TAR Firenze, sez. III, sentenza 2014-06-06, n. 201400995

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2014-06-06, n. 201400995
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201400995
Data del deposito : 6 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02264/1998 REG.RIC.

N. 00995/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02264/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2264 del 1998, proposto dalla società Solgec S.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dagli avv. F M P e P B, con domicilio eletto presso l’avv. F M P in Firenze, lungarno A. Vespucci 20;

contro

Comune di Lucca, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della concessione edilizia n.ro 396/98 rilasciata dal Dirigente in data 7/5/98 e di ogni atto presupposto e conseguente ed in particolare della deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Lucca n.ro 35 del 9/3/98.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2014 il dott. C T e uditi per le parti il difensore F. Gesess delegato da F.M. Pozzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) La società Solgec s.r.l. ha presentato al Comune di Lucca in data 6/8/1997 una domanda finalizzata al rilascio della concessione edilizia per mutamento di destinazione senza opere da locale per pubblico spettacolo (cinema) a negozio e magazzino per attività commerciale di un immobile ubicato in via Fillungo. La predetta Amministrazione ha rilasciato la concessione edilizia n. 396 del 7/5/1998 in cui si precisa: " Si richiamano le disposizioni di cui alla delibera di Consiglio Comunale n. 35 del 9.3.98 riguardanti il commercio nell'ambito del Centro Storico ".

Tale deliberazione, intitolata " Norme di applicazione dell’art. 4 del D.L. 9 dicembre 1986 n. 832, convertito dalla legge 6 febbraio 1987 n. 15 nell'ambito del Centro storico di Lucca ", prevede al punto 4) che nel centro storico " è vietata l'attivazione di esercizi commerciali e di pubblici esercizi con superficie di vendita o di somministrazione superiore a 200 mq. … ".

La predetta concessione edilizia, nella parte in cui richiama la citata deliberazione consiliare, nonché quest'ultima, nella parte in cui prescrive i suindicati limiti di superficie di vendita, sono state impugnate con il ricorso in epigrafe da Solgec s.r.l. in liquidazione, che si ritiene pregiudicata da tali atti, in quanto l'intervento progettato prevede la trasformazione del piano terra dell'ex cinema in negozio per la vendita al dettaglio di articoli di cui alla tabella merceologica XIV con una superficie di vendita di mq. 395. Secondo la ricorrente la deliberazione C.C. n. 35/1998 sarebbe, nella parte impugnata, contrastante con l’art. 4 del D.L. n. 832/1986 e ciò determinerebbe l'illegittimità, in via derivata e in parte qua , della concessione edilizia n. 396/1998.

Il Comune di Lucca non si è costituito in giudizio.

All'udienza del 21 maggio 2014 la causa è passata in decisione.

2) L’art. 4 del D.L. n. 832/1986 (successivamente abrogato) prevedeva al primo comma: " Al fine di tutelare le tradizioni locali ed aree di particolare interesse del proprio territorio, i comuni possono stabilire voci merceologiche specifiche nell'ambito delle tabelle di cui all'articolo 37 della legge 11 giugno 1971, n. 426 , e nuove classificazioni in deroga a quelle previste dall'articolo 3 della legge 14 ottobre 1974, n. 524 , nonché, limitatamente agli esercizi commerciali, agli esercizi pubblici ed alle imprese artigiane, le attività incompatibili con le predette esigenze ".

In dichiarata applicazione di tale norma il Consiglio comunale di Lucca ha adottato la deliberazione n. 35/1998 qui impugnata nella parte in cui prevede limiti di superficie di vendita per gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi da attivare nel centro storico. Nel ricorso si sostiene che tali prescrizioni sono contrastanti con il disposto del citato art. 4, che va interpretata in senso tassativo e restrittivo, cioè limitato alle voci merceologiche, alle classificazioni in deroga e all'individuazione delle attività incompatibili, senza riferimento a limitazioni delle superfici di vendita.

