procedimento;
b) il manufatto in questione è stato realizzato da oltre cinque anni e, atteso il lungo lasso di tempo intercorso, deve ritenersi maturato in capo alla ricorrente un legittimo affidamento al mantenimento delle opere;
c) il Comune avrebbe dovuto motivare in ordine all’interesse pubblico posto a fondamento della disposta rimozione;
d) nel caso di specie non può ravvisarsi una totale difformità della costruzione rispetto al progetto approvato;
e) quanto al primo rilievo, occorre osservare che possono essere sanzionati con la demolizione gli interventi che hanno comportato la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione rispetto a quello oggetto del titolo, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile;
f) il locale cantinato del fabbricato, destinato in parte a magazzino di sgombero in parte ad autorimessa, non è idoneo alla stabile permanenza dell’uomo e, quindi, non influisce sul carico urbanistico;
g) l’art. 32, secondo comma, del D.P.R. n. 327/2008 esclude che possano ritenersi variazioni essenziali quelle che incidono sull’entità delle cubature accessorie;
h) la distanza del fabbricato dal ciglio stradale non può essere calcolata a partire dal cantinato, sia perché i volumi sono interrati, sia perché esso costituisce l’unica via d’ingresso carrabile a tale piano;
i) quanto al secondo rilievo, la tettoia, da un punto di vista prospettico e dimensionale, risulta perfettamente conforme alla concessione edilizia, in quanto l’unica diversità attiene al materiale utilizzato;
l) non si tratta, perciò, di un intervento che ha determinato la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso e, in ogni caso, esso rientra tra quelli che possono eseguirsi con il regime semplificato della DIA;
m) in ordine al terzo rilievo, la concessione edilizia prevedeva una distanza dal ciglio stradale di metri 5,00 e non di metri 7,50, non rispondendo, inoltre, al vero che il fabbricato sia stato realizzato ad una distanza dal ciglio di metri 3,45;
n) ad ogni modo, l’opera è conforme alle previsioni del Piano Regolatore Generale, atteso che l’art. 31 delle Norme Tecniche di Attuazione disciplina la distanza minima dal ciglio stradale solo per l’ipotesi in cui vi siano fabbricati divisi da una via pubblica;
o) in subordine, non sussistevano i presupposti per disporre la demolizione, in quanto gli interventi di cui si tratta sono stati realizzati, a tutto concedere, in assenza di segnalazione certificata di inizio attività, ovvero in parziale difformità dal titolo;
p) infine, la demolizione del piano cantinato o la demolizione della parte del fabbricato che non rispetta la distanza dal ciglio stradale non può avvenire senza pregiudizio della parte conforme dell’opera.

Mediante motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato in via cautelativa - attesa la natura presumibilmente istruttoria ed endoprocedimentale dell’atto - il verbale n. 1532 in data 12 settembre 2016, con cui è stata accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione.

Le censure di cui ai motivi aggiunti possono sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ha omesso di comunicare all’interessata l’avvio del procedimento;
b) l’atto impugnato risulta illegittimo in via derivata avuto riguardo alle doglianze sollevate in seno al ricorso introduttivo.

Il Comune di Pace del Mela, cui il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti sono stati ritualmente notificati, non si è costituito in giudizio.

Con istanza in data 16 ottobre 2020 la ricorrente ha chiesto un rinvio dell’udienza pubblica, essendo stata presentata istanza di sanatoria per accertamento di conformità in data 17 gennaio 2019, in relazione al quale il Comune di Pace del Mela ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato al diniego con nota n. 14606 del 29 settembre 2020.

A seguito del rinvio dell’udienza del 16 ottobre 2020, la ricorrente ha chiesto un ulteriore rinvio della decisione “in attesa della definizione del procedimento amministrativo relativo alla richiesta di concessione di permesso di costruire in sanatoria”.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

La nuova istanza di rinvio della ricorrente non può essere accolta, in quanto la causa è matura per la decisione - come già specificato a verbale nell’udienza del 16 ottobre 2020 - e non vi è alcuna ragione per rinviarne la definizione, restando, ovviamente, impregiudicati i poteri e le valutazioni del Comune sull’istanza di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente.

Tanto precisato, a giudizio del Collegio il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti sono infondati per le ragioni di seguito indicate.

Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St., II, n. 3421/2020), i provvedimenti in materia di repressione degli abusi edilizi - e, in primo luogo, l’ordine di demolizione - quali atti vincolati ancorati esclusivamente alla sussistenza di opere abusive, non necessitano di tale adempimento.

Come, poi, ritenuto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 9 del 17 ottobre 2097): a) l’ordine di demolizione di un immobile edificato in assenza di titolo è atto vincolato al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto;
b) esso non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso, né richiede di prendere in considerazione gli interessi degli eventuali controinteressati;
c) l’inerzia della Pubblica Amministrazione protratta nel tempo non ingenera un legittimo affidamento in capo al privato che abbia costruito senza titolo;
d) è, pertanto, legittima l'ingiunzione di demolizione intervenuta a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, persino se il titolare attuale dell'immobile non sia responsabile dell'abuso e l’eventuale trasferimento del bene non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino.

