TAR Latina, sez. I, sentenza 2015-02-26, n. 201500197

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2015-02-26, n. 201500197
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 201500197
Data del deposito : 26 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00765/2014 REG.RIC.

N. 00197/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00765/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 765 del 2014, proposto dalla
curatela del fallimento dell’Ecocampania S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, prof. R T, rappresentata e difesa dall’avv. E L e con domicilio ex lege stabilito presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4

contro

Comune di Gaeta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. G M e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Latina, via Vico, n. 45

per l’esecuzione

del lodo emesso il 29 aprile 2004 dal Collegio arbitrale costituito in Formia dagli avv.ti Capunzo, Recinto e Saponaro, notificato al Comune di Gaeta il 16 settembre 2004, dichiarato esecutivo il 23 novembre 2004 e munito di formula esecutiva il 24 novembre 2004, rinotificato in forma esecutiva al Comune di Gaeta il 20 aprile 2005 e divenuto inoppugnabile.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Gaeta;

Visti tutti gli atti di causa;

Visti gli artt. 112 e ss. del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);

Nominato relatore nella Camera di consiglio del 5 febbraio 2015 il dott. P D B;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue


FATTO

Con il ricorso in epigrafe, proposto ai sensi degli artt. 112 e segg. del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.), la curatela del fallimento della Ecocampania S.r.l. agisce per l’esecuzione del lodo emesso il 29 aprile 2004 – nella controversia insorta tra la società fallita ed il Comune di Gaeta – dal Collegio arbitrale costituito in Formia dagli avv.ti Capunzo, Recinto e Saponaro, notificato al succitato Comune il 16 settembre 2004.

Detto lodo ha condannato il Comune di Gaeta al pagamento in favore della Ecocampania S.r.l. delle seguenti somme:

- € 609.129,61 a titolo di lucro cessante, € 182.738,88 a titolo di danno emergente ed € 91,369,44 a titolo di danno all’immagine, oltre rivalutazione ed interessi legali;

- € 102.833,40 a titolo di residuo pagamento dei canoni, € 85.994,76 per la restituzione del deposito cauzionale ed € 11.716,64 per la restituzione del deposito in conto spese del contratto di appalto, oltre rivalutazione;

- € 32.000,00 per le spese di giudizio, € 3.200,00 per le spese generali, € 940,00 per la C.P.A. ed € 7.228,00 a titolo di I.V.A..

La curatela precisa che il predetto lodo arbitrale:

- è stato notificato al Comune di Gaeta il 27 settembre 2004;

- è stato dichiarato esecutivo con provvedimento del 23 novembre 2004, nonché munito di formula esecutiva il 24 novembre 2004 e rinotificato in forma esecutiva il 20 aprile 2005;

- è stato impugnato dal Comune di Gaeta – con giudizio n. 11225/2004 di R.G. – dinanzi alla Corte di Appello di Roma. Con sentenza n. 3288/2009, peraltro, detta Corte ha dichiarato l’estinzione del processo: ciò atteso che, essendo sopravvenuta il 3 giugno 2008 la dichiarazione di fallimento della Ecocampania S.r.l. ed essendosi automaticamente interrotto il processo ex art. 43 L.F., quest’ultimo non sarebbe stato riassunto nei termini dal Comune.

La curatela aggiunge che avverso l’ora vista sentenza della Corte di Appello di Roma il Comune di Gaeta proponeva ricorso per cassazione, accolto dalla Suprema Corte, che, per l’effetto, cassava la sentenza gravata, rinviando alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione. Poiché, però, il giudizio dinanzi alla riferita Corte di Appello non sarebbe stato riassunto dal Comune nei termini di legge, il lodo sarebbe divenuto inoppugnabile, come da attestazione della Cancelleria della Corte di Appello di Roma del 4 marzo 2014, versata in atti, certificante la mancata riassunzione.

Ciò premesso e ritenendo che sia decorso il termine dilatorio di centoventi giorni ex art. 14, comma 1, del d.l. n. 669/1996 (conv. con l. n. 30/1997), con il ricorso in epigrafe la curatela fallimentare ha chiesto che questo Tribunale:

a) ordini al Comune di Gaeta di ottemperare al lodo arbitrale per cui è causa, eseguendo i pagamenti delle somme ivi elencate in un termine prestabilito, che comunque la curatela fissa, indicativamente, in sessanta giorni;

b) fissi, ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., la somma dovuta dal Comune resistente per ogni violazione od inosservanza successiva, o per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato;

c) nomini un Commissario ad acta incaricato di provvedere in sostituzione del Comune di Gaeta nel caso in cui l’inerzia di quest’ultimo perdurasse oltre il termine assegnatogli.

Si è costituito in giudizio il Comune di Gaeta, depositando memoria difensiva ed eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, giacché il lodo arbitrale di cui si chiede l’esecuzione non sarebbe divenuto inoppugnabile, come da documentazione allegata (certificante la riassunzione del giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Roma). In via gradata, ha poi eccepito che, ove si dovesse ritenere intervenuta l’estinzione del processo (per mancanza della sua tempestiva riassunzione), ne deriverebbe l’estinzione anche del lodo arbitrale da eseguire.

Nella Camera di consiglio del 5 febbraio 2015, dopo sintetica discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Forma oggetto di ricorso la domanda di esecuzione del lodo arbitrale emesso il 29 aprile 2004 sulla controversia insorta tra la Ecocampania S.r.l. (poi fallita) ed il Comune di Gaeta.

Il Collegio deve preventivamente analizzare l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del Comune di Gaeta, attesa l’idoneità della stessa, ove accolta, a precludere la disamina del merito del medesimo ricorso.