Il ricorso è fondato, alla luce di quanto statuito dal Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza 15 settembre del 2009 n. 5495, che ha trattato un caso analogo e in cui si legge:

" Con la pronuncia 30 luglio 1992 n. 388… la Corte costituzionale ha esaminato la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost., dell’art. 4 del decreto legge 9 dicembre 1986 n. 832, convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1987 n. 15, nella parte in cui consente all’autorità comunale di precludere nel proprio territorio l’esercizio di determinate attività imprenditoriali, limitatamente agli esercizi commerciali, agli esercizi pubblici e alle imprese artigiane, ritenute incompatibili con la finalità di tutelare le tradizioni locali e le aree di particolare interesse. In particolare, la Corte ha osservato che con tale norma il legislatore ha inteso “porre freno al degrado delle aree di particolare interesse impedendo il moltiplicarsi di esercizi commerciali che, sostituendo quelli tradizionali, per l’attività che vi si svolge, producono effetti dannosi e distorsivi del loro assetto, mentre, invece, meritano protezione le particolari caratteristiche acquisite per lunga tradizione”. Tanto attraverso i seguenti strumenti, ulteriori rispetto a quelli già previsti dalle normative in materia urbanistico-edilizia, di tutela dei beni di interesse storico, artistico, archeologico ed etnografico e della stessa disciplina delle attività commerciali:

a) determinazione di voci merceologiche specifiche nell’ambito delle tabelle e conformazione ad esse delle autorizzazioni da rilasciarsi per l’esercizio di attività commerciali;

b) effettuazione di nuove classificazioni degli esercizi pubblici in deroga a quelle previste dalla legge n. 524 del 1974;

c) limitatamente agli esercizi commerciali, agli esercizi pubblici ed alle imprese artigiane, determinazione di attività incompatibili con la tutela di tradizioni locali e delle aree di particolare interesse.

Ancora, la Corte ha osservato che tali strumenti tutelano interessi che trovano fondamento nell’art. 9 Cost., il quale impone, tra l’altro, la tutela del patrimonio culturale nazionale e dell’ambiente, di assecondare la formazione culturale dei cittadini e di arricchire quella esistente, di realizzare il progresso spirituale e di acuire la sensibilità dei cittadini come persone. In tale situazione, per quanto qui rileva ha ritenuto non violato l’art. 41, co. 1 e 2, Cost. il quale, pur affermando la libertà di iniziativa economica privata, a cui attiene la libertà di commercio, consente l’apposizione di limiti al suo esercizio subordinatamente alla duplice condizione della loro corrispondenza all’utilità sociale (aspetto sostanziale) e della disciplina ad opera della legge (aspetto formale), assolte le quali l’intervento del legislatore “può riguardare anche le scelte organizzative dell’imprenditore con disposizioni non arbitrarie e non incongrue” e prevedere perciò misure limitative concernenti anche le licenze di commercio “delle quali è possibile limitare il rilascio, condizionandolo alla osservanza di determinati requisiti soggettivi per quanto riguarda gli esercenti e a determinati contenuti dell’attività (settori e voci merceologiche)”. In conclusione, ha ritenuto la disposizione censurata, così interpretata, esente dalla prospettata violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost. e, dunque, non fondata la relativa questione.

Nel descritto contesto, non è possibile desumere dalla norma un’estensione del concetto di “attività incompatibili con le (…) esigenze” (di tutela delle tradizioni locali e delle aree di particolare interesse) alle modalità di svolgimento delle attività invece di per sé consentite nelle stesse aree. In altri termini, tenuto conto che le misure limitative della libertà di iniziativa economica, in particolare commerciale, devono non solo trovare rispondenza nell’utilità sociale, ma essere previste dalla legge, pena altrimenti la violazione dei canoni costituzionali, lo strumento della determinazione delle attività commerciali “incompatibili”, attribuito ai comuni dal cit. art. 4, non può andare oltre lo “stabilire” tali attività, ossia il loro contenuto in relazione alle previste tabelle merceologiche, e non anche la dimensione dei locali ove si svolgono attività ritenute non incompatibili ".

Su tali basi la sentenza citata ha ritenuto illegittima e dunque ha annullato una deliberazione del Consiglio comunale di Roma che, in pretesa applicazione dell’art. 4 del D.L. n. 832/1986, aveva previsto il divieto di attivazione di esercizi con superficie superiore a mq. 400 in aree di particolare interesse.

La stessa situazione si è verificata nel caso in esame e quindi, per le medesime ragioni illustrate dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 5495/2009, pienamente condivisibile, si deve riconoscere l'illegittimità della deliberazione del C.C. di Lucca n. 35/1998, nella parte qui impugnata;
nonché, in via derivata, della concessione edilizia n. 396/1998 nella parte in cui richiama la deliberazione di cui sopra.

3) Il ricorso proposto dalla società Solgec S.r.l. in liquidazione va dunque accolto e i provvedimenti impugnati vanno conseguentemente annullati, nei limiti precedentemente indicati.

Le spese del giudizio vanno poste a carico del Comune di Lucca e sono liquidate nel dispositivo.

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