L’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 dispone, inoltre, che “sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.

L’ampliamento del piano cantinato determina un incremento volumetrico con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabile, ancorché incorporato nel piano stesso, a nulla rilevando che esso non sia destinato alla stabile permanenza dei residenti (sul punto, cfr. anche l’art. 32, primo comma, lettera b, del citato D.P.R. n. 380/2001).

Non si tratta, evidentemente, di attività realizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività, non venendo in rilievo una delle attività di cui all’art. 22, primo comma, del decreto (manutenzione straordinaria;
restauro e risanamento conservativo;
ristrutturazione edilizia), né di attività realizzabile mediante variante (secondo comma della disposizione indicata), tenuto conto dell’intervenuto aumento di volumetria.

Le tettoie con struttura portante sono, poi, organismi edilizi con specifica rilevanza e autonomamente utilizzabili, destinati a soddisfare esigenze di carattere permanente ed abitativo. Si tratta sostanzialmente di nuove costruzioni che incidono sul tessuto urbanistico ed edilizio e sull'aspetto paesistico del territorio, prescindendo dal fatto che includano o meno una struttura muraria, e pertanto rientrano tra le opere esterne che necessitano di permesso di costruire (sul punto, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 2 luglio 2020, n. 2850). In altri termini, in questi casi si è in presenza di manufatti non precari, ma stabili e che incidono in modo rilevante sull’aspetto del territorio, in quanto l’elemento decisivo per affermare la rilevanza urbanistica di un’opera è la sua destinazione durevole ad una funzione di insediamento nel territorio stesso con carattere di stabilità, al punto che l’idoneità a trasformare in modo permanente l’area preesistente giustifica la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo.

Tali strutture possono essere realizzate senza titolo solo qualora la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendano evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo, riparo o protezione, anche da agenti atmosferici, e quando, per la loro consistenza, possano ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della loro accessorietà, nell’edificio principale o nella parte dello stesso cui accedono (sul punto, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VIII, n. 2638/2020, che richiama T.A.R. Campania, Napoli, sezione III, 25 luglio 2011 n. 3947 e T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 7 gennaio 2020 n. 42), ma la ricorrente, sotto tale specifico profilo, non ha sollevato censure.

Né può affermarsi che la tettoia fosse sostanzialmente prevista in progetto, poiché esso contempla un pergolato e la pergola - a differenza della tettoria - è una struttura aperta, non coperta e con funzioni essenzialmente decorative.

Quanto alle distanze, deve osservarsi che l’Amministrazione ha contestato, da un lato, la realizzazione del piano cantinato a una distanza dal ciglio stradale di circa metri 0,80, anziché metri 7,50 e, dall’altro, l’edificazione dell’intero fabbricato a una distanza di metri 3,45, anziché metri 7,00, dal ciglio stradale.

Appare, quindi, assorbente il secondo rilievo - la distanza dell’intero fabbricato dal ciglio stradale - al fine di ritenere effettivamente violata la disciplina in materia, con particolare riferimento alla previsione di cui all’art. 32, primo comma, lettera c), del D.P.R. n. 380/2001 (modifica sostanziale della “localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”).

La ricorrente, peraltro, ha affermato che la concessione edilizia n. 09/09 prevedeva una distanza dal ciglio di metri 5,00 e che tale distanza, a differenza di quanto affermato dall’Amministrazione, è stata effettivamente rispettata, ma tale allegazione non è confortata da alcun principio di prova e di per se stessa non appare idonea per dubitare della correttezza dell’accertamento effettuato dal Comune, anche tenuto conto che l’errore compiuto da quest’ultimo risulterebbe, secondo la prospettazione della ricorrente, particolarmente vistoso.

Inoltre, l’art. 31 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale, che la ricorrente ha indicato a sostegno delle proprie difese, si riferisce, non al regime delle distanze dal ciglio stradale, ma alle distanze minime tra fabbricati separati da una strada.

La ricorrente, infine, ha osservato che la demolizione del piano cantinato e della parte del fabbricato che non rispetta la distanza dal ciglio stradale non può avvenire senza pregiudizio della parte conforme dell’opera.

Anche tale allegazione risulta apodittica e sfornita di qualsiasi principio di prova, dovendo piuttosto osservarsi che non appare comprensibile perché la demolizione dell’ampliamento del cantinato e della parte di fabbricato che viola il regime delle distanze dal ciglio stradale dovrebbe pregiudicare le sorti delle restanti parti dell’edificio, le quali, invero, non insistono sulle porzioni da demolire.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, mentre nulla deve disporsi quanto alle spese, in quanto l’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

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