L’eccezione è fondata.

Ed invero, l’art. 112, comma 2, lett. e), c.p.a. ammette l’esperibilità dell’azione di ottemperanza per conseguire l’attuazione dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili, affinché la P.A. adempia all’obbligo di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

Il successivo art. 114, comma 2, c.p.a. dispone poi che, unitamente al ricorso, sia depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.

Ciò premesso, nel caso di specie, ai fini di fornire la prova dell’inoppugnabilità del lodo, la curatela ricorrente ha depositato (cfr. all. 4 al ricorso) il certificato della Corte di Appello di Roma – Ufficio Ruolo Generale Affari Civili datato 4 marzo 2014, reso sul procedimento n. 11225/2004 di R.G., il quale così recita: “si certifica che non risulta iscritta la riassunzione dalla Corte di Cassazione della causa di cui sopra. Ordinanza della Corte di Cassazione n. 13334/13”.

Il Comune di Gaeta, tuttavia, ha prodotto copia (all. 3) della nota, datata 9 luglio 2014, di iscrizione a ruolo presso la Corte di Appello di Roma del giudizio in riassunzione, rubricato al n. 4378/2014 di R.G., e copia (all. 4) della comunicazione a mezzo posta elettronica, da parte della Cancelleria della Corte di Appello di Roma, del nominativo del giudice designato e dell’udienza stabilita per la causa avente il n. 4378/2014 di Ruolo Generale.

Orbene, alla stregua della contraria documentazione prodotta dal Comune di Gaeta, deve escludersi che il certificato prodotto dalla curatela e datato 4 marzo 2014 possa integrare la prova, ex art. 114, comma 2, cit., del passaggio in giudicato del provvedimento di cui si domanda l’ottemperanza, non sembrando esso idoneo a comprovare l’estinzione del giudizio di impugnazione del lodo per la sua mancata tempestiva riassunzione e, quindi, l’inoppugnabilità del lodo stesso.

Infatti, nei limiti in cui si può ammettere una cognizione di questo G.A. sulla pendenza del giudizio in riassunzione (al solo fine della verifica dell’esistenza del presupposto di cui all’art. 114, comma 2, c.p.a. per l’esperimento del giudizio di ottemperanza), detto giudizio risulta senz’altro pendente, come dimostra la documentazione versata in atti dalla difesa del Comune di Gaeta: questa ha dato anche una ragionevole spiegazione dell’apparente contrasto tra i documenti da essa depositati ed il certificato versato in atti dalla curatela fallimentare, evidenziando come alla fattispecie in parola si applicasse, per dar corso all’incombente in questione, il termine lungo di un anno ex art. 392 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche ad esso apportate dall’art. 46, comma 21, della l. n. 69/2009 (oltre i quarantacinque giorni “feriali” di cui alla l. n. 742/1969). Ciò, atteso che le modifiche apportate al codice di procedura civile dalla l. n. 69/2009 si applicano, secondo quanto prevede l’art. 58, comma 1, della medesima legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore. Esse, dunque, non si applicano alla fattispecie in esame, vista l’instaurazione del giudizio in epoca ben anteriore alla l. n. 69 cit.: si è ricordato più sopra, infatti, che l’impugnazione del lodo dinanzi alla Corte di Appello di Roma risale al 2004.

Non compete, comunque, a questo Tribunale Amministrativo esprimere alcuna valutazione (anche solo in via incidentale) sulla tempestività o meno dell’atto di riassunzione, trattandosi di questione, la cui cognizione è devoluta in via esclusiva al giudice ordinario presso cui è incardinato il giudizio in riassunzione (la Corte di Appello di Roma). La competenza di questo G.A. è, invero, limitata – si ripete – all’accertamento dei requisiti per l’esperibilità del giudizio di ottemperanza, tra cui la prova ex art. 114, comma 2, c.p.a. e, così, alla verifica se la certificazione prodotta dalla curatela risponda o meno a quanto richiesto da tale disposizione.

Nei limiti, pertanto, della cognizione di questo G.A. sulla questione in esame, si deve ritenere che la curatela ricorrente non abbia fornito la prova del passaggio in giudicato del provvedimento di cui si chiede l’esecuzione, prevista dall’art. 114, comma 2, c.p.a.. Sul punto va condivisa l’eccezione della difesa comunale, per cui la certificazione della Corte di Appello di Roma del 14 marzo 2014 non ha attestato l’inoppugnabilità del lodo, limitandosi a rilevare che ad una certa data non si era proceduto alla riassunzione del processo: riassunzione avvenuta, peraltro, in epoca successiva, come comprova la documentazione prodotta dal Comune di Gaeta.

Non può invece condividersi il timore palesato dalla curatela ricorrente in sede di discussione della causa, imperniato sul “circolo vizioso” cui la stessa sarebbe esposta ove le venisse negata, allo stato, l’esperibilità del rimedio dell’ottemperanza, per la necessità di attendere una nuova pronuncia della Corte di Appello, suscettibile di ulteriore ricorso in Cassazione. L’art. 112, comma 2, lett. e), c.p.a., infatti, è inequivoco nell’ammettere al rimedio in parola unicamente i lodi arbitrali che non soltanto siano esecutivi, ma che siano, altresì, divenuti inoppugnabili (a differenza, ad es., dalle sentenze del G.A., per le quali basta che siano esecutive).

Nel contesto fattuale e giuridico sopra descritto, stante la pendenza del giudizio in riassunzione, non sussistono i presupposti richiesti dall’art. 112, comma 2, lett. e), cit. per l’esperibilità del giudizio di ottemperanza, con conseguente inammissibilità del ricorso.

In definitiva, pertanto, il ricorso in epigrafe deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi